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BUON ANNO
(da "il cantastorie")
menene
L'uomo, incredulo nelle espressioni, esitante nei gesti e, per scelta,
vagabondo, prossimo il nuovo anno e anche l'alba, l'albagia e il camminare
solo, insisteva a ritoccare e a ravvivare, con tinte calde e forti, i suoi
trascorsi: gli anni andati: di volta in volta, ogni trentuno di dicembre,
definiti nuovi. Ci rivediamo l'anno nuovo: era semplicemente un modo come
un altro per dirsi: ci sarò. Senza un uomo nuovo, senza una donna nuova,
come può essere nuovo l'anno che verrà?
"Che c'è di nuovo? Nulla! Eccoli di nuovo! Rieccoli di nuovo! I barbari: i
nuovi barbari partoriti dal grembo sempre fecondo di fascismo, razzismo,
autoritarismo, sfruttamento ed oppressione". Pensava, parlava sommessamente,
si faceva spostare da un vento non proprio prepotente, come i fili di erba,
di qua e di là senza scomporsi.
"Un vaso si può ricolmare di terra, un corpo amato di baci e carezze, una
botte di vino, una piazza di gente libera in lotta. ma non si può tornare ad
essere bambini e poi adolescenti, ragazzi: non sempre si è penna timoniere,
penna maestra e remigante, non sempre si è semplicemente piuma oppure ali
desiderose di spiccare il volo e non per fuggire ma per affrontare i nemici
dell'umanità, della natura".
Apparivano alla sua mente stanca, comunque riflessiva e lucida, sommità di
montagne-ricordi che non raramente lo avevano reso anche presuntuoso e che
la sabbia-passato non riusciva a seppellire. Rimembranze: il sangue che
percorreva stradine in discesa o in salita determinato da armi taglienti e
sibilanti, oltre diritti e valori, che iene senza dignità utilizzavano
contro la gente semplice senza ritegno: iene: assassini! Milioni di morti
per fame, mancanza di cure, di lavoro, di acqua e di ogni risorsa che pure
gli appartiene. Assassini: in Argentina, in Guatemala, in Cile, in Vietnam
ieri e in Colombia oggi, in Indocina e in Perù, a Genova e incarcerando le
idee. Una terra, la nostra, una madre appoggiata sulle acque, depredata da
avvoltoi dagli artigli che trafiggono le sue parti intime e il suo corpo e
la pelle e il cervello libero.
"Febbri palustri ci prendono mentre velenosi ragni si esibiscono in orge per
pochi: vile teppaglia che non ha coscienza e onore e mortifica l'
intelligenza".
L'uomo ricordava le storie gioiose di un popolo contadino e operaio, giovane
e anziano, donne e uomini stretti in una fabbrica o in un luogo di studio,
in un vecchio capannone da ristrutturare o nelle vie di una metropoli che in
odore di un futuro radicalmente nuovo cantava, marciava, gridava e parlava,
parlava, parlava di rivoluzione. Ricordava, anche, storie miserevoli,
pietose e lacrimevoli: il lusso degli animi vani e l'altezzosa, superba,
arrogante ricchezza di pidocchi e parassiti, ladri di lavoro altrui.
Ricordava, inoltre, la noia e il silenzio degli apatici colpiti da un morbo
mortale che si trasmette ad altri e ad altre per contagio o creduta
furbizia. Gli eroi, gli ultimi, a volte esageratamente spavaldi,
testimoniavano il grigiore d'una storia che loro non avrebbero mai potuto
documentare e la loro stessa sconfitta: gli eroi esistevano perché i più
erano emarginati, esclusi, soggiogati o eliminati. Camminava e un po'
piangeva: pensava agli scrittori, ai cronisti del suo tempo diventati
mercenari senza pensiero fino a rendere marginale l'esistenza di alcuni
intellettuali capaci di realizzare sculture che esaltano ancora i rilievi
(rilievo è anche allevare uccelli tolti dal nido) che appartengono, forse,
più all'utopia che all'immaginazione cristallizzata. Appoggiandosi ad un
albero reso brullo dall'inverno o forse dal tempo e confondendosi con le sue
radici imprecava contro taglieggiatori e usurai senza dignità, i farabutti,
i falsi innocenti: animali timorosi di morire e che hanno terrore di
qualsiasi malattia mentre inviano killer-virus in ogni angolo del mondo
conosciuto e installano ordigni di morte nel ventre del globo e nel suo
cielo. Animali che sanno solo delegare o che vogliono spadroneggiare
perpetuamente. Galli senza anima che ti svegliano prima che il sole sia
presente rubandoti il riposo e i sogni, galli buoni per combattimenti
infiniti e per far covare uova che non dovranno mai dare la vita. Galli
furiosi che scorrazzano nel pollaio beccando ed eliminando chiunque
incontrano nel loro recinto per poi invadere l'aia, la campagna fino alle
più lontane città. Rimembranze. In una tana, l'uomo, si lasciò cadere
chinando la testa, esausto e in parte vittima delle infamità dei
fondamentalisti che dominano, nonostante loro, non poche tribù sparse tra
monti e pianure, su isole e modeste colonie. Sapeva di non essere solo.
Sapeva che milioni di senza nome e di anonimi rivoluzionari avrebbero
viaggiato in ogni direzione per continuare a difendere la specie umana e l'
ambiente, per proseguire nella dura fatica di umanizzare la bestia. Ma ora
era lì: in una grotta che ricordava la natività anche se a lui non era mai
riuscito di pronunciare un "buon natale" che in fondo gli ricordava un uomo
martorizzato in fretta e massacrato in giovane età solo per aver pensato
cose diverse dai padroni dei suoi giorni, del tempio e amici dell'impero
sempre in armi. Il potere ha sempre temuto e bastonato chi pensa, gli
anarchici, i socializzatori, i veri comunisti, i popoli liberi e ogni
antagonista per quanto umile o istintivo.
"I dominatori non sono mai stati capi ma unicamente sopraffattori":
ripeteva e ripeteva e ripeteva e vedeva, strana allucinazione, gente che non
era disponibile a riverire nessuno, a dire grazie, a piegare la testa e in
lotta contro ogni torto. L'uomo, adesso, aveva gli occhi socchiusi e
tuttavia dialogava con la sua ombra, sorridendo di tanto in tanto anche se
questa non gli rispondeva. Confessava a quella figura simile alla sua
pensieri profondi e progetti esaltanti poi decise di scrivere sul muro una
frase da regalare ad ogni nuovo viaggiatore:
"buon anno anche a te. Buon anno a chi nascerà domani, ai pazzi e ai
vagabondi, agli indio e agli sfruttati, buon anno alle speranze e ai
sentimenti, buon anno a chi vive tra le macerie che non ha prodotto e in
terre rese incolte, buon anno a chi si ribella e a chi ha la fortuna di
essere di razza mista, africano, orientale, migrante, buon anno a Carlos e a
Marcos, a Letizia e a Dolores e a tutti quelli che non hanno un nome o lo
hanno simile a milioni di altri e di altre, buon anno a chi ha capito che il
dopoguerra non c'è mai stato e a chi resiste dentro i lager che gli embarghi
inventano, buon anno a chi ha un periodo oscuro, a chi vive ai margini del
pianeta e delle città e dei villaggi, buon anno a chi sa ancora ridere e
piangere, ama la memoria e cerca il futuro, cerca un lavoro, cerca un amore,
cerca un fiore con il quale scambiare idee e una mano da stringere per
percorrere uniti strade inesplorate. buon anno a chi odia gli ipocriti e i
potenti tutti".
Questa è una leggenda banale come tante altre. Dove sia ora l'uomo non lo
sappiamo e ha poca importanza. E' cibo per vermi oppure combattente senza
pause? E' in marcia verso la primavera e ancora un maggio di rivolta? Riposa
o dorme o qualcuno l'ha scaraventato in una prigione senza luce? A noi piace
riconoscerlo in ogni compagno e in ogni compagna che con fierezza alza il
pugno contro ogni padrone. A noi piace riconoscerlo, pur se in parte siamo
tutti un po' soli e un po' contradditori e un po' orgogliosi e un po'
incapaci di ascoltare e un po' retorici o a volte demagogici, in coloro che
lottano non un giorno ma tutta una vita.
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