[Cerchio] Re: [no-psichiatria] Fwd: manifesto della rete di …

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Szerző: malega
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Tárgy: [Cerchio] Re: [no-psichiatria] Fwd: manifesto della rete di resistenza alternativa...
da contropotere--edizione Elehuthera


MANIFESTO DELLA RETE DI RESISTENZA ALTERNATIVA

"la creazione di un'esistenza diversa passa attraverso la creazione
di vita alternativi,di modalita' del desiderio differenti.
Se desieriamo quello che possiede il padrone,desideriamo il padrone,
(....)Se pensiamo di poter essere felici solo nel modo
individualista del padrone e se chiediamo una rivoluzione che ci
sappia soddisfare,saremo eternamente condannati a non far altro che
cambiare padrone.(....)Se si desidera "essere come il padrone"o avere
quello che ha il padrone,si resta nella condizione dello schiavo.
Le vie della liberta' sono incompatibili col desiderio del
padrone.....
(...)
Quello che va creato e' un comunismo libertario,non della necessita' ma del
piacere che ci e' dato dalla solidarieta'.
Non si tratta di essere partecipi in modo triste,perche'
costretti,ma di scoprire la gioia di un'esitenza piu' piena,piu'
libera.
Nella societa' della separazione,la societa' capitalista,gli uomini e
le donne non trovano quello che desiderano,devono accontentarsi di
desiderare quello che trovano,come dice Guy Debord......

2. Resistere alla tristezza

Viviamo in un'epoca profondamente segnata dalla tristezza, non solo
la tristezza delle lacrime, ma soprattutto quella dell'impotenza. Gli
uomini e le donne della nostra epoca vivono nella certezza che la
vita sia tale che l'unica cosa che possiamo fare, per non peggiorare
le cose, sia di sottometterci alla disciplina dell'economicismo,
dell'interesse e dell'egoismo. La tristezza sociale e personale ci
induce a pensare di non disporre più dei mezzi per vivere
un'esistenza autentica e perciò ci assoggettiamo all'ordine e alla
disciplina della sopravvivenza. Il tiranno ha bisogno della
tristezza, perché così ognuno di noi si isola nel suo piccolo mondo,
virtuale e inquietante, proprio come gli uomini tristi hanno bisogno
del tiranno per giustificare la propria tristezza.
Noi pensiamo che il primo passo contro la tristezza (che è la forma
sono la quale il capitalismo si dà nelle nostre esistenze) sia la
creazione, in forme molteplici, di legami concreti di solidarietà.
Rompere l'isolamento, creare questeforme solidali è l'inizio di un
impegno, di una militanza che funziona non più «contro» ma «per» la
vita, la gioia, attraverso la liberazione della potenza.








10. Resistere alla normalizzazione

Resistere significa, nello stesso tempo, decostruire il discorso
falsamente democratico che pretende di occuparsi dei settori e delle
persone escluse. Nelle nostre società non ci sono «esclusi», siamo
tutti inclusi, in modo diverso, più o meno degradante e orribile, ma
comunque ci siamo dentro. L'esclusione non è un accidente,
un «eccesso». Quello che qualcuno chiama esclusione e insicurezza, lo
dobbiamo vedere come la sostanza stessa di questa società innamorata
della morte. Per questo, battersi contro le etichette implica anche
il nostro desiderio di metterci in contatto con le lotte di coloro
che sono chiamati «anormali» o «handicappati».

Noi affermiamo che non esistono uomini e
donne «anormali» . «handicappati», ma persone e modi d'essere
diversi. Le etichette funzionano come minuscole prigioni in cui
ognuno di noi è definito in base alle sue incapacità. Ora, quello che
a noi interessa è la capacità, la forza, la libertà. Un handicappato
è tale solo in una società che accetta la divisione tra forti e
deboli. Rifiutare questa che non è se non barbarie significa
respingere le cernite, le selezioni intrinseche al capitalismo.
L'alternativa, pertanto, implica un mondo in cui ognuno prende la
propria fragilità come un fenomeno normale dell'esistenza e in cui
ognuno sviluppa ciò che può con gli altri e per sé. Che si tratti
della lotta per la cultura della sordità (che è riuscita a far
saltare in aria la tassonomia medica), o quella contro la
psichiatrizzazione della società, o quella di tante altre ancora,
tutte, lungi dall'essere piccole battaglie per un po' più di spazio,
sono autentiche creazioni che arricchiscono l'esistenza. Per questo
invitiamo a resistere con noi anche i gruppi che lottano contro la
nornalizzazione disciplinare medico-sociale in tutti i suoi aspetti.
Lo stesso avviene anche per le forme di irregimentazione tipiche dei
sistemi educativi. La normalizzazione opera qui
come minaccia costante difallimento o di disoccupazione. Esistono, di
converso, esperienze parallele, alternative e diverse
rispetto alla scolarizzazione, in cui i problemi legati
all'istruzione si sviluppano seguendo un'altra logica. Handicappati,
disoccupati, pensionati, culture emarginate, omosessuali, sono tutte
categorie sociologiche che operano separando e isolando
sulla base dell'impotenza, di ciò che non si può fare, rendendo
unilaterale e immiserendo il molteplice, ciò che può essere visto
come sorgente diforza.


11. Resistere alla chiusura

Resistere significa anche respingere la tentazione di una chiusura
sulla propria identità che separi i «nazionali» dagli «stra-
nieri». L'immigrazione, i flussi migratoti, non sono un «problema»,
ma una realtà profonda dell'umanità che è sempre esistita
ed esisterà sempre. Non si tratta di avere un
atteggiamentofilantropico, di essere «buoni con i forestieri», ma di
desiderare la ricchezza prodotta dalla commistione di lingue e
culture. Resistere significa creare legami fta tutti i «senza»: i
senza tetto, i senza lavoro, i senza documenti, i senza dignità, i
senza terra,tutti i «senza» che non hanno il colore giusto della
pelle, una giusta pratica sessuale e così via; un'unione dei «senza»,
una fraternità tra i «senza», non per essere «con» ma per costruire
una società in cui i «senza» e i «con» non esistano più.


malega

da Contropotere-----casa editrice eleuthera
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