[Cerchio] figli del ghetto

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Autore: Tuula Haapiainen
Data:  
Oggetto: [Cerchio] figli del ghetto
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Malega, ho mandato questo msg ad una mia amica che a lungo ha lavorato =
nell'opera nomadi a napoli, e mi ha risposto cos=EC:=20

MA CON CHI TE LA FAI? Giovanni zoppoli =E8 un coglione, fa parte di quel =
gruppo di universitari del DAMM che hanno sempre speculato sulla pelle =
dei Rom. Non sanno niente di loro e criticano il nostro modo di lavorare =
con loro. Credono che in una situazione come quella che oggi vivono i =
Rom si possa parlare di autogestione, ma c'=E8 molto lavoro ancora da =
fare. I timidi tentativi da loro fatti per aiutarli ad autogestirsi sono =
miseramente falliti con l'aggravante di scatenare forti tensioni =
all'interno dei campi.ciao, xxxxx (ho cancellato il nome della mia =
amica..)

tuula
----- Original Message -----=20
From: malega=20
Cc: libertari@??? ; cerchio@??? ; =
movimento@??? ; contropotere@???=20
Sent: Saturday, November 30, 2002 2:07 PM
Subject: [Cerchio] figli del ghetto


da www. nonluoghi.it
=20
malega
=20
=20
A FIRENZE E A NAPOLI PRESENTAZIONI DI "FIGLI DEL GHETTO"



Doppio appuntamento con Nando Sigona, per la presentazione del libro =
"Figli del ghetto. Gli italiani, i campi nomadi e l'invenzione degli =
zingari".
Il 3 dicembre l'appuntamento =E8 a Firenze, al Centro sociale delle =
Piagge di via Lombardia, alle 18; interverranno, oltre all'autore, =
Alessandro Margara, Moreno Biagioni, don Alessandro Santoro, Demir =
Mustafa e Piero Colacicchi.
Il giorno dopo, mercoled=EC 4 dicembre, alle 18, presentazione a =
Napoli, alla Feltrinelli Libri e Musica di piazza dei Martiri: con =
l'autore discuteranno del libro Gabriella Gribaudi, padre Domenico =
Pizzuti, Zenone Sovilla e Giovanni Zoppoli.
Ecco l'introduzione del libro.


L'introduzione del volume "Figli del Ghetto" di Nando Sigona
(Nonluoghi Libere Edizioni, dicembre 2002, p. 156, 11 euro)=20
Il 18 e 19 giugno '99 bruciavano i campi rom di Scampia. Una serie di =
raid incendiari condotti da squadre di giovani in motorino tra gli =
applausi e le urla di incitamento di parte degli abitanti del quar-tiere =
mettevano in fuga centinaia di persone. Auto cariche di ogni genere di =
roba abbandonavano Napoli. La citt=E0 per la prima volta dopo pi=F9 di =
dieci anni scopriva l'esistenza dei campi rom. Quello tra i campi e la =
citt=E0 =E8 un rapporto complesso, ambiguo, dove le parti, i cittadini - =
italiani, napoletani, Rom, stranieri, eccetera - non si incontrano, si =
ignorano, al massimo si sbirciano da dietro le finestre dei palazzi =
delle periferie devastate e dei centri storici. Il potere politico, =
soprattutto quello locale, piuttosto che tentare la costruzione di =
citt=E0 aperte, dove tutti abbiano diritto a esserci, preferisce =
fomentare e gestire, con cinica lucidit=E0, diffidenza e paura.=20

A Napoli succedono tante cose, ma solo a poche =E8 concesso il rango =
di fatti. Le quattro cronache che scandiscono il ritmo di questo testo, =
e che forniscono. l'occasione e lo spunto per affrontare alcuni dei nodi =
del rapporto tra italiani e Rom, hanno goduto di di-versi livelli di =
notoriet=E0. Una - gli incendi dei campi rom del giugno '99 - per =
qualche tempo =E8 stata al centro dell'attenzione dei mass media e del =
dibattito cittadino; le altre, invece, sono notizie passate ai margini, =
sempre e solo nella cronaca locale. Da queste quattro scene prendono =
spunto le analisi proposte. Quattro cronache minori, periferiche, =
marginali, attraverso cui guardare alla citt=E0.=20

Il trattamento riservato ai Rom, ai profughi, agli immigrati - e una =
categoria non esclude l'altra, come la vicenda dei Rom sfollati dal =
Kossovo dimostra - =E8 una lente di ingrandimento attraverso cui =
osservare la capacit=E0 dei luoghi di trasformarsi, di accogliere. Ci=F2 =
che emerge dalle storie di questo libro =E8, al contrario, chiusura, =
segregazione e incapacit=E0 di ascolto. La coltre di pregiudizi che =
avvolge i Rom trova la sua espressione architettonica nelle politiche =
abitative elaborate da comuni e regioni d'Italia. =
L'istituzionalizzazione dello zingaro - come del povero, del malato, o =
del detenuto - all'interno di spazi totali 1 quali sono o diventano i =
campi nomadi, produce da parte degli "internati" una risposta che =
necessariamente si struttura e prende forma dentro gli spazi loro =
concessi. Parlare dei campi come di spazi totali e totalizzanti =
significa molte cose. Le dinamiche interne a questi luoghi, le =
modalit=E0 di accesso ai servizi e ai diritti, la stessa possibilit=E0 =
di comunicazione, sempre e comunque mediata, con l'esterno sono elementi =
oggettivi e facilmente osservabili all'interno dei campi e incidono =
profondamente su possibilit=E0 e aspettative dei residenti.=20

Il campo non =E8 solo uno strumento di controllo (cosa che sicuramente =
=E8), ma anche il mezzo attraverso il quale si crea un target group. Si =
accentrano i ser-vizi, si costruisce un'utenza speciale e dedicata per =
cui, paradossalmente, alla fine l'essere Rom coincide con il vivere nel =
campo. E solo in questo luogo, in quanto residente, il Rom ha accesso ai =
servizi e all'assistenza. E dire che non pi=F9 di un terzo dei Rom e =
Sinti vivono nei campi. Ma =E8 solo su questa minoranza che si fonda =
l'immagine di tutti.=20

Come emerge nel testo, non si tratta di sola immagine. Visto che le =
definizioni le diamo noi (il discorso vale per gli zingari, per i nomadi =
e entro certo limiti anche per i Rom) decidiamo noi chi sono i veri =
zingari. Pare lecito allora porsi una domanda, forse pro-vocatoria: ma =
lo zingaro, il nomade, il Rom sono la stessa persona? Si tratta solo di =
etichette diverse appiccicate alla stessa realt=E0? Forse no. La =
definizione =E8 parte della prescrizione e del sistema di =
razionalizzazione e categorizzazione degli individui e delle =
collettivit=E0. Ognuna di quelle etichette comprende un insieme =
variabile di attributi ed elementi chesolo parzialmente si =
sovrappongono.=20

Dentro le etichette etniche, nella retorica della di-fesa delle =
differenze culturali in Italia si mettono cose che hanno ben poco a che =
fare con la cultura. Basta guardare un po' fuori dal proprio steccato, =
ma anche semplicemente di lato, per vedere che, ad esempio, quelli che =
noi chiamiamo campi nomadi sono n=E9 pi=F9 n=E9 meno che baraccopoli, =
favelas o shanty town. Non che i Rom o chiunque vi abiti non ci metta il =
suo, le personalizzi e quindi in qualche modo le modelli su un'insieme =
di conoscenze e saperi che costituiscono la sua identit=E0 culturale, =
etnica eccetera, ma tra questo e dire che gli agglomerati di catapecchie =
senza cessi e luce e acqua sono una manifestazione della cultura rom, ce =
ne passa.=20

Mi sembrano molto efficaci in proposito le parole di Carolina Tuozzi: =
"Rinunciare alla classificazione dei gruppi ha oggi un'importanza =
estrema, perch=E9 consentirebbe la formazione di rappresentazioni =
sociali della diversit=E0 non incastrate in categorie etn-camente o =
culturalmente rigide, per porre come primo e unico soggetto di =
attenzione gli individui concreti che, soggettivamente e =
consapevolmente, possano scegliere e costruire la propria identit=E0 =
senza doversi imbalsamare in categorie prestabilite" (Angrisani, Marone, =
Tuozzi, 2002: 132-133).=20

C'=E8 una specie di formula di rito che si sente ripetere da =
amministratori locali, leader politici, mass media. Due parole che sono =
sufficienti a riassumere i termini della questione: problema zingari. =
Bastano loro a sintetizzare l'ambiguit=E0 e l'ambivalenza delle =
politiche italiane. Risolvere i problemi dei Rom, risolvere il problema =
che i Rom rappresentano. In ogni caso c'=E8 di mezzo un problema, =
qualcosa che indica la non normalit=E0 di una situazione o condizione. =
Come si vedr=E0 nelle pagine successive, molti sono i soggetti che =
partecipano, in vari ruoli, a definire il cosiddetto "problema zingari". =
Ci sono quelli che hanno il compito di dare e diffondere definizioni, =
quelli che le usano, quelli che le subiscono, ci sono quelli che =
agiscono in buona fede e quelli che invece sfruttano per fini politici =
le paure irrazionali e razionali delle persone, infine ci sono i buoni e =
i buoni per mestiere. A tutti loro =E8 diretto questo lavoro, un =
tentativo di fare un po' di chiarezza, di mettere insieme elementi che =
di solito vengono tenuti separati. L'oggetto di questo libro non sono i =
Rom, ma il nostro modo di interagire con loro; l'uso strumentale che =
facciamo di categorie quali nomadismo e stanzialit=E0; i campi e il loro =
obbrobrio architettonico e umano.=20

I campi li facciamo noi, i nostri architetti, ingegneri, geometri, =
assessori, e sono una rappresentazione architettonica di come noi =
vediamo loro, gli zingari. Rappresentazione, certo, ma non priva di =
conseguenze per chi la subisce e vi cresce dentro. Parlare di campi non =
ha senso se non in rapporto al territorio in cui esistono. I campi non =
sono fuori dal mon-do, come non lo sono i Rom. Nei campi entra la =
camorra, entra la droga, entra la guerra, entrano volon-tari e =
funzionari comunali, qualche volta anche un cardinale o un sindaco. Ma =
tutto =E8 filtrato. Tutto passa attraverso i cancelli e le recinzioni. =
La domanda che mi pongo nel testo =E8: evadere =E8 possibile? Ma da che =
cosa? Dai campi, dalle etichette imposte, dalla qualifica di "zingaro"? =
Immediatamente altre domande saltano fuori. Chi dovrebbe evadere? E poi =
perch=E9? Quali sono le alternative che il nostro paese offre? Forse =
trovare un lavoro come "mediatore culturale", sentirsi fare tante =
promesse, non ricevere un quattrino per un anno e alla fine trovarsi su =
una pagina di giornale, descritto come uno degli zingari ubriachi che si =
sparano a vicenda come succede nei Balcani?=20

Qualcuno romanticamente si ostina a chiamare i Rom "figli del vento", =
ma =E8 del ghetto che sono figli. Ed =E8 meglio dirlo, visto che la =
descrizione, soprattutto se a farla =E8 chi detiene il potere e la =
cultura, =E8 gi=E0 parte della prescrizione.





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loro e criticano il nostro modo di lavorare con loro. Credono che in una =

situazione come quella che oggi vivono i Rom si possa parlare di =
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ma c'=E8 molto lavoro ancora da fare. I timidi tentativi da loro fatti =
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l'invenzione degli zingari".<BR>Il 3 dicembre l'appuntamento =E8 a =
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Centro sociale delle Piagge di via Lombardia, alle 18; interverranno, =
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alle 18,=20
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con l'autore discuteranno del libro Gabriella Gribaudi, padre Domenico =

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Sigona</B><BR>(Nonluoghi Libere Edizioni, dicembre 2002, p. 156, 11 =
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<P>Il 18 e 19 giugno '99 bruciavano i campi rom di Scampia. Una serie =
di raid=20
incendiari condotti da squadre di giovani in motorino tra gli applausi =
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urla di incitamento di parte degli abitanti del quar-tiere mettevano =
in fuga=20
centinaia di persone. Auto cariche di ogni genere di roba =
abbandonavano=20
Napoli. La citt=E0 per la prima volta dopo pi=F9 di dieci anni =
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l'esistenza dei campi rom. Quello tra i campi e la citt=E0 =E8 un =
rapporto=20
complesso, ambiguo, dove le parti, i cittadini - italiani, napoletani, =
Rom,=20
stranieri, eccetera - non si incontrano, si ignorano, al massimo si =
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da dietro le finestre dei palazzi delle periferie devastate e dei =
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tentare=20
la costruzione di citt=E0 aperte, dove tutti abbiano diritto a =
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preferisce fomentare e gestire, con cinica lucidit=E0, diffidenza e =
paura.=20
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che=20
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rapporto tra italiani e Rom, hanno goduto di di-versi livelli di =
notoriet=E0.=20
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centro dell'attenzione dei mass media e del dibattito cittadino; le =
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invece, sono notizie passate ai margini, sempre e solo nella cronaca =
locale.=20
Da queste quattro scene prendono spunto le analisi proposte. Quattro =
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minori, periferiche, marginali, attraverso cui guardare alla citt=E0.=20
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categoria non esclude l'altra, come la vicenda dei Rom sfollati dal =
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dimostra - =E8 una lente di ingrandimento attraverso cui osservare la =
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dei luoghi di trasformarsi, di accogliere. Ci=F2 che emerge dalle =
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questo libro =E8, al contrario, chiusura, segregazione e incapacit=E0 =
di ascolto.=20
La coltre di pregiudizi che avvolge i Rom trova la sua espressione=20
architettonica nelle politiche abitative elaborate da comuni e regioni =

d'Italia. L'istituzionalizzazione dello zingaro - come del povero, del =
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o del detenuto - all'interno di spazi totali 1 quali sono o diventano =
i campi=20
nomadi, produce da parte degli "internati" una risposta che =
necessariamente si=20
struttura e prende forma dentro gli spazi loro concessi. Parlare dei =
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come di spazi totali e totalizzanti significa molte cose. Le dinamiche =
interne=20
a questi luoghi, le modalit=E0 di accesso ai servizi e ai diritti, la =
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profondamente su possibilit=E0 e aspettative dei residenti.=20
<P>Il campo non =E8 solo uno strumento di controllo (cosa che =
sicuramente =E8), ma=20
anche il mezzo attraverso il quale si crea un target group. Si =
accentrano i=20
ser-vizi, si costruisce un'utenza speciale e dedicata per cui,=20
paradossalmente, alla fine l'essere Rom coincide con il vivere nel =
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solo in questo luogo, in quanto residente, il Rom ha accesso ai =
servizi e=20
all'assistenza. E dire che non pi=F9 di un terzo dei Rom e Sinti =
vivono nei=20
campi. Ma =E8 solo su questa minoranza che si fonda l'immagine di =
tutti.=20
<P>Come emerge nel testo, non si tratta di sola immagine. Visto che le =

definizioni le diamo noi (il discorso vale per gli zingari, per i =
nomadi e=20
entro certo limiti anche per i Rom) decidiamo noi chi sono i veri =
zingari.=20
Pare lecito allora porsi una domanda, forse pro-vocatoria: ma lo =
zingaro, il=20
nomade, il Rom sono la stessa persona? Si tratta solo di etichette =
diverse=20
appiccicate alla stessa realt=E0? Forse no. La definizione =E8 parte =
della=20
prescrizione e del sistema di razionalizzazione e categorizzazione =
degli=20
individui e delle collettivit=E0. Ognuna di quelle etichette comprende =
un=20
insieme variabile di attributi ed elementi chesolo parzialmente si=20
sovrappongono.=20
<P>Dentro le etichette etniche, nella retorica della di-fesa delle =
differenze=20
culturali in Italia si mettono cose che hanno ben poco a che fare con =
la=20
cultura. Basta guardare un po' fuori dal proprio steccato, ma anche=20
semplicemente di lato, per vedere che, ad esempio, quelli che noi =
chiamiamo=20
campi nomadi sono n=E9 pi=F9 n=E9 meno che baraccopoli, favelas o =
shanty town. Non=20
che i Rom o chiunque vi abiti non ci metta il suo, le personalizzi e =
quindi in=20
qualche modo le modelli su un'insieme di conoscenze e saperi che =
costituiscono=20
la sua identit=E0 culturale, etnica eccetera, ma tra questo e dire che =
gli=20
agglomerati di catapecchie senza cessi e luce e acqua sono una =
manifestazione=20
della cultura rom, ce ne passa.=20
<P>Mi sembrano molto efficaci in proposito le parole di Carolina =
Tuozzi:=20
"Rinunciare alla classificazione dei gruppi ha oggi un'importanza =
estrema,=20
perch=E9 consentirebbe la formazione di rappresentazioni sociali della =
diversit=E0=20
non incastrate in categorie etn-camente o culturalmente rigide, per =
porre come=20
primo e unico soggetto di attenzione gli individui concreti che,=20
soggettivamente e consapevolmente, possano scegliere e costruire la =
propria=20
identit=E0 senza doversi imbalsamare in categorie prestabilite" =
(Angrisani,=20
Marone, Tuozzi, 2002: 132-133).=20
<P>C'=E8 una specie di formula di rito che si sente ripetere da =
amministratori=20
locali, leader politici, mass media. Due parole che sono sufficienti a =

riassumere i termini della questione: problema zingari. Bastano loro a =

sintetizzare l'ambiguit=E0 e l'ambivalenza delle politiche italiane. =
Risolvere i=20
problemi dei Rom, risolvere il problema che i Rom rappresentano. In =
ogni caso=20
c'=E8 di mezzo un problema, qualcosa che indica la non normalit=E0 di =
una=20
situazione o condizione. Come si vedr=E0 nelle pagine successive, =
molti sono i=20
soggetti che partecipano, in vari ruoli, a definire il cosiddetto =
"problema=20
zingari". Ci sono quelli che hanno il compito di dare e diffondere=20
definizioni, quelli che le usano, quelli che le subiscono, ci sono =
quelli che=20
agiscono in buona fede e quelli che invece sfruttano per fini politici =
le=20
paure irrazionali e razionali delle persone, infine ci sono i buoni e =
i buoni=20
per mestiere. A tutti loro =E8 diretto questo lavoro, un tentativo di =
fare un=20
po' di chiarezza, di mettere insieme elementi che di solito vengono =
tenuti=20
separati. L'oggetto di questo libro non sono i Rom, ma il nostro modo =
di=20
interagire con loro; l'uso strumentale che facciamo di categorie quali =

nomadismo e stanzialit=E0; i campi e il loro obbrobrio architettonico =
e umano.=20
<P>I campi li facciamo noi, i nostri architetti, ingegneri, geometri,=20
assessori, e sono una rappresentazione architettonica di come noi =
vediamo=20
loro, gli zingari. Rappresentazione, certo, ma non priva di =
conseguenze per=20
chi la subisce e vi cresce dentro. Parlare di campi non ha senso se =
non in=20
rapporto al territorio in cui esistono. I campi non sono fuori dal =
mon-do,=20
come non lo sono i Rom. Nei campi entra la camorra, entra la droga, =
entra la=20
guerra, entrano volon-tari e funzionari comunali, qualche volta anche =
un=20
cardinale o un sindaco. Ma tutto =E8 filtrato. Tutto passa attraverso =
i cancelli=20
e le recinzioni. La domanda che mi pongo nel testo =E8: evadere =E8 =
possibile? Ma=20
da che cosa? Dai campi, dalle etichette imposte, dalla qualifica di =
"zingaro"?=20
Immediatamente altre domande saltano fuori. Chi dovrebbe evadere? E =
poi=20
perch=E9? Quali sono le alternative che il nostro paese offre? Forse =
trovare un=20
lavoro come "mediatore culturale", sentirsi fare tante promesse, non =
ricevere=20
un quattrino per un anno e alla fine trovarsi su una pagina di =
giornale,=20
descritto come uno degli zingari ubriachi che si sparano a vicenda =
come=20
succede nei Balcani?=20
<P>Qualcuno romanticamente si ostina a chiamare i Rom "figli del =
vento", ma =E8=20
del ghetto che sono figli. Ed =E8 meglio dirlo, visto che la =
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