[Cerchio] Fw: [movimento] il movimento con le dande

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Author: Pkrainer
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Subject: [Cerchio] Fw: [movimento] il movimento con le dande
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From: <clfausti@???>
To: <movimento@???>
Sent: Monday, November 25, 2002 7:33 PM
Subject: [movimento] il movimento con le dande


> Arresti e vecchi merletti
> - Il movimento con le dande -
>
> Le riflessioni che seguono sarebbero state egualmente diffuse dopo lo
> show di Firenze. L'arresto di alcuni attivisti del "movimento dei
> movimenti", permesso da leggi infami e persecutorie, non fa che
> confermare alcune amare considerazioni.
> Gli esiti attuali dell'ondata internazionale di protesta civile anti-
> liberista emersa ai clamori della cronaca a Seattle, sono peggiori di
> quanto ci si potesse aspettare.
> Dominati ideologicamente, politicamente, organizzativamente, dalla
> cultura e dai ceti del tradizionale associazionismo politico delle
> vecchie sinistre riformiste e massimaliste (con tutte le squallide
> conseguenze mille volte già scontate nel secolo dei loro fallimenti) i
> citoyens del "movimento dei movimenti" offrono oramai uno spettacolo
> di addomesticazione integrale - vuoi per soggezione, disinteressata
> ignoranza, cecità o ideologismo - al gioco ufficiale della lotta
> politica condotta dalle gang dei professionisti dello pseudo riformismo
> istituzionale.
> Parliamo di "addomesticazione integrale" non perché a Firenze non vi
> sono state le violenze di cui la ridondante pletora di nemici
> dell'umanità aveva straparlato, perché la piazza è restata pacifica
> (che può essere una scelta nelle corde dei partecipanti), ma perché
> gran parte dell'assise no-global mostra di muoversi totalmente sotto il
> ricatto preparato, in merito alla questione "ordine pubblico", dal
> potere e dalla volgarità mediatica.
> Il terrore ormai connotato da elementi di cecità superstiziosa che
> provoca la sola idea di violazioni dal basso e collettive di pur
> limitate dimensioni del criminale ordine politico-economico dominante
> (violazioni che non hanno necessariamente a che vedere con lo show
> alternativo della violenza dimostrativa in puro stile Black Bloc), ha
> il potere di tetanizzare letteralmente le coscienze e le capacità di
> azione e progettazione.
> Di fronte alle messe di ricatti veicolati dalle immagini retoriche,
> dall'induzione, semplificazione e falsificazione diffuse dai media,
> dalle richieste e blandizie degli apparati della politica, la
> stragrande maggioranza degli attivisti o accetta senza troppe riserve,
> come in uno sguazzare in acqua naturale, le pastoie dell'agire politico
> più comune e deteriore, o non è in grado di porre ad esso limiti e
> distinzioni, partecipando ai suoi riti senza frizioni e scarti
> rilevanti, contentandosi al massimo di qualche triste mugugno, di
> qualche vago "distinguo", sempre e categoricamente postumi.
> Allo stesso modo di quei reazionari da autobus che sbraitano per
> placare il panico quotidiano che attanaglia la loro vita insulsa,
> questi cittadini ribelli tuttavia arringati da decine di capetti e
> leaders (che vengono ascoltati, tollerati, coccolati e seguiti, a
> dimostrazione della pochezza sottomessa che agita le folle di
> partecipanti) si comportano come medievali atterriti dall'agitarsi
> delle croci dell'inquisizione, correndo a testa china a sconfessare,
> quando richiesto, le nuove streghe e i nuovi lebbrosi che vengono di
> volta in volta additati loro dalla mano guantata che regge la frusta:
> si chiamino black bloc, teppisti, canaglie, casseurs o terroristi.
> D'altra parte, lo stesso dibattito sulla violenza appare ormai
> irrimediabilmente falsificato. A tal punto compromesso che sarebbe
> preferibile un selvaggio silenzio (buona abitudine alla quale Out ha
> imparato, qualora necessario, a consegnarsi). In sé, la violenza non è
> in grado di dare spessore a un movimento, a caratterizzarlo più di
> quanto non facciano le marche di scarpe che calzano i manifestanti o le
> canzonette che ascoltano. Il dibattito sulla violenza, però,
> attualmente decade perché l'unica violenza che si dia e che meriti una
> qualche attenzione critica è la violenza di stato: tanto quella
> operata, nell'abituale impunità, dai salariati del pestaggio, che la
> violenza da stadio, dove "stadio" sta per palcoscenico spettacolare,
> evento da prima pagina, catino mediatico predisposto ad accogliere lo
> scontro e ad istigarlo. Tifoseria con o senza ultras incappucciati, il
> movimento dei movimenti , da Seattle a Firenze, è scivolato sempre più
> incoscientemente e irresponsabilmente negli stadi (summit, adunate,
> manifestazioni provocatorie tipo "Usa day") che gli venivano allestiti.
> Per poi disperdersi silenzioso a fine-partita, ritirarsi, magari
> mazziato, nelle celle delle proprie critiche e lotte specializzate, la
> cui somma non dà ancora una critica della totalità. Negli stadi - in
> altri tempi e latitudini - si macellavano gli oppositori: adesso
> servono per addomesticarli, rendendoli protagonisti per un giorno.
> Davanti alla perfetta sceneggiatura del "circensem", la violenza è ciò
> che fa notizia, oramai l'aspetto più mercificabile della protesta.
> Perciò va ripudiata come tutto ciò che è inessenziale, inutile, nocivo
> alla seppur minima utilità.
> Dura lex sed lex: i medievali citrulli che ambiscono a pagare ai
> padroni una decima ridotta, non sanno più imporre in autonomia, come
> qualcosa di consapevolmente scelto, nemmeno il carattere ordinatamente
> festaiolo che si pretenderebbe da loro, e che deve diventare, come è
> diventato, il loro tratto distintivo, la medaglietta
> di "responsabilità" ben guadagnata scodinzolando: la pena d'esser
> massacrati come a Genova è sempre pendente, occhieggia a qualche
> centinaio di metri da dove si svolge la pretesa "festa", subito dietro
> il "filtro" dei servizi d'ordine; ma chi, nel "movimento dei
> movimenti", nel cuore di questo esempio di pace solidarietà
> e "democrazia diffusa", li decide, li organizza, quali le consegne i
> mandati di questi "servizi" non si sa mai da chi e da quanti richiesti?
> Non domandatelo al no-global, lui va semplicemente a manifestare e li
> trova lì, "democraticamente" in piazza, pronti a "proteggerlo", come
> fanno polizia ed eserciti da quando lo hanno messo al mondo. Questi
> cittadini de "l'interrogarsi camminando" si fanno poche domande e non
> vanno da nessuna parte: nel gioco politico-mediatico che hanno scelto
> si abbassano dunque come nulla fosse all'ignominia dei servizi
> d'ordine incaricati di guardare a vista, al posto degli sbirri, lo
> svolgimento della "festa" (se abbiamo voglia di una "festa", specie se
> pacifica, chiamiamo i buttafuori?), riducendosi a truppaglia inquadrata
> in spezzoni vigilati da manipoli di funzionari con radiolina e
> telefonino, come in una qualsiasi parata. Ma se la cagnara vigilata, se
> quell'indecente fallimento che è stato il Forum fiorentino, è
> considerato unanimente un successo (ha saputo mettere d'accordo tutti,
> dalla questura ai girotondini, dagli arrabbiati ai giornalisti, dai
> picchiatori ai preti) è anche perché, a Firenze, si è ulteriormente
> legittimata quella "lagerizzazione" dello spazio pubblico della quale a
> Genova si era avuta (con qualche prevedibile sbavatura di percorso)
> l'oscena prova generale. La Zona Rossa dentro la quale al G8 si era
> sigillata la ghenga dei patrons, ha trovato il suo naturale
> corrispettivo nella Fortezza, nella camera imbottita all'interno della
> quale si è lasciato che il movimento stringesse i pugni per rivolgerli
> al cielo. A dimostrazione, sconsolante, del fatto che una Zona Rossa,
> ormai, non la si nega a nessuno. A dimostrazione del fatto che la Zona
> Rossa ormai è ovunque, può sorgere dappertutto: è diventata Zona
> Grigia, normalità accettata, combaciando in ogni punto con uno spazio
> pubblico ridotto a reticolato del divieto, dell'obbedienza, della
> minaccia e del controllo cagnesco. A dimostrazione, infine, del fatto
> che non vale più la pena forzare, sia pure d'una spanna, i cordoni
> polizieschi, perché - come ha dimostrato il Forum - se lo chiedi con la
> dovuta cortesia e dopo lasci tutto pulito, puoi ottenere molto: ti può
> essere lasciato in concessione perfino lo spicchio d'una città d'arte
> come Firenze, un organismo delicato, da sempre riserva gelosa di
> turisti e bottegai. Solo ingoiando il prezzo dell'isolamento (anche
> territoriale) come passaggio obbligato, solo così da "teste matte",
> da "orda vandala e lanzichenecca di ravers e nuovi anarchici", si può
> diventare "interlocutori politici" : l'obiettivo dei ciceruacchi no
> global.
> In un abisso di vigliaccheria condito di grotteschi recital
> sinistrorsi che postula al minimo strombazzamento reazionario contatti
> a tutto campo con questurini e burocrati di palazzo, tutele cercate e
> ricevute con la sinistra delle barche a vela e dei casali nel Chianti,
> vengono condotti per mano allo zoo delle petizioni, degli accordicchi,
> delle proposte e degli eterni "desiderata": insomma allo "spettacolo"
> dell'opposizione social-funzionale.
> Parliamo poi di "pseudo riformismo" perché - in misura maggiore del
> pur inglorioso passato dei riformismi di sinistra - ci è difficile
> pensare anche con il metro del puro buon senso ad alcun progetto
> di "riforma" in un mondo di pure rovine, ingombro di tali follie,
> catastrofi planetarie e negazioni radicali della natura e della più
> semplice umanità, di tante e tali cose da ripensare integralmente, che
> il solo sgombrare una parte, equivarrebbe al tentativo di sovvertirne
> radicalmente le tragiche leggi di dominio che lo sorreggono.
> Individui che non possono nemmeno più esercitare il controllo sulle
> loro minime necessità vitali, come ciò che respirano e mangiano, o
> sulla funzione, la salubrità, l'aspetto estetico dei luoghi che
> abitano, discutono poi di "possibili riforme" e di "sviluppi
> sostenibili" possibilmente consentiti da eventuali mutamenti negli
> assetti politici planetari: il quadro d'azione, ossia, di spietate
> bande criminali a cui per pigrizia mentale si dà ancora il nome di
> economia, politica, società civile e Stato.
> E' il pesce che si preoccupa del pescatore, mentre sguazza in una
> misera pozza da cui la marea si ritira inesorabilmente.
> Accettando di non essere "nocivo" rispetto alle compatibilità di
> funzione e comportamento dettate dai poteri che detengono il monopolio
> della violenza e della sopraffazione, il "movimento dei movimenti"
> scopre l'illusione di poter essere "politicamente nocivo" nell'ambito
> di quelle stesse compatibilità, vale a dire di poter far da volano al
> riscatto delle gang politiche pseudo-riformiste e, con esse, battere le
> destre ultra-neo-liberiste.
> Gli arresti degli attivisti mediante il ricorso ridicolo a leggi infami
> avranno, e per parecchi devono avere, l'effetto di rinsaldare la
> tutela posta sul movimento, di serrargli addosso in modo più perfetto
> le dande che esso ha in effetti gioiosamente infilato da solo.
> Il ridicolo in cui cadranno le accuse indicherà subito il necessario
> carattere di soggetto politico-sociale con referenti istituzionali
> acquisito dal movimento e mostrerà agli ultimi eventuali riottosi, cosa
> si rischia senza tutele.
> La cosiddetta "criminalizzazione del movimento" è da un lato prodotta
> da strutture burocratiche come quelle investigative e dei corpi
> speciali di polizia e carabinieri che nell'esistenza vera, presunta,
> possibile o immaginabile di criminalità, ordini e ordinamenti offesi e
> da difendere, trovano precipua sussistenza, letteralmente, vivono e si
> perpetuano.
> Lo fanno allo stesso modo del baco che fila la sua seta, è l'autonoma
> attività connaturale di apparati che hanno una logica propria. Sono
> come colonie di procellarie, di insetti infestanti: si attaccano a
> quello che trovano, metabolizzano tutto, non smettono finché non c'è
> più nulla su cui accanirsi. Dall'altro, come nel caso Tangentopoli, o
> nel caso Andreotti, l'uso improvvisamente eclatante, ferreo ed abnorme,
> tempestivo o forzoso del veicolo giudiziario tradisce il tentativo
> spontaneo, il riflesso conservativo, degli apparati dello Stato di
> risolvere in un nuovo assetto certo di potere qualcosa rimasto in
> stallo, in sospeso, in dubbio, qualcosa di cui sfugge ancora
> l'indirizzo esatto di manipolabilità eventualmente necessaria o il
> grado, consequenziale, di archiviazione possibile.
> Così è per il fumoso movimento dei movimenti no-global: aiuterà
> davvero la sinistra nel suo - già in parte probabile - riscatto contro
> Berlusconi o ha in sé davvero i germi di qualcosa di nuovo e meno
> controllabile? E se la aiuterà, quale sinistra riformista si prefigura,
> in grado o no di battere le gang di padroni del vapore raccolti attorno
> alla bandicella di uomini d'affari dal dubbio passato che governa oggi?
> Accettando di dar corso alle ossessioni persecutorie degli apparati di
> repressione ed arrestando i no-global, si contribuisce al senso comune
> della pacificazione terrorizzata in modo che - per tutti e dovunque -
> si chiaro quali sono gli angoli fastidiosi da smussare pur nella corsa
> neo-riformista a cui la stragrande maggioranza del movimento fa ormai
> una ruota di scorta.
> Tutto ciò, ovviamente, non abbisogna di magistrati versati in
> strategia, ma solo di omuncoli che partecipano ad alcuni dei tipici
> ingranaggi su cui il "general intellect" terrorista e repressivo della
> società di massa fonda la riproduzione di consenso per l'organismo
> sociale.
> Quello che il "movimento dei movimenti" ha di fronte nella sua attuale
> trasformazione dalla "poesia politica" del mitizzato Marcos al
> pragmatismo delirante del post-reducismo toninegrista è né più né meno
> quanto accaduto, per esempio, in piccolo, ai grunen tedeschi.
> Nonostante al loro interno anima moderata e massimalista convivano con
> le eterne frizioni dell'idiozia associativa della politica, il
> movimento grunen è da una decina d'anni una comoda gruccia per la
> governatura in salsa "social" della catastrofe permanente del mondo
> industriale.
> E' vero che la capacità delle anime "social" dell'inciviltà industriale
> avanzata, quando guadagnano consensi, suscitano i timori delle cricche
> dell'inciviltà "liberal": ma è proprio al gioco del consenso e
> dell'egemonia ed al loro terroristico oblio di ogni istanza
> radicalmente etica che il movimento pare deciso a giocare. In questo
> modo, le effimere opzioni alternative al logos ed alla pratica
> dell'Impero ne divengono funzione, diventano il linguaggio permanente
> dell'altra faccia dello show.
> La politica nelle condizioni di sviluppo delle società di massa (intesa
> nel suo senso più determinato, che non è "l'agire " con conseguenze
> socialmente rilevanti in generale né l'agire organizzativo in quanto
> tale) come luogo di confronto e lotta per l'egemonia, è lungi
> dall'esser comodamente restata nell'alveo delle sue origini socratiche
> in rapporto morale ed agonico tra il potere, il demos e la polis: suo
> destino e funzione è esser nient'altro che tecnica, regno vuoto e
> strumentale coperto da una coltre di vizi e dubbie virtù, appannaggio,
> come il resto degli apparati produttivi di consenso, di racket che
> sopravvivono mediante le funzioni da essa attivate, facendone un mezzo
> di regolazione dei traumi sociali che il dinamismo della società
> articolata su principi di dominio impongono ai singoli ed alle classi.
> In questo senso, "l'agire politico" in senso stretto ha svolto una
> eminente funzione reazionaria nell'ultimo secolo, che fosse di sinistra
> o di destra, moderato o rivoluzionario. E' stata questa peculiare
> manifestazione della ragione tecnica presa nel suo aspetto più
> direttamente mortifero e strumentale, a farsi nemica di ogni tentativo
> individuale e collettivo di liberazione radicale, imponendo con ogni
> spietato mezzo, con la violenza, il raggiro e la menzogna, i suoi tempi
> e le sue pretese necessità, le sue mediazioni oggi e le sue bombe
> domani, le sue sfilate clownesche o i suoi martiri di barricata, il
> parlamento o la galera, tentando di dettare tempi, modi, priorità e
> fini alle comunità e agli individui in lotta per liberare la propria
> vita quotidiana. Rispetto a questi semplici soggetti in lotta, l'agire
> politico specializzato ha sempre giocato la carta truccata del
> principio di efficienza, del principio di realtà restrittivamente
> inteso, in quel "disincanto" che si fregia di fine comprensione della
> realtà e non è altro invece che misero cinismo della sopravvivenza.
> A questi apprendisti stregoni del dominio della falsa efficienza si
> rovescia contro spesso il demone suscitato: è certamente un
> finissimo "realismo politico" ritenere migliore una compagine di
> governo "social" invece di una "ultra-liberal" quando su tutte le
> questioni sostanziali che la catastrofe in atto del mondo naturale ed
> umano pone in modo drammatico queste non solo non si differenziano che
> per sottili ed irrilevanti distinguo, ma risultano perfettamente
> identiche nei fondamenti.
> E' il definitivo disastro morale della società della merce e del
> dominio che segue il suo disastro socio-ambientale.
> D'altronde, quando l'isteria paranoide si banalizza fino a diventare
> lessico familiare dell'informazione, quando il delirio si fa senso
> comune, quando si accetta di discutere su informi flatulenze verbali
> come quelle della Fallaci al di fuori del quadro psicopatologico in cui
> andrebbero dissolte, quando il diritto rivela il proprio fondamento
> irrazionale rovesciandosi in pre-scienza inquisitoria, intimidazione
> religiosa (agli arrestati di Cosenza non sono state estorte
> confessioni - non essendoci nulla da confessare .- ma abiure in bello
> stile Sant'Uffizio), significa allora che l'agire comunicativo si è
> installato nell'illogico, nel crepaccio della follia organizzata,
> dell'idiozia come stadio antropologico.
> Quello che le burocrazie più in vista e più astute nell'informale mondo
> degli addomesticati no-global può sperare di ottenere assolvendo la sua
> funzione di volano dei riformismi in crisi, quello che realmente può
> mettersi in saccoccia, è qualche spazio di agibilità politico-economica
> in più. E' una battaglia per accaparrarsi i pur vitali - dal punto di
> vista dei singoli e delle loro organizzazioni - ossi gettati dalla mano
> del padrone, finanziamenti, consulenze, micro spartizioni di scranni
> amministrativi, approvazione di progetti umanitari, persino frammenti
> di governicchio locale: è una lunga marcia verso il riconoscimento
> politico ed economico delle proprie fatiche, della marginalità e
> dell'attivismo ben venduti in tv, è il poter diventare, a cinquanta
> anni, un Cohn-Bendit, un Joska Fischer, un Jack Lang, un Toni Negri o
> un porta borse di questi.
> D'altra parte, per i residui di massimalismo dei duri e puri che
> sguazzano nel movimento che ha infilato solennemente le dande,
> significa poter seguitare a riprodurre in santa pace i loro micro-
> deliri lavoristi, cubanofili, statolatrici, insomma una delle tante
> forme dell'indeperibile sintomatologia maniaco-depressiva comunista e
> post-neo-comunista.
> Dimentichiamo il gran numero di onesti portatori di protesta etica
> contro la selvaggia immoralità neo-liberista: per questi cattolici si
> tratta di guadagnare come al solito un credito per buona coscienza e
> buone azioni. Salvate una balena o un post-fiat disoccupato, passerete
> più vicini alla cruna, avrete un miglior karma.
>
> Abbandonare la lotta per l'egemonia politica, per le riforme e le
> rivoluzioni di palazzo e di potere, rifiutarsi di trovarsi spalla a
> spalla, o peggio, arringati sotto un palco, da esponenti
> dell'alienazione politica organizzata, disertare il pasto delle
> carogne, lasciare alla necrofilia politica il tentativo di
> rivitalizzare il corpo del cadavere in decomposizione, smettere di
> intervenire, di mobilitarsi, lì dove non accade nulla.
> Costruire altrove, con altri mezzi e modi la comunanza di intendimenti
> e di prassi necessaria a liberare più spazi e tempo possibili
> dall'oppressione sociale, destinata ad aumentare sino al collasso nel
> corso della necrosi devastante della civiltà industriale.
>
> Out- nel nostro tempo.
>
>
>