Lähettäjä: clochard Päiväys: Aihe: [Cerchio] Alcune domande sull'efficacia d'un certo antiberlusconismo
forse Persichetti ha 1 "distanza" ke lo porta ad incappellarsi sui nomi dei
ministri - ma ke ce ne è mai fregato??? Forse certi tesi li avete letti x
vostro conto sul sito, in tal caso ke fatica è cancellare?
Il materiale è datato? Ma qui dimentikiamo anke ciò ke abbiamo mangiato a
pranzo!!!
Biagi, Cofferati e.... il compagno Monteventi.
Alcune domande sull'efficacia d'un certo antiberlusconismo
Paolo Persichetti
3 luglio 2002
Chi solleva un problema etico nei confronti di Valerio Monteventi, dopo la
pubblicazione d'alcune e-mail del prof. Marco Biagi e la scia di polemiche,
asti, malintesi e regolamenti di conti che essa ha suscitato, commette un
errore : intanto, perché il lungo percorso politico di Valerio Monteventi è
pulito, limpido, solare. La sua è la storia di una figura generosa e
cristallina. Occorre ribadirlo in questo frangente traversato da una
limacciosa isteria, rivelatrice di una preoccupante degenerazione
intellettuale che investe un pensiero e un'azione politica che riduce tutto
a trama e complotto, che fa del sospetto il sostituto del dubbio e della
congiura lo strumento di un divenire storico che rimpiazza i processi.
Certo, in alcuni casi questo « errore » è ricercato in modo subdolo poiché
nasce solo da intenzioni malevole e pretestuose, mosse dalla volontà di
regolare dei conti politici, d'eliminare un avversario spocchioso, un rivale
ostinato, che "fa ombra". Di tale fatta, sono apparse alcune valutazioni
provenienti da ambienti del sindacato locale, senza dubbio più comprensibili
di quelle arrivate da settori dell'attuale movimento (per giunta in crisi),
in modo particolare quelle di Casarini.
Quest'ultimo ha perso un'eccezionale occasione per tacere. Invece, tronfio
dell'arroganza dei mediocri e immemore - come solo gli stolti possono
essere - delle velleitarie e fallimentari gesta genovesi, ha sibilato
oblique insinuazioni sulle condotte politiche di Valerio Monteventi, figura
storica della estrema sinistra bolognese. Non contento, ha continuato a
discettare (da quale pulpito !) sulla mancanza di professionalità nell'uso
dei media. Correggendosi ipocritamente più tardi.
Una questione tutta politica
Ora, quali che siano le intenzioni che hanno mosso le critiche etiche
avanzate nei confronti di Valerio Monteventi, resta il fatto che gli
attacchi alla sua probità morale, oltre che infondati, hanno impedito di
cogliere la vera natura del problema che la pubblicazione delle e-mail di
Marco Biagi pone : ovvero l'atteggiamento politico, l'analisi prima e poi la
condotta, nei confronti dell'attuale coalizione di destra al governo.
Se tutto si riduce ad un accecato antiberlusconismo "primitivo e gnucco",
del genere di quello portato in piazza dai girotondi o dalle tute bianche
(risvolti d'una stessa medaglia), si rischia, come è poi successo, l'effetto
boomerang. Finire giocati da se stessi non è molto glorioso.
Se stiamo discutendo tra noi, non è certo perché sono venute alla luce
queste lettere che, se apparse altrove (ed altrove avrebbero comunque
trovato pubblicazione), avremmo tranquillamente commentato rilevando:
a) il cinismo della fredda macchina burocratica dello Stato capace di
sacrificare anche le sue migliori teste. È già accaduto in passato. I ceti
borghesi sanno essere spietati anche nei confronti di chi proviene dai
propri ranghi. Se poi dobbiamo credere a quanto lascia intendere tra le
righe Giuseppe D'Avanzo su Repubblica, le cose sarebbero ancora più
complesse. Infatti, le famose telefonate minatorie denunciate ripetutamente
dal prof. Biagi (e la cui veridicità non fu mai confermata dai controlli di
polizia) potrebbero essere state piuttosto il frutto d'una strategia tesa a
drammatizzare la propria condizione. Secondo D'Avanzo, denunciando le
telefonate anonime, egli sperava d'arrivare a perforare il muro
d'indifferenza e di diffidenza burocratica che circondava i suoi continui
allarmi. Sembra invece che i vertici di polizia si fossero convinti di una
personale "fragilità psicologica" del docente che rasentava la "mitomania",
tale da apparire un "rompicoglioni", come ha detto senza ipocrisia e senza
pietas il ministro degli Interni Scaloia ;
b) l'ottusità, il provincialismo, il dilettantismo di una destra politica
che percepiva un intellettuale di punta della ristrutturazione capitalista
del mercato del lavoro, un agguerrito architetto della precarizzazione
sociale, come estraneo al proprio serraglio. Diffidava insomma di
quell'intellettuale catto-blairiano che aveva collaborato con un governo
avversario ed era estraneo alla corte del magnate delle televisioni e della
pubblicità. Non era un intellettuale d'impresa;
c) l'ipercollateralismo di Biagi. In fondo il giudizio di Cofferati era
persino moderato e rispettoso, poiché dalle sue lettere appare fin troppo
evidente l'organicità intellettuale di Biagi alla Confindustria;
d) il profondo risentimento, l'astio, che Biagi nutriva verso Cofferati
sulla base delle presunte minacce, a suo dire riportate da una terza
persona, che Cofferati gli avrebbe indirettamente rivolto. Avremmo osservato
la reciproca durezza ideologica, il sentimento d'inimicizia che animava
questo scontro tra "riformisti". Avremmo rilevato come Biagi fosse vittima
di quell'idea che vede la "modernità" come un evento univoco oltre che
neutro, perché portatore d'un nucleo di razionalità regolatrice per forza di
cose "giusto" e "equo". Come se la modernità fosse esente dal conflitto,
come se essa non fuoriuscisse da uno scontro tra interessi antagonisti e
partigiani : le condizioni di vita di chi deve subire le nuove leggi della
precarizzazione e le condizioni di vita di chi sulla precarizzazione si
arricchirà. La tesi sposata da Biagi, ci ha spiegato Francesco Merlo con un
risentito fondo sul Corriere, era scienza, cioè il vero, l'oggettivo.
L'oggettivazione dell'economia politica, la sua naturalizzazione o se volete
teologizzazione (il che rinvia alla stessa cosa, poiché in entrambi i casi
vi è un riferimento ad un principio di verità, immanente o trascendente, in
ogni caso astorico) sono vecchie quanto il capitalismo ed il suo bisogno di
edificare dottrine e saperi che lo legittimino;
e) Non ci sarebbe sfuggito che per il loro tenore quelle e-mail, pubblicate
in una settimana cruciale dove era in atto una campagna tesa a costruire
l'equazione tra le scelte conflittuali della CGIL e il rischio di nuovi
attentati, con l'intento dichiarato di delegittimare il ritorno del
conflitto sociale, della lotta di classe, addirittura riformista e
traidunionista, si sarebbero inevitabilmente ritorte contro Cofferati.
Quelle parole, come un'accusa postuma fuoriuscita dalla tomba, presentavano
Cofferati se non come il mandante morale, quantomeno come il responsabile
morale della morte di Biagi. Ora, al di là dei giudizi politici su Cofferati
e sui suoi obiettivi, la fine della concertazione sindacale, il ritorno al
conflitto, la rilegittimazione dello scontro sociale, il ritorno agli
scioperi, sono un fatto nuovo e senza dubbio positivo che ha permesso, tra
l'altro, di esautorare la cloaca girotondina ed ha ridimensionato per il
momento il ricorso all'azione penale come strumento di lotta politica. In
piazza tornano lavoratori e disoccupati. Non è poco ! Si aprono spazi
d'azione politico-sociale da difendere e incrementare.
Dicevo all'inizio: se stiamo discutendo tra noi è perché queste lettere sono
state pubblicate da Valerio Monteventi su Zero in Condotta, quindicinale di
Bologna. Il problema è questo : che senso politico aveva la scelta della
pubblicazione ?
"Attaccare il governo Berlusconi !", "Metterlo in difficoltà !", eppoi c'era
un'esigenza deotologica "venuti in possesso di quel materiale occorreva
pubblicarlo col massimo di trasparenza": s'è detto.
Prima obiezione : Zero in Condotta, mi sembra di capire, non è un'agenzia
d'informazione, non è un contenitore che chiunque può utilizzare come vuole,
non è un megafono che amplifica notizie costruite da altri ma ha una linea
politico-editoriale. Dunque, il semplice argomento della trasparenza
deontologica non ha senso. Non foss'altro perché questo requisito è per
giunta venuto meno quando si è visto che una delle e-mail era stata
manomessa. C'è stata dunque una manipolazione da parte della fonte (le cui
intenzioni per il momento non sono pienamente verificabili). La
manomissione, una volta emersa ha radicalmente deviato il messaggio che
quelle lettere dovevano veicolare, almeno secondo Zero in Condotta. Tutto
l'interesse si è portato sulla figura di Confferati. Ora trasparenza vuol
dire anche potersi tutelare rispetto alla fonte, poter verificare veridicità
e integralità dei testi. L'accesso a questa verifica era possibile per Zero
in Condotta al pari di come lo è stato per Repubblica?
Per come funziona il sistema dei media, l'ipotesi pare quanto mai ardua: la
Confindustria o il ministero del Welfare avrebbero preso in considerazione
le richieste di chiarimento del giornalista Monteventi ? Probabilmente
avrebbero solo avvertito la polizia e lo scoop sarebbe andato a farsi
benedire.
Se cosi stanno le cose, non si poneva allora un problema d'opportunità
politica, di tutela della propria autonomia ? Perché cercare ad ogni costo
uno scoop quando non si potevano controllare fino in fondo tutti i fattori
legati alla vicenda ? Perché farsi usare ? Quelle lettere sarebbero comunque
uscite, perché non averle lasciate ad altri giornali accreditati nel mercato
dell'informazione, vigilando a che non fossero insabbiate ? Si potevano
trovare altri canali, il che avrebbe permesso la propria autotutela politica
garantendo al pari l'immissione di quell'informazione nello spazio pubblico.
Una pista sarebbe stata quella d'appoggiarsi al Manifesto, giornale
sufficientemente accreditato e per questo in grado di poter fare le dovute
verifiche. Ciò avrebbe permesso di tutelarsi anche rispetto alle malevolenze
sindacali.
La scelta è invece caduta su Repubblica, la quale ha condotto la sua
inchiesta senza informare delle novità Monteventi, in modo da consentirgli
di poter rendere nota la presenza di diverse versioni delle mail. Doppia
manipolazione dunque.
Seconda obiezione : i quesiti appena esposti sono in realtà solo un
corollario della questione centrale, ovvero l'idea accecante che porta a
cavalcare l'antiberlusconismo più ghiozzo e trinariciuto, quello degli
strilli isterici di Nanni Moretti, per esempio. La scelta di Repubblica
(imposta dalla fonte ?) è rivelatrice di questa opzione politica che
percepisce il fenomeno berlusconiano come il male assoluto, l'orrore unico
della storia d'Italia. E paradossalmente tutto ciò avviene sulla pelle di un
uomo, Marco Biagi, la cui intercambiabilità governativa si presenta come
l'esempio più chiaro della continuità delle politiche economiche e sociali
tra centrosinistra e centrodestra, al pari di un altro personaggio centrale
di questa vicenda, ovvero il capo della polizia prefetto Di Gennaro, uomo di
molte stagioni.
Il ministro Scaloia politicamente non né peggiore del suo predecessore
Bianco (uno che può vantarsi d'aver battuto nel peggio persino Gava), è solo
meno avvezzo.
Questo nodo politico trascende di gran lunga Valerio Monteventi, esso
costituisce un problema generale che investe l'intera area che gira intorno
al movimento "neo" o "no" globlal, dentro e fuori i social forum.