[Cm-crew] banalità notturne

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Autor: cm-crew@inventati.org
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Betreff: [Cm-crew] banalità notturne
Johannesburg blues

La riunione indetta dall'ONU sull'ambiente è stata inutile.
Inutile perché indetta dall'ONU, ovvero il consesso degli stati.
E che gli stati contino come il due di picche è vero.
Sì, certo, possono avere forme di governo "diverse" fra loro [ma fino a un
certo punto], possono torturare, uccidere e schiavizzare parte della
popolazione su cui hanno competenza, possono -nel migliore dei casi- avviare
dei sistemi di welfare che tutelino parte della popolazione con il ricavato
della tassazione della parte più ricca. Ma in ogni caso non possono andare
contro ciò che è il modus operandi del capitalismo avanzato, quello degli
immensi flussi finanziari incontrollabili capaci di destabilizzare di per sé
un qualsiasi stato.

Ciò significa che in caso uno stato si ponga una linea d'azione più incisiva,
più ridistributiva, automaticamente scattano la fuga dei capitali all'estero,
la cessazione degli investimenti e dei prestiti stranieri, fino a interventi
militari e terroristici coperti o persino manifesti. Questo succede persino
quando ci sono timidissimi tentativi ridistributivi da parte degli stati più
deboli.
Chiunque tenti una "rivoluzione classica" poi, con l'espropriazione dei
capitali e l'annullamento del debito estero, contratto dalla "gestione"
precedente, sa che va in contro alla sua distruzione. O pensiamo che gli Usa
lascerebbero, che so, il Brasile compiere un'azione simile? Ve lo immaginate
davvero Lula nazionalizzare le industrie straniere?! Andiamo...

Visto che le multinazionali più potenti - di gran lunga - sono quelle legate
all'estrazione, commercializzazione e all'industria del petrolio, dei suoi
derivati e delle sue applicazioni (l'automobile), e che queste hanno un giro
d'affari ben più grande della maggioranza degli stati, in grado di comprare,
corrompere e sovvertire intere regioni del globo, ne consegue che per aver
successo il vertice di Johannesburg non avrebbe potuto fare a meno del loro
assenso.

Ovviamente la logica con cui funzionano le multinazionali è quella del
profitto, a una riduzione della produzione non possono nemmeno pensarci, è
pacifico allora che un vertice che avesse partorito una decisione radicale, un
cambiamento del modello di sviluppo, o una maggiore e più equa ripartizione
delle risorse disponibili, sarebbe stato immediatamente boicottato e reso
inoperativo.
Questo vertice doveva fallire, questo era, ed è, lo scopo dell'industria del
petrolio, emanazione e incarnazione della quale è la famiglia Bush tanto
quanto Karzai o i principi Sauditi. Il manico del coltello sta dalla loro
parte, non ci piove.
D'altro canto persino Prodi ha capito che la direzione che ha preso questo
sviluppo è un vicolo cieco, che presto il gioco salterà, che bisognerà
ridiscutere le regole o ora o quando sarà "l'evidenza stessa della natura" che
ce lo imporrà.
Personalmente preferirei prima del prossimo disastro ambientale...

Il problema è che fintanto che non si siano convinti di ciò anche i gruppi di
potere delle grandi multinazionali, le cose non cambieranno. E se non
cambieranno idea periranno con essa (e temo con molta altra parte della
popolazione mondiale).
Ora potrebbe sembrare che le opzioni siano due: o passivamente attendere che
la Terra ci fermi come specie, sottraendoci l'aria o l'acqua, dopo averle
avvelenate e usate tutte; o combattere attivamente chi detta tali politiche
suicide per la collettività.
Però risulta inagibile la strada della cosidetta "rivoluzione", perché un
modello rivoluzionario che si è dimostrato già raramente fattibile (non sto
dando un giudizio di valore, ma di semplice fattibilità) quando ancora gli
stati erano tali ora contro chi si deve rivolgere per aver successo?
A prendere la strada dello scontro diretto si possono ottenere solo eroi di
cui piangerne la fine: eroi, ma sconfitti. (e qui ognuno può metterci i suoi,
io ci metto Vera Figner, Louise Michels, Durruti, Nestor Machno e tutti quegli
anonimi a Shanghai nel '27 e a Kronstadt nel '21, etc. etc.)

Inoltre c'è il problema non secondario che i mezzi e i fini devono stare sullo
stesso livello. Il caso Nechayev del 1869 ha dato una lezione chiara: ogni
gruppo che si fa dittatoriale con lo scopo di liberare la società non farà che
riprodurne le abiezioni. Lo stesso si dovrebbe essere capito, e in scala
enormemente superiore, anche con lo stalinismo, tanto per citare anche l'altra
"grande famiglia rivoluzionaria".
Pertanto o gli individui che compongono la società capiscono la posta in gioco
o non li si può forzare a nulla. La forza delle idee è nuda.

Quindi per me non c'è che la dissociazione.
Mi dissocio da questo modello di sviluppo. Vado in bici. Né scontro diretto né
attesa passiva. Mi permetto il lusso di andare in bici, lusso perché per molti
l'auto è una necessità data dalla mancanza di alternative. Il modello di
sviluppo li ha incatenati a sé, e possono uscirne solo riducendo la qualità
della vita. Facendo i conti, le cose che non posso fare senz'auto non sono per
me fondamentali, quindi le escludo, me ne privo e vado in bici. Questo è un
granellino di sabbia nell'ingranaggio. Perlomeno mi permette di pensare che
non sono un collaborazionista. Solo promuovendo alternative all'attuale
sistema dei trasporti si potrà vincere l'auto, e questo potrà avvenire solo se
in molti cominceranno a rivendicare le alternative come un diritto.

¿Ritengo che le banche utilizzino i risparmi in modo contrario alle mie idee
(finanziando imprese o gruppi militari o regimi a me odiosi)? ¿Ritengo che il
denaro non debba produrre denaro, e che l'applicazione di interessi produca
ricchezze sempre più grandi in mani sempre minori? Allora esco dal gioco, non
"faccio fruttare" (!?) i miei soldi, li sottraggo alle banche e allo stato.
Con quelle 2 lire non cambio il mondo, ma vado in ostinata direzione
contraria.
Questo lo faccio per me. Non per decidere per tutti cosa è giusto e cosa no.
Cosa sarà mai un conto corrente? Nulla, ma intanto se compiono dei delitti lo
faranno senza il mio nome e senza il mio contributo.

Come dicevano già decenni fa degli olandesi che avevano capito:
"Una bicicletta non è nulla, ma è già qualcosa!"