[Cpt] Monitoraggio de Lorizzonte

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Vi invio un report della visita compiuta da Lecce social forum presso il
Centro di Identificazione "Lorizzonte", vicino Lecce.
Alessandro


Centro Lorizzonte, lunedì 13 gennaio 2003

L'attività di monitoraggio dei "Centri", con riferimento alla provincia di
Lecce, è proseguita il 13 gennaio 2003 con la visita di una delegazione,
accompagnata dall'on. Russo Spena del PRC, al (presumibilmente) Centro di
Identificazione Lorizzonte (Casalabate, Le), gestito dal CTM.

Ci presentiamo all'ingresso del Centro attorno alle 15.45. Fuori troviamo ad
attenderci:
alcuni responsabili della Guardia di Finanza che hanno un presidio fisso
presso il Centro, la responsabile de Lorizzonte (Alessandra Moschettini), il
responsabile del Centro Don Milani (Roberto Metrangolo), altri due operatori
del Centro, due poliziotti della DIGOS, e un certo numero di fotografi e
video-operatori di alcuni giornali ed emittenti locali, tra cui Tele Rama,
Canale 8, LA TV (emittente televisiva di proprietà del CTM), la Gazzetta del
Mezzogiorno.

Il primo approccio tra la delegazione e gli operatori del Centro si svolge
all'esterno, mentre attendiamo l'on. Russo Spena che rilascia un'intervista
a Tele Rama.
In una sovrapposizione di discorsi, emergono i primi dati.
Circa il foglio delle presenze di quel giorno, pare ci sia stato un equivoco
rispetto alla richiesta, intesa come nominativa e non numerica, e data l'
estemporaneità della visita - ci viene spiegato - non c'era stato il tempo
di stamparla. Specificato che la richiesta sulle presenze, comunicata per
tempo in Questura, faceva riferimento ad un elenco di presenze numeriche di
quel giorno, con la sola indicazione di paese di provenienza e sesso e
chiarito l'equivoco, ci viene consegnata copia di un "Prospetto Numeri
Presenti per Nazione", da cui evinciamo che il totale dei presenti conta 21
cittadini immigrati, tutti uomini, così suddivisi:
Albania 3 (agli arresti domiciliari, ci verrà spiegato)
Eritrea 1
Iraq 1
Liberia 10
Pakistan 1
Sudan forse 4
Turchia forse 1
TOTALE 21,
ed il totale è certo (di questo primo elenco consegnatoci non ci è rimasta
copia, perché sostituito verso la fine della visita con un altro elenco
aggiornato. 21, in realtà, erano i presenti del giorno precedente).
Esprimiamo il nostro stupore per il numero esiguo dei presenti. Ci viene
spiegato che dipende dai periodi e dagli sbarchi.

Chiediamo informazioni sui 58 cittadini pakistani (cfr. vicenda Regina Pacis
30.11.02) che avevamo incontrato, erroneamente trattenuti, al CPT Regina
Pacis (potenziali richiedenti asilo disinformati!) e circa i quali avevamo
avuto notizia di un pronto e successivo trasferimento a Lorizzonte, nei
primi giorni del mese di dicembre. Ci viene detto che tutti i 58 richiedenti
asilo in questione hanno già ottenuto il permesso di soggiorno provvisorio
(in attesa che la Commissione si pronunci sulla loro richiesta) e che sono
andati via dal Centro, liberi, in attesa che il loro status venga definito.
Poniamo qualche interrogativo rispetto alla velocità con cui le pratiche
hanno avuto avvio e conclusione. Non abbiamo risposta.
Mentre sostiamo all'ingresso in attesa che l'on. Russo Spena finisca la sua
intervista, notiamo di fronte a noi un locale con un'insegna: COOPERATIVA
VERDE CHIARO. Ci spiegano che è una cooperativa impegnata nella coltivazione
dei campi circostanti (vasti campi di carciofi) e nella cura del verde in
genere (cfr. brochure del CTM Lecce: da febbraio 2001 abbiamo costituito la
Cooperativa Verde Chiaro, piccola cooperativa agricola sociale, che si
occupa di attività di produzione, trasformazione e conservazione di prodotti
agricoli, lavorazioni agricole a favore di terzi e con mezzi propri,
manutenzione del verde pubblico o privato e commercializzazione dei propri
prodotti). A questa cooperativa, veniamo informati, alle volte gli immigrati
in transito decidono di aderire per lavorare; in seguito ci spiegheranno che
è anche una opportunità per i minori (non accompagnati) che alloggiano al
Centro Don Milani, al compimento del 18imo anno d'età, per commutare il loro
permesso di soggiorno in permesso di lavoro.

Appena Russo Spena finisce l'intervista per Tele Rama inizia la nostra
visita.
Varchiamo il cancello e ci dirigiamo nella zona-dormitorio.
Incontriamo due "ospiti" davanti ad un telefono a scheda. L'on. Russo Spena
tenta un approccio, chiede come si trovino nel Centro. I ragazzi ci guardano
attoniti, non capiscono l'italiano. Riusciamo a comunicare frettolosamente
in inglese con domande di rito: sono liberiani, riferiscono, stanno bene, sì
tutto bene, hanno fatto richiesta di asilo politico, e poco altro.
Proseguiamo in cappannello lungo un largo corridoio, circondati dai
riflettori delle telecamere e fiancheggiati dai poliziotti Digos.
Sul lato sinistro di questo spazioso corridoio si affacciano le stanze da
letto degli "ospiti". Le porte delle stanze sono chiuse e non le visitiamo.
La nostra delegazione sembra rompere un silenzio surreale. Ci pervade una
sensazione di freddo, già annotata dai componenti della delegazione
precedente (16.11.02). Impieghiamo una quindicina di minuti per percorrere
il corridoio. Il nostro incedere è rallentato dalla conversazione che l'on.
Russo Spena e la resp. Moschettini affrontano, con piccole soste per meglio
puntualizzare alcuni aspetti del discorso. L'on. Russo Spena invita di
continuo noi della delegazione a porre domande. Ci sovrapponiamo un po',
ciascuno con le proprie richieste.

La responsabile - con brevi interferenze degli altri operatori presenti - ci
illustra a grandi linee la storia di questo Centro:
ex masseria denominata La Badessa, ex Scuola Agraria abbandonata, in seguito
ad accordi tra Provincia di Lecce (proprietaria dell'immobile) e Prefettura,
viene affidata al CTM per farne un Centro di "accoglienza". Ci spiega che la
gestione venne affidata al CTM grazie alla riconosciuta esperienza nel
settore dell'accoglienza, acquisita in seguito all'ospitalità offerta a
Lecce a 47 cittadini albanesi, anni prima. L'apertura di questo Centro si
era resa necessaria per far fronte all' "emergenza" degli arrivi dei
profughi di guerra dal Kossovo, anni '98/'99. Allora, ci dice la
responsabile, ci furono periodi in cui gli "ospiti giornalieri" sfioravano
le 1000 unità. Una vera emergenza, ci tiene a sottolinearlo. A quel tempo il
Centro fungeva, in qualche modo, da Centro di prima e seconda accoglienza,
mentre oggi, dal febbraio 2002 - ci spiega - è diventato un Centro per
richiedenti asilo: il nuovo, cosiddetto Centro di Identificazione.
Chiediamo come mai la brochure che descrive le attività della Ong/Onlus CTM
definisca Lorizzonte Centro di Permanenza Temporanea e assistenza per
cittadini stranieri. Ci viene spiegato che si tratta di una vecchia brochure
non aggiornata, che a guardarla con maggiore attenzione è aggiornata
certamente al febbraio 2001 (e dunque: prima era un CPT?).

La stessa ambiguità nella definizione si può constatare nel sito del CTM
www.ctm-lecce.it , dove ritornano alternativamente le due definizioni Centro
di assistenza e Centro di permanenza temporanea e assistenza per cittadini
stranieri.
Di certo diverrà (con quali effetti sapremo meglio col Regolamento di
attuazione.) un Centro di Identificazione, anzi lo è già, ci viene ribadito.
Su questa trasformazione in atto, ci vengono date poche indicazioni: ci
viene detto, in sostanza, che non ha cambiato di molto le cose e che non
risultava loro fossero previsti lavori di ristrutturazione in vista della
nuova veste. La domanda è stata posta con precisione: sappiamo che questi
nuovi Centri di Identificazione saranno di fatto "di trattenimento"; sono
previsti lavori di potenziamento della recinzione o altro? Ci viene risposto
che a loro non è stato comunicato nulla in proposito e che lavori di
ristrutturazione sono stati fatti di recente.

Circa il numero esiguo dei presenti (21 a quel momento) rispetto alla
potenziale capienza del Centro, su cui insistiamo, ci viene spiegato che non
c'è regola, dipende dai periodi; e che pur se ultimamente gli arrivi di
"clandestini" (neppure chi ha a che fare principalmente con profughi
"ammorbidisce" il linguaggio) seguono altre rotte, dei Centri pugliesi c'è
sempre bisogno; molti sbarchi avvengono sulle coste siciliane, e alle volte
dalla Sicilia, ancora non ben attrezzata per questa nuova emergenza, gli
immigrati vengono smistati nei centri più vicini, o in altre regioni. Spesso
a Lecce, secondo una divisione tra "richiedenti asilo" (Lorizzonte) e
"irregolari" in attesa di espulsione (CPT Regina Pacis).
Riguardo alla trasformazione del Regina Pacis da Centro di accoglienza in
Centro di Permanenza Temporanea, è l'on. Russo Spena a commentare che la
trasformazione ha avuto effetti ben visibili di recinzione e controllo; a
lui, che lo aveva visitato prima e dopo la mutazione, era parso
irriconoscibile.
La resp. Moschettini ha una propria "interpretazione" delle recinzioni.
Spiega che è normale che un trattenuto che non ha altro futuro se non l'
espulsione tenti il tutto per tutto per scappare, di qui la necessità, nei
CPT, di sistemi di protezione atti ad impedirne la fuga, ma per quanto
riguarda il Centro Lorizzonte tali precauzioni risulterebbero inutili: le
persone che lì vengono "ospitate", ci dice, sono "tranquillissime",
attendono un permesso di soggiorno provvisorio che li renderà cittadini
liberi sino al responso della Commissione Centrale che esaminerà la loro
richiesta di asilo. I richiedenti asilo hanno tutto l'interesse di ottenere
questo permesso, sanno che la loro identificazione avviene lì dentro, così
come l'avvio delle loro pratiche. Per questa ragione sarebbe insensata l'
idea della fuga, né servono recinzioni. La sorveglianza è prevista per
questioni di "ordine pubblico", solo per eventuali risse interne. Anzi, ci
spiega, i problemi dei richiedenti asilo cominciano nel momento in cui
lasciano il Centro, perché il permesso provvisorio non consente loro di
lavorare e viene loro a mancare il necessario che invece il Centro offre:
vitto e alloggio. Molti, ci informa, ritornano al Centro una volta usciti,
perché non sanno dove andare. Ribadisce che nessuno (probabilmente eccetto i
3 agli arr. dom., immaginiamo noi) in quel Centro è "trattenuto". Certo,
commenta, risulta praticamente irrealizzabile che gli "ospiti" possano
uscire e rientrare quotidianamente, ma solo per problemi logistici.

Evidenziamo l'assenza di un mezzo di trasporto a disposizione degli ospiti
del Centro e la mancanza di centri di seconda accoglienza nel tessuto
urbano.
L'on. Russo Spena chiede dati sui tempi di attesa per un richiedente asilo
che aspetta di essere ascoltato in Commissione: 1 anno pare, anche 1 anno e
mezzo. Su quanti richiedenti ottengano lo status di rifugiato rispetto alle
richieste inoltrate, non riusciamo ad avere indicazioni. Chi non lo ottiene
si trova ad essere un "irregolare" sul territorio dello Stato italiano,
destinato al CPT, questo è il commento.
Chiediamo quanto tempo, in media, i richiedenti asilo, in transito, si
trattengano a Lorizzonte:
di norma in 15/20 giorni il disbrigo pratiche è compiuto. I tempi si
allungano in relazione al numero dei presenti, quando sono centinaia, passa
più tempo.
Verso la fine del corridoio si apre un accesso verso l'esterno: la corte
dell'impianto masseria.
Su un lato di questa uscita è sistemato un tappeto. E' il luogo riservato
alla preghiera rituale dei musulmani. Un video-operatore totalmente ignaro,
evidentemente, della "sacralità" di quei pochi metri quadri, intento a
riprenderci, cammina all'indietro e, scarpe incluse, passa senza alcuna
cognizione del gesto che compie, proprio sul tappeto.

Vediamo un volto affacciarsi ad una porta socchiusa, cerchiamo un contatto.
E' un cittadino liberiano che inizialmente mostra una legittima diffidenza.
Chiede di non essere ripreso dalle telecamere. Altri ragazzi presenti in
quella stanza si avvicinano a noi. Parliamo davanti alla porta socchiusa.
Conversiamo in inglese. Spieghiamo loro che siamo interessati alle loro
storie: perché, come, quando sono arrivati in Italia, da dove? Hanno un
progetto migratorio? Un contatto con la famiglia? Con gli amici? Un
avvocato? Come si trovano al Centro, ecc. Ci dicono di venire dalla Liberia
(about sixteen people from Liberia: 16?, a noi dal prospetto risultano 10!)
Alcuni sono disposti a raccontarci la loro esperienza: quasi tutti in Italia
da qualche mese, arrivati a Lampedusa, trasferiti al Centro Lorizzonte,
alcuni in attesa, altri già in possesso di permesso di soggiorno
provvisorio. Uno di loro ci dice di essere lì da 4 mesi, non sa dove andare.
Un altro ci dice di aver scelto lui di tornare, non sopportava di dover
dormire nelle stazioni ferroviarie. Ci parlano dei loro amici che sono
usciti di lì e vivono in stazione (abbiamo difficoltà a capire, capiremo
tutto nei giorni successivi: cfr. vicenda liberiani in città) e ci parlano
soprattutto del contributo di prima assistenza, di una somma di denaro che
loro spetta: poco più di 17 euro al giorno per 45 giorni. Portano la nostra
attenzione sui loro bisogni. Ci spiegano le difficoltà di un richiedente
asilo: nessuna possibilità di lavoro durante l'attesa dell'eventuale status,
neanche un soldo in tasca per un biglietto ferroviario, per mangiare
qualcosa, niente di niente. Al momento del rinnovo del permesso, neanche un
soldo per i bolli! Riguardo alle condizioni di vita dentro il Centro
raccogliamo i seguenti commenti: non si ha la possibilità di avere un
contatto telefonico con parenti o amici in quanto non viene fornita alcuna
scheda telefonica; fa freddo (sapremo in seguito che quel giorno, forse "in
nostro onore", i riscaldamenti erano stati accesi, ma pare non sia un
comfort assicurato quotidianamente); alcuni ci dicono di non avere abiti
invernali da indossare; un ragazzo indicandoci delle ciabatte estive
infradito che porta ai piedi, ci dice di non avere scarpe adatte al suo
numero; chiediamo del servizio lavanderia e scopriamo che il Centro non
dispone di alcun servizio lavanderia: ricambio lenzuola sì, ma per quanto
riguarda il vestiario, ciascuno pensa per sé, si lava a mano. Chiediamo dell
'assistenza legale: dicono di aver incontrato una donna avvocato, una volta.

Chiediamo come trascorrano il tempo: l'attesa è l'elemento cardine di quanto
ci dicono.
Non si fa niente là dentro, i ritmi quotidiani sono scanditi dai pasti e dal
sonno.
Nessun corso di lingua italiana, niente da leggere, nessuna attività
ricreativa.
Sulla qualità del cibo hanno posizioni differenti: per qualcuno è
accettabile, per altri è scadente. L'acqua che bevono, ci spiegano, è quella
del rubinetto. Una bottiglietta di acqua minerale, allo spaccio interno,
costa 60 centesimi di euro. Chiediamo anche a loro notizie dei 58 cittadini
pakistani, ma le persone a cui chiediamo ci dicono di essere al Centro da
poco e di non saperne niente.
Salutiamo il gruppo e proseguiamo la visita della zona dormitorio, al piano
superiore: ampie camerate di letti a castello. Il piano superiore è deserto,
il pavimento ancora umido, appena lavato. In una delle stanze contiamo 24
posti letto.

Tornando al piano terra usciamo nella corte, da cui si accede alla mensa,
all'infermieria e ad un salone "ricreativo". All'esterno i video-operatori
continuano a braccare l'on. Russo Spena, hanno fretta, forse ora l'onorevole
è in grado di esprimere una valutazione complessiva su questo luogo,
insistono.
Visitiamo velocemente l'infermieria. La dottoressa in servizio opera all'
interno del Centro da sei mesi e chiede di non essere ripresa. L'incontro ci
coglie impreparati, noi e lei. Un imbarazzo reciproco ci trattiene, tutti in
piedi, fuori dai locali sanitari veri e propri. Sul tipo di malattie
abitualmente riscontrate tra gli "ospiti", ci indica come più frequenti
quelle di tipo dermatologico e dell'apparato bronco-polmonare.
Visitiamo poi un vasto salone con un palco. Lì sono state organizzate delle
iniziative con la compagnia teatrale Koreja, ci spiega la responsabile.
Tempo addietro in quel salone, apprendiamo, erano stati organizzati dei
tornei di scacchi. Nei periodi in cui il Centro si riempiva di kurdi, poi,
talvolta si organizzavano delle feste vivacizzate dalle loro danze e dai
loro canti. Con un certo ribrezzo la responsabile ci spiega che una volta
hanno pure concesso, per una qualche ricorrenza, che venisse macellata una
pecora (?) secondo il rito islamico, che prevede che il sangue sgorghi dall'
animale.

Ci ritroviamo di nuovo, delegazione, operatori, ecc., in piedi in questo
salone "ricreativo" a puntualizzare alcuni aspetti dell'organizzazione del
centro, emersi dal contatto con gli "ospiti".
E' vero, chiediamo, che gli "ospiti" non possono avere contatti con i
familiari, con l'esterno, che non è prevista la consegna di una scheda
telefonica? Che non esiste una lavanderia? Che si beve acqua del rubinetto,
che non tutti hanno indumenti invernali, scarpe adatte alla dimensione del
piede? Che non vengono distribuite sigarette? Che il contatto con dei legali
è raro?
E' tutto vero, pare. D'altronde, ci spiegano, la retta giornaliera che il
centro percepisce per "ospite" è talmente bassa (circa 17 euro -
coincidenze?) che si fa quel che si può. Se l'esigenza di un contatto
telefonico è concretamente urgente, il Centro mette a disposizione la linea
telefonica interna. ma fornire a ciascuno una scheda telefonica non è
possibile, il denaro è poco; così per la lavanderia, no, non c'è, come si
potrebbe.; anche sulla fornitura di acqua minerale, ci spiegano, si tratta
di un lusso. Loro stessi, gli operatori tutti, bevono l'acqua del rubinetto,
è potabile.
Sulla fornitura di indumenti, inadeguata alla stagione in corso, ci pare di
cogliere una punta di ironia quando ci viene spiegato che questo è un
problema che si verifica data l'abitudine dei donatori volontari (su cui il
centro fa affidamento) di disfarsi di indumenti pesanti all'inizio dell'
estate e viceversa di indumenti leggeri alle soglie dell'inverno.
Sulle sigarette non c'è intercessione di sorta. La responsabile è convinta
veramente: poiché il fumo è nocivo, è un vizio che va eliminato.
Per quanto riguarda i legali, ci spiega, il centro ha un rapporto di
collaborazione con il CIR.
L'on. Russo Spena mostra senza remore la sua indignazione sul fatto delle
schede telefoniche commentando che "persino" nei CPT, e certamente nelle
carceri, si può disporre di una scheda a settimana. Ci dicono che è una
questione di risorse, dipende dal tipo di convenzioni.

Il tempo stringe, ne occorrerebbe sempre di più per farsi un'idea di questi
luoghi, dobbiamo avviarci a visitare la mensa, ed eventualmente il Centro
Don Milani, ospitato in uno stabile a parte.
Ripassiamo per il cortile mentre stiamo per dirigerci verso la mensa, quando
alcuni ragazzi liberiani ci chiamano (le finestre dell'ala dormitorio si
affacciano su questo cortile) e ci dicono di averci ripensato, sono disposti
a farsi riprendere dalle telecamere: il loro problema è talmente grande che
vale la pena di raccontarlo in tv, questo dicono. Li invitiamo a chiamare il
resto del gruppo mentre cerchiamo l'unica telecamera rimasta in circolazione
(Canale 8), impegnata a riprendere Russo Spena: intervista finalmente
concessa.
Vengono all'esterno in tanti, uno dopo l'altro, non solo i liberiani, ma
anche i sudanesi, qualche kurdo d'Iraq e di Turchia. Il video-operatore non
sa bene cosa chiedere ma improvvisa una scaletta di domande: come vivono in
quel Centro, quali difficoltà incontrano, cosa chiedono ai dirigenti del
Centro per migliorare la loro permanenza? Una componente la delegazione
accetta, reticente, di fare da interprete, chiedendo la cortesia di non
essere ripresa (richiesta non tenuta in alcuna considerazione, apprenderemo
poi!).
I ragazzi parlano con disinvoltura, hanno le idee chiare: rimarcano la
mancata riscossione del contributo di prima assistenza loro dovuto e le
difficoltà economiche cui sono condannati all'uscita dal Centro; non
vogliono lamentarsi troppo delle condizioni di vita interne, ma ribadiscono
che altrove (certamente a Crotone, ne sono certi) si sta meglio. Ai
dirigenti chiedono un aiuto non meglio definito per uscire di lì
dignitosamente.
Ci diranno poi che dal centro di Crotone si esce, riscosso l'assegno di
prima assistenza, vestiti di tutto punto e con in tasca un biglietto pagato
per raggiungere la tappa successiva del loro incerto viaggio: poco, ma
meglio del niente.
Conclusa l'intervista tentiamo un approccio in lingua araba e iraniana col
cappannello di "ospiti" incuriositi intorno a noi. Ci sembrano più dei 21
che il nostro foglio presenze indica. (.)

Comunichiamo che tra noi c'è chi parla arabo e iraniano, ci sono arabofoni.
E apprendiamo nuovi dettagli e conferme: per 4 giorni, veniamo a sapere, non
c'era stata acqua, solo oggi ci si era potuti lavare; e così il
riscaldamento: un lusso odierno; ribadiscono l'assenza di schede telefoniche
e il mancato contatto con l'esterno; non ricevono un regolamento scritto in
una lingua a loro comprensibile; possono rispettare il ramadan, ma lamentano
la scarsa qualità del cibo.
Non lo avevamo visto prima, non faceva parte degli operatori del Centro che
ci avevano accolto, ma in quel frangente, durante quella conversazione in
arabo, è comparso un operatore del Centro di nazionalità marocchina, con
cartellino in evidenza. Sembrava voler tenere tutto sotto controllo.
Si rende disponibile a rispondere alle nostre domande: lavora lì al Centro
da 3 anni, opera da mediatore linguistico per coloro che parlano arabo.
Rientriamo nella struttura attraverso la mensa, ma non ci tratteniamo a
visitarla.
E' rimasto appena il tempo per visitare di fretta il Centro Don Milani.
Solo allora abbiamo conferma che non si trattava di una falsa impressione:
gli adulti presenti quel giorno sono più di 21. Un'operatrice ci viene
incontro e ci consegna il foglio delle presenze odierne aggiornato,
strappando quello che ci era stato precedentemente consegnato.
C'era stato un errore, quel foglio si riferiva al giorno prima.
Quindi, il 13 gennaio 2003 risultano 29 le persone presenti:
Albania 3
Eritrea 1
Iraq 1
Liberia 15
Pakistan 1
Sudan 6
Turchia 2
TOTALE 29.
Al Centro Don Milani sono invece ospitati 12 minori non accompagnati.