[ssf] Fw: [labsocialforum] L'estensione dell'art. 18: una ba…

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Author: Enzo Arighi
Date:  
Subject: [ssf] Fw: [labsocialforum] L'estensione dell'art. 18: una battaglia riformista o restauratrice
----- Original Message -----
From: "Enzo Arighi" <attacchighi@???>
To: <labsocialforum@???>
Sent: Wednesday, January 29, 2003 10:24 PM
Subject: Re: [labsocialforum] L'estensione dell'art. 18: una battaglia
riformista o restauratrice


> grazie per l'intervento sul referendum,
> e grazie soprattutto per l'apporto tecnico che date alla materia .
> ATTAC Italia, che è tra coloro che Voi chiamate "altri"a promuovere la
> campagna (a proposito tra i tanti altri di rilievo che avete dimenticato
> nella campagna mi sento di dover citare COBAS e CUB)non ha , se non in

pochi
> militanti una cognizione della materia come Voi dimostrate in questo
> documento, in gran parte condivisibile.
> Grazie, ripeto per l'apporto di arrichimento al dibattito del Movimento .
> Consentitemi di portarne un altro arricchimento, più di parte se volete,

ma
> efficace e ricco di stimoli politici e legislativi.Ve lo cito solamente a
> Voi lascio lo sforzo di andarvelo a cercare
> On:Alfonso Gianni (Prc) in seconda pagina di Liberazione di oggi --
> ciao
> Original Message -----
> From: <rosariocumbo@???>
> To: <labsocialforum@???>
> Sent: Wednesday, January 29, 2003 12:31 PM
> Subject: [labsocialforum] L'estensione dell'art. 18: una battaglia
> riformista o restauratrice
>
>
> >
> > L'ESTENSIONE DELL'ART. 18:
> > UNA BATTAGLIA RIFORMISTA O RESTAURATRICE?
> >
> > La Corte Costituzionale ha in questi giorni ritenuto ammissibile il
> quesito referendario presentato la scorsa estate da Rifondazione

Comunista,
> sinistra CGIL, Verdi ed altri per l'estensione dell'applicabilità

dell'art.
> 18 Stat. Lav. ai lavoratori di aziende che occupano meno di 15 dipendenti.
> > Subito si è sviluppato, all'interno del sindacalismo di base, un acceso
> dibattito se partecipare o meno ai costituendi comitati per il sì,
> contribuendo ad una battaglia che ha assunto più i caratteri del confronto
> politico-istituzionale che non quelli del confronto lavoristico-sindacale.
> Quanto segue è un contributo alla discussione che all'interno del mondo

del
> lavoro e del sindacalismo di base si svilupperà nelle prossime settimane.
> >
> > Il quadro di riferimento: esiste ancora un ordinamento giuridico del
> lavoro?
> >
> > Il progressivo smantellamento del sistema di tutele collegate al

rapporto
> di lavoro si è accompagnato in questi anni ad una lenta ma inesorabile
> erosione delle tutele poste a presidio del pericolo di perdere il posto di
> lavoro o, più semplicemente, per far fronte alla mancanza di lavoro.
> > Invero, il tema della tutela del lavoro - come dimostra il recente caso
> FIAT - è strettamente connesso con il sistema degli ammortizzatori sociali
> (Cassa integrazione guadagni ordinaria - CIG - e straordinaria - CIGS -,
> contratti di solidarietà, procedure di ricollocamento facilitato per i
> lavoratori posti in mobilità, indennità economiche di mobilità e di
> disoccupazione, prepensionamenti, ecc.).
> > L'attuale politica del lavoro europea, recepita nel Libro Bianco sul
> mercato del lavoro in Italia proposto dal Governo, ha quale presupposto la
> necessità di un riequilibrio dei rapporti di potere tra datore di lavoro e
> lavoratore, da ricercare non più all'interno dell'ordinamento giuridico

del
> lavoro, ma nel più complessivo contesto del mercato del lavoro.
> > Il risultato è che l'imprenditoria nazionale sta approfittando della
> congiuntura economica, non solo per liberarsi della manodopera in esubero,
> ma anche per ripresentarsi sul mercato con personale inquadrato in

contratti
> sempre più precari e flessibili, che vanno conquistandosi piena
> legittimazione nel nuovo ordinamento giuridico del lavoro.
> > In questo senso vanno lette le proposte avanzate dal governo tramite il
> Disegno di legge presentato al Senato dal Presidente del Consiglio dei
> Ministri e dal Ministro del lavoro e delle politiche sociali 15 novembre
> 2001, n. 848, in materia di misure per l'occupabilità nel mercato del
> lavoro, collocamento pubblico, intermediazione di manodopera, incentivi
> all'occupazione, ammortizzatori sociali, flessibilità e formazione,
> part-time, tipologie contrattuali innovative, orario di lavoro e

arbitrato,
> che costituisce il manifesto programmatico del governo per la riforma
> integrale dell'ordinamento giuridico del lavoro.
> > L'obiettivo del Governo è quello della crescita occupazionale a tutti i
> costi, smantellando i residui presidi giuridici (non solo l'art. 18 Stat.
> Lav.) posti a tutela del rapporto di lavoro subordinato e ciò perché -

come
> si può riscontrare nella relazione di accompagnamento al Disegno di legge
> sopra citato - "Il Governo ritiene che l'attuale ordinamento giuridico del
> lavoro si limiti a realizzare la protezione del lavoratore in quanto
> titolare di una posizione lavorativa, garantendo agli insiders una

posizione
> di privilegio a scapito degli outsiders".
> > Per il Governo, l'art. 18 - più o meno esteso - è un freno per
> l'occupabilità (potenziale occupazione non garantita) e va combattuto per
> creare nuove opportunità di lavoro così come il referendum sarà

un'occasione
> in più per dividere i lavoratori e coloro che cercano un'occupazione.
> > La demagogia diventa così strumento per il Governo non per estendere i
> diritti a 360° per tutti i lavoratori, ma per privare di tali tutele gli
> attuali beneficiari, magari introducendo l'istituto del leasing di
> manodopera o il lavoro intermittente altrimenti detto a chiamata ovvero
> forme di parasubordinazione che faranno impallidire per la loro

flessibilità
> assoluta i contratti di collaborazione coordinata e continuativa

(co.co.co.)
> o il moderno caporalato organizzato dalle cooperative.
> >
> > Alla luce di quanto sopra, ben si comprende quanto segue.
> > Il contratto di lavoro a carattere subordinato e a tempo indeterminato

ha
> perso il suo carattere di centralità, perdendo il primato sulle altre
> tipologie contrattuali di cui fino a pochi anni costituiva il paradigma.
> > Conseguentemente anche la qualificazione contrattuale del rapporto di
> lavoro ha perso progressivamente il suo carattere di indisponibilità
> cosicché la sua veste giuridica viene sempre più decisa discrezionalmente
> dal datore di lavoro, prevalendo sulla situazione fattuale, superata dalla
> mera accettazione da parte del lavoratore della specifica forma

contrattuale
> imposta dai rapporti di forza.
> > Nel prossimo futuro saranno sempre di più le categorie di lavoratori
> esclusi dal sistema di tutele, concepito principalmente a sostegno della

cd.
> rigidità del rapporto di lavoro.
> > La battaglia per l'estensione dell'art. 18 non deve, pertanto, fermarsi
> alla tutela della categoria dei lavoratori a tempo indeterminato, ma
> investire tutte le forme di lavoro subordinato.
> > Al contrario, l'obiettivo politico perseguito da CGIL - CISL e UIL di
> tutelare, in modo pressoché esclusivo, da una parte alcuni privilegi
> giuridici in favore di poche categorie di lavoratori e dall'altra le forme
> "parassitarie" integrative della retribuzione derivanti dagli

ammortizzatori
> di reddito (ex ammortizzatori sociali), ha contribuito a rompere anche gli
> ultimi principi di solidarietà che legavano la classe lavoratrice,

impedendo
> addirittura la comunicazione intercategoriale - orizzontale, di genere e
> generazionale - all'interno della stessa.
> >
> > In questo quadro, decidere di impegnare l'USI in una battaglia, che non

è
> nostra ma che potrebbe vederci coinvolti in prima persona, ci obbliga a
> valutare molto attentamente i pro ed i contro di una scelta che potrebbe
> essere l'ennesimo treno perso o la consapevole constatazione di non aver
> perso proprio niente.
> >
> > I PRO
> >
> > 1 Tutto il sindacalismo di base dovrà tenere conto che la lotta per
> l'estensione dell'art. 18 sarà a forte contenuto simbolico - emotivo.
> > 2 E' una lotta dall'obiettivo pratico, reale ed immediatamente
> comprensibile dove le alternative sono di una semplicità elementare: o sì

o
> no.
> > 3 E' una lotta facile da spiegare ai lavoratori perché non è riformista


> tantomeno rivoluzionaria, ma solo "restaurativa", è cioè un ritorno alla
> normativa precedente alla legge n.108/90.
> > 4 In considerazione della sua concretezza, può diventare un momento di
> omogeneizzazione della classe lavoratrice e del sindacalismo di base dando
> unità d'intenti per nuovi e più qualificati obiettivi, proponendo pratiche
> di lotta e modelli organizzativi utili per future rivendicazioni.
> > 5 E' un occasione-pretesto di sensibilizzazione della classe lavoratrice
> che potrebbe determinare effetti a catena. Per esempio: dalla lotta a

difesa
> dell'art. 18 si è passati oggi all'obiettivo della sua estensione e domani
> si potrebbe concepire un nuovo Statuto dei lavoratori.
> > 6 E' un'occasione per uscire dal radicalismo verbale e rilanciare il
> conflitto di classe, attraverso una mobilitazione diffusa - anche fra i
> giovani lavoratori e quelli non garantiti - per un obiettivo praticabile e
> raggiungibile in una prospettiva rivendicativa più avanzata..
> > 7 Sul piano politico-istituzionale, è altamente improbabile che questa
> legislatura possa concepire una riforma del diritto del lavoro che non sia
> quella voluta dal governo per istituzionalizzare precariato, flessibilità

ed
> assistenzialismo sociale in cambio di lavoro. Conseguentemente è più
> opportuno partecipare ad una battaglia per l'estensione di diritti

ancorché
> parziali piuttosto che aspettare, come propongono DS, Margherita ed altri,
> riforme organiche il cui varo è reso impossibile dalle attuali condizioni
> politiche.
> >
> >
> > I CONTRO
> >
> > 1 La dissoluzione dell'ordinamento giuridico del lavoro, proprio perché
> trova la sua ragion d'essere nei rapporti di forza economico-sociali che
> stanno isolando e quasi annientando la classe lavoratrice, non può essere
> fermata impostando una strategia politico-sindacale incentrata sulla

difesa
> dello status quo ante e cioè finalizzata al recupero di relitti dello

stato
> sociale (vedi esperienza Fiat) o di restaurazione di una normativa
> introdotta nel complice silenzio della CGIL e di quegli elementi politici
> che all'epoca accettarono la flessibilità dell'art. 18.
> > 2 E' necessario, invece, avere una progettualità alternativa di
> trasformazione radicale della società (sindacalismo rivoluzionario) o
> quantomeno la consapevolezza di avere come obiettivo una riforma organica
> dell'ordinamento giuridico del lavoro (sindacalismo riformista). Non ha
> senso incentrare la propria pratica politico-sindacale sull'estensione
> dell'art. 18 e lasciar passare le nuove riforme sul lavoro a chiamata, sul
> leasing di mano d'opera, sulla legittimazione del caporalato e sul ricorso
> indiscriminato al lavoro interinale.
> > 3 Un sindacato come l'USI non deve aver paura di portare avanti

battaglie
> riformiste, non confondendo il riformismo, che è sinonimo di cambiamento
> graduale organico, con le battaglie della CGIL o di Rifondazione

Comunista,
> che non sono battaglie riformiste, ma conservatrici od addirittura
> restauratrici, che non tengono conto del terremoto economico-sociale al
> quale assistiamo, che vede il mercato come unico arbitro delle sorti dei
> lavoratori sempre più defraudati di quel sistema di tutele che fungeva da
> contrappeso al disequilibrio naturale tra datore di lavoro e lavoratori.
> >
> > Conclusioni
> >
> > 1. Al di là della lotta per l'estensione dell'art. 18, le avanguardie
> sindacali e i soggetti politici più avanzati del movimento debbono porsi

il
> duplice obiettivo di ritardare e rendere sempre più gravosi, per la
> controparte padronale, - in termini economici e politici - i processi di
> espulsione-esternalizzazione-precarizzazione delle masse lavoratrici e
> contemporaneamente di risocializzare la solidarietà.
> > 2. L'aumentato rischio di esclusione sociale strutturale di sempre più
> ampi settori di lavoratori despecializzati e intercambiabili impone ai
> lavoratori stessi, alle avanguardie sindacali e ai gruppi sociali e

politici
> di riferimento di ripensare al dovere di solidarietà non solo come obbligo
> istituzionale assegnato in via esclusiva allo Stato. La solidarietà

sociale
> deve perdere il suo carattere istituzionale, acquisendo quello del mutuo
> appoggio collettivo, attivo e permanente da realizzarsi non solo con
> politiche contrattuali mutualistico-assicurative omogenee per tutte le
> categorie, ma anche con interventi autorganizzati di costituzione di casse
> permanenti di solidarietà e di organizzazione di forme di lavoro

autogestito
> per coloro che non trovano spazio nel mercato del lavoro.
> > 3. La scelta di Rifondazione Comunista e della sinistra della CGIL di
> impegnare il movimento dei lavoratori e le avanguardie sindacali in una
> battaglia, come quella per l'estensione dell'art. 18, è una scelta di tipo
> partitico-istituzionale e non riformista. Questa battaglia, se sarà
> intrapresa in modo superficiale, contribuirà solo a sviluppare quel

sistema
> della delega tanto deleterio per il mondo del lavoro e che sembra

costituire
> l'unica pratica politico-sindacale, ridotta all'apposizione di un sì o di

un
> no e ciò senza mai proporre una discussione articolata su un nuovo modello
> sociale e contrattuale e continuando ad adottare un modello di
> organizzazione sindacale che limita la sua azione a quella di ente

erogatore
> di servizi e di favori e sempre meno di tutele e proposte di riforme.
> > 4. Se è vero, come è vero, che la tutela del lavoro si sposta sempre più
> dall'ordinamento giuridico del lavoro al mercato, anche la ricerca di

tutela
> deve spostarsi dall'ambito istituzionale e normativo a quello del

conflitto
> sociale.
> > 5. L'adesione indiscriminata e poco ragionata ai comitati per il sì ed
> alla lotta per l'estensione dell'art. 18 può portare ad una contrazione
> delle lotte, disperdendo le energie organizzative e conflittuali dei
> lavoratori su di un obiettivo sostanzialmente istituzionale. L'USI, per
> contro, che rivendica il sindacalismo rivoluzionario inteso come pratica
> graduale di trasformazione radicale della società, non può appiattirsi su
> obiettivi partitico-istituzionali, livellandosi in basso attraverso
> un'omogeneizzazione fittizia delle lotte e perdendo in tal modo la sua
> identità politica ed organizzativa.
> >
> > Per concludere operativamente:
> >
> > Ø partecipiamo attivamente e criticamente al dibattito ed al movimento

che
> si svilupperà nelle prossime settimane sul tema dell'estensione dell'art.
> 18;
> > Ø non investiamo, se non parzialmente, le nostre energie in una lotta
> restauratrice;
> > Ø impegniamoci a rilanciare il conflitto sociale, partendo magari dalla
> mobilitazione referendaria;
> > Ø lasciamo liberi i singoli iscritti e le sezioni dell'Unione di

valutare
> l'opportunità di votare o meno al referendum.
> >
> > Sergio Onesti
> >
> >
> >
> >
> > "Alla fine della guerra tra i vinti faceva la fame la povera gente, tra

i
> vincitori faceva la fame la povera gente ugualmente". (B. Brecht)
> >
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