[Cerchio] Fw: [movimento] Figli del ghetto e di O.N.

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Auteur: Pkrainer
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Sujet: [Cerchio] Fw: [movimento] Figli del ghetto e di O.N.
continuo a non saperne una mazza per vi a diretta, ma mentre questo Sigona
mi fa una buona impressione, quel Nieli m'è parso un cialtrone, tipica
figura di specialista assistenziale di sinistra. Poi magari mi sbaglio, e
son cialtroni entrambi
----- Original Message -----
From: <nandosigona@???>
To: <movimento@???>
Sent: Wednesday, December 18, 2002 10:36 PM
Subject: [movimento] Figli del ghetto e di O.N.


> Qualche giorno fa è girata sulla lista una 'recensione' del mio libro

(Figli del ghetto. Gli italiani, i campi nomadi e l'invenzione degli
zingari) di Marco Nieli, membro dell'Opera Nomadi di Napoli.
> Chi ha letto il messaggio avrà percepito il profondo livore e la violenza

in esso contenuto: una sparata, è il caso di dirlo. Violenza e livore
chiaramente sproporzionati rispetto alle argomentazioni portate.
> Devo dire che capisco l'astio di Nieli, che non si capisce bene se parli a

titolo personale o per la sua organizzazione, per il libro. Mi aspettavo una
reazione. Sulle modalità poi, ognuno esprime ciò che è.
> Ci sono molte e sostanziali ragioni dietro l'asprezza e il disprezzo

espresso da Nieli nella sua email, ragioni che l'autore ha creduto bene di
non esplicitare. Le elenco brevemente, invitando poi chi è interessato a
discuterne nella mailing list.
> L'organizzazione di Nieli, per quanto ora si dichiari contro i 'megacampi'

e non finisca (cito) 'di denunciare la grave situazione di abbandono e
degrado dei Rom dentro e fuori il megacampo di Secondigliano', si può
ritenere una delle principali responsabili della politica dei campi in
Italia e a Napoli. Politica che non siamo certo solo io, o Piero Colacicchi
o il Com.p.a.re, folli utopisti, a criticare; in molti in Europa si sono
resi conto della mostruosità che sta dietro alla politica dei campi
(peculiarità italiana), come dimostrano le condanne all'Italia del CERD
(Comitato per l'Eliminazione delle Discriminazioni Razziali dell'ONU),
dell'ECRI (Commissione Europea Contro Razzismo e Intolleranza) e dell'ERRC
(European Roma Rights Center).
> I campi, non esistono ovunque. Non sono l'unica, e naturale, scelta

abitativa per i Rom. Nel libro cito una serie di documenti ed articoli
risalenti agli anni '70 in cui per la prima volta dal dopoguerra si inizia a
parlare di campi di sosta per i 'nomadi'. Molti di questi documenti sono
stati scritti da persone che gravitavano o erano membri di O.N.. Se allora,
a causa delle diverse necessità di Sinti e Rom italiani, certe scelte
potevano essere giustificate (i divieti di sosta per i gruppi itineranti
erano molto diffusi ed impedivano ai viaggianti di sostare e li
costringevano ad un errare continuo), il fatto chein seguito si sia
applicata la ricetta campo a tutti, viaggianti e sedentari, profughi di
guerra,Rom immigrati e italiani per il solo fatto di appartenere alla
comunità Rom (nell'accezione generica del termine) invece non lo è.
> Questo trend è stato sostenuto e legittimato dalle le leggi regionali a

'tutela' dei Rom, approvate a partire dal 1984 da 11 consigli regionali e
dalla provincia autonoma di Trento. Le cosiddette 'leggi fotocopia' sono
basate su un canovaccio elaborato dall'Opera Nomadi. Ci sono elementi
importanti e di valore in questi testi, ma c'è soprattutto il binomio
'tutela del nomadismo' e 'costruzione dei campi'. Negli articoli iniziali di
quasi tutti i provvedimenti si parla di campi per i Rom: campi di sosta e
campi di transito. I primi per gli stanziali, i secondi per i nomadi. Questi
campi sono diventati il modello di riferimento per tutte le amministrazioni
che sono state costrette ad intervenire, quasi nessuna l'ha fatto per
spirito di carità, a causa delle gravi condizioni di vita dei Rom e
l'emergenza sociale che ne derivava. Anche il comune di Napoli, quando ha
dovuto sgombrare il campo di via Zuccarini a Scampia, perché bisognava
liberare l'asse mediano, ha seguito quel mod
> ello, anche se in Campania non c'è una legge regionale sui Rom. Ma c'è

l'Opera Nomadi.
> Dirà Nieli, io ho detto 'megacampi' non campi.
> Mi domando: a)quale è il confine tra un campo e megacampo? b) è solo una

questione di quantità che rende i campi quello che sono? non è forse il
concetto stesso di campo, la riserva indiana, la gabbia dove rinchiudere la
vera o presunta diversità zingara, il problema? E poi perché i Rom devono
stare nei campi?
> Il non detto della condanna del 'megacampo' di Nieli, e dell'Opera Nomadi

(nel suo messaggio a questo punto Nieli usa il 'noi'), è importante. Il
campo può fare comodo, crea un'utenza. I Rom che vivono fuori dai campi -
molti di questi hanno accesso alle case popolari o alle forme di assistenza
(poche e misere, in verità) che spettano ai rifugiati - per Nieli e i tanti
che lavorano per associazioni paternalistico-assistenziali non esistono.
Sono invisibili ed irraggiungibili. Persone autonome, certo con tanti
problemi legati alla mancanza di lavoro, al razzismo diffuso, ma persone.
Non bambini, 'poveri zingarelli' da aiutare, ricettori passivi del nostro
aiuto.
> Nieli scrive che stanno lavorando perché i Rom diventino soggetto

rivoluzionario, secondo me invece è il contrario. Con le loro strategie, in
passato come ora, O.N. ha contribuito a creare un circuito di dipendenza e
di 'ospedalizzazione' dei Rom, che tutto ha fatto tranne promuovere ed
incentivare la loro partecipazione attiva alla vita sociale dei luoghi dove
vivono da anni.
> 'In teoria - scrive Nieli - siamo tutti contro i megacampi ghetto, ma non

tenere conto del clima politico del momento in Italia e della volontà dei
Rom di accettare il campo di Secondigliano' è un errore.
> Quale era il clima politico del momento? Mi domando. Quando a Napoli hanno

progettato e costruito il campo di Secondigliano, che è stato spacciato per
una misura dovuta all'emergenza post incendi del giugno 1999 ma in realtà, e
Nieli lo sa bene, era stato deciso, e i lavori iniziati, molti mesi prima,
al governo della città c'era il sindaco Bassolino, al governo c'era Prodi e
poi D'Alema, al ministero degli interni c'era, niente di meno che il nostro
sindaco Iervolino. Quale era questo clima? In un'ottica realistica,
difficilmente si poteva avere una congiuntura migliore. Ora che c'è
Berlusconi è molto più facile fare la parte dei rivoluzionari, firmare
appelli e chiacchierare.
> Poi c'è il discorso della volontà di accettare il campo da parte dei Rom.

Un chiaro esempio di bassa demagogia.
> Se dopo anni di mancanza di acqua, luce, cessi, precarietà giuridica

l'unica soluzione che si prospetta ad una persona è un campo che ha acqua,
luce, cessi in muratura e un minimo di ufficialità, visto che lo fa il
comune, quale Rom, e persona in simili condizioni, si sarebbe potuto
opporre?
> Inoltre come Nieli sa, se la memoria non è fallace, prima che Bassolino

decidesse che il campo del carcere andava fatto e basta, e c'erano quindi
ancora delle possibilità di negoziare sulle scelte abitative, c'erano state
delle affollate riunioni alla circoscrizione di Scampia dove avevano
partecipato più di un centinaio di Rom. Dopo la scelta del sindaco, la
partecipazione e l'interesse da parte dei Rom sono spariti, a che serviva
agitarsi tanto se poi qualcuno decideva al posto loro?
> Questa a mio avviso è stata una grande sconfitta politica per i Rom, ma

anche per chi lavora e lavorava con i Rom. Un'occasione persa.
> Al punto sulla voce dei Rom è legata anche un'altra critica di Nieli: nel

libro non ci sono i Rom. Se avesse letto il libro, capendolo, Nieli avrebbe
intuito che l'assenza dei Rom è voluta, ed è anzi fondamentale nella
struttura del testo. L'idea centrale è mostrare come il sistema esistente in
Italia di gestione del 'problema zingari' può fare completamente a meno dei
Rom, persone in carne ed ossa. Quello che serve perché il sistema funzioni
sono dei radicati stereotipi, i campi nomadi e qualcuno che si prenda la
briga di parlare al loro posto. Proprio per sottolineare questo, ho scelto
di non dare la parola ai Rom. Un'altra possibilità poteva essere di
scegliere due tre voci a caso, campionare la parte che più mi interessava e
citarle. Un po' come fanno le leggi regionali o i comuni, che prevedono dei
comitati consultivi dove, oltre a tutti i rappresentanti delle associazioni
che lavorano al campo, ci aggiungono anche uno o due Rom, scelti dalle
stesse associazioni tra quel
> li che garantiscano di dire ciò che in base alle loro idee è più giusto.
> Chiudo con un riferimento agli attacchi più biecamente personali. Nella

sua 'recensione', Nieli mi accusa in più occasioni di essere un accademico
da strapazzo. Sullo strapazzo lascio a chi legge il libro di deciderlo,
sull'accademico: faccio un dottorato su asilo politico e (pseudo)politiche
di accoglienza e il loro impatto sulle persone che chiedono protezione; non
mi sembra un peccato, vista anche la poca attenzione per queste cose in
Italia.
> Infine cito un esempio di disonestà di Nieli e cerco di dargli (e farmi)

anche una ragione.
> 'Sigona parla della segregazione e della ghettizzazione dei Rom a Scampia:

ma cosa sa degli sforzi e degli episodi quotidiani di integrazione riuscita
nella scuola e nel quartiere, lui che forse ha messo piede due tre volte
nella sua vita in un campo ROM?'
> Nieli sa di mentire quando dice che sono stato al campo 2-3 volte. Ho

lavorato con il Com.pa.re. a Scampia e a Napoli per oltre tre anni e ora
continuo a farlo, in altro modo, dall'estero. Forse più che di falsità si
tratta di una deformazione mentale: non avendo marcato il cartellino al
capezzale dell'Opera Nomadi, qualsiasi cosa io abbia fatto non vale. E' un
problema per chi si considera, e si comporta da, detentore del monopolio su
tutto quanto ha che fare con nomadi, zingari e Rom, che ci sia qualcuno -
individui, gruppi e associazioni - che non condivide quel modo di lavorare e
di pensare.
>
> Nando Sigona