Autor: clochard Data: Assumpte: [Cerchio] ah, la famiglia...
Ah, la famiglia, casamatta contro ogni insicurezza e minaccia...
Da La Stampa
CREMA, L´UOMO ERA DISPERATO DOPO LA SEPARAZIONE
«Non potete lasciarmi» Spara ai figli e si uccide
Torna a casa e grida alla donna terrorizzata: «Te la faccio pagare» Uccide
il primogenito e ferisce l´altro bambino prima di suicidarsi
22/1/2003
CREMA (Cremona)
NEMMENO la domanda di suo figlio Michele di sei anni, in pigiama davanti a
lui, è riuscito a fermarlo: «Papà cosa fai?». Papà aveva già sparato, si era
consumato dentro dalla rabbia per non aver ucciso il suo rivale, quello che
abitava con sua moglie, con i suoi due figli, in questa casa al primo piano
di via Battaini Masperi al 4 dove c'è ancora un triciclo sul balcone. «Marco
cosa fai?», gli aveva urlato lei quando lui era entrato dalla finestra
rompendo il vetro, la Walther P22 in mano e nella testa una sola idea,
quella di fargliela pagare. Il primo colpo di pistola è per suo figlio
Michele che muore subito. Il secondo è per Matteo che ha due anni e ancora
dorme nella cameretta e adesso è a Bergamo in ospedale, prognosi riservata.
Il terzo è per sè, alla testa, guardando dritto negli occhi la sua ex
moglie. Dura meno di dieci minuti la follia di Marco Doldi, 28 anni, operaio
piastrellista, assassino e suicida. Dura un niente, il tempo di fare cento
metri, ma chissà da quanto era nella sua testa. Da quando lei se ne era
andata con Gianluca Carnieli, 36 anni, operaio in una ditta chimica di
Offanengo, un amico di famiglia, il padrino al battesimo di Michele come si
vede nelle foto di appena sei anni fa. Da quando il giudice a luglio aveva
stabilito che Marco Doldi e Lucia Cardellicchio erano ufficialmente
separati. A lei sarebbe rimasta questa casa e la custodia dei due bambini. O
forse a dicembre, quando al commissariato aveva detto che gli era venuta la
passione per il tiro a segno e poi aveva comperato la Walther calibro 22. O
forse ci aveva pensato solo ieri mattina, quando erano appena le cinque e
seduto nella sua Seat Ibiza fumava una sigaretta dietro l'altra aspettando
che lui scendesse. «Adesso te la faccio pagare, giuro che te la faccio
pagare», gli aveva detto puntandogli la pistola alla tempia e spingendolo
verso la sua auto. «Vai di là», gli aveva detto, dopo una curva e un'altra
fino alla stradina nei campi con la cascina e la gru e a quell'ora chi vuoi
che passi. «Ma no, Marco, calmati», aveva cercato di tranquillizzarlo lui,
come si fa con un amico che sta male anche se poi era colpa sua ma la vita è
così che va. «Calmati», aveva appena finito di dirgli quando è partito il
primo colpo di pistola. E poi un altro. Quello, voluto. A casaccio nel buio.
A Gianluca che è a terra e sente solo lo scoppio e non si fa niente. Riesce
ad alzarsi. Dalla macchina prende il cric. Gli dà addosso. Poi scappa, torna
in strada e via verso il commissariato. «Chissà perchè è venuto qui e non è
andato a casa. Forse non pensava che potesse succedere quello che è
successo», si chiede l'ispettore Francesco Scalise che si chiama come il
commissario di una fiction ma questa è una storia brutta e vera. «Stava
ancora facendo la sua denuncia, quando sono arrivate le prime telefonate da
via Battaini Masperi. Un vicino diceva che stavano litigando forte. Che
c'erano rumori di vetri rotti». Quando la volante arriva nella strada di
Crema nuova, case dignitose e prati e fango, lui sta già sparando. Un vicino
con i capelli corti ha sentito tutto. E poi ha anche visto: «C'era questa
donna che piangeva e urlava. Con un figlio in braccio e chiedeva aiuto.
C'era tanto sangue». C'era sangue in salotto, dove lui era entrato dopo aver
rotto il vetro della porta finestra al primo piano che non ci vuol niente a
fare un salto. C'era il sangue di Michele che aveva sei anni, ammazzato da
un papà arrabbiato che voleva fare male anche alla mamma e farle provare
cosa sia il dolore. E c'era sangue in camera da letto, quella dei bambini,
con i peluche e i lettini piccoli. Dove dormiva Matteo che non si è accorto
di niente e anche a lui il papà ha sparato al petto. «Se si fosse sparato
prima...», si lascia scappare l'ispettore Scalise in questa giornata nera.
In un piccolo centro come Crema dove non è vero che non succede nulla e solo
due mesi fa uno aveva ammazzato la moglie e poi si era ucciso. «Sì, ma qui
ci sono i bambini...». E anche il magistrato che si occupa di questa storia,
Benito Melchionna, uno che le ha viste tutte, dal terrorismo alle stragi,
non si capacita che si possa uccidere ancora così, per passione: «Sembra una
storia di cento anni fa. Poi invece era successo solo pochi mesi fa a Chieri
in Piemonte e pensi che ci sia anche dell'emulazione dietro a queste
vicende». Sono le domande che si fanno dopo. Quando si cerca di capire. Come
Lucia Cardellicchio che hanno ricoverato anche lei in ospedale sotto shock
per quello che è successo e per quello che potrebbe ancora capitare al suo
figlio più piccolo. E ai parenti che sono corsi fino a Bergamo per starle
vicino dice solo: «Marco è sempre stato uno irrequieto, lo sapete. Ma non
posso credere che abbia fatto quello che ha fatto». Perchè alla fine non ci
crede mai nessuno, che possa accadere veramente. Non ci credono alla
tabaccheria in fondo alla strada: «Litigavano, ma come tutte le coppie». E
non ci crede neanche Gianluca Carnieli, vivo per miracolo, che nelle prime
righe del verbale, proprio mentre Marco Doldi sparava e uccideva, aveva
raccontato di quella volta che si erano incontrati per strada a dicembre e
lui gli aveva detto: «Mi hai rovinato la vita. Te la farò pagare. Giuro che
te la farò pagare».