[Lecce-sf] in cammino verso la rivolta

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Autore: csoa coppolarossa
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Vecchi argomenti: [Lecce-sf] la puglia firenze
Oggetto: [Lecce-sf] in cammino verso la rivolta
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In cammino verso la rivolta.Note laboratorio campano per la disobbedienza
sociale(parte I)
by laboratorio campano

Parte 1: dal campeggio noglobal alla nascita del laboratorio campano per la
disobbedienza sociale

Sono trascorsi ormai più di un mese dalla fine del campeggio "itinerante" di
S.Angelo a Scala e possiamo trarre un bilancio a "freddo" dell'iniziativa:
due facce in verità si mostrano sotto i nostri occhi.
Da una parte il campeggio formale, i problemi di gestione logistica, le
ritualità degli appuntamenti calendarizzati, dei dibattiti triti e ritriti
nei quali ognuno ha avuto la possibilità di esplicitare le sue doti oratorie
o le sue pazzie. Dall'altra le iniziative di lotta e di azione: Adelfia,
Terlizzi, Lanciano, Ariano Irpino...
Se nel primo caso ha trovato espressione la dimensione tradizionale del fare
politica antagonista, le difficoltà intrinseche del costruire aggregazione e
consenso sui binari precostituiti, la ruota che gira a vuoto perché non
trova aderenza con il terreno, nell'itinerarietà militante del campeggio
abbiamo verificato e sperimentato la possibilità/necessità di iscrivere una
nuova modalità di fare politica che, nell'immanenza del conflitto,
dell'azione diretta e disobbediente, costruiva le basi per un processo di
riconoscimento e aggregazione politica la cui articolazione per la prima
volta non ha trovato un tracciato ben definito da seguire, ma piuttosto un
sentiero tutto da inventare.
Così, insieme ai compagni e le compagne del centro sociale Coppolarossa,
abbiamo sperimentato la capacità di rompere, nel pacato clima estivo di un
paesetto di provincia, l'imperante pace sociale, sconquassando e incrinando
per due giorni l'ostilità delle istituzioni e l'indifferenza del tessuto
sociale. L'occupazione del comune di Adelfia, il blitz del giorno seguente
sul campanile del paese, hanno lasciato il segno tanto nella cittadinanza di
Adelfia, quanto nel tessuto militante dei compagni baresi: è cresciuta ed ha
trovato conferma nella sperimentazione concreta, la possibilità e la
necessità di costruire una dinamica di conflitto in grado di attraversare e
superare la dicotomia tra l'iniziativa di semplice sensibilizzazione sul
territorio (il presidio, la manifestazione pacifica, la raccolta firme,
l'assemblea cittadina, ecc...) e le pratiche dell'autolesionismo militante,
come quelle messe in campo in occasione del tentativo di sgombero dei primi
di agosto, con l'autodistruzione del centro sociale e il disperato scontro
impari con le forze dell'ordine.
E' proprio su questo crinale - ossia nella capacità di superare tale
dicotomia e tener dentro radicalizzazione del conflitto ed efficacia
dell'azione (in termini non solo di consenso sociale ma anche di pratica
dell'obiettivo) - che si posiziona la scelta di sottolineare e valorizzare
le pratiche della disobbedienza sociale.
Non un marchio doc, un etichetta da imprimere su mobilitazioni e conflitti
esistenti o da dispiegare, ma un indicazione di fondo sulla necessità di
forzare rispetto al repertorio tradizionale delle forme di azione
collettiva. Su questo chiaramente ci torneremo più avanti. Ma, oltre alla
sperimentazione di una pratica di disobbedienza sociale, il "laboratorio
Adelfia" ci ha insegnato molto anche dal punto di vista del metodo.
Infatti negli ultimi anni abbiamo spesso girato l'Italia e il mondo per
"fomentare" conflitto e sovversione sociale. Quasi sempre ci siamo trovati
"scaraventati" in situazioni di movimento e scadenze di lotta, dove il
percorso, i contenuti, le forme e le modalità di lotta erano già
prestabilite e, purtroppo, troppo spesso deprimenti dal punto di vista
militante (le innumerevoli marce e cortei senza un minimo di zizza): se è
pur vero che la prima e l'ultima parola spetta alle realtà che
quotidianamente lavorano sul territorio, resta in piedi il problema di un
coinvolgimento diretto di tutte le realtà rispetto alla gestione delle
mobilitazioni da mettere in campo collettivamente.
Ad Adelfia abbiamo collettivamente sperimentato un metodo innovativo da
seguire anche per il futuro: nessuno aveva la ricetta magica, il pacchetto
preconfezionato, gli ordini da impartire, il clique da seguire, ma è
attraverso il confronto costante e la discussione collettiva che si è
riusciti a costruire, in un continuo work-in-progress, la riuscita della due
giorni di difesa militante del coppolarossa, inventando, sperimentando e
rimpostando continuamente le azioni e la mobilitazione.
Sembrerà strano, ma l'esperienza ce l'ha insegnato, molte volte le cose
improvvisate ma compartecipate funzionano molto meglio delle iniziative
organizzate ma preconfezionate.
Adelfia quindi ha rappresentato per noi un'esperienza importante non solo
dal punto di vista politico (la difesa dell'unica esperienza di occupazione
e di autogestione che da cinque lunghi anni resiste in Puglia), ma anche dal
punto di vista della sperimentazione di un metodo originale e innovativo di
relazionalità orizzontale, sul quale abbiamo ancora sicuramente molto da
perfezionare e riposizionare rispetto le nostre "abitudini" quotidiane.
Dentro la due giorni in terra pugliese, abbiamo altresì colto l'intuizione
di metterci in movimento a trecentosessanta gradi: malgrado l'importanza
della mobilitazione in difesa del Coppolarossa abbiamo riempito un buco di
sei ore (tra l'occupazione del comune e l'assemblea in piazza) spostandoci a
trenta km da Adelfia, in un paese fino a quel momento sconosciuto nella
nostra cartografia del conflitto: Terlizzi. Quelle sei ore, non solo hanno
messo in campo la mobilitazione più incisiva e radicale degli ultimi mesi
nel nostro paese, ma hanno anche sconvolto le nostre convinzioni e i nostri
schemi tradizionali. La scelta di riposizionare il nostro agire politico su
un terreno specifico di valorizzazione delle pratiche di disobbedienza
sociale, se fino a quel momento erano inscritte in una vaga volontà
individuale e collettiva, dopo Terlizzi entra con urgenza nell'agenda
politica, determinando un'accellerazione anche nei termini politici della
costruzione di un laboratorio per la disobbedienza sociale nel meridione,
per fluidificare e accentuare le dinamiche della conflittualità sociale nei
nostri territori martoriati del sud italia in vista della nuova stagione di
lotta che ci apprestiamo ad attraversare.
Se negli ultimi anni il riemergere di vecchie incrostazioni ideologiche,
anche all'interno delle aree politiche a noi più vicine, ha rischiato di
fare delle soggettività antagoniste il tappo e non il volano rispetto al
dispiegamento di massa di pratiche di sovversione sociale, da parte nostra
abbiamo sempre con ostinazione attualizzato e rinnovato quel rovesciamento
della piramide leninista che ha caratterizzato e contraddistinto anche nei
decenni precedenti i percorsi dell'autonomia e dell'autorganizzazione
sociale: proprio da questo punto di vista va interpretata la "svolta di
Terlizzi", dove prende corpo, attraverso la concreta e materiale
sperimentazione sul campo, la necessità di dare vita "qui e ora" al
laboratorio per la disobbedienza sociale, nel solco della migliore
"tradizione" autonoma secondo la quale le determinazioni politiche prendono
forma e forza a partire dalle movenze sociali. Ma cerchiamo di analizzare i
tratti peculiari del Laboratorio Terlizzi e il perchè questi hanno sconvolto
i nostri assunti. Al principio si trattava, questa era la nostra percezione,
semplicemente di portare solidarietà al comitato cittadino in lotta contro
lo smantellamento dei servizi sanitari, a seguito del piano regionale di
riordino sanitario decretato dal presidente della Puglia, Raffaele Fitto,
per svender ulteriormente i servizi pubblici ai privati e mercificare ancor
più il diritto sacrosanto alla salute.
In verità, una serie di concause fortuite ed intuite hanno reso quella
giornata il momento più alto di ribellione popolare di questa torrida
estate. La nostra presenza da una parte, ma soprattutto l'esplosione della
rabbia popolare hanno costituito sinergia antagonista in grado non solo e
non tanto di porre sotto sequestro per oltre tre ore il presidente Fitto, ma
anche soprattutto di creare un meccanismo di insubordinazione popolare che
ha sconvolto in primo luogo noi stessi, presunti "professionisti"
dell'agitazione sociale.
Se è pur vero che per una coincidenza fortuita i cinquanta straccioni di cui
sopra si son trovati ad affettuare per primi il blocco delle auto del
presidente, tuttavia il vero valore aggiunto sono state le migliaia di
persone che hanno da subito dato man forte e assediato con i loro corpi le
auto e bloccato fisicamente l'intervento della celere, individuando
spontaneamente la possibilità/necessità di praticare una forma di
disobbedienza sociale in grado di essere realmente efficace sul piano del
consenso sociale e della pratica dell'obiettivo (in quel caso, impedire lo
svolgimento dell'ennesima passerella).
Ancora una volta, l'efficacia della mobilitazione si è venuta a misurare con
la capacità di superare in avanti la falsa dicotomia tra l'azione pacifica
di sensibilizzazione e testimonianza e iniziative di autolesionismo
militante: da diverse settimane infatti si susseguivano incessanti le
proteste popolari in ogni tappa del tour di Fitto, ma queste restavano
relegate a forme di mobilitazione pacifica e, troppo spesso, inconcludente.
Il senso d'impotenza, l'amaro in bocca che contrassegnava lo spirito con il
quale gli altri comitati di lotta lasciavano le piazze, a Terlizzi lasciava
il posto all'entusiasmo e alla soddisfazione di una protesta efficace e
vincente.
Non solo, ma ha sorpreso tutti la spontanea autodeterminazione popolare a
scegliere una pratica precisa e determinata di lotta: mille persone attorno
a quelle auto con le sirene dispiegate, i tentativi di carica respinti da un
blocco umano irremovibile, i tentativi falliti da parte di polizia, scorta e
Fitto stesso di ricercare durante quelle tre lunghissime ore un qualche
gesto sconsiderato di autolesionismo, per gridare all'aggressione, ordinare
il massacro...eppure il presidente era in quell'auto, circondato da una
folla furibonda, consapevole di non avere alcuna via d'uscita sia fisica che
politica. "Fitto a Terlizzi non deve parlare" era la parola d'ordine in
quelle ore, parola d'ordine che nei giorni successivi, a seguito del
tentativo di Fitto di strumentalizzare in negativo la nostra presenza
nell'assedio all'ospedale, si trasformerà in "se ci chiudete l'ospedale,
siamo tutti disobbedienti"!
Ma la tattica dell'assedio ha segnato un altro risultato politico rilevante:
la riproducibilità delle lotte e l'allargamento della mobilitazione, altra
dimensione cruciale delle pratiche della disobbedienza sociale.
Dopo il clamore suscitato dal sequestro del presidente Fitto,
l'inconsistenza della campagna di criminalizzazione operata dalle
istituzioni, il tour di Fitto si è trasformato in un calvario senza fine:
ogni paese, ogni città, ogni tappa è stata contrassegnata da mobilitazioni
di massa, quest'operazione di immagine e marketing pianificata da Fitto (che
sfacciatamente pretendeva di spiegare alle popolazioni locali perché era
giusto chiudergli gli ospedali e i servizi sanitari) si trasforma in un
boomerang, proteste e indignazione aumenta su tutti i fronti, i suoi alleati
chiedono di rivedere il piano di riordino sanitario, la carriera del più
giovane governatore compromessa sul nascere. La pericolosità del
"laboratorio Terlizzi", di quel cocktail ad alta concentrazione sovversiva,
viene compresa anche dalle istituzioni e dagli apparati repressivi: il
giorno seguente, il ministro degli Interni in vacanza ad Alghero convoca
d'urgenza il capo della Polizia De Gennaro, per discutere del problema di
questo "gruppo di estremisti facinorosi che dalla Campania si muovono
impunemente, seminando tensioni e incidenti". Ma la questione non è facile
dal loro punto di vista: la magistratura ha aperto un'inchiesta ma non c'è
nessun gruppo di professionisti della protesta che cala dall'altro e
determina un innalzamento del livello del conflitto sociale. L'azione è
condotta sinergicamente dai compagni di Terlizzi, dagli infermieri che
rischiano il licenziamento, dall'anziano ammalato, dai disobbedienti
campani, dalle signore del paese. Finanche i giovani comunisti di Terlizzi,
che sono stati poi il motore organizzativo della protesta, scelgono il
terreno del "mimetismo" sociale, abbandonando la nefasta tendenza a mettere
cappelli e bandierine sulle lotte e le proteste sociali. In questa sinergia
va riscoperta e reimpostata una corretta dialettica tra spontaneità e
(auto)organizzazione, in grado di rompere l'impianto piramidale di cui con
difficoltà noi stessi riusciamo a scrostrarci, attraverso una rinvigorita
capacità di mettersi in movimento, nella consapevolezza che noi "militonti
politici" abbiamo molto da insegnare ma ancor più da apprendere dai
sommovimenti sociali che irrompono nei territori, nella società.
Sulla base di quest'esigenza nasce il percorso della disobbedienza, nella
sua capacità di mettersi in discussione continuamente, mettere in
discussione sé stessi e le proprie cartografie del conflitto sociale, perché
probabilmente in Puglia come in ogni altro paese, gli elementi dinamici di
sovversione di venti anni orsono oggi non lo sono più, allora devi ricercare
i valloni dove scorrono i nuovi torrenti della sovversione sociale,
ridisegnare le nuove mappe.
Una ricerca continua e dinamica, nella quale al bisogno tradizionale della
perimetrazione si sostituisca una dinamica di autosviluppo propulsivo in
grado di rompere quelle dighe artificiali che tentano di inglobare le acque
dei torrenti in putridi stagni.
In questo la ricerca costante del confronto orizzontale, reticolare, dove i
pezzi della rete non siano tentacoli atrofizzati di un soggetto che invoca e
ricerca "egemonia", ma pezzi versatili, intercambiabili, dinamici.
Da qui lo sforzo di ridisegnare la nostra cartografia di riferimento, a
partire non da indicatori di appartenenza bensì sugli indicatori di
conflittualità sociale, senza quindi pacchetti ereditati o preconfezionati:
questo ci ha permesso di rapportarci in modo laico con chi avvertiva questa
stessa necessità e scoprire il carattere insorgente di quella Puglia
sovversiva che oggi, per noi, ha almeno due nuovi capo-luoghi della
sovversione sociale: Terlizzi e Adelfia.
Ma il nostro camminare domandandoci ci ha ricondotto dopo pochi giorni di
nuovo oltre S.Angelo a Scala, in cammino verso chi, finanche nel pieno clima
estivo, rivendicava la necessità di praticare percorsi di
antifascismo militante. A Lanciano era convocata la festa di Forza Nuova.
Un appello in internet del Lanciano Social Forum chiamava a raccolta gli
antifascisti il 24 agosto. Non sapevamo minimamente chi si celava dietro
questa sigla, così usata e abusata in questo anno politico a destra e manca,
ma l'esperienza pugliese era lì a spiegarci che non era quella la domanda,
il problema da porci. Arriviamo nella piazza del concentramento antifascista
in corteo, i soliti 50 straccioni, accolti dai compagni di Lanciano quasi
come i liberatori.
Insieme sfiliamo per le strade della città piene di gente, con i compagni
del luogo con le lacrime agli occhi per la riuscita del corteo, ma quando
arriviamo alle transenne che delimitano la zona rossa, l'accesso alla piazza
dove Fiore in quel momento parlava, noi non ci fermiamo. Sono pochi momenti
di tensione, la polizia prima tenta di contenerci poi sfodera i manganelli;
i promotori del corteo avevano chiesto di mantenere una dimensione pacifica
del corteo, non si è creata - come invece è stato ad Adelfia - una
costruzione collettiva per cui desistiamo immediatamente dallo scontro in
piazza. Ma quel poco è bastato perché gli attivisti locali mettessero da
parte i loro dubbi e le loro paure. Visti gli spiacevoli imprevisti, Forza
Nuova abilmente l'anno prossimo cambierà sede per la sua festa. Ma noi lì ci
riconvocheremo.
Da diverse settimane, ben prima dell'inizio del campeggio, veniamo
contattati da alcuni attivisti dei comitati di lotta sorti in Irpinia a
seguito della gestione criminale e criminosa dell'emergenza rifiuti in
provincia di Avellino, ma più in generale nella regione Campania.
Il quadro che ci delineano i compagni di Tufino, di Ariano, di Avellino, è a
dir poco drammatico, ma ancor più drammatico è la nostra ignoranza e
indifferenza mostrata fino a quel momento rispetto ad un'emergenza sociale
di proporzioni assurde che prende forma proprio sui nostri territori.
Per troppo tempo abbiamo osservato passivamente, attraverso
l'interpretazione distorta dei mass-media, l'esplosione di forme anche
radicali di protesta e sollevazione popolare in tanti comuni della nostra
regione.
Spesso l'ignoranza in materia, invece di stimolare la conoscenza del
problematica e l'interazione con queste espressione di mobilitazione
popolare (o ancor peggio proprio per nascondere la nostra ignoranza e
indifferenza), ci ha portato in passato ad etichettare questi movimenti
come esasperatamente localistici, quelli che gli studiosi inglesi
etichettano come i movimenti Nimby ("Not in my garden"): l'inceneritore, la
discarica, il cdr, vanno bene, basta che non si facciano vicino casa mia.
In verità, basta una conoscenza anche minima del problema per comprendere
come una battaglia rispetto alla gestione neoliberista del ciclo dei rifiuti
(ancor più riguardo la gestione del ciclo delle acque ove siamo ancor più
"deficienti") assuma di per sé, oggettivamente, un carattere di radicalità e
incompatibilità rispetto al sistema capitalista, molto più di quanto -
malgrado i nostri sforzi soggettivi - riescano a fare le battaglie sui
terreni tradizionali nei quali da anni ci muoviamo e si muovono i movimenti
di lotta sul nostro territorio.
Ecco quindi, come in Puglia anche in Irpinia, riscopriamo il carattere
rivoluzionario del metodo, umile ma efficace, del camminare domandando,
della ricerca costante, negli afflati materiali del conflitto sociale,
degli elementi di un programma, di una progettualità antagonista in grado di
articolare, immaginare e costruire concretamente un altro mondo possibile.
In questo la riscoperta del ruolo della militanza, intesa non più come
sacrificio quotidiano dell'interte riproposizione eterna di strategie,
pratiche e linguaggi che progressivamente si allontanano dalla realtà (e in
tale allontanamento non trovano elementi per rinnovarsi ma piuttosto si
atrofizzano), ma invece militanza come il piacere di sperimentare, scoprire
e conquistare le nuove frontiere dell'antagonismo, avventurarsi nelle nuove
storie e nelle inedite geografie del conflitto sociale.
Ai profeti della "tradizione" comunista e rivoluzionaria, alle
autoproclamate avanguardie e alle loro verità in tasca, lasciamo volentieri
il compito di convertire le masse, di illuminare la strada, in un percorso
sempre più simile alla definizione sociologica di setta religiosa.
Noi ci accontentiamo, giorno dopo giorno, di cartografare le forme e i
contenuti reali del conflitto sociale di questo squarcio di inizio secolo.
Ed è con questo spirito che ci siamo incamminati nelle sperdute lande
dell'Alta Irpinia, con l'intento di bloccare per un giorno quell'immensa
montagna di immondizia che nel bel mezzo dei prati verdi, si innalza
imponente, con il suo feto inconfondibile.
La non è un problema di deturpamento del panorama e degli odori campestri: è
il problema di una terra avvelenata ormai fin dentro le viscere, nelle falde
acquifere, nei campi coltivati e nei suoi prodotti.
Un terra devastata, con centinaia di mucche "pazze" che brulicavano a poche
decine di metri dalla discarica, con gli attivisti del locale comitato
contro la discarica che drammaticamente ci facevano presente che ognuno di
loro ha almeno un parente, un figlio, un genitore morto per tumore, oppure
che gli restano pochi mesi di vita, e tutto a causa di quella fottuta
discarica.
Alla militarizzazione della discarica, abbiamo risposto riposizionando la
nostra azione a poche centinaia di metri, nella fabbrica dei veleni
della'ex-smae, un' industria di smaltimento rifiuti tossici speciali
rilevata dalla ItalRecuperi, il cui proprietario è pluripregiudicato per la
sua attività imprenditoriale che disbriga normalmente disseminando scorie e
veleni vari nelle terre di ignari contadini, a Latina come nel casertano.
Mancava solo l'ok dell'assessorato comunale (il cui cognato era entrato
"casualmente" nel consiglio di amministrazione dell'azienda) per il
rilascio delle ultime concessioni per la riattivazione della fabbrica, ma lo
smontaggio militante, l'azione di sabotaggio, ha fatto saltare tutto; non
solo gli svariati milioni di danni all'impianto elettrico, ai macchinari, ma
anche perché ormai la pentola era stata scoperchiata e la successiva azione
di denuncia del comitato locale ha permesso nel giro di pochi giorni di
chiudere la partita: niente concessioni, niente riapertura, ora sul tavolo
c'è la bonifica totale della zona!!
Ad Ariano, come a Terlizzi, il giorno seguente una grande assemblea
pubblica si conclude con una voce unica: "siamo tutti noglobal" e la
cacciata dei soliti pompieri, quelli che per giorni avevano terrorizzato il
comitato locale sul presunto carattere violento e terroristico delle
eventuali azioni coordinate con i noglobal. Non solo.. ma la dimensione
cruciale della disobbedienza, cioè la sua riproducibilità e allargamento, ha
messo in moto un processo virtuoso per cui anche in Molise attivisti del
movimento hanno preso di mira l'Italrecuperi del luogo, con azioni di lotta
praticate e rivendicate nel solco della disobbedienza sociale!
Con la chiusura del campeggio due drammatici avvenimenti ci scaraventano in
un baleno nel cuore della drammaticità della vita quotidiana nelle nostre
terre: l'assassinio di Bernardo Romano e la strage di profughi kurdi a
Mirabella Eclano.
Dinanzi a questi scenari drammatici riemerge la necessità di spingere
avanti sul terreno del radicamento e dell'internità nei soggetti sociali che
vivono sulla loro pelle il livello più crudele della barbarie neoliberista,
gli ultimi anelli di un'assurda catena darwiniana che incrocia la sua coda
con l'imprescindibilità della miseria e finanche della morte.
I due avvenimenti ci hanno segnato nell'immediato, con una rincorsa
precipitosa per trovare forme e modi per spiegare come, in entrambi i casi,
non si sia trattato di una fatalità casuale, ma di un premeditato
assassinio, di una strage pianificata che va avanti da troppo tempo senza
nemmeno troppo clamore.
Quanti cosiddetti "suicidi" si succedono ogni giorno, a causa
dell'emarginazione e della precarietà? Quanti cadaveri giacciono sul fondo
del canale di Otranto, del Canale di Sicilia?
Non è un caso che ci ritroviamo il giorno seguente con i movimenti dei
disoccupati nella chiesa del Gesù nuovo, per un'occupazione simbolica ma che
stavolta ha l'obiettivo non solo e non tanto di sollecitare i tavoli e le
controparti, ma per gridare la nostra rabbia contro l'omicidio di Bernardo
Romano. E non è un caso che restiamo sbigottiti dinanzi alla scelta dei
movimenti di sfilare fino alla Regione Campania il giorno dei funerali di
Bernardo Romano, quando altre strutture dei disoccupati invece sceglieranno
di essere presenti per gridare in faccia agli assassini seduti tra i banchi
della chiesa, la loro rabbia.
Migranti, disoccupati, sfrattati, un lumen proletariat che non può essere
inteso, come i Grandi Maestri del Comunismo ci insegnano, come la
putrescenza passiva del capitalismo, parassiti che oggi infiammano le piazze
e domani invocano il dittatore.
La dimensione contemporanea del nostro meridione, impone necessariamente la
fuoriuscita dalla tradizione marxiana, per sperimentare la
possibilità/necessità di mettere insieme le vecchie e nuove forme della
precarizzazione sociale, assumere l'emarginazione sociale come categoria
politica sulla quale fare leva non solo per rimediare alle disfunzioni più
evidenti di un sistema sociale centrifugo, che continua a "buttar fuori"
milioni di persone, ma anche e soprattutto per articolare processi di
aggregazione e conflittualità dispiegata in grado, a partire dai bisogni
immediati, di ricostruire quel concatenamento necessario verso la
complessiva trasformazione dello stato di cose presenti. In questa
dimensione, centralità e omogeneità possibili di soggetti antagonista non
sono più rintracciabili, ancor meno nel posizionamento all'interno dei
processi produttivi: nemmeno la distinzione tra precarietà e precarizzazione
(dove alle parzialità della prima si sostituisce invano la genericità della
seconda) ci può aiutare da questo punto di vista ad imporre "con la forza"
la vecchia toponomastica di classe alle nuove movenze sociali.
A partire dalla specificità dei nostri territori, dobbiamo invece
approfondire la dicotomia tra inclusione/esclusione sociale, per delineare
il possibile campo di azione nei termini della riappropriazione dei diritti
negati, calpestati e repressi.
Non si tratta della riscoperta, in chiave marcusiana, del carattere
rivoluzionario dell'emarginazione sociale, né tantomeno di un ritorno al
neocittadinismo "borghese", perché la questione della riappropriazione dei
diritti elementari di cittadinanza ha una prospettiva diversa a seconda
della sua precipitazione materiale.
Una cosa sono gli atenei tedeschi sul finire degli anni sessanta, altra
cosa sono i salottini francesi, altra ancora il degrado urbano della
periferia e della cintura metropolitana di Napoli.
Il sud è questo e da questo punto di vista si deve partire, dalla
materialità quotidiana e non certo dalla trasposizione di interpretazioni
teoriche forgiate in altri contesti o, peggio ancora, in altre epoche ormai
lontane.
Perché se è vero che i processi contemporanei si muovo ad una velocità
impressionante, se è vero che le dinamiche di sviluppo si muovono secondo
geometrie variabili, se la disomogeneità è diventato l'unico elemento
omogeneo della contemporaneità, dobbiamo misurarci con queste variabili,
leggere, interpretarle e decodificarle continuamente, per sfuggire alle
fatiche di Sisifo che troppe energie hanno dissipato in questi anni,
nell'assurdo sforzo di imporre le nostre idee e categorie ad un contesto
sociale che muta continuamente ad una velocità impressionante.
E' in questo il carattere rivoluzionario del camminare domandandosi, della
sperimentazione come categoria dialettica che insegue la realtà nel
tentativo di decifrarla e trasformarla nel concreto della materialità del
conflitto sociale.
Abbiamo mappe e bussole che i nostri posteri ci hanno consegnato, con
questo abbiamo navigato spesso in questi anni ma con difficoltà siamo
riusciti ad approdare in lidi ameni : eppure, malgrado il mare in tempesta e
la sensazione di girare a vuoto, non abbiamo mai messo in discussione queste
mappe, che in fin dei conti ti consegnavano un senso di sicurezza e
rassicurazione.
Poi finalmente, travolti dai venti di Seattle, siamo stati travolti da una
tempesta rigeneratrice e nel dolce naufragare abbiamo ritrovato una bussola
strana, ancora tutta da decifrare, ma che nella sua approssimazione comunque
definiva e delineava all'orizzonte una terra dove attraccare, quell'altro
mondo possibile tutto da inventare, ma che in ogni caso dava il senso della
traversata.
Seattle a Napoli significa il 17 marzo, significa una moltitudine di 30.000
persone in cammino che fino allora, ma anche dopo, difficilmente eravamo
stati in grado di intercettare.
Il vento di una potenza sociale che non nasce dal nulla, ma si sviluppa
anche e soprattutto a partire dalla capacità di rinnovare pratiche e
linguaggi, di rompere gli schemi e i perimetri definiti: queste innovazioni
ci hanno permesso di metterci in relazione con quell'immenso portato di
antagonismo sociale che durante il global forum ha messo in campo
l'esperienza più feconda di sovversione sociale nella nostra città.
Per la prima volta a rompere irrompe nel contesto metropolitano un nuovo
soggetto che è l'insieme di tanti soggetti, un movimento che è l'insieme di
tanti movimenti: per la prima volta non solo e non tanto i movimenti di
lotta per la riappropriazione dei diritti negati scuotono nelle fondamenta
il quadro politico locale e nazionale a partire da pratiche dispiegate di
conflittualità e antagonismo sociale.
Il laboratorio della disobbedienza sociale nasce proprio in quelle
giornate, nasce dalla necessità e dalla consapevolezza che i movimenti
tradizionalmente definiti possono configurarsi non più come i terminali
finali di un conflitto endemico e sussumibile dentro una funzionalità
omeostatica, ma piuttosto assumere il ruolo di vettore di riproducibilità ed
estensione delle pratiche di sovversione sociale.
In questa consapevolezza, riscopriamo l'entusiasmo di rompere la tradizione
e la particolare inadeguatezza delle esperienze consolidate
dell'autorganizzazione sociale nella nostra città: per troppo tempo
avvitate intorno a sé, conchiuse in una dimensione di auto ed etero
ghettizzazione sociale, i nostri percorsi per la prima volta si trovano a
fare i conti con una dimensione dispiegata di condivisione e aggregazione "a
termine".
L'esperimento global forum, con la nascita dell'esperienza della rete
noglobal, sembra per la prima volta mettere in moto un meccanismo di
estensione reticolare delle pratiche di lotta e di conflittualità sul
nostro territorio.
Sono molti gli elementi innovativi che apprendiamo nel corso di questo
dolce naufragare, nella costruzione e nella (auto)gestione del prima,
durante e dopo il global forum.
In primo luogo, da parte nostra, si mette in discussione e si rompere il
principio assurdo dell'autosufficienza, che per troppi anni ha stimolato e
alimentato pratiche esasperate e deleterie di autoemarginazione
politico-sociale: su questa direttrice si disgelano altri due valori cardine
innervati nella costruzione della nuova bussola: il valore della differenza
e della contaminazione.
In altre parole, scopriamo il valore della differenza intesa non più come
limite da appianare e superare, anche a costo di estenuanti sintesi al
ribasso o ancor peggio di espulsioni e tracciamenti, ma piuttosto come
elemento positivo da mettere a valore. Di qui il valore fondante della
contaminazione, della capacità di mettere insieme e non assieme, in una
sintesi che non sia la semplice sommatoria, ma un risultato inedito, dove
uno più uno non fa due, ma tre.


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<BODY>
<DIV><FONT color=3D#0000ff face=3DArial size=3D2>In cammino verso la =
rivolta.Note=20
laboratorio campano per la disobbedienza sociale(parte I) <BR>by =
laboratorio=20
campano&nbsp; </FONT></DIV>
<DIV>&nbsp;</DIV>
<DIV><FONT color=3D#0000ff face=3DArial size=3D2>Parte 1: dal campeggio =
noglobal alla=20
nascita del laboratorio campano per la disobbedienza sociale =
</FONT></DIV>
<DIV>&nbsp;</DIV>
<DIV><FONT color=3D#0000ff face=3DArial size=3D2>Sono trascorsi ormai =
pi=F9 di un mese=20
dalla fine del campeggio "itinerante" di S.Angelo a Scala e possiamo =
trarre un=20
bilancio a "freddo" dell'iniziativa: due facce in verit=E0 si mostrano =
sotto i=20
nostri occhi. <BR>Da una parte il campeggio formale, i problemi di =
gestione=20
logistica, le ritualit=E0 degli appuntamenti calendarizzati, dei =
dibattiti triti e=20
ritriti nei quali ognuno ha avuto la possibilit=E0 di esplicitare le sue =
doti=20
oratorie o le sue pazzie. Dall'altra le iniziative di lotta e di azione: =

Adelfia, Terlizzi, Lanciano, Ariano Irpino... <BR>Se nel primo caso ha =
trovato=20
espressione la dimensione tradizionale del fare politica antagonista, le =

difficolt=E0 intrinseche del costruire aggregazione e consenso sui =
binari=20
precostituiti, la ruota che gira a vuoto perch=E9 non trova aderenza con =
il=20
terreno, nell'itinerariet=E0 militante del&nbsp; campeggio abbiamo =
verificato e=20
sperimentato la possibilit=E0/necessit=E0 di iscrivere una nuova =
modalit=E0 di fare=20
politica che, nell'immanenza del conflitto, dell'azione diretta e =
disobbediente,=20
costruiva le basi per un processo di riconoscimento e aggregazione =
politica la=20
cui articolazione per la prima volta non ha trovato un tracciato ben =
definito da=20
seguire, ma piuttosto un sentiero tutto da inventare. <BR>Cos=EC, =
insieme ai=20
compagni e le compagne del centro sociale Coppolarossa, abbiamo =
sperimentato la=20
capacit=E0 di rompere, nel pacato clima estivo di un paesetto di =
provincia,=20
l'imperante pace sociale, sconquassando e incrinando per due giorni =
l'ostilit=E0=20
delle istituzioni e l'indifferenza del tessuto sociale. L'occupazione =
del comune=20
di Adelfia, il blitz del giorno seguente sul campanile del paese, hanno =
lasciato=20
il segno tanto nella cittadinanza di Adelfia, quanto nel tessuto =
militante dei=20
compagni baresi: =E8 cresciuta ed ha trovato conferma nella =
sperimentazione=20
concreta, la possibilit=E0 e la necessit=E0 di costruire una dinamica di =
conflitto=20
in grado di attraversare e superare la dicotomia tra l'iniziativa di =
semplice=20
sensibilizzazione sul territorio (il presidio, la manifestazione =
pacifica, la=20
raccolta firme, l'assemblea cittadina, ecc...) e le pratiche =
dell'autolesionismo=20
militante, come quelle messe in campo in occasione del tentativo di =
sgombero dei=20
primi di agosto, con l'autodistruzione del centro sociale e il disperato =
scontro=20
impari con le forze dell'ordine. <BR>E' proprio su questo crinale - =
ossia nella=20
capacit=E0 di superare tale dicotomia e tener dentro radicalizzazione =
del=20
conflitto ed efficacia dell'azione (in termini non solo di consenso =
sociale ma=20
anche di pratica dell'obiettivo) - che si posiziona la scelta di =
sottolineare e=20
valorizzare le pratiche della disobbedienza sociale. <BR>Non un marchio =
doc, un=20
etichetta da imprimere su mobilitazioni e conflitti esistenti o da =
dispiegare,=20
ma un indicazione di fondo sulla necessit=E0 di forzare rispetto al =
repertorio=20
tradizionale delle forme di azione collettiva. Su questo chiaramente ci=20
torneremo pi=F9 avanti. Ma, oltre alla sperimentazione di una pratica di =

disobbedienza sociale, il "laboratorio Adelfia" ci ha insegnato molto =
anche dal=20
punto di vista del metodo. <BR>Infatti negli ultimi anni abbiamo spesso =
girato=20
l'Italia e il mondo per "fomentare" conflitto e sovversione sociale. =
Quasi=20
sempre ci siamo trovati "scaraventati" in situazioni di movimento e =
scadenze di=20
lotta, dove il percorso, i contenuti, le forme e le modalit=E0 di lotta =
erano gi=E0=20
prestabilite e, purtroppo, troppo spesso deprimenti dal punto di vista =
militante=20
(le innumerevoli marce e cortei senza un minimo di zizza): se =E8 pur =
vero che la=20
prima e l'ultima parola spetta alle realt=E0 che quotidianamente =
lavorano sul=20
territorio, resta in piedi il problema di un coinvolgimento diretto di =
tutte le=20
realt=E0 rispetto alla gestione delle mobilitazioni da mettere in campo=20
collettivamente. <BR>Ad Adelfia abbiamo collettivamente sperimentato un =
metodo=20
innovativo da seguire anche per il futuro: nessuno aveva la ricetta =
magica, il=20
pacchetto preconfezionato, gli ordini da impartire, il clique da =
seguire, ma =E8=20
attraverso il confronto costante e la discussione collettiva che si =E8 =
riusciti a=20
costruire, in un continuo work-in-progress, la riuscita della due giorni =
di=20
difesa militante del coppolarossa, inventando, sperimentando e =
rimpostando=20
continuamente le azioni e la mobilitazione. <BR>Sembrer=E0 strano, ma =
l'esperienza=20
ce l'ha insegnato, molte volte le cose improvvisate ma compartecipate =
funzionano=20
molto meglio delle iniziative organizzate ma preconfezionate. =
<BR>Adelfia quindi=20
ha rappresentato per noi un'esperienza importante non solo dal punto di =
vista=20
politico (la difesa dell'unica esperienza di occupazione e di =
autogestione che=20
da cinque lunghi anni resiste in Puglia), ma anche dal punto di vista =
della=20
sperimentazione di un metodo originale e innovativo di relazionalit=E0=20
orizzontale, sul quale abbiamo ancora sicuramente molto da perfezionare =
e=20
riposizionare rispetto le nostre "abitudini" quotidiane. <BR>Dentro la =
due=20
giorni in terra pugliese, abbiamo altres=EC colto l'intuizione di =
metterci in=20
movimento a trecentosessanta gradi: malgrado l'importanza della =
mobilitazione in=20
difesa del Coppolarossa abbiamo riempito un buco di sei ore (tra =
l'occupazione=20
del comune e l'assemblea in piazza) spostandoci a trenta km da Adelfia, =
in un=20
paese fino a quel momento sconosciuto nella nostra cartografia del =
conflitto:=20
Terlizzi. Quelle sei ore, non solo hanno messo in campo la mobilitazione =
pi=F9=20
incisiva e radicale degli ultimi mesi nel nostro paese, ma hanno anche =
sconvolto=20
le nostre convinzioni e i nostri schemi tradizionali. La scelta di =
riposizionare=20
il nostro agire politico su un terreno specifico di valorizzazione delle =

pratiche di disobbedienza sociale, se fino a quel momento erano =
inscritte in una=20
vaga volont=E0 individuale e collettiva, dopo Terlizzi entra con urgenza =

nell'agenda politica, determinando un'accellerazione anche nei termini =
politici=20
della costruzione di un laboratorio per la disobbedienza sociale nel =
meridione,=20
per fluidificare e accentuare le dinamiche della conflittualit=E0 =
sociale nei=20
nostri territori martoriati del sud italia in vista della nuova stagione =
di=20
lotta che ci apprestiamo ad attraversare. <BR>Se negli ultimi anni il =
riemergere=20
di vecchie incrostazioni ideologiche, anche all'interno delle aree =
politiche a=20
noi pi=F9 vicine, ha rischiato di fare delle soggettivit=E0 antagoniste =
il tappo e=20
non il volano rispetto al dispiegamento di massa di pratiche di =
sovversione=20
sociale, da parte nostra abbiamo sempre con ostinazione attualizzato e =
rinnovato=20
quel rovesciamento della piramide leninista che ha caratterizzato e=20
contraddistinto anche nei decenni precedenti i percorsi dell'autonomia e =

dell'autorganizzazione sociale: proprio da questo punto di vista va =
interpretata=20
la "svolta di Terlizzi", dove prende corpo, attraverso la concreta e =
materiale=20
sperimentazione sul campo, la necessit=E0 di dare vita "qui e ora" al =
laboratorio=20
per la disobbedienza sociale, nel solco della migliore "tradizione" =
autonoma=20
secondo la quale le determinazioni politiche prendono <BR>forma e forza =
a=20
partire dalle movenze sociali. Ma cerchiamo di analizzare i tratti =
peculiari del=20
Laboratorio Terlizzi e il perch=E8 questi hanno sconvolto i nostri =
assunti. Al=20
principio si trattava, questa era la nostra percezione, semplicemente di =
portare=20
solidariet=E0 al comitato cittadino in lotta contro lo smantellamento =
dei servizi=20
sanitari, a seguito del piano regionale di riordino sanitario decretato =
dal=20
presidente della Puglia, Raffaele Fitto, per svender ulteriormente i =
servizi=20
pubblici ai privati e mercificare ancor pi=F9 il diritto sacrosanto alla =
salute.=20
<BR>In verit=E0, una serie di concause fortuite ed intuite hanno reso =
quella=20
giornata il momento pi=F9 alto di ribellione popolare di questa torrida =
estate. La=20
nostra presenza da una parte, ma soprattutto l'esplosione della rabbia =
popolare=20
hanno costituito sinergia antagonista in grado non solo e non tanto di =
porre=20
sotto sequestro per oltre tre ore il presidente Fitto, ma anche =
soprattutto di=20
creare un meccanismo di insubordinazione popolare che ha sconvolto in =
primo=20
luogo noi stessi, presunti "professionisti" dell'agitazione sociale. =
<BR>Se =E8=20
pur vero che per una coincidenza fortuita i cinquanta straccioni di cui =
sopra si=20
son trovati ad affettuare per primi il blocco delle auto del presidente, =

tuttavia il vero valore aggiunto sono state le migliaia di persone che =
hanno da=20
subito dato man forte e assediato con i loro corpi le auto e bloccato=20
fisicamente l'intervento della celere, individuando spontaneamente la=20
possibilit=E0/necessit=E0 di praticare una forma di disobbedienza =
sociale in grado=20
di essere realmente efficace sul piano del consenso sociale e della =
pratica=20
dell'obiettivo (in quel caso, impedire lo svolgimento dell'ennesima =
passerella).=20
<BR>Ancora una volta, l'efficacia della mobilitazione si =E8 venuta a =
misurare con=20
la capacit=E0 di superare in avanti la falsa dicotomia tra l'azione =
pacifica di=20
sensibilizzazione e testimonianza e iniziative di autolesionismo =
militante: da=20
diverse settimane infatti si susseguivano incessanti le proteste =
popolari in=20
ogni tappa del tour di Fitto, ma queste restavano relegate a forme di=20
mobilitazione pacifica e, troppo spesso, inconcludente. Il senso =
d'impotenza,=20
l'amaro in bocca che contrassegnava lo spirito con il quale gli altri =
comitati=20
di lotta lasciavano le piazze, a Terlizzi lasciava il posto =
all'entusiasmo e=20
alla soddisfazione di una protesta efficace e vincente. <BR>Non solo, ma =
ha=20
sorpreso tutti la spontanea autodeterminazione popolare a scegliere una =
pratica=20
precisa e determinata di lotta: mille persone attorno a quelle auto con =
le=20
sirene dispiegate, i tentativi di carica respinti da un blocco umano=20
irremovibile, i tentativi falliti da parte di polizia, scorta e Fitto =
stesso di=20
ricercare durante quelle tre lunghissime ore un qualche gesto =
sconsiderato di=20
autolesionismo, per gridare all'aggressione, ordinare il =
massacro...eppure il=20
presidente era in quell'auto, circondato da una folla furibonda, =
consapevole di=20
non avere alcuna via d'uscita sia fisica che politica. "Fitto a Terlizzi =
non=20
deve parlare" era la parola d'ordine in quelle ore, parola d'ordine che =
nei=20
giorni successivi, a seguito del tentativo di Fitto di strumentalizzare =
in=20
negativo la nostra presenza nell'assedio all'ospedale, si trasformer=E0 =
in "se ci=20
chiudete l'ospedale, siamo tutti disobbedienti"! <BR>Ma la tattica =
dell'assedio=20
ha segnato un altro risultato politico rilevante: la riproducibilit=E0 =
delle lotte=20
e l'allargamento della mobilitazione, altra dimensione cruciale delle =
pratiche=20
della disobbedienza sociale. <BR>Dopo il clamore suscitato dal sequestro =
del=20
presidente Fitto, l'inconsistenza della campagna di criminalizzazione =
operata=20
dalle istituzioni, il tour di Fitto si =E8 trasformato in un calvario =
senza fine:=20
ogni paese, ogni citt=E0, ogni tappa =E8 stata contrassegnata da =
mobilitazioni di=20
massa, quest'operazione di immagine e marketing pianificata da Fitto =
(che=20
sfacciatamente pretendeva di spiegare alle popolazioni locali perch=E9 =
era giusto=20
chiudergli gli ospedali e i servizi sanitari) si trasforma in un =
boomerang,=20
proteste e indignazione aumenta su tutti i fronti, i suoi alleati =
chiedono di=20
rivedere il piano di riordino sanitario, la carriera del pi=F9 giovane =
governatore=20
compromessa sul nascere. La pericolosit=E0 del "laboratorio Terlizzi", =
di quel=20
cocktail ad alta concentrazione sovversiva, viene compresa anche dalle=20
istituzioni e dagli apparati repressivi: il giorno seguente, il ministro =
degli=20
Interni in vacanza ad Alghero convoca d'urgenza il capo della Polizia De =

Gennaro, per discutere del problema di questo "gruppo di estremisti =
facinorosi=20
che dalla Campania si muovono impunemente, seminando tensioni e =
incidenti". Ma=20
la questione non =E8 facile dal loro punto di vista: la magistratura ha =
aperto=20
un'inchiesta ma non c'=E8 nessun gruppo di professionisti della protesta =
che cala=20
dall'altro e determina un innalzamento del livello del conflitto =
sociale.=20
L'azione =E8 condotta sinergicamente dai compagni di Terlizzi, dagli =
infermieri=20
che rischiano il licenziamento, dall'anziano ammalato, dai disobbedienti =

campani, dalle signore del paese. Finanche i giovani comunisti di =
Terlizzi, che=20
sono stati poi il motore organizzativo della protesta, scelgono il =
terreno del=20
"mimetismo" sociale, abbandonando la nefasta tendenza a mettere cappelli =
e=20
bandierine sulle lotte e le proteste sociali. In questa sinergia va =
riscoperta e=20
reimpostata una corretta dialettica tra spontaneit=E0 e =
(auto)organizzazione, in=20
grado di rompere l'impianto piramidale di cui con difficolt=E0 noi =
stessi=20
riusciamo a scrostrarci, attraverso una rinvigorita capacit=E0 di =
mettersi in=20
movimento, nella consapevolezza che noi "militonti politici" abbiamo =
molto da=20
insegnare ma ancor pi=F9 da apprendere dai sommovimenti sociali che =
irrompono nei=20
territori, nella societ=E0. <BR>Sulla base di quest'esigenza nasce il =
percorso=20
della disobbedienza, nella sua capacit=E0 di mettersi in discussione=20
continuamente, mettere in discussione s=E9 stessi e le proprie =
cartografie del=20
conflitto sociale, perch=E9 probabilmente in Puglia come in ogni altro =
paese, gli=20
elementi dinamici di sovversione di venti anni orsono oggi non lo sono =
pi=F9,=20
allora devi ricercare i valloni dove scorrono i nuovi torrenti della =
sovversione=20
sociale, ridisegnare le nuove mappe. <BR>Una ricerca continua e =
dinamica, nella=20
quale al bisogno tradizionale della perimetrazione si sostituisca una =
dinamica=20
di autosviluppo propulsivo in grado di rompere quelle dighe artificiali =
che=20
tentano di inglobare le acque dei torrenti in putridi stagni. <BR>In =
questo la=20
ricerca costante del confronto orizzontale, reticolare, dove i pezzi =
della rete=20
non siano tentacoli atrofizzati di un soggetto che invoca e ricerca =
"egemonia",=20
ma pezzi versatili, intercambiabili, dinamici. <BR>Da qui lo sforzo di=20
ridisegnare la nostra cartografia di riferimento, a <BR>partire non da=20
indicatori di appartenenza bens=EC sugli indicatori di =
<BR>conflittualit=E0 sociale,=20
senza quindi pacchetti ereditati o preconfezionati: questo ci ha =
permesso di=20
rapportarci in modo laico con chi avvertiva questa stessa necessit=E0 e =
scoprire=20
il carattere insorgente di quella Puglia sovversiva che oggi, per noi, =
ha almeno=20
due nuovi capo-luoghi della sovversione sociale: Terlizzi e Adelfia. =
<BR>Ma il=20
nostro camminare domandandoci ci ha ricondotto dopo pochi giorni di =
nuovo oltre=20
S.Angelo a Scala, in cammino verso chi, finanche nel pieno clima estivo, =

rivendicava la necessit=E0 di praticare percorsi di <BR>antifascismo =
militante. A=20
Lanciano era convocata la festa di Forza Nuova. <BR>Un appello in =
internet del=20
Lanciano Social Forum chiamava a raccolta gli antifascisti il 24 agosto. =
Non=20
sapevamo minimamente chi si celava dietro questa sigla, cos=EC usata e =
abusata in=20
questo anno politico a destra e manca, ma l'esperienza pugliese era l=EC =
a=20
spiegarci che non era quella la domanda, il problema da porci. Arriviamo =
nella=20
piazza del concentramento antifascista in corteo, i soliti 50 =
straccioni,=20
accolti dai compagni di Lanciano quasi come i liberatori. <BR>Insieme =
sfiliamo=20
per le strade della citt=E0 piene di gente, con i compagni del luogo con =
le=20
lacrime agli occhi per la riuscita del corteo, ma quando arriviamo alle=20
transenne che delimitano la zona rossa, l'accesso alla piazza dove Fiore =
in quel=20
momento parlava, noi non ci fermiamo. Sono pochi momenti di tensione, la =
polizia=20
prima tenta di contenerci poi sfodera i manganelli; i promotori del =
corteo=20
avevano chiesto di mantenere una dimensione pacifica del corteo, non si =
=E8 creata=20
- come invece =E8 stato ad Adelfia - una costruzione collettiva per cui =
desistiamo=20
immediatamente dallo scontro in piazza. Ma quel poco =E8 bastato =
perch=E9 gli=20
attivisti locali mettessero da parte i loro dubbi e le loro paure. Visti =
gli=20
spiacevoli imprevisti, Forza Nuova abilmente l'anno prossimo cambier=E0 =
sede per=20
la sua festa. Ma noi l=EC ci riconvocheremo. <BR>Da diverse settimane, =
ben prima=20
dell'inizio del campeggio, veniamo <BR>contattati da alcuni attivisti =
dei=20
comitati di lotta sorti in Irpinia a <BR>seguito della gestione =
criminale e=20
criminosa dell'emergenza rifiuti in <BR>provincia di Avellino, ma pi=F9 =
in=20
generale nella regione Campania. <BR>Il quadro che ci delineano i =
compagni di=20
Tufino, di Ariano, di Avellino, =E8 a dir poco drammatico, ma ancor =
pi=F9 drammatico=20
=E8 la nostra ignoranza e indifferenza mostrata fino a quel momento =
rispetto ad=20
un'emergenza sociale di proporzioni assurde che prende forma proprio sui =
nostri=20
territori. <BR>Per troppo tempo abbiamo osservato passivamente, =
attraverso=20
<BR>l'interpretazione distorta dei mass-media, l'esplosione di forme =
anche=20
<BR>radicali di protesta e sollevazione popolare in tanti comuni della =
nostra=20
regione. <BR>Spesso l'ignoranza in materia, invece di stimolare la =
conoscenza=20
del <BR>problematica e l'interazione con queste espressione di =
mobilitazione=20
<BR>popolare (o ancor peggio proprio per nascondere la nostra ignoranza =
e=20
<BR>indifferenza), ci ha portato in passato ad etichettare questi =
movimenti=20
<BR>come esasperatamente localistici, quelli che gli studiosi inglesi=20
<BR>etichettano come i movimenti Nimby ("Not in my garden"): =
l'inceneritore, la=20
discarica, il cdr, vanno bene, basta che non si facciano vicino casa =
mia. <BR>In=20
verit=E0, basta una conoscenza anche minima del problema per comprendere =
come una=20
battaglia rispetto alla gestione neoliberista del ciclo dei rifiuti =
(ancor pi=F9=20
riguardo la gestione del ciclo delle acque ove siamo ancor pi=F9 =
"deficienti")=20
assuma di per s=E9, oggettivamente, un carattere di radicalit=E0 e =
incompatibilit=E0=20
rispetto al sistema capitalista, molto pi=F9 di quanto - malgrado i =
nostri sforzi=20
soggettivi - riescano a fare le battaglie sui terreni tradizionali nei =
quali da=20
anni ci muoviamo e si muovono i movimenti di lotta sul nostro =
territorio.=20
<BR>Ecco quindi, come in Puglia anche in Irpinia, riscopriamo il =
carattere=20
<BR>rivoluzionario del metodo, umile ma efficace, del camminare =
domandando,=20
<BR>della ricerca costante, negli afflati materiali del conflitto =
sociale,=20
<BR>degli elementi di un programma, di una progettualit=E0 antagonista =
in grado di=20
articolare, immaginare e costruire concretamente un altro mondo =
possibile.=20
<BR>In questo la riscoperta del ruolo della militanza, intesa non pi=F9 =
come=20
<BR>sacrificio quotidiano dell'interte riproposizione eterna di =
strategie,=20
<BR>pratiche e linguaggi che progressivamente si allontanano dalla =
realt=E0 (e in=20
tale allontanamento non trovano elementi per rinnovarsi ma piuttosto si=20
atrofizzano), ma invece militanza come il piacere di sperimentare, =
scoprire e=20
conquistare le nuove frontiere dell'antagonismo, avventurarsi nelle =
nuove storie=20
e nelle inedite geografie del conflitto sociale. <BR>Ai profeti della=20
"tradizione" comunista e rivoluzionaria, alle <BR>autoproclamate =
avanguardie e=20
alle loro verit=E0 in tasca, lasciamo volentieri il compito di =
convertire le=20
masse, di illuminare la strada, in un percorso sempre pi=F9 simile alla=20
definizione sociologica di setta religiosa. <BR>Noi ci accontentiamo, =
giorno=20
dopo giorno, di cartografare le forme e i <BR>contenuti reali del =
conflitto=20
sociale di questo squarcio di inizio secolo. <BR>Ed =E8 con questo =
spirito che ci=20
siamo incamminati nelle sperdute lande <BR>dell'Alta Irpinia, con =
l'intento di=20
bloccare per un giorno quell'immensa montagna di immondizia che nel bel =
mezzo=20
dei prati verdi, si innalza imponente, con il suo feto inconfondibile. =
<BR>La=20
non =E8 un problema di deturpamento del panorama e degli odori =
campestri: =E8 il=20
problema di una terra avvelenata ormai fin dentro le viscere, nelle =
falde=20
acquifere, nei campi coltivati e nei suoi prodotti. <BR>Un terra =
devastata, con=20
centinaia di mucche "pazze" che brulicavano a poche decine di metri =
dalla=20
discarica, con gli attivisti del locale comitato contro la discarica che =

drammaticamente ci facevano presente che ognuno di loro ha almeno un =
parente, un=20
figlio, un genitore morto per tumore, oppure che gli restano pochi mesi =
di vita,=20
e tutto a causa di quella fottuta discarica. <BR>Alla militarizzazione =
della=20
discarica, abbiamo risposto riposizionando la nostra azione a poche =
centinaia di=20
metri, nella fabbrica dei veleni <BR>della'ex-smae, un' industria di =
smaltimento=20
rifiuti tossici speciali <BR>rilevata dalla ItalRecuperi, il cui =
proprietario =E8=20
pluripregiudicato per la sua attivit=E0 imprenditoriale che disbriga =
normalmente=20
disseminando scorie e veleni vari nelle terre di ignari contadini, a =
Latina come=20
nel casertano. <BR>Mancava solo l'ok dell'assessorato comunale (il cui =
cognato=20
era entrato <BR>"casualmente" nel consiglio di amministrazione =
dell'azienda) per=20
il <BR>rilascio delle ultime concessioni per la riattivazione della =
fabbrica, ma=20
lo smontaggio militante, l'azione di sabotaggio, ha fatto saltare tutto; =
non=20
solo gli svariati milioni di danni all'impianto elettrico, ai =
macchinari, ma=20
anche perch=E9 ormai la pentola era stata scoperchiata e la successiva =
azione di=20
denuncia del comitato locale ha permesso nel giro di pochi giorni di =
chiudere la=20
partita: niente concessioni, niente riapertura, ora sul tavolo c'=E8 la =
bonifica=20
totale della zona!! <BR>Ad Ariano, come a Terlizzi, il giorno seguente =
una=20
grande assemblea <BR>pubblica si conclude con una voce unica: "siamo =
tutti=20
noglobal" e la <BR>cacciata dei soliti pompieri, quelli che per giorni =
avevano=20
terrorizzato il comitato locale sul presunto carattere violento e =
terroristico=20
delle eventuali azioni coordinate con i noglobal. Non solo.. ma la =
dimensione=20
cruciale della disobbedienza, cio=E8 la sua riproducibilit=E0 e =
allargamento, ha=20
messo in moto un processo virtuoso per cui anche in Molise attivisti del =

movimento hanno preso di mira l'Italrecuperi del luogo, con azioni di =
lotta=20
praticate e rivendicate nel solco della disobbedienza sociale! <BR>Con =
la=20
chiusura del campeggio due drammatici avvenimenti ci scaraventano in un =
baleno=20
nel cuore della drammaticit=E0 della vita quotidiana nelle nostre terre: =

l'assassinio di Bernardo Romano e la strage di profughi kurdi a =
Mirabella=20
Eclano. <BR>Dinanzi a questi scenari drammatici riemerge la necessit=E0 =
di=20
spingere <BR>avanti sul terreno del radicamento e dell'internit=E0 nei =
soggetti=20
sociali che vivono sulla loro pelle il livello pi=F9 crudele della =
barbarie=20
neoliberista, gli ultimi anelli di un'assurda catena darwiniana che =
incrocia la=20
sua coda con l'imprescindibilit=E0 della miseria e finanche della morte. =
<BR>I due=20
avvenimenti ci hanno segnato nell'immediato, con una rincorsa =
<BR>precipitosa=20
per trovare forme e modi per spiegare come, in entrambi i casi, non si =
sia=20
trattato di una fatalit=E0 casuale, ma di un premeditato <BR>assassinio, =
di una=20
strage pianificata che va avanti da troppo tempo senza nemmeno troppo =
clamore.=20
<BR>Quanti cosiddetti "suicidi" si succedono ogni giorno, a causa=20
<BR>dell'emarginazione e della precariet=E0? Quanti cadaveri giacciono =
sul fondo=20
del canale di Otranto, del Canale di Sicilia? <BR>Non =E8 un caso che ci =

ritroviamo il giorno seguente con i movimenti dei <BR>disoccupati nella =
chiesa=20
del Ges=F9 nuovo, per un'occupazione simbolica ma che stavolta ha =
l'obiettivo non=20
solo e non tanto di sollecitare i tavoli e le controparti, ma per =
gridare la=20
nostra rabbia contro l'omicidio di Bernardo Romano. E non =E8 un caso =
che restiamo=20
sbigottiti dinanzi alla scelta dei movimenti di sfilare fino alla =
Regione=20
Campania il giorno dei funerali di Bernardo Romano, quando altre =
strutture dei=20
disoccupati invece sceglieranno di essere presenti per gridare in faccia =
agli=20
assassini seduti tra i banchi della chiesa, la loro rabbia. =
<BR>Migranti,=20
disoccupati, sfrattati, un lumen proletariat che non pu=F2 essere =
inteso, come i=20
Grandi Maestri del Comunismo ci insegnano, come la putrescenza passiva =
del=20
capitalismo, parassiti che oggi infiammano le piazze e domani invocano =
il=20
dittatore. <BR>La dimensione contemporanea del nostro meridione, impone=20
necessariamente la fuoriuscita dalla tradizione marxiana, per =
sperimentare la=20
possibilit=E0/necessit=E0 di mettere insieme le vecchie e nuove forme =
della=20
precarizzazione sociale, assumere l'emarginazione sociale come categoria =

politica sulla quale fare leva non solo per rimediare alle disfunzioni =
pi=F9=20
evidenti di un sistema sociale centrifugo, che continua a "buttar fuori" =
milioni=20
di persone, ma anche e soprattutto per articolare processi di =
aggregazione e=20
conflittualit=E0 dispiegata in grado, a partire dai bisogni immediati, =
di=20
ricostruire quel concatenamento necessario verso la complessiva =
trasformazione=20
dello stato di cose presenti. In questa dimensione, centralit=E0 e =
omogeneit=E0=20
possibili di soggetti antagonista non sono pi=F9 rintracciabili, ancor =
meno nel=20
posizionamento all'interno dei processi produttivi: nemmeno la =
distinzione tra=20
precariet=E0 e precarizzazione (dove alle parzialit=E0 della prima si =
sostituisce=20
invano la genericit=E0 della seconda) ci pu=F2 aiutare da questo punto =
di vista ad=20
imporre "con la forza" la vecchia toponomastica di classe alle nuove =
movenze=20
sociali. <BR>A partire dalla specificit=E0 dei nostri territori, =
dobbiamo invece=20
<BR>approfondire la dicotomia tra inclusione/esclusione sociale, per =
delineare=20
il possibile campo di azione nei termini della riappropriazione dei =
diritti=20
negati, calpestati e repressi. <BR>Non si tratta della riscoperta, in =
chiave=20
marcusiana, del carattere <BR>rivoluzionario dell'emarginazione sociale, =
n=E9=20
tantomeno di un ritorno al neocittadinismo "borghese", perch=E9 la =
questione della=20
riappropriazione dei diritti elementari di cittadinanza ha una =
prospettiva=20
diversa a seconda della sua precipitazione materiale. <BR>Una cosa sono =
gli=20
atenei tedeschi sul finire degli anni sessanta, altra <BR>cosa sono i =
salottini=20
francesi, altra ancora il degrado urbano della <BR>periferia e della =
cintura=20
metropolitana di Napoli. <BR>Il sud =E8 questo e da questo punto di =
vista si deve=20
partire, dalla <BR>materialit=E0 quotidiana e non certo dalla =
trasposizione di=20
interpretazioni teoriche forgiate in altri contesti o, peggio ancora, in =
altre=20
epoche ormai lontane. <BR>Perch=E9 se =E8 vero che i processi =
contemporanei si muovo=20
ad una velocit=E0 <BR>impressionante, se =E8 vero che le dinamiche di =
sviluppo si=20
muovono secondo geometrie variabili, se la disomogeneit=E0 =E8 diventato =
l'unico=20
elemento omogeneo della contemporaneit=E0, dobbiamo misurarci con queste =

variabili, leggere, interpretarle e decodificarle continuamente, per =
sfuggire=20
alle fatiche di Sisifo che troppe energie hanno dissipato in questi =
anni,=20
nell'assurdo sforzo di imporre le nostre idee e categorie ad un contesto =
sociale=20
che muta continuamente ad una velocit=E0 impressionante. <BR>E' in =
questo il=20
carattere rivoluzionario del camminare domandandosi, della =
sperimentazione come=20
categoria dialettica che insegue la realt=E0 nel tentativo di decifrarla =
e=20
trasformarla nel concreto della materialit=E0 del conflitto sociale. =
<BR>Abbiamo=20
mappe e bussole che i nostri posteri ci hanno consegnato, con <BR>questo =
abbiamo=20
navigato spesso in questi anni ma con difficolt=E0 siamo <BR>riusciti ad =
approdare=20
in lidi ameni : eppure, malgrado il mare in tempesta e la sensazione di =
girare a=20
vuoto, non abbiamo mai messo in discussione queste mappe, che in fin dei =
conti=20
ti consegnavano un senso di sicurezza e rassicurazione. <BR>Poi =
finalmente,=20
travolti dai venti di Seattle, siamo stati travolti da una tempesta=20
rigeneratrice e nel dolce naufragare abbiamo ritrovato una bussola =
strana,=20
ancora tutta da decifrare, ma che nella sua approssimazione comunque =
definiva e=20
delineava all'orizzonte una terra dove attraccare, quell'altro mondo =
possibile=20
tutto da inventare, ma che in ogni caso dava il senso della traversata.=20
<BR>Seattle a Napoli significa il 17 marzo, significa una moltitudine di =
30.000=20
persone in cammino che fino allora, ma anche dopo, difficilmente eravamo =
stati=20
in grado di intercettare. <BR>Il vento di una potenza sociale che non =
nasce dal=20
nulla, ma si sviluppa <BR>anche e soprattutto a partire dalla capacit=E0 =
di=20
rinnovare pratiche e <BR>linguaggi, di rompere gli schemi e i perimetri=20
definiti: queste innovazioni ci hanno permesso di metterci in relazione =
con=20
quell'immenso portato di antagonismo sociale che durante il global forum =
ha=20
messo in campo l'esperienza pi=F9 feconda di sovversione sociale nella =
nostra=20
citt=E0. <BR>Per la prima volta a rompere irrompe nel contesto =
metropolitano un=20
nuovo soggetto che =E8 l'insieme di tanti soggetti, un movimento che =E8 =
l'insieme=20
di tanti movimenti: per la prima volta non solo e non tanto i movimenti =
di lotta=20
per la riappropriazione dei diritti negati scuotono nelle fondamenta il =
quadro=20
politico locale e nazionale a partire da pratiche dispiegate di =
conflittualit=E0 e=20
antagonismo sociale. <BR>Il laboratorio della disobbedienza sociale =
nasce=20
proprio in quelle <BR>giornate, nasce dalla necessit=E0 e dalla =
consapevolezza che=20
i movimenti <BR>tradizionalmente definiti possono configurarsi non pi=F9 =
come i=20
terminali <BR>finali di un conflitto endemico e sussumibile dentro una=20
funzionalit=E0 <BR>omeostatica, ma piuttosto assumere il ruolo di =
vettore di=20
riproducibilit=E0 ed estensione delle pratiche di sovversione sociale. =
<BR>In=20
questa consapevolezza, riscopriamo l'entusiasmo di rompere la tradizione =
e la=20
particolare inadeguatezza delle esperienze consolidate=20
<BR>dell'autorganizzazione sociale nella nostra citt=E0: per troppo =
tempo=20
<BR>avvitate intorno a s=E9, conchiuse in una dimensione di auto ed =
etero=20
<BR>ghettizzazione sociale, i nostri percorsi per la prima volta si =
trovano a=20
fare i conti con una dimensione dispiegata di condivisione e =
aggregazione "a=20
termine". <BR>L'esperimento global forum, con la nascita dell'esperienza =
della=20
rete <BR>noglobal, sembra per la prima volta mettere in moto un =
meccanismo di=20
<BR>estensione reticolare delle pratiche di lotta e di conflittualit=E0 =
sul=20
<BR>nostro territorio. <BR>Sono molti gli elementi innovativi che =
apprendiamo=20
nel corso di questo <BR>dolce naufragare, nella costruzione e nella=20
(auto)gestione del prima, <BR>durante e dopo il global forum. <BR>In =
primo=20
luogo, da parte nostra, si mette in discussione e si rompere il =
principio=20
assurdo dell'autosufficienza, che per troppi anni ha stimolato e =
alimentato=20
pratiche esasperate e deleterie di autoemarginazione politico-sociale: =
su questa=20
direttrice si disgelano altri due valori cardine innervati nella =
costruzione=20
della nuova bussola: il valore della differenza e della contaminazione. =
<BR>In=20
altre parole, scopriamo il valore della differenza intesa non pi=F9 come =

<BR>limite da appianare e superare, anche a costo di estenuanti sintesi =
al=20
<BR>ribasso o ancor peggio di espulsioni e tracciamenti, ma piuttosto =
come=20
<BR>elemento positivo da mettere a valore. Di qui il valore fondante =
della=20
<BR>contaminazione, della capacit=E0 di mettere insieme e non assieme, =
in una=20
<BR>sintesi che non sia la semplice sommatoria, ma un risultato inedito, =
dove=20
<BR>uno pi=F9 uno non fa due, ma tre. <BR></FONT></DIV></BODY></HTML>

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