[Cerchio] GLI ANARCHICI E LA RESISTENZA AL FASCISMO.

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GLI ANARCHICI E LA RESISTENZA AL FASCISMO.

La Resistenza armata.

Nella lotta armata al fascismo che si sviluppa fra il 1943 e il'45
gli anarchici mettono a frutto le precedenti esperienze in Italia,
nella guerra di Spagna e i dibattiti che sulla base di quelle
esperienze si sono sviluppate, in carcere, al confino o nell'esilio
forzato del ventennio fascista.

Pur essendo gli ultimi liberati dalle isole di confino, gli anarchici
sono tra coloro che alla caduta del fascismo partecipano alla lotta
armata in maniera sostanziosa, talvolta militando in formazioni
partigiane autonomia ( Formazioni Lucetti, Elio, Schirru,ecc.), più
spesso inquadrati nelle formazioni "Matteotti" o"Garibaldi".

Inutile nello spazio permessoci elencare formazioni ed azioni.
Riteniamo più utile illustrare l'impegno e le posizioni di molti
degli anarchici impegnati nella lotta armata attraverso un documento
della Brigata Malatesta- Bruzzi operante a Milano, forte di 1300
uomini, in secondo momento inquadrata nelle formazioni "Matteotti".

Il documento è una relazione sull'attività insurrezionale a Milano,
dove si vede in pratica l'azione anarchica di lotta al fascismo e di
riorganizzazione della società in senso egualitario.

Dall'impegno profuso nell'esperienze partigiana scaturirà a Milano
come in altre parti d'Italia un'adesione entusiastica di molte
migliaia di giovani alle idee dell'anarchismo, o meglio del comunismo
libertario come si chiamerà sull'onda dell'entusiasmo per
l'esperienza spagnola. Basti pensare che a Milano nel 1945, risultano
28 sezioni della Federazione Comunista Libertaria, con 1200 militanti.

Documento. Relazione sull'attività insurrezionale a Milano.

E' doveroso constatare che nel periodo insurrezionale dall'8
settembre all'ottobre 1944 il movimento libertario era ridotto ad un
esiguo numero di vecchi compagni che non potevano certo sostenere il
paragone con le organizzazioni clandestine degli altri partiti. Si
ebbe un considerevole sviluppo dopo tale data in seguito alla
immissione di forze fresche e di una folta schiera giovanile ed in
pochi mesi, nell'inverno 1944, avvenne la fusione dei vari elementi
che permise di dare all'organizzazione una certa omogeneità. Da quel
momento soltanto l'organizzazione si può dire che cominciò a contare
qualche cosa.

Il lavoro di organizzazione insurrezionale era già in atto da tempo e
nei mesi invernali si tentò più che di estendere l'organizzazione di
coordinare gli sforzi dei vari gruppi in vista di ottenere
nell'insurrezione una affermazione più rivoluzionaria di quella che
potevamo attenderci dal CNL; sul terreno politico la differenziazione
raggiunse persino aspetti di ostilità. Ma nel corso dell'azione fu
necessario riconoscere che spingere la differenziazione più oltre
sarebbe stato un tale errore che avrebbe potuto avere conseguenze
gravissime fino a tagliarci fuori completamente dal moto popolare.
Anche se le nostre forze erano considerevoli, soprattutto la
deficienza dei mezzi, e di una estensione capillare, non ci
permettevano nel modo più assoluto di staccarci dal moto generale
antifascista per tentare una via nostra di immediata conquista
rivoluzionaria.

L'opera di organizzazione clandestina può essere discussa e criticata
finché' si considera soltanto lo schema generale programmatico; ma
quando si esaminano le condizioni reali in cui si doveva agire
bisogna constatare che non si poteva fare diversamente e che
l'intransigenza fu mantenuta solo fin dove il buon senso lo
permetteva. Spingerla più oltre sarebbe stato condannarci ad una
sterilità assoluta. Nel mese di febbraio le forze complessive in
Milano e dintorni si aggiravano su un migliaio di uomini di cui solo
però qualche centinaia di armati. In provincia e nella regione nulla,
assolutamente nulla, all'infuori dei gruppi di Corteolona e
S.Cristina. Tutta l'esperienza fatta ci ha dimostrato che molto di
più si sarebbe potuto ottenere se avessimo avuto una maggiore
disponibilità di mezzi in modo da potere mantenere formazioni nostre
sulle montagne. Invece uomini nostri hanno agito sui monti, spesse
volte anche in posizioni direttive, senza che tale apporto si
traducesse in aumento di forza per il nostro movimento. Anzi l'opera
di quei compagni è andata ad esclusivo profitto di tutti gli altri
partiti più ricchi di noi e che colmavano la loro deficienza di
quadri col contributo di uomini nostri che pure ne avevano tanto
bisogno.

Tutto ciò dimostra che la purezza ideale non può bastare da sola ma
ha bisogno di una base umana e materiale che non bisogna trascurare.
Considerando le cifre su esposte si è portati a pensare che anche sul
terreno della lotta insurrezionale avremmo potuto realizzare di più,
ma il nostro movimento dovette anche subire circostanze sfortunate
per cui alla vigilia dell'insurrezione ci vennero a mancare gli
uomini sui quali si contava di più e praticamente l'organizzazione ha
dovuto muoversi priva di chi doveva assicurare i collegamenti e dare
una garanzia di direzione. Comunque, durante tutto il periodo
clandestino, la nostra organizzazione non fu inferiore a quella dei
partiti sia per quello che concerne la stampa, l'assistenza
carceraria, documenti, assistenza finanziaria, ecc. Gli uomini erano
raggruppati in squadre per settori coi relativi collegamenti e
servizio di informazioni che, nonostante gli arresti e la presenza
continua dello spionaggio, funzionavano sempre. In alcune zone di
Milano e dintorni le nostre squadre si mostrarono anche numericamente
superiori a quelle degli altri partiti e assicurarono
all'organizzazione attuale quei mezzi senza dei quali nessuna
organizzazione può vivere ed operare.

Cronaca dell'azione insurrezionale. 25 aprile. Zona di Affori.

Le nostre formazioni "Malatesta-Bruzzi" fermavano una colonna tedesca
disarmandola e facendo ricco bottino di armi e materiale vario. In
giornata estendevano il loro controllo a tutta la zona. Nel frattempo
altre formazioni nostre, in collaborazione con elementi di tutti i
partiti, occupavano e mettevano in stato di difesa lo stabilimento
Carlo Erba di via Imbonati.

26 aprile. Le azioni continuavano per isolare e snidare i nuclei di
resistenza fascista. Già nella mattina la IV Brigata "Malatesta-
Bruzzi" si installava nelle scuole di via Machichini assumendo il
controllo delle vie che conducono alla zona Sempione e Garibaldi.
Tutte le formazioni della zona Affori erano entrate in movimento la
mattina e la loro aggressività aumentava coi successi. A Porta Volta
la caserma delle Brigate Nere situata in via Ceresio veniva occupata
da forze della Brigata "Malatesta-Buzzi". Di lì, i nostri volontari
assumevano il controllo e la protezione della Centrale Elettrica
prospiciente la caserma. Mitragliatrici pesanti e leggere venivano
appostate di fronte agli ingressi. Un carro armato faceva la spola
fra i capisaldi. Con tale operazione veniva evitata la distruzione
della centrale che poteva continuare a fornire l'energia elettrica
alla città.

La vicina caserma della X MAS in via Tito Speri, dove si trovavano
ingenti quantità di vestiario, di viveri e di automezzi, era stata
dai fascisti apprestata per una strenua resistenza. Fortificazioni di
cemento armato bloccavano gli accessi stradali. Un Gruppo di nostri
compagni del distaccamento Favilla, al comando del compagno Oscar si
impadroniva della caserma dall'interno, prendendo immediatamente
contatto coi rinforzi che giungevano dal di fuori. La stessa cosa
avvenne con le altre caserme della MAS, dove gli ufficiali nell'atto
di ordinare il fuoco sugli insorti venivano disarmati dai nostri
compagni. Mentre alcuni nostri compagni cooperavano all'occupazione
della radio trasmittente situata in Corso Sempione formazioni
della "Malatesta-Bruzzi" occupavano lo stabilimento TRIPLEX
organizzando la difesa.

Da questa base partivano poi per l'occupazione della ferrovia dove
bloccavano una locomotiva con alcuni carri blindati. La sera del 25
tutti i caseggiati della zona erano già pavesati con bandiere rosse
che annunciavano la vittoria. La strada sino al Comune di Pero veniva
perlustrata dalle pattuglie della "Malatesta-Buzzi". Il distaccamento
dislocato nel suddetto Comune assaliva di sorpresa una colonna di
tedeschi che tentava di forzare gli sbarramenti, disperdendola. Una
grande autocorriera, che subito veniva riverniciata di rosso, con
altri automezzi di tipo vario e prigionieri rimanevano come bottino
di guerra. I nostri compagni che avevano iniziato l'azione armati di
pochi moschetti, potevano così armarsi di armi automatiche..
L'insurrezione si potenziava di ora in ora.

Zona ticinese

Nella zona ticinese, specialmente alla Baia, i nostri compagni
prendevano l'iniziativa prima ancora che l'ordine di insorgere
venisse impartito, visitando gli stabilimenti della zona e incitando
gli operai a scioperare. In via Palmieri avvenivano i primi disarmi
dei tedeschi e fascisti. Si può dire che i nostri gruppi della zona
Ticinese si sono armati da soli Essi si univano ai Gruppi
di "Giustizia e Liberta'" per dare l'assalto alla caserma di Polizia,
dove veniva trovato un considerevole bottino di viveri ed armi.

La sera del 25 tutta la zona brulicava di stelle rosse e nere,
fazzoletti rossi e di altri distintivi del C.L.N. Le squadre
assumevano immediatamente il compito di rastrellamenti, di
requisizione e di epurazione. Nei giorni 26 e 27 il lavoro di
organizzazione dei vari servizi era già talmente avanzato da
permettere una distribuzione di generi alimentari e vestiario alla
popolazione. L'iniziativa in queste distribuzioni partiva dalla
nostra centrale "Malatesta-Bruzzi" in zona Vigentina, immediatamente
imitata dai gruppi del rione.

Un elogio dev'essere dato ai tutti nostri compagni i quali agirono
con la più grande disciplina senza chiedere nulla anche dopo parecchi
giorni di ininterrotta attività.

Zona Venezia

I primi distaccamenti "Malatesta-Bruzzi" operavano nella notte dal 25
al 26 energici attacchi contro le posizioni fortificate sparse nella
zona. Nella mattina del 26 si effettuava il collegamento con la
Stazione centrale che già da molte ore era nelle mani dei patrioti.

Azione sociale

Ma l'azione delle nostre brigate non si limitava soltanto ad
operazioni militari; non appena il successo dell'insurrezione apparve
assicurato in modo tale da impedire qualsiasi ritorno offensivo delle
forze fasciste, l'epurazione veniva condotta tenendo presente
l'effetto sociale che si doveva ottenere. I generi alimentari e il
vestiario che venivano trovati in copia nei nidi fascisti venivano
immediatamente distribuiti alle famiglie povere, sinistrate e alle
vittime della persecuzione fascista.

L'iniziativa dei compagni si sviluppava spontaneamente. La proprietà
di alcune ditte appartenenti ai fascisti dichiaratamente
responsabili, veniva immediatamente trasferita agli operai che le
avevano mantenute col proprio lavoro e difese col proprio sangue.
Essi si costituivano in cooperative secondo le forme legali, e
riprendevano subito il lavoro in gestione diretta. Altrettanto è
avvenuto per la terra di alcuni agricoltori fascisti, sfruttatori e
collaborazionisti.




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