[Cerchio] serpenti

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Gli incantantori di serperti nella terra di nessuno


Ai confini tra India e Bangladesh bloccate migliaia di persone. Nessuno dei due Paesi li vuole
di Carlo Ottaviano

I bambini giocano con i cobra che fanno capolino dai cesti. Ad osservarli con i mitra in pugno, sono da un lato i paramilitari indiani, dall’altro le guardie armate bangladeshi. I soldati non temono i velenosi serpenti, i mitra servono a tenere a bada centinania di persone, ad evitare che vadano di qua o di là. Possono solo stare nella “terra di nessuno”. Sono poveri cristi dal destino alla deriva, che non appartengono più a nessun Paese. Non tornano indietro, non vanno avanti. Al loro confronto i disperati che arrivano da noi in Europa sulle carrette del mare o attraversando a piedi quasi nudi le montagne innevate del Montenegro, sono dei fortunati. Non sono neanche morti a migliaia, ché altrimenti almeno due righe nelle pagine dall’estero le avrebbero conquistate. Tant’è che sui giornali di domani non troverete questa notizia: da due settimane al confine tra l’India e il Bangladesh c’è una stretta linea di terra ogni giorno più affollata di centinaia di persone. Non li vu!
ole il governo di Nuova Delhi, nè quello di Dhaka. Per uno sono immigrati clandestini, per l’altro indiani di lingua bengalese. Gli ultimi ad essere stati bloccati sono i componenti di 37 famiglie di incantatori di serpenti che ieri –come scrive l’India Express- erano riusciti non si sa come a uscire dal Bangladesh e a presentarsi al posto di frontiera di West Bengal sul Bangladesh Rifles. Ma dopo 45 minuti di discussione con i doganieri, sono stati rimandati indietro. A quel punto non è stato loro consentito di rientrare nel paese d’origine. Alla Reuters, il vice direttore generale delle Forze di sicurezza di frontiera P.P. Gupta ha detto che si tratta di "zingari del Bangladesh che fanno gli incantatori di serpenti". Nel gruppo ci sono un'ottantina di bambini - alcuni con la febbre dicono le mamme - e 50 serpenti. La vicenda per questi ultimi 213 disperati e per le altre migliaia che stazionano in quella zona da settimane è a un punto morto.
Analogamente per le altre centinaia di persone bloccate a Satgachhi. I due Paesi, che tradizionalmente hanno mantenuto rapporti di buon vicinato (se si escludono le sporadiche scaramucce di frontiera dell’aprile di due anni fa), sull’argomento non vogliono sentire le ragioni dell’altro. E’ il frutto delle tensioni internazionali e non solo della politica per l’alleggerimento delle pressioni demografiche. Il Bagladesh, una delle nazioni musulmane più popolose al mondo, sin dagli attentati dell’11 settembre ha offerto il proprio appoggio e sostegno alla lotta contro il terrorismo. L’India, da parte sua, ha lanciato alla fine del 2002 una vasta campagna contro l’immigrazione clandestina, fonte di preoccupazioni sul fronte della sicurezza interna. I quattromila chilometri di confine tra i due paesi sono sempre stati vulnerabili e in India, secondo le statistiche del Governo di Nuova Delhi, gli immigrati clandestini di lingua bengalese superano i venti milioni di persone. “La pol!
izia di frontiera indiana – ricorda l’agenzia di informazione Misna- ha più volte accusato l’esercito del Paese vicino di aiutare i clandestini ad attraversare la linea di confine ma Dhaka ha sempre smentito. Il governo del Bangladesh controbatte che in realtà gli espulsi sono in maggioranza indiani di lingua bengalese e religione musulmana, ma non suoi cittadini e per questo non autorizzerà il rimpatrio”.

L’India è “Lamerica” dei senzaterra, senzacasa, senzatutto del Bangladesh. Le statistiche non dicono tutto, ma dicono molto: in Italia la speranza di vita è di 78 anni, a Dhaka non supera i 50. Il prodotto interno lordo per abitante è l’equivalente di 250 euro l’anno (in Italia circa 20mila). Noi abbiamo un medico ogni 211 persone, lì ogni 12.500. L’India non è il paradiso ma sicuramente un mondo migliore rispetto a quello che vorrebbero lasciare. Il confine con il futuro che sognavano adesso è a pochi passi, ma controllati dai doganieri armati non possono più andare avanti; nè tornare indietro. Un primo conteggio approssimativo indica in 500 le persone bloccate nelle ultime due settimane. Senza tetto e senza cibo per ora nessuno si occupa di loro ma presto i viveri termineranno. Sperando che il clima non crei i problemi dello scorso anno. Era gennaio quando un’improvvisa ondata di freddo (inusuale in una zona di forte caldo umido) causò la morte di circa 2mila persone che!
comunque avevano a disposizione un riparo, seppure precario. E uno Stato che almeno durante l’emergenza maltempo provò a dare una mano d’aiuto. Oggi non hanno neanche quella speranza: privati del sogno di un futuro migliore si sono visti “rubare” anche il passato. Ma tutto ciò non fa –come si dice in gergo- notizia!