[CSSF] crisi dell'Ulivo

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da LIBERAZIONE" del 7 giugno 2002


La sinistra Ds si interroga sulla crisi dell'Ulivo
Centrosinistra tutto da rifare
Angela Azzaro

Ora dopo ora si inasprisce la crisi dell'Ulivo. La
presa di posizione di Francesco Rutelli contro la Cgil
e a favore di Cisl e Uil mette in evidenza uno
sbandamento già noto ma che ora assume toni e
sfumature tragicomiche. Se non fosse che in gioco ci
sono le sorti del paese, a partire dai diritti dei
lavoratori. A subire maggiormente i colpi della
polemica che vede al centro l'articolo 18 non potevano
che essere i Democratici di sinistra: un'anima divisa
in due e anche più che da una parte vede il tentativo,
guidato dal segretario Piero Fassino, di mettere tutto
a tacere, dall'altra deputati, deputate e dirigenti,
soprattutto della sinistra del partito, che sulla
questione del lavoro non vogliono scendere a patti. Il
capogruppo al Senato, Gavino Angius, che l'altro ieri
era stato protagonista delle critiche a Rutelli, non a
caso viene subito smentito dalla segreteria. Ieri, il
coordinatore Vannino Chiti lo ha detto chiaro e tondo:
«Angius ha parlato a titolo personale». Ma questa
presa di distanza non basta per smorzare i malumori.
Né le critiche a partire da Angius che non fa neanche
un passo indietro. «L'Ulivo per come lo abbiamo
conosciuto fin qui - esordisce il deputato ds, Alfiero
Grandi - è arrivato al capolinea. Il problema non è
discutere sulla leadership ma sulla natura della
coalizione. Quando, però, Rutelli fa certe
dichiarazioni sull'articolo 18 e si schiera con Cisl e
Uil, è evidente che non è più il leader della
coalizione». Un passo falso quello del presidente
della Margherita, che secondo Grandi avrà
ripercussioni «drammatiche» sia per lo stesso partito
di centro sia per le due confederazioni sindacali che
hanno scelto di sedersi al tavolo delle trattative.
«Se veramente non le si voleva lasciare sole -
continua Grandi - non si doveva avere un atteggiamento
di comprensione, ma di confronto critico». Questo
problema, pur macroscopico, è solo uno dei tanti guai
dell'Ulivo, dato per malato grave ormai da diverse
voci, anche interne. «Un primo errore - commenta il
deputato dei Ds - è stato quello, all'indomani della
sconfitta elettorale, di proporre come soluzione il
ridimensionamento della coalizione, limitandola alle
sue componenti fondamentali. Oggi purtroppo siamo
ancora a quella fase lì, mentre non si affronta il
problema vero: come fare opposizione fuori dallo
schema dell'Ulivo e coinvolgendo tutte le forze, da
Rifondazione comunista all'Italia dei valori. Lo so
bene: il dialogo non è semplice, ma non si può più
rinviare il confronto programmatico per arrivare a una
proposta politica condivisa su alcuni punti
qualificanti. La rottura del '98 è stata la
conseguenza di un logoramento della prospettiva di
fondo. Fatto l'euro si è stati incapaci di affrontare
la seconda fase, quella basata sul lavoro come
fondamento della società, come altra idea dello
sviluppo». Circa due mesi fa, un primo passo verso un
confronto vero tra le opposizioni era stato fatto. Su
proposta di Rifondazione comunista i gruppi della
Camera dell'Ulivo e del Prc si erano ritrovati per
decidere all'unisono «ostruzionismo» e campagna
referendaria. Oggi, quella riunione appare solo come
un bel lontano ricordo. «In quella occasione -
conclude Grandi - ho visto una speranza. L'abbiamo
persa per strada». «Era stata una buona iniziativa -
incalza un'altra deputata ds, Fulvia Bandoli - ma
bisognava andare avanti. Con un governo così dovremmo
confrontarci seriamente per mettere in atto
un'opposizione efficace che riesca a vincere almeno su
qualche punto, anche per dare fiducia al movimento dei
movimenti. Ma se il confronto deve esserci che sia
fatto su temi precisi, in maniera tale da arrivare con
posizioni condivise in Parlamento. Di recente 52
parlamentari dell'opposizione hanno votato contro la
missione "Enduring freedom" in Afghanistan. Oltre a
Rifondazione, Verdi e Pdci anche alcuni di noi hanno
espresso parere contrario. L'Ulivo dovrebbe iniziare a
confrontarsi su queste grandi questioni». Quanto a
Rutelli, Bandoli non ha dubbi: «Non rappresenta più
l'Ulivo. Angius non ha fatto altro che dire quello che
tutti già sanno. Il punto è però discutere nel merito
delle questioni politico-programmatiche: quali
diritti, quale sviluppo vogliamo?». Luciano Pettinari,
del Direttivo nazionale ds e tra i promotori dei
referendum sul lavoro, va giù ancora più duro: «Nel
momento che colui che dovrebbe essere il leader
dell'opposizione si schiera dalla parte dei due
sindacati che scelgono di stare con il governo, è
evidente che il suo ruolo all'interno dell'Ulivo è
nettamente compromesso». Anche per Pettinari: «Il
problema della leadership è secondario. La vera
emergenza è un'altra: l'Ulivo è in crisi; dobbiamo
lavorare per costruire una nuova coalizione con
Rifondazione e Italia dei valori. Ma non basta
aggiungere le due forze politiche. E' necessario
iniziare da capo. Il potenziale, come dimostrano le
amministrative, non manca. L'importante è non
sprecarlo».



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