[Cerchio] Fw: [fori-sociali] da DIARIO n.18/2002

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Sent: Saturday, May 11, 2002 3:30 PM
Subject: [fori-sociali] da DIARIO n.18/2002



L'arma chimica
di Enrico Ratto

II 6 aprile scorso, a Genova, durante la conferenza internazionale su
«Diritti fondamentali e globalizzazione», il chimico Edoardo Magnone
presenta il suo intervento mostrando a tutti uno strano oggetto.
È un candelotto lacrimogeno esploso, uno dei souvenir che a Genova sono
stati in molti a raccogliere dall'asfalto, visto che secondo la magistratura
ne sono stati sparati 6.200 nel giro di ventiquatt'ore.
Gli effetti di quei candelotti, però, iniziano a vedersi solo ora. In
termini tecnici la sostanza irritante sparata a Genova e prodotta
dall'inaccessibile stabilimento Simad dell'Aquila, è il gas Cs, considerata
«arma chimica» dal Protocollo di Ginevra che ne proibisce l'uso in tempo di
guerra. Subito dopo gli attacchi dell'11 settembre, inoltre, una
comunicazione del ministero della Sanità, considerava il Cs una potenziale
arma chimica utilizzata dai terroristi di Al Qaeda, mentre altri dossier
pubblici parlano di una sua pericolosa presenza nell'armamento dell'Iraq.
Dipende dalle dosi e dalle modalità di somministrazione, certo, ma che il Cs
abbia sempre fatto poco bene alla salute di chi lo respira, manifestanti o
poliziotti che siano, non è mai stato un segreto.
L'effetto «reversibile» e la possibilità di un utilizzo «mirato» sono i
punti forti del Cs. Di fronte alla Commissione d'inchiesta peri ratti'di
Genova ne sarebbero state elogiate in particolare queste due
caratteristiche: si è cercato di dimostrare, insomma, che i lacrimogeni, a
Genova, sono serviti per neutralizzare in maniera mirata i pochi black bloc
presenti in corso Italia il pomeriggio del 21 luglio. In parlamento si
occupa del caso il senatore verde Francesco Martone, che vuoi sapere se i
potenziali danni per la salute siano stati attentamente valutati dal
governo. Martone è fra l'altro il firmatario di una proposta di legge che
mira a rendere individuabili i poliziotti in servizio di ordine pubbliche
attraverso un numero di riconoscimento.
Laura Corradi, docente di Sociologia all'Università di Venezia, il
pomeriggio del 21 luglio si trovava a Genova, e con il black bloc aveva poco
a che rare. Tuttavia «nei giorni immediatamente successivi alla
manifestazione ho accusato una forte stanchezza», racconta, «ho iniziato ad
avere un forte mal di gola e poi la febbre, finché in agosto sono stata
ricoverata in ospedale per una forte tosse che mi portava a crisi
respiratorie». Per un mese le sono state fatte tutte le analisi, dall'Hiv
alla bronchite, e alla fine i media hanno attribuito quei disurbi «con
elevata probabilità all'inalazione del gas Cs».
Una sostanza di cui si conosce ancora molto poco, sia dal punto di vista
accademico, sia sul suo utilizzo come principio attivo nei candelotti
lacrimogeni.
«Non se ne conoscono gli effetti a lungo termine», spiega Edoardo Magnone,
che fa ricerca all'Università di Genova ed è membro del gruppo Scienziate e
scienziati contro la guerra. «Un articolo di prossima pubblicazione della
rivista scientifica Joumal of Chromatographya dimostra che il Cs, se portato
ad una temperatura tra i 300 e i 900 gradi, dà origine a 20 sostanze
organiche, di cui solo 8 sono conosciute. Sulle altre 12 non si sa ancora
nulla. Per questo è importante studiare il funzionamento delle carabine con
cui vengono sparati i candelotti. E questo non è ancora stato possibile».
Nel giugno del 2000, l'organismo scientifico del Parlamento Europeo, lo
Stoa, ha condotto un'indagine sulle 115 mila pagine che la ricerca chimica
ha dedicato al Cs, facendo notare come il suo impiego sotto forma di spray,
piuttosto diffusa negli Stati Uniti, o «in ambienti stretti, chiusi e privi
di vie di fuga (uno scenario che ricorda da vicino le vie e i sottopassaggi
di Genova, ndr), «possa provocare gravi effetti collaterali immediati come
ustioni, gastroenteriti, dermatiti e riduzione della capacità polmonare».
Tutte informazioni e documenti già in circolazione ben prima del G8 di
Genova, visto che, anche in un singolare comunicato datato 17 luglio 2001,
l'organizzazione esibiva tutta la «task force sanitaria messa in campo dalla
Regione Liguria, in collaborazione con le aziende ospedaliere, le Asl e il
118», senza dimenticare di citare l'installazione «presso l'ospedale San
Martino di docce di decontaminazione per persone colpite dai gas
lascrimogeni».
Alle domande sul gas non sono state date risposte nemmeno in Parlamento,
nonostante siano passati cinque mesi dall'interrogazione del senatore
Martone, presentata in seguito alle denuncie per danni permanenti presentate
dai legali del Genoa Legai Forum, che renderebbero privo di significato il
requisito della «reversibilità» del gas.
Per il momento, al fenomeno del Cs e ai suoi effetti collaterali sconosciuti
hanno dato solo un nome, e ben poco rassicurante: la Sindrome di Genova.


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