[RSF] Protesta al Senato

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Autore: Melo Franchina
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Oggetto: [RSF] Protesta al Senato
Abbiamo ripudiato la guerra

E’ reato fare gesti eclatanti e nonviolenti, avendo a cuore la difesa
della Costituzione, o violarne impunemente i suoi articoli? Domanda
pleonastica in una realtà normale, nella quale prevale il senso della
misura: in primis viene il rispetto dell’articolo 11 della Costituzione,
per la difesa del quale possono essere legittimi atti di disobbedienza
civile.
In una realtà malata come quella italiana può avvenire, invece, proprio
il contrario: il ribaltamento di senso. E’ accaduto che un senatore
(Calderoli) del partito del Presidente, si è spinto a chiedere l’arresto
per i sei pacifisti che contestavano il tentativo della maggioranza di
far passare come normale – “applicazione di preesistenti accordi” -
l’autorizzazione a “scali tecnici” delle forze armate Usa nelle nostre
basi: primo passo concreto per l’accettazione supina della guerra
all’Iraq. In spregio, appunto, all’articolo 11 della Costituzione.
“Non ho altro da fare quaggiù che amare” scriveva, con speciale
intuizione, Victor Hugo.
Ed io non ho altro da fare che la guerra, potrebbe essere la risposta
funebre di Bush, insensibile ad ogni richiamo, letterario politico o
umanitario; determinato ad andare fino in fondo nel suo proposito di
massacrare un popolo – non esclude l’utilizzo della bomba atomica - pur
di eliminare da quel territorio armi di distruzione di massa (!).
Intento comico se non fosse tragico e se non fosse l’alibi per il vero
obiettivo: disarcionare un dittatore dal suo appetibile trono
conficcato nel maledetto petrolio.
Come fermare la corsa omicida dell’incontrastato imperatore? Saranno
sufficienti le decine di milioni di persone previste nelle piazze di
tutto il mondo il 15 febbraio? E noi, qui, ora, cosa possiamo fare per
contribuire a fermare, almeno, il nostro piccolo apprendista stregone -
pronto a fare da tappetino – come atto “preventivo”?
Questi interrogativi ci hanno condotto, noi del gruppo Bastaguerra SF
che abitiamo a Roma, ad immaginare un’azione al Senato, in occasione
delle dichiarazioni del Ministro degli Esteri Frattini: azione pacifica,
nonviolenta, com’è nel nostro costume, silenziosa e fulminea. E poi,
com’era inevitabile, all’invito uscire. Un’azione che avrebbe scalfito i
lavori parlamentari: il tempo di lanciare un messaggio di pace
necessario. Queste erano le intenzioni con le quali Cristina Lauretti,
Linda Vignato, Nella Ginatempo, Dino Frisullo, Alessandro Natalini ed io
siamo entrati nelle tribune, con uno striscione avvolto attorno alla mia
vita, sotto la giacca (e cravatta) - di rito per gli uomini - e con in
tasca, ciascuno, un mazzo di piccoli volantini che invitavano al voto
contro la guerra (art. 11): davvero dei pericolosi sovversivi!
Non potevamo certo prevedere quella inqualificabile reazione.
Quando il Ministro era quasi alla fine ed affrontava la questione della
concessione delle basi, abbiamo deciso di agire. Vale la pena descrivere
l’azione come riportata dal resoconto stenografico della seduta n. 319
del 29/01/03:
...(In una sezione della tribuna del pubblico viene esposto uno
striscione recante la scritta: “No alla guerra, senza se o ma” e vengono
lanciati dei volantini nell’emiciclo. Il Presidente dispone lo sgombero
della tribuna).
VOCE DALLA TRIBUNA. La Costituzione è una cosa seria!
CONTESTABILE (FI). Vergogna!
FLORINO (AN). Terroristi!
PRESIDENTE. Sospendo la seduta.
(La seduta, sospesa alle ore 16,07, è ripresa alle ore 16,19).

In realtà la dinamica dell’evento ha avuto ben altro, concitato,
sviluppo. Il nostro breve richiamo alla Costituzione è avvenuto solo a
seguito di una scomposta reazione della parte destra dell’emiciclo.
Nella cosiddetta “Camera Alta”, i senatori della maggioranza – ho
riconosciuto Schifani - in piedi a gridare, oltre i riportati
appellativi: “porci”, “delinquenti”, “arrestateli”, “andate a lavorare”,
“buffoni”. Il tutto mentre due commessi si sono, letteralmente,
avventati sullo striscione, non appena aperto, con l’intento di
strapparcelo a forza dalle mani. Istintivamente abbiamo mantenuto la
presa, forse nel vano tentativo di lasciarlo esposto almeno per il tempo
necessario alla sua lettura. La determinazione dei commessi, tuttavia,
ci ha indotto a cedere. E, senza fare resistenza, invitati, siamo usciti
dalle tribune.
Avevamo depositato lì un segnale: di speranza, affinchè anche in
Parlamento l’opposizione alla guerra diventi urgente, compatta e
determinante.
                  Melo Franchina