da Adista n°87 del 7 dicembre 2002
http://www.adista.it/omelie/ome87.htm
UN DIO STRANIERO, ZINGARO, NEGRO, DIVERSO.
di Vitaliano Della Sala
Anno B - 22 dicembre 2002 - IV Domenica di Avvento
(2Sam 7,1-5.8-12.14.16; Sal 88; Rm 16,25-27; Lc 1,26-38)
Il re Davide, dopo essersi costruito una ricchissima reggia, vuole costruire
una casa, una bella casa al Signore. Com'è possibile, infatti, che il
Signore stia sotto una povera tenda mentre lui, Davide, abita una dimora di
cedro? Nobile proposito, sembrerebbe. E invece non coincide con i desideri e
le intenzioni di Dio. In fondo al re interessa servirsi di Dio per
giustificare se stesso e le sue scelte, lo vuole complice. I versetti 6 e 7
purtroppo sono stati omessi nella liturgia di questa quarta domenica di
avvento, eppure sono straordinariamente illuminanti: "Ma io non ho abitato
in una casa - risponde il Signore a Davide per mezzo del profeta Natan - da
quando ho fatto uscire gli Israeliti dal-l'Egitto fino a oggi; sono andato
vagando sotto una tenda, in un padiglione. Finché ho camminato, ora qua, ora
là, in mezzo a tutti gli israeliti, ho forse mai detto ad alcuno dei
Giudici, a cui avevo comandato di pascere il mio popolo Israele: Perché non
mi edificate una casa di cedro?".
Dio non vuole e non ha mai voluto una casa, non ha mai voluto essere
imprigionato in uno spazio determinato e definito, addirittura non ha mai
voluto essere rinchiuso in un nome: quello di Dio è misterioso,
impronunciabile e quasi sconosciuto all'uomo; ha sempre preferito girare di
qua e di là con il suo popolo di nomadi, vagabondare con esso, guidarlo,
andargli appresso, stargli dietro, comunque condividerne il cammino. Non ha
voluto essere chiuso in un santo recinto, isolato dai suoi, incastrato in un
pur sacro perimetro di legname pregiato. Il Signore ha voluto condividere le
peregrinazioni degli Israeliti, il loro vissuto. E al re Davide, che vuole
"sistemarlo" sia pure tanto decorosamente, Dio risponde e rilancia,
stupefacente giocatore d'azzardo: non solo non vuole chiudersi in casa, ma
non gli basta neanche continuare a star vicino al suo popolo. Vuole fare
molto di più: promette una "casata" a Davide, una discendenza, promette il
Messia. E la grande annunciazione, tema del Vangelo di Luca, è proprio
questa: Dio ha deciso di mischiarsi al suo popolo, di intrufolarsi nella
discendenza di Davide; ha deciso di diventare uno del popolo, uomo pure lui.
Quelle noiose e lunghe genealogie con cui si aprono i vangeli di Matteo e di
Luca questo vogliono significare, che in mezzo a tanti figli di donna è nato
pure Dio. E non è una lezione da poco. Bisogna pensare un momento al
giudaismo, alle leggi circa la purità, al contatto come contaminazione:
quale cosa impura è mai entrare in un ventre di donna, bagnarsi del sangue
del parto!
Bisogna pensare, e non per un momento soltanto, alla voglia attualmente
diffusa di non mescolarsi agli altri, bisogna pensare con terrore ai miti
risorgenti della razza, al modo in cui trattiamo gli stranieri, gli zingari,
i musulmani, i "negri", i diversi: gente sporca da cui stare alla larga,
meglio mettere il mare o il filo spinato tra noi e loro. Bisogna pensare
agli integralismi raccolti dietro le bandiere o, peggio, dietro i crocifissi
assurti a simbolo dell'identità nazionale invece che di Gesù Cristo, il Dio
incarnato.
Separare, dividere, alzare steccati: noi egoisticamente in paradiso, gli
altri inesorabilmente all'inferno. E invece, apriamole bene le nostre
orecchie all'annuncio di Dio-paradossale: ha inizio il grande melting pot
tra l'uomo e Dio, incomincia il meticciato di Dio. Prepariamoci ad adorarlo,
a cadere in ginocchio, sconvolti, davanti al nostro Dio-bastardo.