Autor: Tuula Haapiainen Data: Assumpte: [Cerchio] Carla,Karl e Georg Wilhelm Friedrich
Al di là della annosa questione sessuologica, è interessante la controversia
col marxismo..
..per cui beccatevi anche questo anora.:-)
tuula
Il femminismo mi si è presentato come lo sbocco tra le alternative
simboliche della condizione femminile, la prostituzione e la clausura:
riuscire a vivere senza vendere il proprio corpo e senza rinunciarvi.
Senza perdersi e senza mettersi in salvo. Ritrovare una completezza,
un'identità contro una civiltà maschile che l'aveva resa irraggiungibile.
Carla Lonzi, ("Itinerario di riflessioni" in AA.VV. E' già politica,
Scritti di Rivolta Femminile, Milano, 1977)
Durante la primavera del 1970 Carla Lonzi cominicia ciò che lei stessa
definisce la sua presa di coscienza stimolata dalla scoperta del femminismo
e dai contatti con le donne di Rivolta Femminile. L'inizio di questo
percorso è segnato dall'uscita di alcuni scritti della Lonzi i quali sono
considerati da quest'ultima come una premessa all'esperienza più personale
che, in seguito, verrà portata avanti con l'autocoscienza. E' appunto la
pratica di quest'esperienza che le permette di portare alla luce al di fuori
di sé ciò che risultava dalla sua opera di introspezione. Ciò a cui punta
Carla Lonzi non è infatti la teorizzazione di una lotta contro il predominio
maschile in quanto lei stessa si rivolge verso la libera espressione di sé.
Lei stessa si era resa conto, sperimentandolo sulla sua pelle, della
situazione di subordinazione che caratterizzava il ruolo che la società
impone alla donna. Secondo la Lonzi la donna incarnava perfettamente la
figura dello spettatore dell'opera d'arte il quale vive completamente
dimentico di sé e delle proprie capacità creative. La donna, come lo
spettatore, non ha la possibilità di proporre il proprio punto di vista e di
fornire il proprio apporto creativo ma deve vivere nell'illusione del
rapporto che le è fornita dall'uomo. Le conclusioni a cui arriva la Lonzi,
riflettendo su questo problema, non sono, però, frutto di una semplice
teorizzazione. Carla Lonzi parte sempre dall'analisi della propria
esperienza e ogni testo che essa scrive risulta motivato dalle necessità
interiori di quest'ultima. I primi scritti che la Lonzi redige in occasione
del suo ingresso in Rivolta Femminile sono motivati soltanto dalla necessità
di portare al di fuori di sé, di estromettere, tutto lo sdegno che lei
stessa provava nei confronti della sottomissione, o meglio
dell'inespressività, in cui viveva la donna. Questi testi quindi non
vogliono essere dei punti ideologici, delle teorie con cui regolare lo
sviluppo di Rivolta Femminile, ma sono il punto di partenza che permette
alla Lonzi di approdare, piano piano, alla scoperta di sé. Il I Manifesto di
Rivolta Femminile è redatto nel luglio del 1970 con la collaborazione di
Carla Accardi e Elvira Banotti. In questo scritto sono raccolte le frasi più
significative che l'idea del femminismo aveva portato al gruppo di Rivolta
Femmninile. Il bisogno di esprimersi che queste donne sperimentano nei loro
primi incontri è accolto, lo dice la Lonzi, come sinonimo stesso di
liberazione. Liberarsi per la Lonzi, come per le altre donne appartenenti a
Rivolta Femminile, non vuole dire accettare la stessa vita dell'uomo ma
significa esprimere il proprio senso dell'esistenza. Il Manifesto di Rivolta
Femminile diventa proprio il mezzo adatto attraverso cui questo gruppo di
donne ha la possibilità portare sulla carta le proprie idee relative al loro
ingresso nel femminismo. Ciò che in quest'occasione si cerca di porre in
luce è la necessità di fornire voce e sostanza all'identità femminile
individuando gli elementi di misconoscimento contro cui ci si ribellava.
Carla Lonzi afferma infatti come la donna, ponendosi come soggetto, rifiuti
il ruolo assoluto e autoritario che è svolto dall'uomo. Ogni valore
costituito dalla società è stato sfruttato a discapito della donna la quale
non ha la libertà di decidere ma viene inglobata dentro i vincoli sociali.
Il matrimonio come anche la regolamentazione della vita sessuale sono
necessità del potere che non lascia libertà di decisione. Questa situazione
di imparità era anche appoggiata, agli occhi della Lonzi, dalle teorie
metafisiche elaborate dai grandi sistematici del pensiero. Essi avevano
mantenuto il principio della donna come essere aggiuntivo legato alla sfera
privata. Secondo quest'ultima, infatti, discipline tanto diverse quali la
psicoanalisi, il cattolicesimo e il marxismo, hanno un punto ideologico in
comune: la considerazione della donna come un essere sussidiario e
complementare. Ciò, però, risulta motivato dal fatto che queste dottrine
erano nate come forme di regolazione e di interpretazione dei rapporti tra
uomo in quanto superiore e la donna in quanto inferiore. La presa di
coscienza di una simile situazione porta la Lonzi a riflettere su ciò che
era stato scritto dai grandi filosofi del passato confutando i principi
patriarcali che reggevano i loro scritti. Sputiamo su Hegel è scritto da
Carla Lonzi nell'estate del 1970. Qui lei stessa spiega come la donna è
oppressa in quanto donna. Il fattore sessuale è l'elemento discriminante e
non il livello sociale. Anche il marxismo quindi affidando la rivoluzione
alla classe operaia aveva desunto una teoria rivoluzionaria dalla matrice
della cultura patriarcale poiché aveva escluso la considerazione della donna
come oppressa e come portatrice di futuro. Secondo Hegel la donna è il
principio divino che presiede alla famiglia e che non oltrepassa lo stadio
della soggettività. Per questo motivo la donna, riconoscendosi solo nella
famiglia, non può raggiungere l'universalità per cui l'uomo diventa
cittadino. La Lonzi nota come in Hegel l'essere donna non sia riconosciuto
come una condizione umana poiché dipende da un principio divino il quale
s'incarna quindi in un'essenza immutabile. Dando alla differenza sessuale
della sostanza spirituale Hegel non riconosce l'origine umana
dell'oppressione della donna. L'inferiorità della donna non fa parte della
storia umana ma è una condizione immutabile. Secondo la Lonzi la
cancellazione dell'inferiorizzazione della donna dalla storia aveva permesso
a Hegel di vertere la sua teoria politica sulla dialettica tra superiore e
inferiore dove il primo è il padrone e il secondo è il servo. La condizione
della donna, essendo contemplata come principio divino, non è considerata in
questa dinamica sociale. Secondo la Lonzi ciò derivava dal fatto che se
Hegel avesse dovuto applicare al rapporto donna-uomo la dialettica
servo-padrone avrebbe incontrato un ostacolo non indifferente poiché sul
piano donna- uomo non esiste una soluzione che elimina l'altro per cui è
vanificato il traguardo della presa di potere che distingue invece la logica
servo-padrone. La donna è sottomessa all'autorità patriarcale e l'unico
valore che le viene riconosciuto è quello di essersi adeguata come se questa
fosse la propria natura. L'unica cosa che la donna contrappone alle
costruzioni dell'uomo è la sua dimensione esistenziale per cui non possiede
nessuna mitizzazione dei fatti che ha compiuto. La confutazione delle teorie
basilari del patriarcato continua anche con l'uscita nell'estate del 1971
dell'ultimo scritto della Lonzi: La donna clitoridea e la donna vaginale. In
questo testo la Lonzi attaccava le teorie freudiane legate alla sessualità
femminile individuando in esse gli stessi elementi repressivi presenti nella
dialettica servo-padrone elaborata dal marxismo. Entrambi gli ambiti
miravano ad un'utopia patriarcale dove la donna è programmata come un essere
represso ed assoggettato. Secondo la Lonzi, nel caso di Freud, l'uomo
costringendo la donna ad un tipo di rapporto vaginale la priva della sua
autonoma sessualità che corrisponde invece alla clitoride. Il modello di
donna vaginale, in luogo di clitoridea, imposto dalla società patriarcale
alla donna impedisce a quest'ultima la manifestazione della propria
sessualità e la porta ad acquisire la rinuncia e la sottomissione come
caratteristiche del suo essere femminile. Carla Lonzi spiega ancora come,
dal punto di vista patriarcale, la donna vaginale sia considerata come la
manifestatrice di una giusta sessualità mentre la clitoridea rappresenta
l'immatura, la mascolinizzata e addirittura, per la psicoanalisi di Freud,
la frigida. Il femminismo ribalta invece queste teorie. La donna vaginale è
vista come colei che è stata plasmata come consenziente del godimento
dell'uomo, o patriarca, mentre la clitoridea, non accondiscendendo alla
situazione d'integrazione che riguarda la donna passiva, si è espressa in
una sessualità diversa che non coincide col coito. Per godere dell'orgasmo
clitorideo la donna deve trovare un'autonomia psichica. Questa autonomia, di
cui gode la donna che si è allontanata dalla dimensione di assoggettamento
imposta alla donna vaginale, è assolutamente inconcepibile per la civiltà
maschile tant'è che viene considerata come un rifiuto dell'uomo ed un
presupposto per l'inclinazione al lesbismo. La Lonzi spiega invece come
fosse importante affermare il proprio sesso e non solo soddisfarlo. Se la
donna che prova l'orgasmo clitorideo non prende coscienza del fatto che sta
esprimendo la propria sessualità resterà ugualmente succube dell'uomo. La
mancata presa di coscienza porta infatti la donna a non distanziarsi dal
modello sessuale dell'uomo e si adopererà per dimenticare il suo tradimento
e la sua non idoneità la ruolo che le è imposto dalla società patriarcale.
Attraverso questi testi la Lonzi mette in chiaro i punti che nella sua
esperienza personale, come in quella delle altre donne di Rivolta, aveva
individuato come fattori discriminanti nei confronti della donna. Il
raggiungimento di una simile consapevolezza, e la successiva necessità di
redigere per iscritto le sue osservazioni, era stato possibile grazie al
confronto e al riconoscimento che aveva provato entrando in contatto con le
donne di Rivolta Femminile e alla pratica dell'autocoscienza. Ogni testo
della Lonzi è scritto infatti in autocoscienza in quanto lei stessa parte
sempre dall'analisi e dalla verifica della propria esperienza.