D'Alema e Ciampi
PIETRO INGRAO
Già il manifesto ieri - sia pure con la zampata mordace della «jena» -
l'aveva sottolineato: Massimo D'Alema, parlando lunedì nella riunione
della
direzione diessina, ha messo apertamente in discussione la validità
dell'articolo 11 della Costituzione: quello che consente all'Italia
solo la
guerra di difesa. Per parte mia apprezzo la schiettezza con cui il
leader
diessino - finalmente! - ha affrontato questo tema duro e gravido di
responsabilità.
Non è chiaro dai resoconti giornalistici quali siano tutti gli
argomenti
con cui il leader diessino motivi e sorregga la cancellazione di
quell'articolo 11 della Costituzione: perché - a leggere bene - tale è
lo
sbocco, l'esito concreto a cui sembrano approdare le parole dalemiane.
E
velare questo sbocco per me sarebbe davvero una sgradevole ipocrisia:
come
dire che il presidente dei Ds parla a casaccio anche sulle «cose
sacre».
Io invece apprezzo questa dalemiana chiarezza, sia pure abbastanza
tardiva.
Spero però che chi ha avuto finalmente il coraggio di affermare
pubblicamente - e con nome e cognome - la fine o lo scavalcamento
dell'articolo 11 della Costituzione si spieghi meglio, e ne motivi le
ragioni con la nettezza semplice che è doverosa nell'affrontare un tema
così delicato: poiché quella norma costituzionale di certo non fu presa
né
a caso né a cuore leggero.
Quell'articolo della Costituzione, che sembra oggi guardare alle
nuvole,
nasceva da un vissuto terribile: sgorgava dall'orrore e dai massacri
che
avevano recato con sé due guerre mondiali, in forme mai nemmeno
lontanamente conosciute dalla storia degli esseri umani.
Non mi convince - lo dico con franchezza - la tesi che (stando ai
resoconti
dei giornali) sembra sorreggere l'argomentazione dalemiana: perché lo
scavalcamento dei singoli stati, che egli considera la fonte della
svolta,
c'era anche in quel fatale 1914, e poi tornò - ancora più vasto - nello
scontro quinquennale col nazifascismo. E i padri costituenti lo
sapevano
bene per amara e dolente esperienza diretta. Hitler voleva mettere le
mani
sul mondo, e gli antifascisti non difendevano solo la patria, ma
lottavano
sulle sorti del mondo.
E tuttavia i nostri antifascisti vollero quella specifica Costituzione
italiana; e in quella Costituzione vollero quel preciso vincolo
italiano
che riconosceva solo la guerra di difesa. Stiamo attenti: se gli eventi
del
terzo millennio cancellano l'articolo 11 allora - io temo - è tutta
quella
Costituzione che va in frantumi e bisogna dire e sapere quali sono le
leggi
che regolano questo paese e su quali carte e poteri poggiano.
Perciò l'affondamento clandestino dell'articolo 11 non è possibile. Il
discorso stesso di D'Alema ne è la prova. Quando quella che io chiamo
la
«normalizzazione» della guerra (addirittura della «guerra preventiva»)
giunge agli esiti di oggi il discorso sull'articolo 11 fatalmente si
accende perché è in discussione chi comanda chi in Italia: intendo chi
comanda sull'uccidere di massa.
Vedo bene che c'è una stranezza in questo dibattito sulla guerra e
sull'articolo 11. Finora tacciono i «cònsoli», i grandi custodi addetti
alla tutela della legge. Non so, non riesco a sapere (o - se volete -
immaginare) che cosa pensano della sorte dell'articolo 11 il capo dello
stato, e i presidenti del senato e della camera. Dico di più: non
capisco
come sia possibile questo silenzio. Voglio dire: questo silenzio
sull'articolo 11 oggi quando il mondo discute sulla guerra e anche sul
terrorismo e la più grande potenza del pianeta esalta pubblicamente, e
con
ardore, la guerra di prevenzione. E io mi chiedo dentro di me: che cosa
è,
a che serve la Costituzione italiana. Chi vincola?
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"Eppure il vento soffia ancora...."
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dal Manifesto del 16 ottobre 2002<BR><BR>D'Alema e Ciampi <BR>PIETRO INGRAO<BR>Già il manifesto ieri - sia pure con la zampata mordace della «jena» -<BR>l'aveva sottolineato: Massimo D'Alema, parlando lunedì nella riunione <BR>della<BR>direzione diessina, ha messo apertamente in discussione la validità<BR>dell'articolo 11 della Costituzione: quello che consente all'Italia <BR>solo la<BR>guerra di difesa. Per parte mia apprezzo la schiettezza con cui il <BR>leader<BR>diessino - finalmente! - ha affrontato questo tema duro e gravido di<BR>responsabilità.<BR><BR>Non è chiaro dai resoconti giornalistici quali siano tutti gli <BR>argomenti<BR>con cui il leader diessino motivi e sorregga la cancellazione di<BR>quell'articolo 11 della Costituzione: perché - a leggere bene - tale è <BR>lo<BR>sbocco, l'esito concreto a cui sembrano approdare le parole dalemiane. <BR>E<BR>velare questo sbocco per me sarebbe davvero una sgradevole ipocrisia: <BR>come<BR>dire che il presidente dei Ds parla a casaccio anche sulle «cose <BR>sacre».<BR><BR>Io invece apprezzo questa dalemiana chiarezza, sia pure abbastanza <BR>tardiva.<BR>Spero però che chi ha avuto finalmente il coraggio di affermare<BR>pubblicamente - e con nome e cognome - la fine o lo scavalcamento<BR>dell'articolo 11 della Costituzione si spieghi meglio, e ne motivi le<BR>ragioni con la nettezza semplice che è doverosa nell'affrontare un tema<BR>così delicato: poiché quella norma costituzionale di certo non fu presa <BR>né<BR>a caso né a cuore leggero.<BR><BR>Quell'articolo della Costituzione, che sembra oggi guardare alle <BR>nuvole,<BR>nasceva da un vissuto terribile: sgorgava dall'orrore e dai massacri <BR>che<BR>avevano recato con sé due guerre mondiali, in forme mai nemmeno<BR>lontanamente conosciute dalla storia degli esseri umani.<BR><BR>Non mi convince - lo dico con franchezza - la tesi che (stando ai <BR>resoconti<BR>dei giornali) sembra sorreggere l'argomentazione dalemiana: perché lo<BR>scavalcamento dei singoli stati, che egli considera la fonte della <BR>svolta,<BR>c'era anche in quel fatale 1914, e poi tornò - ancora più vasto - nello<BR>scontro quinquennale col nazifascismo. E i padri costituenti lo <BR>sapevano<BR>bene per amara e dolente esperienza diretta. Hitler voleva mettere le <BR>mani<BR>sul mondo, e gli antifascisti non difendevano solo la patria, ma <BR>lottavano<BR>sulle sorti del mondo.<BR><BR>E tuttavia i nostri antifascisti vollero quella specifica Costituzione<BR>italiana; e in quella Costituzione vollero quel preciso vincolo <BR>italiano<BR>che riconosceva solo la guerra di difesa. Stiamo attenti: se gli eventi <BR>del<BR>terzo millennio cancellano l'articolo 11 allora - io temo - è tutta <BR>quella<BR>Costituzione che va in frantumi e bisogna dire e sapere quali sono le <BR>leggi<BR>che regolano questo paese e su quali carte e poteri poggiano.<BR><BR>Perciò l'affondamento clandestino dell'articolo 11 non è possibile. Il<BR>discorso stesso di D'Alema ne è la prova. Quando quella che io chiamo <BR>la<BR>«normalizzazione» della guerra (addirittura della «guerra preventiva»)<BR>giunge agli esiti di oggi il discorso sull'articolo 11 fatalmente si<BR>accende perché è in discussione chi comanda chi in Italia: intendo chi<BR>comanda sull'uccidere di massa.<BR><BR>Vedo bene che c'è una stranezza in questo dibattito sulla guerra e<BR>sull'articolo 11. Finora tacciono i «cònsoli», i grandi custodi addetti<BR>alla tutela della legge. Non so, non riesco a sapere (o - se volete -<BR>immaginare) che cosa pensano della sorte dell'articolo 11 il capo dello<BR>stato, e i presidenti del senato e della camera. Dico di più: non <BR>capisco<BR>come sia possibile questo silenzio. Voglio dire: questo silenzio<BR>sull'articolo 11 oggi quando il mondo discute sulla guerra e anche sul<BR>terrorismo e la più grande potenza del pianeta esalta pubblicamente, e <BR>con<BR>ardore, la guerra di prevenzione. E io mi chiedo dentro di me: che cosa <BR>è,<BR>a che serve la Costituzione italiana. Chi vincola?<BR>-------------------------------<BR><BR>"Eppure il vento soffia ancora...."<BR>-----------------------<BR><p><br><hr size=1><b>MIo Yahoo! </b>: personalizza Yahoo! come piace a te
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