[RSF] Presentazione libro:Le strade delle armi

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Autor: Luigi Pirelli
Data:  
Asunto: [RSF] Presentazione libro:Le strade delle armi
Sergio FINARDI e Carlo TOMBOLA, autori del libro Le strade delle armi,
presenteranno il volume il giorno:

30 ottobre 2002, alle ore 11

presso la sede dell?ISSI, Istituto per lo Sviluppo Sostenibile in Italia,
in Roma, via dei Laghi 12.

Parteciperanno l?on. Edo RONCHI (Presidente ISSI) (e Sergio BOLOGNA
(vicepresidenteAILOG ed esperto del PGTL) insieme al Direttore di
ItaliaMondo Giuseppe Pinna .

Gli autori, che in passato si sono soprattutto occupati di economia e
geografia dei trasporti come studiosi e consulenti di enti e importanti
aziende del settore, sono da alcuni anni impegnati in un progetto di
ricerca finanziato dalla MacArthur Foundation di Chicago, sul tema della
rete dei trasporti e della logistica che organizza i trasferimenti
internazionali di armamenti.Questo libro ne raccoglie i primi risultati, e
li espone in tre grandi blocchi tematici.Innanzi tutto si è cercato di
definire i dati di base del mercato delle armi, e nello stesso tempo i
termini ? anche quantitativi ? del rapporto tra mercato delle armi e la
"strategia della destabilizzazione" che negli ultimi tre decenni ha diffuso
la guerra quasi esclusivamente nel Sud del mondo. Attraverso un non sempre
facile raffronto delle fonti statistiche internazionali, bisogna intanto
prendere atto che è ricominciata una corsa internazionale agli armamenti,
guidata dagli Stati Uniti ma assecondata da gran parte dei governi tanto
dell?Occidente ricco che dei paesi in via di sviluppo; e che questi ultimi
rappresentano oggi il principale sbocco dell?export di armamenti,
assorbendo la metà del commercio mondiale delle forniture militari e i tre
quarti delle armi convenzionali esportate. Se gli Stati Uniti fanno la
parte del leone, accaparrandosi ? secondo le diverse fonti ? tra il 45 e il
57% dell?export delle forniture militari, altri sette paesi (Gran Bretagna,
Francia, Russia, Germania, Svezia, Cina e Israele) controllano insieme una
quota tra 35 e 40%.Alla luce della forte ristrutturazione industriale e
finanziaria degli anni novanta, oggi il comparto militare tecnologicamente
più avanzato si concentra in giganteschi conglomerati, come sono le majors
americane (Lockheed Martin, Boeing, Raytheon, Northrop Grumman ecc.) che
drenano le maxi-commesse del Pentagono, ma anche le omologhe società
europee e alcuni dei grandi produttori emergenti nei paesi in via di
sviluppo. Diversa è la geografia della produzione delle armi leggere,
quelle cioè tipiche anche se non esclusive della "guerra diffusa": una
geografia che, almeno in Europa e nel Nordamerica, risente ancora della
tradizione manifatturiera e si presenta spesso secondo le forme di un
"distretto industriale" (piccoli produttori e indotto semi-artigianale
attorno a un?industria leader locale), come nel caso del "distretto
Beretta" della Valtrompia bresciana.Al centro della seconda parte del
volume vi sono invece le forme, i modi e le "strade" che concretamente
seguono i trasferimenti di armamenti tra i maggiori paesi produttori e le
aree a rischio di guerra del mondo. Sebbene sulle forme "coperte" o
illegali di questi trasferimenti i dati siano, per definizione, del tutto
ipotetici, si può tuttavia affermare che non essi si discostano affatto ?
nei modi, nelle tecniche ed anche nelle rotte ? dalle "catene logistiche"
organizzate per servire i trasferimenti ufficiali di armamenti, cioè dalla
defence logistics. Da quest?angolatura, il business del trasferimento di
armi non è che una componente ? sia pure ad alto valore politico-militare ?
del grande flusso delle merci che quotidianamente percorre il pianeta, e ha
vissuto e talvolta anticipato le maggiori tappe della "rivoluzione
logistica" che sostiene i nuovi modi di produrre e di consumare.Lo stesso
settore dei trasporti per la difesa è oggi in realtà un segmento del
complessivo mercato logistico, nel quale i committenti pubblici (forze
armate e ministeri) tendono ad affidare in outsourcing compiti sempre più
estesi e complessi agli operatori civili; e questi ultimi ad assumere ruoli
di sostegno alle operazioni militari via via più vicini alla prima linea e
alle aree a rischio. Se in termini quantitativi la logistica per la difesa
non rappresenta dunque che una quota minoritaria del mercato logistico
complessivo, in assoluto si tratta comunque di cifre ingenti, se si tiene
presente che nell?anno 2000 il solo Dipartimento della Difesa americano ha
speso in logistica ben 84 miliardi di dollari, e che non sono rari i casi
di contratti firmati tra l?amministrazione militare USA e un solo
contraente privato sulla base delle decine e anche delle centinaia di
milioni di dollari.Dal punto di vista tecnico, poi, la tendenza a impiegare
providers civili nella logistica per la difesa ha significativi risvolti:
tra questi, in particolare, l?importanza che le amministrazioni militari
devono riservare alla capacità del mercato civile di fornire la
disponibilità in tempi rapidi per alcune tipologie di naviglio (i traghetti
del tipo Ro-Ro, ad esempio, ma anche i mercantili per "merci varie" e le
portacontainer) e per aerei da trasporto di grande capacità e autonomia. Ne
consegue che tutte le grandi compagnie aeree e marittime, nonché i maggiori
operatori mondiali del trasporto espresso e multimodale risultino
profondamente coinvolti nel business legato alla difesa e al trasferimento
degli armamenti: come hanno confermato i dati che gli autori hanno raccolto
mediante un questionario direttamente sottoposto ad alcune centinaia di
operatori del settore. Il fatto che i grandi operatori siano strettamente
connessi con le amministrazioni militari e statali, e appartengano ? per
capitali, management e anche bandiera ? soprattutto ai paesi del mondo
occidentale e ai loro più fedeli alleati, non fa che approfondire e rendere
strategico lo "squilibrio logistico" già grave tra paesi "primi" e "terzi"
nella competizione economica internazionale; e dà al problema della
sicurezza dei trasporti ? così decisamente sollevato in questi mesi
dall?amministrazione Bush ? un significato ben più largo di quello
attribuitogli dalla campagna anti-terroristica internazionale.Infine, un
terzo blocco tematico è dedicato all?analisi di due case study affrontati
sulla base dei metodi e dei dati già esposti: quello dell?Angola, paese che
ha vissuto una lunghissima guerra endemica, qui visto come terminale
logistico di una catena di ininterrotte forniture militari alimentata da un
vasto numero di paesi produttori, interessati più alle risorse angolane
(oil and diamonds for arms) che all?equilibrio geopolitico dell?Africa
centrale e australe; e quello dell?area mediterranea e nordafricana, nel
quale si analizzano le possibili rotte e le probabili tecniche con cui le
reti del trasporto internazionale hanno potuto mettersi al servizio dei
molteplici focolai di guerre civili ed etniche esplosi negli ultimi due
decenni.In appendice, alcune considerazioni sono dedicate alla vicenda ?
non ancora conclusa ? della revisione della legge 185/90 sul controllo
delle esportazioni italiane di armi: una legge che sta per essere
smantellata dal Parlamento, e che avrebbe invece potuto rappresentare anche
in campo internazionale il primo passo nella direzione di un controllo
democratico sul commercio degli armamenti.Il libro è edito da Jaka Book,
nella collana "Terra Terra", 227 pagine, al prezzo di 14,50 Euro