Autore: Ivan Settantasette Data: Oggetto: [Cerchio] Fwd: Lettera di Caruso dal carcere di Viterbo
>Subject: Lettera di Caruso dal carcere di Viterbo
>Date: Mon, 25 Nov 2002 23:05:47 +0100 (CET)
>
>
>Ai fratelli e alle sorelle
>del movimento dei movimenti
>
>Alla società civile
>
>Alle moltitudini in cammino
>per un altro mondo possibile
>
>
>
>Un milione di persone sono tante.
>Un milione di persone, di uomini e donne a Firenze ha detto, ribadito e
>gridato a gran voce che un altro mondo è possibile e necessario, un mondo
>senza guerre e bombardamenti 'umanitari', un mondo nel quale le guerre si
>evitano semplicemente non facendole, un mondo nel quale la casa, il lavoro,
>il reddito, l'acqua, la terra sono diritti di tutti e non privilegi per
>alcuni.
>Un milione di persone che dicono e rivendicano queste cose sono molte. Per
>qualcuno, nei palazzi di potere, sono anche troppe.
>Firenze è stata un'ulteriore tappa delle moltitudini in movimento che da
>Seattle a Genova, da Napoli a Praga hanno rilanciato a livello mondiale le
>rivendicazioni degli indios zapatisti, elementari ma al tempo stesso
>rivoluzionarie: Democrazia, Giustizia, Dignità.
>Da questa cella piena di sbarre, democrazia giustizia e dignità sono parole
>vuote, concetti e valori impercettibili.
>In questa discarica umana, in questo carcere pieno di disperazione e
>disagio sociale, la dignità umana non è calpestata, ma semplicemente non
>esiste.
>Come movimento siano sempre stati dalla parte degli ultimi, degli esclusi,
>delle vittime della selvaggia globalizzazione neoliberista.
>Dalle periferie degradate di Napoli ai campi profughi in Palestina, dalle
>zone terremotate in Molise a Sarajevo sotto i bombardamenti, abbiamo sempre
>messo in gioco i nostri corpi e impegnato le nostre energie per conoscere,
>comprendere e combattere le tante contraddizioni e ingiustizie del nostro
>tempo.
>Dovrò paradossalmente ringraziare i magistrati di Cosenza e i loro teoremi
>per avermi dato la possibilità di attraversare l'infernale girone dantesco
>delle carceri: Trani, Viterbo, migliaia di persone rinchiuse come polli in
>batteria, dove anche il minimo, elementare diritto diventa un favore da
>implorare.
>Qui dentro ci sono solo i soggetti deboli e marginali, per i quali troppo
>spesso l'illegalità non è una scelta ma una strada obbligata dai perversi
>meccanismi di un sistema sociale incentrato sul profitto.
>Qui democrazia, giustizia e dignità si possono tradurre in un sola parola:
>AMNISTIA, subito e per tutti.
>Come movimento dobbiamo urgentemente farci carico di questa battaglia, per
>ridare un senso a questi valori anche qui dentro, per smascherare le
>chiacchiere e le false promesse dei palazzi di potere.
>Democrazia, Giustizia, Dignità.
>Ma si può parlare di democrazia, di giustizia e di dignità in un paese nel
>quale si perseguitano gli oppositori politici? Non è questo forse il
>discrimine, la linea di confine tra democrazia e autoritarismo, la spia di
>un'involuzione democratica?
>Allora l'urgenza di mobilitarsi al grido di 'SIAMO TUTTI SOVVERSIVI' non è
>un'impellenza esclusiva dei ribelli, degli attivisti dei movimenti, ma
>anche e soprattutto della società civile, dei sinceri democratici, di
>coloro i quali credono e sperano di vivere in una democrazia matura: in
>gioco non vi è solo la nostra scarcerazione (che è ora una variabile
>secondaria) ma piuttosto l'agibilità politica e democratica
>dell'opposizione sociale nel nostro paese.
>Se passa il teorema di Cosenza, ogni attivista dei movimenti, ogni persona
>che si è mobilitata in questi anni per un 'altro mondo possibile', chiunque
>sia sceso in piazza a Napoli, Genova, Firenze, potrà essere perseguitato
>come pericoloso e violento sovversivo.
>La pericolosità sociale e politica di quest'inchiesta è sotto gli occhi di
>tutti.
>Dietro l'ambiguo e inconsistente impianto accusatorio, si cela il maldestro
>tentativo di ridurre la ricchezza e la vitalità dei movimenti ad un mero
>problema di ordine pubblico.
>Alla base di queste assurde congetture c'è un delirante pregiudizio
>ideologico sul rapporto tra democrazia, mobilitazione e conflitto sociale.
>Se a livello mondiale, grazie all'esperienza di Porto Alegre e
>all'attivismo dei movimenti, è entrata nell'agenda politica la
>sperimentazione di forme inedite di democrazia partecipativa, che pongono
>al centro delle determinazioni sociali e politiche la partecipazione, la
>mobilitazione ed il conflitto sociale, permane nella società e soprattutto
>nel mondo politico una diffidenza a riconoscere il conflitto e la
>mobilitazione sociale come linfa della democrazia.
>Ma c'è anche di peggio: soprattutto nell'establishment politico, economico
>e culturale, nei piani alti dei palazzi di potere, c'è chi vede i movimenti
>sociali come pericolosi virus da debellare, il male da sconfiggere, il
>disordine da reprimere, per ristabilire ORDINE e DISCIPLINA e preservare il
>proprio potere.
>Con l'insorgere del movimento antiglobalizzazione, determinati settori
>degli apparati, della magistratura e delle forze dell'ordine, proprio a
>partire dal timore e dal terrore dell'attivismo dei movimenti del loro
>potenziale di trasformazione sociale e di messa in discussione degli
>assetti di potere, sostituiscono all'imparzialità degli atteggiamenti e
>delle procedure, un'ossessiva persecuzione politica che tocca il suo
>culmine con le violenze di Genova e l'omicidio di Carlo Giuliani.
>Ora l'assurdo teorema di Cosenza: con in prima fila, ancora una volta, i
>Reparti Operativi Speciali dei Carabinieri (l'unico corpo senza indagati
>per i fatti di Genova) questa volta supportati da alcuni solerti magistrati
>che i ROS hanno trovato dopo estenuanti ricerche in un anonimo tribunale
>del profondo Sud.
>Il desiderio perverso di costoro è che dei movimenti, di questi giovani
>'rumorosi e fastidiosi', se ne occupino proprio e solo loro, coi loro
>metodi e le loro strategie di sistematico annientamento e repressione.
>Che il movimento antiglobalizzazione sia un'accozzaglia di criminali
>sovversivi, violenti, cospiratori, da questa prospettiva non è un'ipotesi
>da dimostrare, ma una certezza da affermare.
>Eppure, di fatto, bisogna andare a ritroso fino al ventennio fascista per
>ritrovare altri imputati per cospirazione politica oppure ai romantici
>carbonari dell'Ottocento: di certo, se qualcuno paragona il nostro impegno
>sociale e politico con quello dei nonni antifascisti o dei bisnonni
>carbonari, non fa che lusingarci.
>In verità i pericolosi sovversivi, i veri criminali sono dall'altra parte
>della barricata, sono costoro che cercano di sospingere il movimento sul
>terreno dello scontro 'fisico', militare, anche perché sanno bene che
>questo è l'unico terreno dal quale usciremmo sconfitti.
>La loro strategia è fin troppo evidente e banale: nel momento in cui non
>vogliono dare risposte concrete alle istanze ed alle rivendicazioni dei
>movimenti, sbrigliano i loro cani da guardia, le loro meschine strategie di
>criminalizzazione e repressione, nel tentativo di zittire, stigmatizzare e
>annientare il movimento.
>Ma il movimento ha già dimostrato a Genova e dopo Genova la maturità
>politica capace di sfuggire a queste trappole: tanto meno questa ridicola
>inchiesta riuscirà a smentirla.
>Non solo, ma - come l'esperienza di Genova - anche quest'attacco politico
>non produce arretramento, sconforto e smobilitazione, ma anzi rafforza la
>consapevolezza della necessità di rilanciare le battaglie del movimento: si
>scopre infatti che in gioco non c'è solo la possibilità di conquistare
>nuovi diritti e garanzie sociali, ma anche la tenuta democratica,
>l'azzeramento delle strategie eversive e reazionarie con le quali, negli
>ultimi decenni, hanno pesantemente attaccato i precedenti cicli di
>mobilitazione sociale.
>Per questo è importante che il movimento si divincoli da questa tenaglia in
>cui si cerca di stritolarlo, da quel vortice repressione/lotta alla
>repressione che tarpa le ali alla dinamicità ed ai processi di
>trasformazione sociale.
>Le giornate di Firenze hanno posto domande e istanze politiche ben precise,
>da cui nessuno può pensare di divincolarsi grazie alle geniali intuizioni
>di un zelante magistrato o di solerti carabinieri.
>Per questo, ancora, a prescindere dalla sacrosanta battaglia per denunciare
>il carattere politico e persecutorio di quest'operazione, è importante
>continuare a rilanciare le pratiche ed i contenuti del movimento, anche
>perché è soprattutto attraverso questo che è possibile dimostrare chi sono
>i veri criminali: se sono coloro che come noi si autorganizzano dal basso,
>coloro che partecipano ai movimenti, oppure se sono coloro i quali si
>rendono responsabili di guerre e bombardamenti, di milioni di morti per
>fame e carestie, della devastazione ambientale del nostro pianeta.
>Allo stesso tempo, è necessario ribadire e rivendicare le pratiche della
>disobbedienza civile come forme di mobilitazione legittime e sacrosante,
>dinanzi alle tante, troppe ingiustizie che attanagliano il nostro mondo
>globale.
>Su questo nessuna inchiesta, nessun magistrato potrà farci arretrare.
>Possono incarcerare 20, 200 o 2000 di noi, dei nostri fratelli, ma non ci
>piegheranno.
>Noi con il cuore, ma tanti altri fisicamente, saremo in questi giorni al
>fianco degli sfrattati di Melito per il diritto alla casa, dei disoccupati
>che rivendicano un impiego o un reddito, dei lavoratori FIAT in lotta per
>difendere il posto di lavoro, degli immigrati il 30 novembre a Torino
>contro i centri-lager.
>Con la violenza che si fa chiamare giustizia, ci hanno rinchiuso nelle
>carceri, tra mille sbarre e cancelli, ci hanno privato di un bene
>fondamentale, del bene primario per tutti gli esseri umani: la libertà.
>Non si rendono conto che è tutto inutile, che perderanno anche
>quest'ulteriore battaglia: perché noi siamo un esercito di straccioni, ma
>anche e soprattutto di sognatori.
>Per questo siamo invincibili.
>
>
>Francesco Caruso
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>
>carcere di Mammagialla, Viterbo, Italia, Europa, Pianeta Terra
>25 novembre 2002, Anno Secondo della Guerra Globale Permanente
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