[Lecce-sf] Motivazioni sciopero del 18-10-2002

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Autor: Alessandro Corbella
Data:  
Asunto: [Lecce-sf] Motivazioni sciopero del 18-10-2002
Ricevo e inoltro
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Da marcello callegari [mailto:marci@global.it]
data l'importanza degli argomenti che sono in
discussione, mi sono permesso
di inviarvi un volantino della rivista sindacale
RASSEGNA che spiega i
motivi in oggetto.
Spero di avervi fatto cosa gradita. Se potete
diffondetelo. Non ho potuto
scrivervelo prima

Grazie


Ciao
Marcello


PERCHE’ LO SCIOPERO?

Il 18 ottobre sarà uno sciopero generale per
l’Italia dei diritti e della
coesione sociale; per uno Stato sociale
universale e moderno; per una
scuola e una formazione per tutti e di qualità
per uno sviluppo basato
sulla ricerca, l’innovazione ed efficienti
infrastrutture di sistema; per
un Sud che non veda interrotto il cammino di una
speranza fatta di lavoro,
di reddito, di legalità; per un futuro di lavoro
tutelato per tutti i
giovani: un’Italia in cui il valore del lavoro
diventi un valore per tutti. Sarà uno sciopero
contro la modifica introdotta all’articolo 18 con
il
Patto per l’Italia. Contro una Finanziaria che
non punta allo sviluppo e
all’equità, che prevede tagli dove ci vorrebbero
investimenti (scuola e
sanità), che, violando la Costituzione, riduce
finanziamenti, ruoli e
poteri di Regioni e Comuni. Contro una
Finanziaria che assicura entrate con
un condono fiscale che premia i disonesti e con
cartolarizzazioni che
svendono il patrimonio pubblico per fare cassa,
mettono a rischio beni
culturali e ambientali, stimolano affarismo e
corruzione. Contro una
Finanziaria che alla crisi economica in atto non
oppone alcun disegno di
politica industriale, di sostegno agli
investimenti, di sviluppo per il Sud. Contro le
deleghe che cambiano profondamente, e in peggio,
mercato del
lavoro, previdenza e fisco. E contro quelle che
destrutturano la tutela
dell’ambiente e della salute nei luoghi di
lavoro. Contro lo stanziamento
in Finanziaria di risorse per i contratti del
pubblico impiego inferiori a
quanto serve. Contro la conferma di un tasso
d’inflazione programmata
all’1,4 per cento, che assesta un ulteriore colpo
alla politica dei redditi
e mette in difficoltà l’intera stagione dei
rinnovi contrattuali. Il Patto per l’Italia era
sbagliato e inutile, l’avevamo detto proclamando
questo sciopero generale. A poco più di due mesi
dalla sua firma si è
sfaldato, come dimostrano le polemiche tra i
firmatari e le dure prese di
posizione delle imprese, soprattutto di quelle
meridionali.


ARTICOLO 18

UN DIRITTO INDISPONIBILE

La modifica introdotta allo Statuto dei
lavoratori con il Patto per
l’Italia è grave: è stato leso un diritto che era
indisponibile alla
contrattazione. li presidente di Confindustria
l’aveva detto: l’importante
è aprire una falla nella diga dei diritti. Questa
falla è stata aperta e
avrà conseguenze rilevanti anche in termini
numerici. La modifica non
riguarda solo le imprese con meno di 15
dipendenti che decidano di
assumere: l’articolo 18 infatti non si applicherà
in tutte le aziende di
nuova formazione, anche se queste avessero mille
dipendenti. E non ci sarà
nessuna decadenza automatica della norma dopo tre
anni.


AUTONOMIE LOCALI

FEDERALISMO ADDIO

Non c’è solo la riduzione dei trasferimenti alle
Regioni e agli enti locali
che colpisce la spesa sociale. Tutta la manovra
infatti tende a ridurre il
ruolo istituzionale del sistema delle autonomie
locali sancito dalla
Costituzione, con un nuovo centralismo che fa
tornare indietro il paese e
riduce gli spazi di partecipazione e di
democrazia. E’ questa l'idea di
federalismo della maggioranza di governo?


FISCO

CON UNA MANO DANNO, CON DUE TOLGONO


Il governo ha destinato una cifra pari a 5,5
miliardi di euro alla
riduzione dell’lrpef per i redditi fino a 25 mila
euro annui. Questa cifra
è comunque inferiore a quanto sarebbe spettato ai
cittadini italiani se si
fossero applicate le riduzioni d’aliquota
previste dalla Finanziaria Amato
del 2001 (2,5 miliardi) e se fosse stato
restituito, come previsto dalla
legge, il drenaggio fiscale del 2001 e del 2002
(3,5 miliardi). Con questa
operazione il governo tenta di mascherare la
gigantesca redistribuzione
verso i contribuenti più ricchi, iniziata con
l’abolizione della tassa di
successione, proseguita con la sanatoria per i
capitali esportati
illegalmente all’estero e che troverà compimento
nella legge delega che sta
per essere approvata in via definitiva dal
Parlamento. A fronte di una
modesta riduzione oggi per i redditi medio-bassi,
che con questa
Finanziaria saranno penalizzati in termini ben
più consistenti dai tagli
alla sanità e ai servizi locali, ai più ricchi
verrà dato oltre il 70 per
cento del beneficio totale della contro-riforma
Tremonti.


MERCATO DEL LAVORO

SEMPRE PIU’PRECARIETA’

Nel frattempo il Parlamento continua a lavorare.
E’ stata già approvata dal
Senato la delega sul mercato del lavoro (il ddl
848).
Che attraverso nuovi istituti contrattuali (staff
leasing, lavoro a
chiamata, lavoro a progetto: una flessibilità
tutta dalla parte delle
imprese) rende più precario il lavoro e più
debole il lavoratore. Che attraverso la normativa
sul trasferimento del ramo d’azienda consente
la frantumazione di imprese che, in questo modo,
potranno non applicare più
l’articolo 18.
Che dà un totale via libera a operatori privati
in tutti i servizi che
riguardano il mercato del lavoro, e rende così
impossibile la costruzione
di un vero sistema integrato sul territorio.
Che, prevedendo la possibilità per enti
bilaterali costituiti da sindacati
e imprese di gestire i servizi, comporterebbe una
posizione privilegiata
per le parti sociali impegnate nella gestione,
facendo dell’adesione al
sindacato non più un fatto libero e volontario,
ma quasi un obbligo per
trovare lavoro.


MEZZOGIORNO
LA POLITICA CHE NON C’È

Dopo mesi di discussioni e un Patto per l’Italia
che prevedeva impegni
generici ma nessuna risorsa aggiuntiva, con i
provvedimenti assunti subito
dopo il Patto e con la Finanziaria il governo ha
ridotto ulteriormente gli
stanziamenti e annullato gli incentivi specifici
per il Mezzogiorno,
facendo venir meno qualsiasi quadro di certezza
per le imprese. Ormai sembra definitivamente
abbandonata la logica della qualità
nell’incentivazione alle imprese, che ha
rappresentato il tratto nuovo
dell’esperienza dell’ultimo decennio, e si
profila un ritorno a erogazioni
discrezionali e clientelari. Mentre, per quanto
riguarda le infrastrutture,
si continua a puntare sull’immagine (Ponte di
Messina) invece che sulle
vere necessità del Sud.


PENSIONI

LA DECONTRIBUZIONE AFFOSSA IL SISTEMA

Mentre si rincorrono le voci su possibili
interventi sulle pensioni
d’anzianità (con l’ovvio effetto negativo di
spingere all’esodo anche chi
magari non ne avrebbe avuto l’intenzione), in
Parlamento continua a pendere
come una spada di Damocle la legge delega che, se
approvata, affosserebbe
il sistema previdenziale pubblico attraverso il
meccanismo della
decontribuzione di 3-5 punti per i nuovi assunti,
che danneggerebbe
gravemente i giovani: meno contributi pagati
dalle imprese, con oneri e
conseguenze che si scaricherebbero tutti sui
pensionati, quelli attuali e
quelli futuri. Accanto a questo lo scippo del
tfr, destinato d’imperio ai
fondi complementari, superando la libertà di
scelta del singolo lavoratore.
E la possibilità di essere incentivati a
continuare a lavorare, per chi
abbia maturato i requisiti pensionistici, ma
subordinata di fatto alla
volontà dell’impresa.
Gli stanziamenti per portare le pensioni minime a
un milione di lire,
avanzati Io scorso anno, non serviranno, come
aveva promesso il ministro
Maroni, per aumentare la platea dei beneficiari,
ma verranno dirottati per
altri scopi. Oltre 5 milioni di pensionati
resteranno inutilmente in attesa
del milione promesso.

SANITA’

E IL CITTADINO PAGA

Con il taglio dei trasferimenti e la compressione
della finanza regionale e
locale aumentano i ticket e si riducono le
prestazioni del sistema
sanitario pubblico, il cui fondo è peraltro già
sottostimato, dando spazio
ai privati, nella logica di un sistema sempre
meno solidale, dove scompare
la prevenzione e resta solo la cura, come merce
da vendere. I tagli
indiscriminati nel sistema ospedaliero, già
iniziati1 sono in questo quadro
un ulteriore colpo assestato alla capacità del
Servizio sanitario nazionale
di stare al passo con le esigenze dei cittadini,
soprattutto quelli a
reddito medio-basso.


SCUOLA


RISPARMI SUL FUTURO DEI GIOVANI

Nella Finanziaria sono previsti tagli e riduzioni
del personale, docente e
non docente. Ma la scelta del governo è stata da
subito quella di non
investire sul futuro del paese e di penalizzare
la scuola pubblica per
favorire il processo di privatizzazione contenuto
nella delega del ministro
Moratti, che cancella nei fatti l’obbligo
scolastico. L’Italia resterà
così, tra i paesi sviluppati, quello con il minor
numero di diplomati e
laureati. Meno scuola vuoI dire maggiore
esclusione sociale, maggiore
debolezza di fronte ai cambiamenti, minore
cittadinanza.



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<P>FD</P>

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