[Forumumbri] ancora su canterini

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Autor: franco coppoli
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Assunto: [Forumumbri] ancora su canterini
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Il celerino l'avvocato e lo spray
E' un legale l'ultima vittima di Canterini, capo del reparto mobile romano. Al G8 cercava di impedire un lancio di lacrimogeni ad altezza d'uomo e il comandante gli ha risposto con la bomboletta urticante. Ora racconta la storia
ALESSANDRO MANTOVANI
L'ultima tegola caduta in testa al comandante della «celere» romana, le immagini in cui Vincenzo Canterini scarica lo spray urticante su un paio di giovanotti dall'aria pacifica, sembra più pesante di quanto appaia leggendo Repubblica, che ha pubblicato alcune foto domenica e ieri. Perché almeno uno dei due malcapitati, quello che si avvicina nelle foto due e tre della nostra sequenza, non è un manifestante ma un avvocato, Gianluca Vitale, un giovane legale di Torino che il 20 luglio del 2001, al G8 di Genova, portava la pettorina del Genoa social forum con la scritta «avvocato-lawyer». Stava facendo il suo mestiere, impedire gli abusi di cui è rimasto vittima. Ed è stato lui a querelare il comandante del reparto mobile romano, sostenuto da cinque o sei testimoni tra i quali altri due avvocati (uno è l'autore del filmato). Invece il secondo giovanotto «spruzzato» non si sa ancora chi sia. «Ci piacerebbe se contattasse noi o la procura di Genova», dice l'avvocato Massimo Pastore, anche lui di Torino, che ha depositato la querela per conto di Vitale. Il fascicolo è nelle mani del pm Francesco Albini Cardona, che ha sentito Vitale ma non sembra aver fretta. Quanto a Canterini, l'episodio è senz'altro marginale rispetto all «perquisizione» alla scuola Diaz (62 feriti e 93 arresti per lo più illegittimi), nella quale però i «celerini» hanno responsabilità minori rispetto ad altri, ma certo il comandante non fa una gran figura... In sei pagine, fin dal 18 ottobre 2001, Vitale ha raccontato i fatti in modo che più preciso non si può, quasi pignolo, ipotizzando i reati di lesioni aggravate e violenza privata. Accompagnato da un suo collega genovese, l'avvocato torinese era appena arrivato «in piazza Tommaseo», dove i due vedevano «un nutrito gruppo di agenti ed ufficiali di polizia, con diversi furgoni blindati, attestati nella zona della piazza verso corso Buenos Aires - scrive Vitale nella querela - Nonostante nella piazza non vi fossero altre persone (se non alcuni fotografi e pochi altri passanti e curiosi, ma di sicuro nessun manifestante aggressivo), vedevamo sparare diversi lacrimogeni in direzione della scalinata dal lato sinistro della piazza, verso via Pozzo. Ci incamminavamo - prosegue Vitale - su corso Buenos Aires che appariva sgombro. Giunti all'angolo con via Casaregis, all'incirca alle ore 13,15, notavo un agente di polizia che, portato un ginocchio per terra, sparava un lacrimogeno ad altezza d'uomo su via Casaregis, in direzione via Tolemaide, direzione nella quale vi era un gruppo di ragazzi. Vista la scena, e ritenendo ingiustificata l'azione dell'agegente di polizia che poteva mettere in pericolo la vita delle persone, il collega urlava di smettere mentre io urlavo di mantenere tutti la calma». Vitale non aveva riconosciuto Canterini, nella querela parlava perciò di «un ufficiale di polizia con il grado corrisponente a colonnello - una torre e tre stellette - robusto e molto alto».

Secondo il racconto di Vitale il graduato, dopo aver confabulato con un funzionario di ps con la fascia tricolore che potrebbe perciò essere il dottor Lapi, «improvvisamente, si portava ad una distanza ravvicinata e senza alcun motivo, indirizzava un getto di luquido urticante prima verso un ragazzo che osservava tranquillo la scena, e che non aveva fino a quel momento detto o fatto alcunché (è il giovane rimasto sconosciuto) e poi verso di me e verso il collega. A quel punto - prosegue Vitale - si allontanava. Io sentivo subito un fortissimo bruciore al volto, non riuscivo a tenere gli occhi aperti, resporavo a fatica e mi veniva da vomitare».

Intervistato da Repubblica, Canterini non ha negato di essere il funzionario ripreso in quella scena. Ha detto però: «Mi sarebbe piaciuto vedere una foto scattata dall'alto. Perché avrebbe mostrato cosa c'era dietro quel ragazzo, gente che si stava avvicinando rapidamente e non certo per stringerci la mano. Quel ragazzo era la parte avanzata del gruppo». Vitale la racconta diversamente: «A quell'ora c'era già stato qualche problema ma non dov'eravamo noi, alle nostre spalle non c'erano `aggressori'. C'era invece gente che scappava da via Tolemaide, lungo via Tolemaide, nella direzione in cui l'agente stava sparando il candelotto», e cioè alle spalle di Canterini. Raggiunto ieri dal manifesto, il comandante si è rifiutato di fare altri commenti. «Me l'ha consigliato anche l'avvocato, rischiamo solo di fare altri polveroni. Scusi tanto ma è meglio di no».


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Stava facendo il suo mestiere, impedire gli abusi di cui è rimasto vittima. Ed è stato lui a querelare il comandante del reparto mobile romano, sostenuto da cinque o sei testimoni tra i quali altri due avvocati (uno è l'autore del filmato). Invece il secondo giovanotto «spruzzato» non si sa ancora chi sia. «Ci piacerebbe se contattasse noi o la procura di Genova», dice l'avvocato Massimo Pastore, anche lui di Torino, che ha depositato la querela per conto di Vitale. Il fascicolo è nelle mani del pm Francesco Albini Cardona, che ha sentito Vitale ma non sembra aver fretta. Quanto a Canterini, l'episodio è senz'altro marginale rispetto all «perquisizione» alla scuola Diaz (62 feriti e 93 arresti per lo più illegittimi), nella quale però i «celerini» hanno responsabilità minori rispetto ad altri, ma certo il comandante non fa una gran figura... In sei pagine, fin dal 18 ottobre 2001, Vitale ha raccontato i fatti in modo che più preciso non si può, quasi pignolo, ipotizzando i reati di lesioni aggravate e violenza privata. Accompagnato da un suo collega genovese, l'avvocato torinese era appena arrivato «in piazza Tommaseo», dove i due vedevano «un nutrito gruppo di agenti ed ufficiali di polizia, con diversi furgoni blindati, attestati nella zona della piazza verso corso Buenos Aires - scrive Vitale nella querela - Nonostante nella piazza non vi fossero altre persone (se non alcuni fotografi e pochi altri passanti e curiosi, ma di sicuro nessun manifestante aggressivo), vedevamo sparare diversi lacrimogeni in direzione della scalinata dal lato sinistro della piazza, verso via Pozzo. Ci incamminavamo - prosegue Vitale - su corso Buenos Aires che appariva sgombro. Giunti all'angolo con via Casaregis, all'incirca alle ore 13,15, notavo un agente di polizia che, portato un ginocchio per terra, sparava un lacrimogeno ad altezza d'uomo su via Casaregis, in direzione via Tolemaide, direzione nella quale vi era un gruppo di ragazzi. Vista la scena, e ritenendo ingiustificata l'azione dell'agegente di polizia che poteva mettere in pericolo la vita delle persone, il collega urlava di smettere mentre io urlavo di mantenere tutti la calma». Vitale non aveva riconosciuto Canterini, nella querela parlava perciò di «un ufficiale di polizia con il grado corrisponente a colonnello - una torre e tre stellette - robusto e molto alto».</SPAN></SPAN><SPAN style="FONT-SIZE: 10pt; COLOR: black; FONT-FAMILY: Verdana"><BR><BR><SPAN class=testo1>Secondo il racconto di Vitale il graduato, dopo aver confabulato con un funzionario di ps con la fascia tricolore che potrebbe perciò essere il dottor Lapi, «improvvisamente, si portava ad una distanza ravvicinata e senza alcun motivo, indirizzava un getto di luquido urticante prima verso un ragazzo che osservava tranquillo la scena, e che non aveva fino a quel momento detto o fatto alcunché (è il giovane rimasto sconosciuto) e poi verso di me e verso il collega. A quel punto - prosegue Vitale - si allontanava. Io sentivo subito un fortissimo bruciore al volto, non riuscivo a tenere gli occhi aperti, resporavo a fatica e mi veniva da vomitare».</SPAN><BR><BR><SPAN class=testo1>Intervistato da </SPAN><SPAN class=testo1><I>Repubblica</I>, Canterini non ha negato di essere il funzionario ripreso in quella scena. Ha detto però: «Mi sarebbe piaciuto vedere una foto scattata dall'alto. Perché avrebbe mostrato cosa c'era dietro quel ragazzo, gente che si stava avvicinando rapidamente e non certo per stringerci la mano. Quel ragazzo era la parte avanzata del gruppo». Vitale la racconta diversamente: «A quell'ora c'era già stato qualche problema ma non dov'eravamo noi, alle nostre spalle non c'erano `aggressori'. C'era invece gente che scappava da via Tolemaide, lungo via Tolemaide, nella direzione in cui l'agente stava sparando il candelotto», e cioè alle spalle di Canterini. 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