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                 A WASHINGTON IL MINISTRO DEGLI ESTERI ITALIANO INCONTRA
POWELL
                  Frattini: «L´Italia non si tirerà indietro e farà la sua
parte»
                  «Prima di prendere una decisione aspettiamo di leggere il
rapporto che gli ispettori presenteranno il 27». Se «disgraziatamente» si
arrivasse alla guerra si terrà conto del «rapporto di lealtà» con gli Usa


                  22/1/2003




                  inviato a WASHINGTON


                  «L'Italia non si tirerà indietro se disgraziamente
arriveremo alla guerra, ma prima di prendere ogni decisione aspettiamo di
leggere il rapporto che gli ispettori presenteranno il 27 gennaio». Con
questa dichiarazione del ministro degli Esteri, Franco Frattini, si è
concluso il suo primo incontro a Washington con il Segretario di Stato,
Colin Powell, nel quale ha tenuto banco la crisi irachena. Prima di vedere
Powell, Frattini ha assistito ad un dettagliato briefing dell'intelligence
su Iraq e Nord Corea. Il Dipartimento di Stato mette al corrente solo pochi
ospiti scelti dei dati «classificati» sulle crisi del momento: averlo fatto
con il capo della Farnesina significa considerare l'Italia qualcosa di più
di un partner potenziale nella «coalizione dei disponibili» pronta a
scendere in campo in Iraq. Il briefing si è prolungato per oltre un'ora e
alcuni dei partecipanti hanno sottolineato la «padronanza» del ministro
nell'analizzare dati di intelligence con un alto grado di riservatezza. Dopo
l'incontro con gli analisti che seguono costantemente l'evoluzione degli
eventi all´interno dei confini di Iraq e della Corea del Nord è iniziato il
colloquio con Powell, che ha esordito sottolineando il forte rapporto di
intesa politica fra i due Paesi. Sull'Iraq la richiesta di Washington è
quella di ottenere sostegno, politico prima che militare, per la guerra in
Iraq, ovvero per la «lettura anglosassone» della risoluzione dell'Onu 1441
secondo la quale basta accertarne la violazione per dare legittimità
all'operazione militare. La risposta di Frattini è stata poi quella ripetuta
durante la conferenza stampa: prima di prendere posizione l'Italia aspetta
di «leggere e conoscere il testo del rapporto degli ispettori che verrà
consegnato al Consiglio di Sicurezza il 27 gennaio prossimo», ma se si
dovesse poi «arrivare disgraziatamente alla guerra non ci tireremo indietro»
in forza del «rapporto di lealtà che ci lega agli Stati Uniti». L'Italia
dunque rinvia ogni annuncio e ritiene «prematuro parlare di azioni
unilaterali», ma fa sapere a Powell - e il messaggio è stato poi ripetuto in
serata al consigliere per la sicurezza nazionale Condoleezza Rice alla Casa
Bianca - che quando sarà il momento di decidere non farà mancare il proprio
sostegno. Rimandando ogni decisione formale al 27 gennaio, Frattini prende
tempo e conferma la linea italiana - espressa da Palazzo Chigi prima e dal
Quirinale poi - di restare nel quadro dell'Onu; ma il messaggio di
rassicurazione recapitato a Washington è una buona notizia per la Casa
Bianca, in cerca di alleati affidabili. Non a caso Powell ha assicurato che
vi sarà d'ora in poi una «costante consultazione con l'Italia» sull'agenda
del Consiglio di Sicurezza. Le feluche di Washington dietro le quinte stanno
sondando gli alleati europei per garantirsi immediati sostegni politici
quando il dado della guerra sarà tratto. Gran Bretagna a parte, Powell
segnali positivi sono arrivati da Spagna, Olanda, Danimarca, Romania,
Polonia e Repubblica Ceca. Ora nella lista degli alleati «affidabili» c'è
anche l'Italia, anche se nulla è stato precisato sulle modalità tecnica
dell'eventuale sostegno di Roma. «L'Italia oggi è un punto di riferimento
degli Usa in Europa», dice il capo della Farnesina. Per rafforzare il
contenuto della presa di posizione Frattini l'ha inquadrata nell'impegno di
Roma nella «guerra al terrorismo» testimoniato dall'inizio del dispiegamento
di un contingente di mille alpini in Afghanistan: «Saranno in campo fianco a
fianco con gli americani, prova tangibile e simbolica dell'alleanza». La
posizione di Roma stride con quella di Parigi - secondo cui un attacco
farebbe prevalere «la forza e non il diritto» - ma Frattini è attento a non
sottolineare la divergenza: «Decideremo e valuteremo la posizione francese
dopo aver letto il rapporto redatto dagli ispettori di Hans Blix». Ovvero:
ogni fuga in avanti è errata. L'interrogativo è con chi, quando si arriverà
al braccio di ferro fra Francia e Germania da un lato e gli Usa dall'altro
sulla seconda risoluzione, l'Italia si schiererà: «Prima leggiamo il
rapporto», ripete Frattini. Durante il colloquio si è parlato anche di Corea
del Nord, Iran e Libia, Paesi con i quali l'Italia ha maturato un rapporto
politico e diplomatico che può aiutare Washington a far arrivare messaggi
molto concreti sulla necessità di combattere il terrorismo. In particolare
Powell - secondo un funzionario dell'Amministrazione che chiede
l'anonimato - guarda all'Italia per fare pressione sulla Corea pel Nord
perché «siete il primo Paese che ha ripreso le relazioni con Pyongyang e
dunque avete una forte possibilità di essere ascoltati» chiedendo a Kim Jong
Il di rinunciare a perseguire gli armamenti nucleari.


                  Maurizio Molinari






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