per chi non ha acquistato "la rivista del manifesto"
----- Original Message -----
From: "Gianni" <gianni.volo@???>
To: "Enzo Arighi" <attacchighi@???>
Sent: Friday, January 10, 2003 9:09 PM
Subject: testo Brancaccio... ciao!!
> Da Firenze a Porto Alegre 2003
>
> Emiliano Brancaccio
> AB0LIRE IL RENTIER GLOBALE
>
> Dopo il successo del Forum sociale europeo e a pochi giorni dall'apertura
> del terzo Forum mondiale di Porto Alegre, il movimento attraversa una
> delicata fase di maturazione. Nel corso dei dibattiti di Firenze è infatti > emersa, in più occasioni, una forte sollecitazione ad andare oltre i no alla > guerra, al razzismo e a un neoliberismo non sempre ben definito, per aprire > finalmente un confronto serrato sulla 'visione' del sistema economico e
> sugli indirizzi generali di politica economica globale.
> Questa sollecitazione si scontra ovviamente con gli attuali limiti del
> movimento. Come hanno giustamente sottolineato Lucio Magri e altri, il
> popolo di Porto Alegre sconta gli effetti di una vera e propria cesura nella > memoria storica, che ha reso farraginosa, ancor prima che conflittuale, la
> comunicazione tra le generazioni, e ha rallentato il confronto con le grandi > sfide del secolo scorso. In un certo senso, è come se questa riluttanza a
> guardarsi indietro abbia fatto sì che gli immensi interrogativi del '900 sul > modo di produzione capitalistico, sugli estremi istituzionali del piano e
> del mercato e più in generale sul potere e sul suo esercizio, siano rimasti > sospesi per aria in attesa di una risposta. Un così difficile rapporto con > la storia è stato finora esorcizzato, e talvolta ingenuamente ostentato,
> richiamandosi allo slogan zapatista del «camminare domandando». Tuttavia
> questa parola d'ordine comincia a star stretta a molti, e in particolare a
> coloro che vedono nel movimento una forza potenzialmente in grado non solo
> di contrapporsi alla guerra, ma anche di incidere sul corso degli eventi
> economici.
> Attribuire questa prospettiva ambiziosa a una moltitudine così giovane e
> incerta potrà sembrare smodatamente futuristico, e quindi fuori luogo.
> D'altro canto è innegabile che per la sua proiezione al tempo stesso
> planetaria e no global, e per l'ostilità nei confronti del Fondo monetario e > delle altre istituzio internazionali, il movimento appare guidato da u serie > di intuizioni politiche di enorme rilievo. queste, come vedremo, assume
> particolare significa la condanna della speculazione finanziaria e dei cre
> tori internazionali, e più in generale la denuncia d l'espansione sempre più > oppressiva delle rendite livello globale.
> Per rendita, si badi, qui intendiamo il reddito de vante dalla proprietà di > un bene che può essere nat ralmente scarso, come l'acqua, ma che può anc
> essere reso artificialmente tale, come è il caso del moneta. Nella rendita > vanno quindi inclusi i tas d'interesse sui prestiti al netto del rischio, i > quali ra presentano tra l'altro la base su cui vengono a dete minarsi i
> tassi di profitto sul capitale. Vale la pena notare che in quest'ottica i
> termini 'rentier' o 'capit lista' divengono entro un certo limite
> interscambiab li, e il limite consiste semplicemente nel fatto che so tanto > al secondo spetta la decisione di allocazione d capitali tra i vari settori > e la conseguente assunzio dei rischi. Ora, il movimento ha finora
> istintivamen compiuto degli attacchi sia alle alte rendite che meccanismi di > allocazione concorrenziale dei capirai e quindi alla connessa dinamica dei
> margini di profi to. La denuncia delle crisi generate dalla speculazion
> finanziaria rappresenta, in tal senso, una implicit messa in discussione
> della presunta efficienza dell allocazioni decentrate proprie del mercato, e > costitui sce pertanto una possibile strada per recuperare aggiornare i
> vecchi dibattiti sul piano. Ad ogni mod quella strada è ancora lontana. P- > opportuno tene presente, infatti, che il movimento è rimasto finor pressoché > muto sui problemi del modo di produzion della ricchezza mondiale,
> limitandosi a denunciare 1 distribuzione sperequata e la composizione
> ecologica mente insostenibile della stessa. Ecco perché in quest sede
> soffermeremo l'attenzione sui soli aspetti d conflitto distributivo, ossia
> sull'attacco alla rendita al rentíer-capitalista che, in modo più o meno
> consa pevole, il popolo di Porto Alegre conduce.
> La ribellione nei confronti dell'illegittimo poter del rentier ovviamente
> non è nata a Seattle. Essa trov antichi precedenti nella definizione
> aristotelica d prezzo giusto e nella lotta all'usura dei filosofi cattolic
> del XIII secolo. 1 filosofi morali condannavano però 1 rendita in termini
> puramente etici e normativi. Spettò invece a Marx, a Keynes e alla
> connection tra i due avanzata dagli economisti anglo-italiani di Cambridge
> rivelare la natura oggettiva della rendita, la sua stretta correlazione con > il profitto e le modalità in cui essa tende a manifestarsi e a diffondersi
> all'interno del sistema capitalistico. In particolare, la Marx-Keynes
> connection permise di contestare il ruolo di motore dell'accumulazione e del > progresso economico che gli esponenti dell'ortodossia neoclassica
> attribuivano al tasso d'interesse. Nella visione Marx-Keynes i tassi
> d'interesse assumono infatti il carattere prevalente di mera rendita,
> generata dalla scarsità artificiale del denaro e dalla concentrazione dello > stesso nelle mani di pochi. Quanto più il denaro è scarso e concentrato,
> tanto più i tassi d'interesse crescono, il che consente ai rentiers (e ai
> capitalisti) di accaparrarsi la massima quota possibile del surplus sociale > esistente, principalmente a scapito dei salari e della spesa pubblica.
> Nel corso degli anni '60 e '70 la Marx-Keynes connection suscitò dibattiti > accesissimi, concorrendo con altre visioni dei mondo a una contesa delle
> idee di portata storica. Il fermento di pensiero critico dell'epoca venne > tuttavia soffocato dalla restaurazione ideologica degli anni '80, che non a > caso coincise con un radicale cambiamento a livello mondiale negli
> indirizzi di politica economica. Inaugurato dalla nomina di Paul Voicker
> al vertice della Federal Reserve, il cambiamento si manifestò soprattutto
> nei divorzi tra Banche centrali e governi, nella tendenza alla restrizione > monetaria permanente e nella forsennata liberalizzazione dei movimenti di
> capitale, misure promosse per sottrarre la moneta dall'arena del conflitto
> distributivo e rispettivamente finalizzate a renderla di esclusiva
> proprietà privata, artificialmente scarsa ed estremamente mobile. La
> conseguenza di tutto ciò è semplice quanto drammatica: anche considerando le > recenti tendenze al ribasso, di natura meramente congiunturale, nell'ultimo > ventennio i tassi d'interesse reali (calcolati cioè al netto
> dell'inflazione) sono stati alti e instabili come mai era accaduto prima
> nella storia dell'umanità.
> I livelli elevati e le oscillazioni dei tassi d'interesse rappresentano il
> dato unificante, quello che attraverso svariati canali ha segnato la vita
> quotidiana di miliardi di persone. Basti pensare all'aumento delle tasse
> sul lavoro e alla riduzione dei fondi pubblici destinati al Welfare, misure > in gran parte causate dal restringimento dei finanziamenti delle Banche
> centrali alla spesa statale e dalla necessità di far fronte alla
> contemporanea espansione della spesa per interessi a favore dei possessori > di titoli del debito pubblico (un fenomeno, questo, verificatosi in modo
> trasversale nel Nord e nel Sud dei pianeta, in Italia come in Brasile).
> Oppure, riguardo all'ambiente, si pensi alla stretta correlazione esistente > tra l'aumento dei tassi d'interesse pagati dai paesi indebitati e lo
> spaventoso incremento dei ritmi di sfruttamento delle risorse naturali di
> quegli stessi paesi, uno sfruttamento finalizzato al vano tentativo di
> rimborsare i prestiti per liberarsi dalla morsa dei creditori. Se poi
> guardiamo al lavoro, scopriremo che gli elevati tassi d'interesse reali
> hanno fortemente influenzato le dinamiche contrattuali, contribuendo ad
> accrescere i margini di profitto a danno dei salari e dell'occupazione (a
> tal proposito, si può notare che gli shock più significativi nel rapporto
> tra profitti e salari si sono generalmente verificati in seguito
> all'ampliamento del divario tra i tassi d'interesse e il tasso di crescita > del Pil ).
> Queste tendenze, che hanno impedito ai lavoratori di godere dei guadagni di > produttività di un intero ventennio, in Europa vengono oggi cristallizzate
> nella linea d'azione della Banca centrale, che minaccia esplicitamente di
> elevare i tassi d'interesse al primo accenno di rivendicazione da parte dei > sindacati. Ciò significa che nell'attuale scenario di politica economica
> le istituzioni monetarie si sentono autorizzate a controllare i lavoratori
> manovrando sui tassi, ossia agitando continuamente lo spettro della
> recessione e della disoccupazione. Un orientamento, questo, che si
> auto-legittima nel corso delle crisi valutarie, in cui le banche centrali
> contrastano le vendite speculative e le fughe di capitale elevando i tassi
> d'interesse a livelli inauditi, al fine di ammansire i sindacati, comprimere > i salari per contrastare le svalutazioni e convincere così i creditori a non > abbandonare i paesi sotto attacco. Solo per citare un esempio emblematico, > si può ricordare che il Brasile è stretto proprio in una morsa del genere,
> il che significa che, a meno di un fortissimo sostegno internazionale
> all'ipotesi di rinegoziazione degli oneri finanziari, la coalizione
> progressista guidata da Lula (nonché i vari enti locali a bilancio
> partecipato) rischiano di soccombere sotto l'insostenibile pressione dei
> creditori.
> Nel corso degli ultimi vent'anni, insomma, la proprietà privata, la
> scarsità e la mobilità della moneta e i conseguenti elevati livelli dei
> tassi d'interesse e di profitto hanno duramente inciso sulle condizioni del > lavoro, dell'ambiente e dello Stato sociale, sia nel Nord che nel Sud del
> mondo. Un'estrema difficoltà di modificare le norme relative al
> funzionamento delle Banche centrali e ai movimenti di capitale ha
> progressivamente indotto le sinistre, e in particolare i partiti socialisti > europei, alla rassegnazione e all'ignavia nei confronti delle dinamiche in
> corso. Il movimento esprime, pertanto, la prima reazione a questo stato di > cose dopo anni di colpevole silenzio. Esso infatti si interroga sui
> rapporti di dominio dei creditori sui debitori, denuncia le nefandezze e le > oppressioni che sono scaturite da quei rapporti e afferma l'assoluta
> necessità di ribaltarli. li movimento inizia inoltre a comprendere che
> l'alto costo del denaro ha colpito i lavoratori e i soggetti più deboli sia > dei paesi ricchi che dei paesi più poveri. Una presa di coscienza, questa, > che assume un inestimabile valore politico, perché delinea una convergenza
> di istanze tra soggetti apparentemente lontani, e perché consente di
> liberare il popolo di Porto Alegre da una nomea che non gli rende merito,
> quella di movimento puramente etico, normativo, un movimento che penserebbe > 'soltanto agli altri e non a sé '.
> Una volta però delineata la convergenza di istanze, si pone la necessità di > individuare una soluzione, una linea d'azione razionale e condivisa che
> permetta al movimento di smuovere il dibattito politico, e che costringa
> soprattutto i partiti socialisti a interrogarsi sugli errori compiuti in
> questi anni. Questa linea d'azione dovrebbe consistere nel trascinare la
> moneta e le istituzioni che la governano al centro del confronto politico, > al fine di promuovere tutte le misure atte a contrastare la proprietà
> privata, la scarsità e la mobilità della stessa: misure che vanno dalla
> radicale riforma in senso democratico degli statuti delle Banche centrali > al ripristino dei controlli s movimenti di capitale. Occorrerebbe in altri > termini sostenere tutte le iniziative atte a ripristinare la sovranità
> politica sulla moneta e a regolare, segmentare, dividere tra loro i mercati > finanziari mondiali. Il carattere no global del movimento verrebbe in tal > modo reinterpretato, passando dall'incerto terreno delle lotte contro un
> liberoscambismo tutto da verificare, al solido e urgente obiettivo di
> riprendere il controllo politico dei movimenti di denaro. Inoltre, le
> rivendicazioni sul governo della moneta aprirebbero la strada a un progetto > di politica economica realistico e colossale, basato sull'obiettivo di
> abbattere i tassi di interesse reali fino a posizionarli, in modo permanente > e non congiunturale, intorno allo zero.
> Gli effetti di un simile abbattimento dell'intera struttura dei tassi
> d'interesse sarebbero enormi, sia in termini di distribuzione della
> ricchezza prodotta che di composizione fisica della stessa. La prospettiva > ideale della società senza rentiers tornerebbe in auge e una nuova stagione > di conquiste per il lavoro, l'ambiente e lo Stato sociale verrebbe
> inaugurata. Dal punto di vista dei salari e delle condizioni di lavoro,
> l'abbattimento sistematico dei tassi d'interesse favorirebbe la riduzione
> dei tassi di profitto e aprirebbe spazi per la difesa e l'ampliamento dei
> diritti. Dal punto di vista della spesa pubblica, semplicemente collocando > la media dei tassi d'interesse sui titoli di Stato al di sotto del tasso di > crescita nominale del reddito, i singoli paesi potrebbero passare dai lacci > soffocanti imposti dagli attuali avanzi primari alle grandi possibilità di
> cambiamento strutturale offerte da deficit primari oggi impensabili, il
> tutto in condizioni di perfetta sostenibilità del rapporto tra debito e
> Pil.
> Per la sua proiezione internazionale, il movimento rappresenta, allo stato > dei fatti, l'unico soggetto politico capace di inaugurare un confronto
> sulla riforma delle istituzioni monetarie globali e di provere un paradigma > alternativo, basato sulla sovramonetaria e sull'abbattimento dei tassi
> d'interesse. Un obiettivo così ambizioso potrà tuttavia esser perseguito
> solo se alla battaglia del movimento si affiancheranno, ai vari livelli
> nazionali, le spinte dei sindacati, dei partiti, e degli altri soggetti
> sociali sui salari, sulle condizioni di lavoro e sulla spesa pubblica, ossia > sulle uniche leve di cui disponiamo per far saltare i vincoli ideologici
> all'inflazione salariale e al disavanzo pubblico dai quali dipendono la
> stabilità e la sopravvivenza dell'attuale palinsesto neoliberista di
> politica economica. La battaglia del movimento per il governo politico
> della moneta e per i tassi a zero, insomma, costituirebbe una forza
> propulsiva simmetrica e logicamente complementare alle rivendicazioni dei
> lavoratori e dei beneficiari della spesa pubblica sul surplus sociale
> esistente. Ed è proprio questa simmetria tra azioni di rottura a livello
> nazionale e proposte alternative a livello globale che offrirebbe una base > più solida a quel legame istintivo tra il movimento e i lavoratori che, come > hanno rilevato Cremaschi e altri, a Firenze ha trovato l'ennesima conferma, > ma che necessita di una piattaforma comune per poter sviluppare tutto il
> suo potenziale.
> Si potrebbe obiettare che proporre al movimento dei movimenti di
> identificarsi nella 'presa della Banca centrale' e in una versione
> 'conflittuale' del piano Keynes del 1943 sulla riforma del sistema monetario > è operazione fuorviante, o quantomeno prematura. Il che sotto molti
> aspetti è vero. Tuttavia, ogni giorno che passa si acuisce la
> contraddizione tra l'assoluta necessità di aprire un confronto sul governo
> della moneta e l'ostinato, assordante silenzio delle istituzioni politiche
> su questo nervo scoperto del capitalismo globale. La rottura di quel
> silenzio produrrebbe una svolta e un'accelerazione straordinaria sul corso > degli eventi. E consentirebbe al movimento di tener finalmente testa allo
> slogan, bello ma impegnativo, secondo cui 'un altro mondo è possibile'.
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