[Lecce-sf] resoconto visita lorizzonte

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Válasz az üzenetre
Szerző: Anna Caputo
Dátum:  
Tárgy: [Lecce-sf] resoconto visita lorizzonte
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<P>Peccato che si tratti o peccato che si tratta, non mi pare che fosse quella la degna conclusione su cui soffermarsi.</P></DIV>
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<DIV></DIV>>From: "ros011@???" <ROS011@???>
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<DIV></DIV>>Reply-To: forumlecce@???
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<DIV></DIV>>To: "forumlecce" <FORUMLECCE@???>
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<DIV></DIV>>CC: "ros011" <ROS011@???>
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<DIV></DIV>>Subject: [Lecce-sf] resoconto visita lorizzonte
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<DIV></DIV>>Date: Fri, 22 Nov 2002 10:50:32 +0100
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<DIV></DIV>>Resoconto della visita al Centro accoglienza per richiedenti asilo
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<DIV></DIV>>Lorizzonte
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<DIV></DIV>>Mi scuso con tutti per non aver mandato in lista, in tempi più brevi,
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<DIV></DIV>>questo mio resoconto.
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<DIV></DIV>>Nel pomeriggio di sabato 16 novembre, intorno alle 16.45, una
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<DIV></DIV>>delegazione composta da Niki Vendola, Cinzia Nachira, Angelo Salento,
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<DIV></DIV>>Stefano Menchierini (giornalista), e da me si è recata presso il centro
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<DIV></DIV>>di accoglienza per richiedenti asilo Lorizzonte per una visita, a suo
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<DIV></DIV>>tempo, programmata.
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<DIV></DIV>>Lorizzonte è in aperta campagna tra Squinzano e Casalabate, in
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<DIV></DIV>>provincia di Lecce.
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<DIV></DIV>> Il centro è gestito da operatori del Ctm-movimondo e il suo direttore
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<DIV></DIV>>è Vinicio Russo (tra l’altro assente).
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<DIV></DIV>> Al nostro arrivo troviamo ad accoglierci, nel grande atrio, un gruppo
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<DIV></DIV>>di operatori tra cui Carlo Mileti, (confesso che per un attimo avevo
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<DIV></DIV>>dimenticato la sua relazione con il centro), una dottoressa e un paio
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<DIV></DIV>>di “direttrici”, un cameraman (che sapremo appartenere al centro
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<DIV></DIV>>stesso), alcune guardie di finanza, il nostro Questore che subito si fa
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<DIV></DIV>>notare salutandomi cordialmente (avevamo avuto modo di conoscerci nei
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<DIV></DIV>>giorni precedenti il 13 novembre) dicendomi di trovarsi lì per salutare
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<DIV></DIV>>Niki Vendola e diversi “ospiti” del centro (tutti uomini).
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<DIV></DIV>>Nessuna delle tre “responsabili” si presenta, forse danno per scontata
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<DIV></DIV>>la loro identità.
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<DIV></DIV>>Scoprirò, poi da me, che la bruna è Totaro e la bionda è Moschettini,
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<DIV></DIV>>mentre non ricordo il nome della dottoressa.
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<DIV></DIV>>Nel disordine mi accorgo che sia la dottoressa che la Totaro si stanno
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<DIV></DIV>>prodigando a descrivere a Vendola l’attività del centro. Ho
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<DIV></DIV>>l’impressione che ciò avvenga quasi senza sollecitazione, come se
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<DIV></DIV>>avessero studiato, in precedenza il copione.
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<DIV></DIV>>Io mi avvicino a Carlo che faccio fatica a considerare, in quel
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<DIV></DIV>>momento, dall’altra parte.
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<DIV></DIV>>Chiedo a lui qualche informazione, mentre il questore conversa a bassa
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<DIV></DIV>>voce, a due passi da noi, con N. Vendola.
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<DIV></DIV>> Dopo circa un quarto d’ora cominciamo la visita all’interno. Entriamo
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<DIV></DIV>>in un reparto che sembra essere uno scantinato-garage di un grande
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<DIV></DIV>>condominio, vuoi per la presenza lungo il perimetro del soffitto di
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<DIV></DIV>>condutture, forse del riscaldamento, vuoi per le correnti che ci
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<DIV></DIV>>investono, vuoi per la sensazione di freddo che provavo.
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<DIV></DIV>>Qui si aprono le “stanze” degli ospiti: androni disadorni e sporchi.
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<DIV></DIV>>Due grandi finestre si affacciano sul giardino ma sono sbarrate, sia
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<DIV></DIV>>pure da grate non proprio “cruci cruci”.
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<DIV></DIV>> I letti, a castello, sono otto e possono, quindi, ospitare sedici
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<DIV></DIV>>persone alla volta.
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<DIV></DIV>>Quello che mi colpisce immediatamente è vedere che ogni letto ha
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<DIV></DIV>>intorno un lenzuolo, o pseudo tale, quasi si volesse creare un angolo
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<DIV></DIV>>privato.
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<DIV></DIV>>I materassi sembrano impregnati di umidità, le lenzuola, dove ci sono,
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<DIV></DIV>>sembrano essere state usate da molti giorni. Non si vedono coperte, né
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<DIV></DIV>>guanciali, né asciugamani né teli da bagno. Mancano armadi e comodini,
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<DIV></DIV>>perciò tutto quello che i migranti possono avere lo si può vedere sul
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<DIV></DIV>>letto o per terra o, nel migliore dei casi, in un sacchetto di plastica.
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<DIV></DIV>>Chiediamo come mai non vengano ricambiate le lenzuola che ci sembrano
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<DIV></DIV>>sporche. Ci assicurano, al contrario, che il cambio di biancheria viene
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<DIV></DIV>>effettuato regolarmente.
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<DIV></DIV>>Chiediamo come mai non ci sono armadi o comodini. Ci rispondono che i
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<DIV></DIV>>migranti li hanno smontati, “distrutti” e che perciò non ci sono.
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<DIV></DIV>>Chiediamo cosa pensano che ne abbiano fatto. Ci rispondono che i
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<DIV></DIV>>migranti smontano anche il terminale delle docce ( se lo porteranno via
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<DIV></DIV>>come souvenir?)
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<DIV></DIV>>Sinceramente le risposte che la Totaro, la dottoressa e la Moschettini
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<DIV></DIV>>ci danno non ci convincono.
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<DIV></DIV>>Si arrampicano su spiegazioni psudoculturali adducendo giustificazioni
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<DIV></DIV>>legate a tradizioni e “abitudini diverse”.
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<DIV></DIV>>L’unico aspetto degno di osservazione particolare in questo dormitorio
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<DIV></DIV>>sono i muri: non sono certo stati tinteggiati da poco ma sono stracolmi
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<DIV></DIV>>di scritte, in diverse lingue, e disegni.
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<DIV></DIV>>Mentre Niki Vendola chiede altre informazioni “formali” alle
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<DIV></DIV>>responsabili, io ed Angelo (che conosce l’inglese) cerchiamo di
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<DIV></DIV>>comunicare con due ospiti afgani.
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<DIV></DIV>>Riusciamo a capire che stanno malissimo sia come alloggio (lo vediamo
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<DIV></DIV>>bene!) sia come vitto (ogni giorno viene loro somministrata
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<DIV></DIV>>pasta “bollita” dicono).
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<DIV></DIV>>Io non conosco l’inglese ma subito dopo questa prima parte di dialogo
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<DIV></DIV>>la parola che l’amico afgano pronuncia mi colpisce: FREEDOM!
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<DIV></DIV>>LIBERTA’. Manca loro il diritto all’esistenza. Non importa se si mangia
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<DIV></DIV>>male o non hanno le lenzuola. Non importa se la giornata inizia con
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<DIV></DIV>>una sigaretta (la maggior parte di loro spende i pochi soldi che hanno
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<DIV></DIV>>in sigarette che acquistano allo spaccio del centro). Non importa se
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<DIV></DIV>>l’acqua è sempre fredda e se per asciugarsi usano uno straccio di
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<DIV></DIV>>lenzuolo che servirà anche per altri usi.
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<DIV></DIV>>FREEDOM! Questa è la parola che mi resta nella testa.
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<DIV></DIV>> Parliamo, poi, con un gruppo di ragazzi iracheni. Non conoscono
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<DIV></DIV>>l’italiano e solo uno o due di loro capiscono poco l’inglese. Arriva
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<DIV></DIV>>il “mediatore culturale”, un marocchino che ha deciso di restare a
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<DIV></DIV>>lavorare nel centro e che lì ha messo su famiglia.
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<DIV></DIV>> Alla domanda se hanno chiesto l’asilo politico in Italia, i ragazzi
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<DIV></DIV>>rispondono in coro di no. Ma soprattutto non hanno intenzione di
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<DIV></DIV>>chiederlo perché se non lo ottenessero per loro tornare in Iraq
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<DIV></DIV>>significherebbe finire in carcere, se lo ottenessero non potrebbero
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<DIV></DIV>>tornare in patria per cinque anni. Sono convinti di poter ottenere un
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<DIV></DIV>>foglio di via per raggiungere i familiari in Germania.
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<DIV></DIV>>Noi siamo frastornati: capiamo che non sono informati sulla Bossi-Fini
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<DIV></DIV>>e che esiste solo l’accompagnamento alla frontiera e che la
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<DIV></DIV>>legge “entro cinque giorni” impone l’espulsione.
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<DIV></DIV>>Un’operatrice si affretta a chiarire che se non si ha il riconoscimento
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<DIV></DIV>>definitivo dello status di rifugiato non possono lavorare, sposarsi o
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<DIV></DIV>>fare altro per vivere. Hanno diritto a circa duecentomila delle vecchie
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<DIV></DIV>>lire al mese che in pochi, inoltre, ottengono e riscuotono con
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<DIV></DIV>>regolarità. Una volta che la commissione riconosce loro lo stato di
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<DIV></DIV>>rifugiato in genere chiedono di tornare nel centro o si “arrangiano”
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<DIV></DIV>>come è possibile.
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<DIV></DIV>> Chiediamo quale sia la retta giornaliera che il centro riceve per ogni
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<DIV></DIV>>ospite: trentacinquemila delle vecchie lire. Una cifra così bassa non
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<DIV></DIV>>può soddisfare tutti i servizi necessari perciò chiediamo perché tanta
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<DIV></DIV>>differenza col Cpt. Ci rispondono che la quota è stata fissata da loro
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<DIV></DIV>>e che fanno fronte alle varie esigenze con il volontariato.
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<DIV></DIV>>Sinceramente ancora una volta siamo sconcertati.
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<DIV></DIV>>La visita continua, continuano anche le “conversazioni”.
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<DIV></DIV>>Dal centro sono passati circa 24.000 richiedenti asilo . Che fine
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<DIV></DIV>>hanno fatto? Molti sono stati espulsi, altri, pochi, hanno ottenuto
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<DIV></DIV>>l’asilo politico, altri sono riusciti, per loro fortuna a fuggire
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<DIV></DIV>>dall’Italia.
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<DIV></DIV>>Quello su cui insistono gli operatori del centro è lo sforzo che tutti
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<DIV></DIV>>loro fanno per rendere vivibile quel breve o lungo (a seconda del punto
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<DIV></DIV>>di vista) periodo di permanenza.
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<DIV></DIV>>Passiamo poi a visitare il refettorio (tinteggiato forse il giorno
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<DIV></DIV>>prima), l’infermeria, bene attrezzata perché la dottoressa (impegnata
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<DIV></DIV>>24 ore su 24 nel centro), ci tiene a dirlo, ha lottato con l’ASL di
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<DIV></DIV>>pertinenza per rendere sempre più funzionale ed efficiente il reparto.
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<DIV></DIV>>Il centro per i minori di recente costruzione è arioso, pulito, direi
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<DIV></DIV>>accogliente. Le camere da letto, al primo piano a cui però non si può
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<DIV></DIV>>accedere se non in orari prestabiliti, sono personalizzate e ordinate.
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<DIV></DIV>>Anche i bagni sono stati ristrutturati recentemente. Qui tutto sembra
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<DIV></DIV>>andare per il verso giusto. I ragazzi, una decina di adolescenti in
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<DIV></DIV>>tutto, sembrano contenti. Alcuni di loro studiano altri seguono corsi
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<DIV></DIV>>di formazione professionale.
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<DIV></DIV>>Sembra che la visita si avvii a conclusione quando i responsabili si
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<DIV></DIV>>ritirano in privato con Vendola . Non sappiamo di cosa parleranno.
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<DIV></DIV>>Durante l’attesa ( una ventina di minuti circa) passo a leggere i vari
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<DIV></DIV>>avvisi che sono esposti nella bacheca dell’hall. Uno, in particolare,
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<DIV></DIV>>richiama la mia attenzione. Il contenuto era più o meno questo:
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<DIV></DIV>>“è severamente vietato recarsi ai piani superiori in orario non
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<DIV></DIV>>stabilito. Colui che non rispetta questa regola verrà punito con la
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<DIV></DIV>>sospensione della concessione della carta telefonica”.
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<DIV></DIV>>Chiedo allo psicologo che attende con noi che senso abbia quell’avviso
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<DIV></DIV>>espresso in italiano e dai caratteri tipograficamente piccoli. Credo
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<DIV></DIV>>che necessariamente i minori incorrano in questa punizione per ovvi
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<DIV></DIV>>motivi.
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<DIV></DIV>>Vorrei capire bene il significato di tutto ciò. Vengo distratta da due
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<DIV></DIV>>ragazzini che infilano delle monete nel distributore automatico del
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<DIV></DIV>>caffè. Sono sorridenti, sembrano gli alunni della mia scuola nei minuti
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<DIV></DIV>>della ricreazione. Sono contenta di sentire anche un po’ di “chiasso”
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<DIV></DIV>>in quel momento anche se non mi piace quella forma
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<DIV></DIV>>di “occidentalizzazione” a cui assisto.
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<DIV></DIV>>Stiamo andando via e Niki Vendola saluta con tenerezza un’adolescente
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<DIV></DIV>>del centro.
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<DIV></DIV>>Peccato però che si tratta della giovane nipote della dottoressa!
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<DIV></DIV>>Rosanna Mazzarello, lecce social forum.
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<DIV></DIV>>Per qualsiasi informazione o aiuto tecnico: forumlecce-admin@???
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<DIV></DIV>>Home-page della lista: https://www.inventati.org/mailman/listinfo/forumlecce
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