Stefano Mencherini propone di utilizzare questo come documento,
opportunamente adattandolo e "situandolo" nella realtà leccese.
Chi va domani in conferenza stampa lo stampi e lo porti con sé.
Sarebbe opportuna anche la presenza, oltre che di coloro che hanno visitato
i centri, anche degli *universitari* e anche i ragazzi del *collettivo Paz*
che stanno organizzando la diretta in webradio della manifestazione!
Alessandro
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«Contro la barbarie, disertiamo la guerra sotto casa»
L'appello del Tavolo migranti dei social forum
Nelle nostre città esistono luoghi nascosti allo sguardo, protetti da mura
che li rendono invisibili, difesi da militari armati e da alte reti di filo
spinato. Si chiamano come le vie che li ospitano. A Torino, corso
Brunelleschi. A Milano, via Corelli. A Roma, Ponte Galeria. A Bologna, via
Mattei. A Trapani, Serraino Vulpitta. Ed altri ce ne sono e ce ne saranno, a
Modena, Bari, Crotone, Santa Foca un elenco di nomi che verranno ricordati
con vergogna nella nostra storia.
I governi cercano di confondere e di nascondere una realtà sgradevole e
brutale, per questo li hanno chiamati Centri di Permanenza Temporanea per
migranti, e talvolta per i media diventano Centri di prima accoglienza! Cpt,
ovvero gabbie per uomini e donne, colpevoli di esistere. Persone che non
hanno commesso alcun reato: giudicate colpevoli di aver varcato dei confini,
di cercare una possibilità di vivere, di vivere meglio, di scegliere
liberamente dove vivere; giudicate colpevoli di lavorare in nero, di non
essere state regolarizzate dai datori di lavoro; giudicate colpevoli di aver
perso il lavoro e di non averne trovato un altro. Privi di documenti non
risultano cittadini di alcun paese e, rinchiusi in un centro inaccessibile a
chiunque, finiscono per scomparire in un buco nero. La nuova legge
sull'immigrazione estende la permanenza da 30 a 60 giorni e per tutto questo
periodo i migranti trattenuti sono privati di ogni più elementare diritto:
dal vedere i propri parenti fino alla possibilità concreta di difendersi.
Cpt: gabbie, videocamere, mura di cinta, container, filo spinato, cancelli,
poliziotti e croce rossa militare, tutto in attesa di essere espulsi. Cpt
come spazi di eccezione al cui interno rinchiudere nude esistenze. Cpt, le
nuove frontiere all'interno delle nostre città, l'assurdo di un mondo che
abbatte ogni limitazione alla libera circolazione di merci, denaro, flussi
finanziari, ma che teme l'idea che gli esseri umani si muovano sfuggendo al
controllo. Cpt, la coscienza sporca dell'Europa che orgogliosamente ha
festeggiato l'abbattimento del muro di Berlino e che ha visto nel
superamento delle frontiere interne un'affermazione di civiltà. Cpt, la
coscienza sporca dell'Italia che non riconosce neppure il diritto di asilo e
ci chiude dentro chi cerca di costruire liberamente la propria vita.
I Cpt sono un anello fondamentale della catena al collo dei migranti imposta
dalla legge Bossi-Fini: donne e uomini ridotti a mera forza lavoro, da usare
per pulire le nostre case, per accudire i nostri anziani e i nostri
ammalati, per lavorare in fabbrica, per raccogliere pomodori, per accettare
le condizioni di lavoro in cui massimo è lo sfruttamento. Precarietà e
sfruttamento, clandestinità e invisibilità sociale, questo è il "contratto
di soggiorno". Finito un lavoro i migranti avranno tempo sei mesi per
cercarne un altro: altrimenti fuori, via, lontani. Ecco l'orizzonte di
civiltà disegnato dall'Italia per chi decide di entrare nell'Europa di
Schengen.
La Bossi-Fini però non è solo il frutto amaro dell'ideologia sicuritaria, ma
fa parte di un disegno più ampio, che va dall'attacco alla scuola alla
sanità pubblica all'art. 18 e allo Statuto dei lavoratori, alla
ridefinizione del concetto di "nemico pubblico", ai progetti di "guerra
preventiva".
Ma opporsi alla legge Bossi-Fini è possibile, come hanno dimostrato i cortei
di Genova e Roma, lo smontaggio del Cpt di via Mattei a Bologna, lo sciopero
di Vicenza, l'occupazione del sagrato del Duomo di Treviso e la successiva
manifestazione contro la "razza Piave" del sindaco leghista Gentilini, le
tante prese di posizione e iniziative di vescovi, preti, sindacalisti,
intellettuali, magistrati, operatori dei servizi per migranti, associazioni
e cittadini. Opporsi e ribellarsi contro questa legge significa, a Torino,
passare per la critica radicale dell'esistenza del Cpt di corso
Brunelleschi, un vero luogo grigio di segregazione e di ingiustizia
conficcato nel cuore della città. Per rompere il confinamento dei migranti,
per denunciare la barbarie che vogliono nascondere al nostro sguardo e alle
nostre coscienze: il 30 novembre disertiamo la guerra sotto casa.
Coloriamo, disveliamo, isoliamo, blocchiamo, chiudiamo i Cpt!