[Lecce-sf] Fw: resoconto 99 posse sul viaggio in Iraq (con d…

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Auteur: Carlo Mileti
Date:  
Nouveaux-sujets: [Lecce-sf] sabato 8 feb. al cs. coppolarossa
Sujet: [Lecce-sf] Fw: resoconto 99 posse sul viaggio in Iraq (con delegazione campana)
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From: "Sergio Coronica (by way of Carlo Gubitosa <c.gubitosa@???>)"
<coronicaser@???>
To: <news@???>
Sent: Tuesday, January 28, 2003 2:22 PM
Subject: resoconto 99 posse sul viaggio in Iraq (con delegazione campana)


> AL MUKAWAMA IN IRAQ
>
> Di Luca "Zulù" Persico e Giampiero "Papa J" Da Dalto
>
> Quando siamo partiti per l'Iraq non pensavamo certo di recarci in un
> pericoloso paese nemico dell'Occidente, ma quello che abbiamo visto è
> andato al di là della nostra più fervida immaginazione. Lo scopo del

nostro
> viaggio, organizzato membri dell'associazione culturale napoletana "Libera
> Informazione" - è stato quello di realizzare un dcumentario - basato
> sull'incontro tra culture diverse - e verificare la situazione della
> popolazione irakena, vittima dell'embargo.
> Siamo partiti la mattina del 3 gennaio dall'aeroporto di Roma dove avevamo
> appuntamento col nostro gruppo, composto da politici e tecnici del
> Consiglio Regionale della Campania - responsabili dell'ONG "Un Ponte Per·"
> -, dallo staff tecnico di ripresa video, da un profugo palestinese e
> un'immigrata marocchina (i nostri interpreti). Il viaggio di andata è

stato
> tranquillo: il volo per Damasco in leggero ritardo, cena abbondante e
> subito la partenza in bus alla volta dell'Iraq. Alla frontiera di Al Walud
> i controlli non sono stati troppo puntigliosi: in Iraq la delegazione è
> attesa per cui riusciamo a sbrigare le pratiche d'ammissione in meno di

due
> ore, dopo aver dichiarato le nostre generalità e i dettagli sul materiale
> tecnico in nostro possesso (e fedeltà a Saddam Hussein·).
> Sono circa le 12.30 del 4 gennaio quando arriviamo a Baghdad dopo un
> trasferimento durato circa 14 ore attraverso lo splendido scenario del
> deserto irakeno. Entriamo all'Hotel "Al-Rasheed", dopo esserci puliti le
> scarpe - come da usanza locale - su un magnifico mosaico posto sul
> pavimento all'entrata dell'albergo, raffigurante la faccia di George Bush
> Senior, e iniziamo una riunione per definire gli impegni della nostra
> delegazione nei giorni a nostra disposizione. Il nostro soggiorno è
> trascorso tra visite "ufficiali" con le organizzazioni coinvolte nella
> cooperazione italo-irakena e momenti decisamente più drammatici e
> coinvolgenti. Tra questi ultimi decisamente ci teniamo a ricordare la
> visita a due ospedali specializzati nella terapia contro il cancro dei
> bambini dove abbiamo potuto toccare con mano il dramma dell'embargo

causato
> dalle politiche criminali delle Nazioni Unite che avvallano la follia del
> governo Usa: la mancanza di medicinali, l'impossibilità di accedere a cure
> più avanzate nonostante la presenta di patologie gravissime - in stato
> terminale - in bambini di solo tre o quattro anni di età. Uno di questi
> bambini, cono solo poche settimane rimaste da vivere, ci ha raccontato,

nel
> corso di un'intervista, di come gli sarebbe piaciuto poter diventare un
> grande dottore per poter curare tutti i bambini irakeni.
> Sguinzagliati a piede libero tra i mercati della downtown cittadina -
> simili ai suk popolari di una via di Palermo o di Napoli - e per locali

più
> o meno malfamati, la sera, tra venditori di ogni genere di beni e folle
> variopinte che ci seguivano semplicemente incuriosite dal nostro aspetto e
> dalla presenza delle telecamere, abbiamo avuto modo di conoscere la
> cortesia e l'affabilità di un grande popolo, un popolo al quale 12 anni di
> embargo criminale non ha tolto il sorriso, la dignità, la voglia di
> confrontarsi e di capire.
> L'ultimo giorno del viaggio l'abbiamo trascorso all'università di Mosul,

di
> fronte ad una folla di docenti e studenti, smaniosi di ascoltare il nostro
> seminario sul movimento "No Global". Nel corso dell'incontro abbiamo avuto
> modo di mostrare alcuni filmati su Praga, Messico, Genova e Palestina,
> spiegando a tutti i presenti che in Occidente esistono milioni di persone
> pronte a combattere il modello di sviluppo che, tra gli altri, opprime
> anche l'Iraq.
> Ora che la situazione della crisi sembra precipitare verso l'intervento
> armato, ci sembra doveroso prendere una posizione contro questa follia.

Ora
> che portiamo dentro di noi il profumo della shawuarma appena tagliata, i
> suoni del suk di Al Walabi, i sorrisi dei bambini dell'ospedale che ci
> salutavano con la mano, il calore di un bicchiere di chai offertoci da un
> ragazzo al mercato, l'affetto degli abbracci degli studenti

dell'università
> che scoprono in noi insospettati fratelli, ora più che mai sappiamo da che
> parte stare.
>
>