Szerző: cybergobbo Dátum: Tárgy: [Forumumbri] a proposito di fascisti burattini
...videoidioti.....storie di ordinario autoritarismo......
Cari Besana e complici,
Mi sembra innanzitutto necessario restituire il contesto nel quale il
sottoscritto, insieme ad Oreste Scalzone, ha attaccato duramente la
manifestazione di cui lei ci dice essere uno degli organizzatori, e avanzato
dure critiche nei confronti di coloro che impiegano abusivamente la
categoria del " fascismo ", per spiegare un fenomeno, quello berlusconiano,
che ha ben altra natura e dunque richiede ben altri apparati teorici e
strategie politiche per essere affrontato e sconfitto. Non serve qui
segnalare che una politica mossa da una pessima analisi ha ben poche
possibilità di successo. Da questa consapevolezza muove dunque la nostra
polemica, non certo recente, verso letture della realtà italiana avventate,
fantasiose, volgari, stolte, inconsistenti, da " conjuration des imbécilles
", come le definirebbe Baudrillard. Letture che nella maggior parte dei casi
non elucidano affatto l'oggetto (nel caso specifico la situazione italiana e
il berlusconismo), ma rivelano il soggetto, la natura di colui che parla, le
sue idiosincrasie, le sue ossessioni, paranoie, ambizioni e miserie. È il
caso dei Tabucchi, dei Vattimo, dei Moretti e persino dei Fo.
Il 31 gennaio, durante l'ultima giornata del convegno a Paris 8, qualcuno ha
in modo molto pertinente sollevato dei dubbi nei confronti di un intervento
che impiegava il termine " fascistizzazione " per spiegare gli eventi di
Genova (luglio 2001). Questa persona avanzava un parallelo con quanti in
Francia avevano inflazionato il termine " lepenizzazione " per spiegare come
questo approccio si fosse poi, in realtà, rivelato assai futile e ben poco
operativo.
Questa obiezione è corretta, si è trattato, infatti, di una strategia
allarmista, ansiogena, drammatizzante, che focalizzandosi ossessivamente
sullo spauracchio, il mostro, ha consentito alle tematiche lepeniane di
pervadere lo spazio politico senza grandi contrasti. Le Pen è rimasto
all'angolo ma l'ossessione securitaria e le politiche antimigrazione sono
divenute patrimonio comune nello scacchiere politico. Un processo analogo
investe la situazione italiana, dove tra coloro che si dimenano, stramazzano
e gridano contro Berlusconi, si avverte una malcelata fascinazione, un
tentativo goffo d'imitarne riti e miti, senza mai andare oltre la brutta
copia dell'originale (si vedano i poveri Veltroni e Rutelli, nani nel
giardino botanico della sinistra italiana). La differenza con la Francia sta
nel fatto che Berlusconi invece di restare all'angolo è andato al governo
per ben due volte, nel mentre il sistema politico si è berlusconizzato,
l'economia pure, la sinistra soprattutto. Insomma Berlusconi fa egemonia,
avrebbe detto un famoso gobbetto passato di moda. E se qualcuno se ne
ricordasse, invece di leggere Tabucchi, guardare le commedie di Fo oppure
farsi rimbambire da Vattimo, forse oggi saprebbe distinguere tra egemonia e
totalitarismo.
Ma andiamo con ordine : dopo quanto detto da Brossat sono intervenuto per
convenire sulla sua osservazione ed è lì che ho introdotto la polemica nei
confronti di coloro che ricorrono in modo improprio alla nozione di fascismo
o di deriva autoritaria per spiegare l'attuale situazione italiana. Questa
critica non era rivolta direttamente al vostro testo, che seppur non fa
esplicita menzione del termine fascismo, come giustamente lei sottolinea,
aderisce comunque pienamente alla vulgata della deriva autoritaria.
Sabato 12 gennaio
Detto questo, non prendiamoci in giro, caro Besana. Il vostro testo è
intelligentemente misurato, lima, sfuma, gira attorno al concetto.
Probabilmente è stato il risultato di concessioni e mediazioni. Ma insieme
al testo c'è il contesto, e lei che fa studi filosofici deve saperlo meglio
di me che sono un autodidatta formatosi tra carceri e latitanze. Ed il
contesto è fatto di premesse importanti, decisive, che s'avvalgono di
tribune prestigiose, con tirature di centinaia di migliaia di copie, che
parlano alla grande opinione, che fanno opinione molto di più che un piccolo
volantino. Mi riferisco al testo di Dario Fo dal titolo evocatore, "Il nuovo
fascismo è arrivato", pubblicato su Le Monde dell'11 gennaio 2002, per
pubblicizzare l'incontro tenutosi con Antonio Tabucchi, Gianni Vattimo e
Enzo Traverso, il successivo 12 gennaio. Ad esso si è poi aggiunto
l'azzardato parallelo che il filosofo Gianni Vattimo ha mosso tra i
progettati cambiamenti in Rai previsti da Berlusconi, una volta sopravvenute
le scadenze naturali dei mandati dirigenziali, e Auschwitz (Battista sulla
Stampa). C'è stato il fondo d'Ignacio Ramonet su Le Monde Diplomatique
(febbraio 2002) che chiama alla vigilanza contro la demagogia populista del
capo di Forza Italia e, come se non bastasse, è poi venuta, a posteriore
conferma, l'intervista allo stesso Tabucchi (Le Monde, 6 febbraio 2002), con
una altisonante denuncia contro il : "baratro del totalitarismo".
Insomma, nelle ultime settimane si è intensificata una vasta campagna
d'opinione nella penisola e all'estero che presenta l'Italia come una
"democrazia in pericolo". Non è vero, dunque, quanto lei mi scrive : "Urge
ricordare che mai da parte nostra è emerso un simile giudizio [che farebbe
de governo Berlusconi una realtà di tipo fascista, ndr] : siamo infatti
unanimi nel concordare che del governo Berlusconi occorra trovare le nefaste
novità, più che gli elementi che lo accomunano apparentemente a schematismi
pregressi".
Caro Besana, non siete affatto unanimi e se lei è in disaccordo con quanti
parlano di fascismo farebbe bene a condurre una battaglia politica
chiarificatrice nell'interesse della sua posizione, invece di restare
subalterno. Sarebbe il caso di far tacere quei nefasti prediparola che sono
i Tabucchi e i Fo. Ne sa qualcosa Adriano Sofri che nella sua cella di Pisa
deve pensare ancora a quel vecchio adagio popolare che dice : dai nemici mi
guardi iddio che dagli amici mi guardo io.
La denuncia della "deriva autoritaria" è un vecchio arnese della retorica
politica, della sua vis polemica. Chi ha un po' di anni ci può raccontare
con dovizia di dettagli come tutto cominciò, almeno per quanto riguarda
quella repubblica di mezza età che è l'Italia, con la "legge truffa". Da
allora, il tema del golpe istituzionale, della violazione della Costituzione
ecc., è stato un argomento ricorrente fino a Gladio. Una raccolta letteraria
delle parole dette e scritte su questo tema si trasformerebbe in una
divertente antologia del paradosso. Quelli che nel 53 portarono le masse in
piazza contro una legge che, "furbescamente" si diceva all'epoca,
introduceva il premio di maggioranza snaturando lo scrutinio proporzionale
che rispondeva allo spirito consociativo del dettato costituzionale (il
famoso compromesso tra masse popolari d'ispirazione cattolica, socialista e
comunista), gli stessi che per anni sventolarono le carte del progetto
"Rinascita" di gelliana memoria, considerato un condensato eversivo della
longa manus americana, dei fascisti, dei capitalisti affaristi e di alti
funzionari, magistrati e classe politica corrotta, hanno poi sposato alla
fine degli anni 80, con un semplice tour de valzer, la riforma elettorale,
le capacita riformatrici e modernizzanti (non più diabolicamente
truffaldine) del maggioritario, dell'elezione diretta dei sindaci, dunque
d'elementi di presidenzialismo, caldeggiando sostanziose riforme
istituzionali e modifiche costituzionali che saccheggiavano gli appunti del
progetto Rinascita e i temi forti del dirigismo craxiano.
Ricordate i referendum sulla legge elettorale, quello del 91 sulla
preferenza unica e quello del 93 sul maggioritario ? Ricordate l'alleanza
d'Occhetto con i pattisti di Segni mentre Craxi andava al mare ? Non vi dice
nulla la commissione bicamerale presieduta da D'Alema, oppure vi dilettate
nell'esercizio della selezione della memoria, requisito essenziale per
riscrivere la storia e reinventare il passato come meglio vi aggrada ? Il
romanziere Tabucchi è un grande maestro, bisogna riconoscerlo.
Tabucchi pretende
Nel vostro volantino citate la " crescente centralizzazione del potere
esecutivo ", verticalizzazione si diceva un tempo, sempre Tabucchi denuncia
come prova del baratro totalitario che starebbe risucchiando l'Italia,
l'intenzione da parte della maggioranza berlusconiana di modificare un
articolo della costituzione, nemmeno di riscrivere la Costituzione o
modificarla ampiamente, come era negli intenti della coalizione dell'Ulivo
durante la sua stagione governativa. Il professor Sartori direbbe al
malcapitato studente Tabucchi di ritornare a settembre e preparare meglio
l'esame di diritto costituzionale. Le Costituzioni, il diritto e la politica
non sono letteratura, dove la stravaganza è un valore aggiunto che fa la
differenza. Ogni Costituzione contiene una norma, un chiavistello che ne
consente la modifica parziale o totale, definendone in modo rigido le
modalità. Ogni Costituzione prevede ch'essa possa mutare, essere evolutiva o
involutiva (questo è poi un giudizio di valore). Modificare la Costituzione
è un atto pienamente costituzionale, se fatto nel rispetto delle regole che
essa stessa prefigura e sotto la vigilanza della Corte costituzionale.
Questo sta accadendo in Italia. Non è sulla fantomatica illegalità di quel
cambiamento che va fatta opposizione, ma sulla natura, sulla sostanza di
quel mutamento che dovreste fare battaglia. Invece del contenuto sociale di
quel cambiamento sembra non interessarvi nulla. Si da il caso, poi, come
denuncia Manzella, grand comis di Stato, enarca italiano, che l'artificio
del quorum dei due terzi, previsto come strumento di garanzia contro le
modificazioni a maggioranza semplice in un regime retto da scrutinio
proporzionale, è di fatto oggi incapace di tutelare l'opinione
dell'opposizione poiché il proporzionale è stato gettato alle ortiche. Col
maggioritario, infatti, si può largamente ottenere il 70 % dei seggi con una
percentuale di voti che supera appena il 40 % de suffragi espressi. La
minoranza più cospicua dei voti espressi diventa come nei giochi di
prestigio stragrande maggioranza. Ciò induce alcuni a parlare di " deriva
autoritaria ". Ma il responsabile di questa " deriva " non è Berlusconi, il
quale quando queste modifiche sono state introdotte non pensava lontanamente
d'entrare in politica, bensì gran parte di quelle forze politiche che oggi
riempiono le fila dell'opposizione. Atroce legge del contrappasso.
Inesorabile frusta per le loro chiappe. Lucida vendetta della storia. Che la
sinistra pianga se stessa e le sue illusorie strategie d'ingegneria
istituzionale che hanno preceduto quelle giudiziarie. Questa regola valeva
quando il centrosinistra era al governo e sarebbe valsa ancora se l'Ulivo
avesse saputo conservare l'esecutivo, nel qual'caso non credo che Tabucchi
avrebbe preteso di denunciare il baratro totalitario.
È una specie davvero strana questa sinistra italiana che declama la sua
adesione ai valori "democratici e liberali dell'Occidente", che ha voluto
con tutte le sue forze modernizzare il sistema istituzionale decantando le
lodi della governabilità, ovvero quella "centralizzazione dell'esecutivo",
che vi fa gridare oggi al rischio d'un "sottile autoritarismo" e poi non sa
accettare il risultato dettato dallo spoglio dei voti, contesta le regole di
un gioco che essa stessa ha costruito per la sola ragione che non ha saputo
vincere a causa della sua cronica imperizia delle membra.
Meglio sarebbe stato, per quelli che si riconoscevano in un orizzonte
comunista e anticapitalista, l'esercizio delle critica radicale, la pratica
del conflitto, ma questa è un'altra storia... che a Tabucchi piace ancora
meno di Berlusconi e che egli cercherebbe subito di tacciare come una "trama
oscura del doppio Stato".
Questo vostro dimenarvi inconsulto e sgangherato più che testimoniare una
lucida e matura volontà opposizionale (sia essa dentro il sistema o
antisistema, lib/lab o antagonista, bipartisan o ispirata alla logica
dell'alternanza), è piuttosto rivelatore della profondità della vostra
sconfitta, la cui consapevolezza, portata e ragioni non avete ancora
sufficientemente elaborato. Siete tutt'ora sotto lo choc di maggio. Non ne
siete usciti come non avete visto arrivare quella sconfitta largamente
preannunciata. Le vostre ragioni, i vostri argomenti, la vostra decisione di
mobilizzarvi il 12 febbraio, non manifestano la vostra opposizione ma solo
la vostra inadeguatezza. Nanni Moretti, che urla contro l'incapacità della
burocrazia politica che sta sul palco insieme a lui, è inadeguato, e forse
anche più, degli stessi Fassino, Rutelli, D'Alema, Parisi e ieri Veltroni e
Prodi. Quel Moretti che aveva indicato, come faceva l'inquisitore con la
strega, in Fausto Bertinotti il responsabile della sconfitta elettorale del
13 maggio scorso, oggi se la prende con quelli ai quali sei mesi prima
diceva che andava dato il voto. Forse Moretti, prima di tacere per sempre,
dovrebbe riconoscere che quella sua indicazione non era la migliore, che
altri s'erano accorti ben prima di lui della inadeguatezza dell'Ulivo, o No?
Ma Moretti non è uso ad autocritiche. I moralisti, per giunta noiosi come
lui, sono adusi piuttosto a fare l'autocritica degli altri.
Nel vostro volantino ponete la Costituzione come baluardo ultimo oltre il
quale non è possibile andare, unità di misura dei vostri giudizi politici.
Nella lettera di accompagnamento lei aggiunge che "Altra poi è la
discussione - necessaria, ma da tenersi in altra più opportuna sede - sui
pregi e sui limiti di detta Costituzione, e sul fatto che le azioni di un
governo quale quello di Berlusconi siano una evoluzione implicita del
sistema in cui si sviluppano o siano un cancro che lo aggredisce come un
corpo estraneo". Vede Besana, lei pensa che da parte nostra possa venire una
obiezione che in alcuni codici viene definita "ideologica". Non ha capito!
Certo il nostro rapporto con la Costituzione italiana non è dei migliori,
visto che in suo nome siamo stati a suo tempo inquisiti e condannati (per
aver commesso atti che "perseguivano fini di sovversione dell'ordinamento
costituzionale", recitava così l'aggravante penale che ci è stata inflitta e
che tuttora ci rende de latitanti). Questo lo preciso per chiarezza, a
scanso d'equivoci e perché non amo ipocrisie. Ciò detto, sono cresciuto in
una famiglia comunista che mi ha educato a rispettare e credere nei valori
della Resistenza, di una certa Resistenza, quella della guerra civile e di
classe descritta con dovizia storica da Pavone, non quella patriottica. In
questo insegnamento c'era anche la Costituzione, un compromesso utile. Mio
padre agitpropcomunista si è fatto gli anni 60, Porta San Paolo, Tambroni,
conosceva a memoria la caserma romana di Castro Pretorio (quella del primo
celere tristemente noto a Genova) dove era finito infinite volte. Poi sono
venuti gli anni 70, il distacco e la critica all'insufficienza di quel
compromesso. Chiedevamo di più e di meglio. Ma i miei rilievi attuali
esulano da un giudizio di valore filosofico-politico di quel testo. Non mi
interessa discettare se la Costituzione sia buona o meno, le sto solo
segnalando il fatto che a considerare insufficiente quella Costituzione e a
chiederne delle modifiche che andavano nel senso che voi oggi state
denunciando, sono stati in gran parte, alla fine degli anni 80, quegli
stessi che oggi gridano al lupo contro Berlusconi e che hanno ispirato il
vostro volantino. Berlusconi è arrivato ultimo e a giochi fatti. Diciamo che
ne costituisce la naturale conseguenza. Il normale compimento. La ciliegina
sulla torta.
Rubare ai ricchi per dare ai poveri!
Potevate trovare argomenti diversi e senza dubbio migliori, più utili e meno
autocontraddittori, invece d'esercitarvi in un misero gioco delle tre carte.
Pochi giorni fa, il responsabile giovanile di Forza Italia, dichiarava con
spudorata arroganza che quella sorta di caravanserraglio che si stava
riunendo a Porto Alegre, non era altro che l'incontro di una banda di pirati
che "vuole rubare ai ricchi per dare ai poveri". Questo è il berlusconismo !
Ma voi non lo dite. Prendete una particolare cura nell'evitare tutti quei
temi che potrebbero ledervi le simpatie di quella borghesia, pardon !
"società civile", insomma i salotti buoni, le signore dabbene, le corti di
Nanni e ballerine che, come ha scritto don Mazzi sul Manifesto, commentando
la manifestazione indetta dei professori universitari di Firenze, sfilava in
visone perché ha perso certezze e sicurezze in questi anni di "guerra civile
borghese", ovvero la guerra giudiziaria che ha traversato gli anni 90 ed
ancora si protrae. Detta in modo crudo, Tangentopoli è stata una guerra
civile borghese, un regolamento di conti con relativa sospensione delle
reciproche garanzie tra settori della classe dominante. "Fu la grande
borghesia italiana, molto prima dell'arresto di Mario Chiesa da cui prese il
via la vicenda di Mani Pulite, a condannare un ceto politico giudicato
inefficiente, costoso, lento", parole di Massimo D'Alema, Corriere delle
Sera del 7 gennaio 2002.
Nel testo del vostro volantino attirate l'attenzione su tre punti:
- Il problema del conflitto d'interessi chhe darebbe luogo alla telecrazia,
il totalitarismo mediatico e la teledipendenza
- la violenta repressione bagnata di sanguue avvenuta a Genova
- lo scontro col sistema giudiziario
Ora quando si decide di condurre una battaglia ognuno stabilisce le sue
priorità strategiche, seleziona gli argomenti, individua punti di forza e
debolezze. Ma la politica, almeno quando non si riduce a puro mantenimento o
conquista del potere, non è solo tecnica ma traduce interessi materiali e
concezione del mondo. I temi prescelti sono dunque dei rivelatori di ciò di
cui si vuole parlare e di ciò di cui si vuole tacere.
Di cosa parlate?
Il conflitto di interessi è un fatto oggettivo. In tutti i paesi seriamente
borghesi esiste una legislazione che regola il rapporto tra grande proprietà
e politica istituzionale. Da anni il professor Sartori ci spiega e rispiega
le soluzioni possibili sulla scorta dell'esperienza d'altri paesi, USA in
testa. Sembra quello il modello di riferimento. Niente d'eccezionale
insomma. Sappiamo come poi si realizzino quotidianamente le congiunzioni
d'interessi in quelle "grandi democrazie". Lo scandalo Enron ce lo ricorda.
Ma la forma è quanto mai sostanza e convengo con voi che la questione vada
risolta. Il problema sopravviene quando però si vuole fare di questo
argomento un tema da guerra civile. Allora occorre sottolineare che :
a) Berlusconi ha perso le elezioni nel 96 pur controllando tutte le reti,
sue e pubbliche, il che, per nostra fortuna, vuol dire che i confronti
elettorali si vincono o si perdono anche per altre ragioni che riguardano
innanzitutto le linee politiche e le scelte economiche;
b) L'Ulivo è stato al governo per cinque anni e dunque ha avuto tutto il
tempo, nonché i mezzi legislativi, per risolvere con una legge opportuna
questo problema, ma non lo ha fatto;
c) La natura familiaristica del capitalismo italiano, il suo carattere
"protetto", la commistione col potere politico è un aspetto costitutivo del
capitalismo nostrano, a partire dalla famiglia Agnelli che ha sempre confuso
i propri interessi con quelli dello Stato (liberale, fascista e
repubblicano). Se si vuole epurare la società italiana dalla presenza
cronica dei molteplici conflitti d'interesse, andrebbe lanciata allora una
campagna a largo raggio, contro tutti i capitalismi protetti e protettori.
Altrimenti dovremmo pensare che si attacca Berlusconi soltanto perché si
vuole fare un favore a qualche imprenditore amico. Nella fattispecie poi,
Agnelli, grande sponsor del centrosinistra, dopo il 13 maggio ha fatto come
l'amante fedifraga, abbandonando l'Ulivo, che si è ritrovato solo, cornuto e
mazziato.
I moti di Genova
Quanto il vostro volantino scrive su Genova è solo una parte del vero:
altrimenti detto una verità a metà, dunque anche una mezza omissione, ed una
verità parziale può suonare anche come una menzogna integrale :
d) I fatti di Genova sono stati preceduti da due circostanze importanti : la
riforma dell'arma dei Carabinieri, divenuta quarta arma dell'esercito. Con
il risultato d'accrescerne iperbolicamente l'autonomia, il peso politico,
data la sua presenza capillare sul territorio e nei luoghi di potere
istituzionale, oltre che nei servizi segreti. E l'arma dei Carabinieri ha
giocato un ruolo centrale nel dispiegamento della repressione di Genova. Da
essa è venuto l'attacco a freddo, in un tratto pienamente autorizzato, del
corteo dove più forti sono stati gli scontri. I carabinbieri hanno
ripetutamente sparato in quelle giornata, come emerge dalle ultime indagini.
Questa riforma è stata portata a termine dal primo ministro D'Alema, il
quale ha prolungato il segreto di Stato da 30 a 50 anni. Forse proprio
perché gli uomini dell'ex Pci, dopo aver tanto parlato di misteri e Doppio
Stato, una volta penetrate le stanze del potere si sono trovati costretti a
conservare l'unico segreto di cui parlava Nietzsche, ovvero l'assenza di
segreti ;
e) La prova generale della repressione di Genova era stata largamente
anticipata e sperimentata a Napoli nel marzo precedente, quando al governo
c'era l'Ulivo con Giuliano Amato ;
f) I vertici della polizia e dell'antiterrorismo, che tanta parte hanno
avuto nella repressione di quelle giornate ed in particolare nella
sanguinosa irruzione della scuola Diaz e Pertini, erano uomini di fiducia
dei DS. In modo particolare De Gennaro (capo delle polizia) e Andreassi
(allora capo dell'Ucigos) sono uomini da sempre legati a Violante, non certo
a Berlusconi. Ancora non è chiaro cosa sia veramente accaduto in quelle
giornate, quali partite si siano giocate sulla pelle dei manifestanti tra
Fini, che si era istallato nelle centrale operativa dei carabinieri e i
violantiani della polizia di Stato;
g) Il Gom, reparto speciale della polizia penitenziaria, che ha fatto mostra
delle sue qualità nella caserma delle torture di Bolzaneto, era stato
reinstallato dal ministro cossuttiano Diliberto.
Se di svolta autoritaria si deve parlare, bisogna riconoscere l'ampio
contributo fornito dall'Ulivo.
La sedizione giudiziaria
Il rapporto conflittuale tra magistratura e politica, il proseguimento della
lotta politica con gli strumenti giudiziari rinvia ad un periodo storico, di
cui si sta commentando il decennale. Il senso complessivo della vostra
operazione, il volantino, la manifestazione del 12 febbraio, i discorsi
della banda dei quattro (Tabucchi, Fo, Vattimo e Moretti) si riassumono
nell'idea della sedizione tradita, incompiuta, rimasta a metà. Per Moretti,
i dirigenti dei DS sono inetti perché non hanno saputo cavalcare come si
doveva il giustizialismo, alleandosi con Di Pietro per vincere nelle aule
giudiziarie l'avversario parlamentare. Quel "dicci qualcosa di sinistra",
rivolto a D'Alema, era solo un rimprovero per le manette mancate, gli
schiavettoni riposti, non certo un invito all'aumento delle pensioni, dei
posti di lavoro, alla fine dell'arroganza padronale, alla tutela del
precariato, alla distribuzione dei permessi di soggiorno per i migranti.
Caligola fece senatore un cavallo, Pannella fece deputata Cicciolina, Craxi
amava circondarsi di guitti e ballerine che appena lui girava le spalle lo
chiamavano cinghialone, entrambi però tenevano saldamente in mano le redini
della politica, il resto era intendenza, spettacolo, reggicappella di turno,
segno esteriore di potenza e di potere, adorazione del capo, culto della
personalità. I puffi dell'Ulivo invece, dopo anni d'inni alla società
civile, si fanno portare al guinzaglio dai Nanni e dalle ballerine. Moretti
e Pairetti, Fo, persino uno come Tabucchi, declamano sul palco, tengono
comizi. I puffi in riga chinano la testa, abbassano le orecchie e girano i
tacchi, fanno l'intendenza. Berlusconi non è un mostro ma il mostruoso
risultato di quell'aberrazione politica che è stato l'Ulivo, la "sinistra
del caminetto" riunita con Billy intrattenuto da Monica.
Il ritorno al potere di Berlusconi, più che il risultato della vittoria di
una nuova forma di populismo, è in realtà la conseguenza delle dimissioni
della politica e del ritorno in forza dell'ordine morale sotto forma di un
discorso anticorruzione. L'attribuzione ai giudici di un magistero morale,
esercitato sempre secondo la regola "dei due pesi e delle due misure",
l'appoggio incondizionato portato alla sedizione giudiziaria dei procuratori
della repubblica, si è rivelato, in realtà, una esperienza disastrosa per la
sinistra. Un fatto questo che oggi viene riconosciuto anche da esponenti che
quella stagione cavalcarono in modo cinico pensando di ricavarvi vantaggi, e
in realtà raccogliendo solo sconfitte mortali : " Alla fine della messa in
scena che prevedeva la battaglia fra una società civile sana e una classe
dirigente corrotta, chi vinse ? La destra, come accade sempre quando viene
sconfitta la politica ", Massimo D'Alema, Corriere della Sera, 7 gennaio
2002 ; " Chi beneficiò di Tangentopoli non fu Occhetto, ma Berlusconi che
vinse le elezioni nel 1994 ", Luciano Violante, Corriere della Sera, 21
gennaio 2002.
Siamo arrivati al cuore del nostro profondo dissenso, alla nostra insanabile
inimicizia. Questo tema può dividerci fino alla barricate. Molti di voi,
quelli che lo avevano, hanno sostituito il mito delle palingenesi sociale
con l'edificazione di una società disciplinare e qualunquista dove lo Stato
penale rimpiazza lo Stato sociale. Cacciata dalla piazze, sottratta persino
agli emicicli, la politica è passata in piazza Affari e nelle procure,
mentre la banda dei quattro e affini recitavano il ruolo delle comparse,
degli utili idioti. Bravi ragazzi ! Era quanto Agnelli voleva, solo che è
arrivato l'imprevisto rivale Berlusconi a rovinargli la festa.
Voi pensate, dietro la banda dei quattro, che l'emergere di Berlusconi abbia
giustificato Mani Pulite, in realtà Berlusconi è il risultato di Mani
Pulite, ovvero della sconfitta della politica, senza aggettivi. LA POLITICA.
Berlusconi ha riempito un improvviso vuoto, quello spazio di rappresentanza
del centro destra che l'eliminazione succedanea, attraverso le inchieste di
Mani Pulite, aveva creato. La sinistra abituata a vivere di rendita,
sbarazzata dei suoi avversari storici, aveva pensato di vincere a tavolino.
Ma la maggioranza dell'elettorato moderato, le classi proprietarie prese dal
panico, e la cui fiducia la sinistra non aveva mai conquistato, si sono
lanciate nelle mani dell'uomo della provvidenza.
Bisogna ripensare la politica non sperare nel valore salvifico delle
scorciatoie processuali, che hanno avuto il solo effetto di cristallizzare
una corrente politica giustizialista e reazionaria, rappresentata da
individui come Di Pietro e Borrelli, conservatori, antiprogressisti,
retrivi. La scelta ipocrita del partito della virtù o delle manette (sono la
stessa cosa) nasconde il bisogno disperato di trovare argomenti di
differenziazione, li dove non c'è più distinzione. La somiglianza delle
pratiche e dei progetti ha trovato nell'argomento della criminalizzazione il
solo mezzo possibile per delegittimare un avversario-specchio. La scelta
della via giudiziaria da strategia di conquista elettorale si è allora
trasformata in indispensabile argomento per esistere, in realtà sopravvivere
e agonizzare lentamente.
Aver lasciato il monopolio del garantismo nelle mani di Berlusconi ha
permesso di fare scempio di una cultura giuridica attenta alla garanzie
delle libertà pubbliche e individuali. Berlusconi ne fa un uso
spudoratamente personale, doppiopesista, pro domo, classista, di fronte ad
una pratica emergenzialista della giustizia che, in ogni caso, fonda la sua
azione sulla riduzione al minimo delle garanzie per tutti e per ciascuno (in
realtà, sempre per i nemici e mai per gli amici). E l'abbassamento del
livello di garanzie giuridiche porta sempre e comunque pregiudizio alle
classi più deboli che hanno meno mezzi e strumenti di difesa. I forti hanno
comunque delle risorse per salvaguardarsi e cavarsela.
Di cosa non parlate
Colpisce nel vostro testo la presenza di vuoti, l'assenza di parole che
denuncino le politiche ultraliberali, la deriva teatcheriana del governo
Berlusconi, le scelte securitarie, la svolta sulle politiche della
migrazione. Colpisce la mancata denuncia del progetto di modifica dell'art.
18 dello statuto dei lavoratori, che tutela dai licenziamenti senza giusta
causa. Colpisce il silenzio sui movimenti che da oltre dieci mesi traversano
l'Italia, con appuntamenti nazionali a Napoli, Genova, Roma e con una
infinità d'iniziative locali. Un movimento contro la globalizzazione sta
raccogliendo attorno a se operai, studenti, migranti. Voi non dite nulla,
l'ignorate, parlate di una Italia assopita, magnetizzata dalle televisioni
berlusconiane, ipnotizzata, scorgete un presunto sonno della critica. Freud
vi troverebbe un lapsus rivelatore.
Un pezzo di società reale si muove e voi vedete solo il silenzio delle forze
politiche istituzionali d'opposizione e chiamate i salotti della rive gauche
alla rivolta. Il vostro è uno sguardo miope. Non ci sentiamo d'appartenere
alla stessa Italia, persino a Parigi abitiamo in luoghi diversi. Vedere il
mondo da un grande appartamento del settimo arrondissement, a qualche passo
da Saint-Germain-des Prés, impedisce di sentire e saper cosa accade nelle
strade e piazze della Goûte d'Or o di Villejuif. A voi non interessano i
bisogni reali e concreti delle gente. Andate dietro le acidità di stomaco
della banda dei quattro cui interessa solo regolare dei conti personali,
portare a termine vendette da salotto, faide di carriera, duelli di
redazioni e case editrici.
Pensate che si possa e debba sconfiggere Berlusconi all'estero, invocando
una sorta di "ingerenza internazionale", manifesta ammissione della vostra
incapacità a saper condurre una battaglia li dove la si deve affrontare e
vincere: ovvero in Italia, lì dove la gente vive e lavora e sui temi che
toccano la vita concreta delle donne e degli uomini. Credete, in questo
modo, d'aver trovato l'ennesima scorciatoia vincente, così invece finirete
nel precipizio, in fondo al quale trascinerete nella vostra disperata caduta
chiunque s'avvicini a voi. La giudiziarizzazione della politica è stato un
evento nefasto che ha facilitato lo spostamento a destra dell'asse
politico-sociale italiano e soprattutto ha operato come un diversivo che ha
sottratto autonomia, capacità critica e di lotta.
Siete il miglior risultato che Berlusconi potesse mai sperare d'ottenere.
Un'ultima cosa
Qualche anno fa, in pieno governo dell'Ulivo guidato da Prodi, una nave
militare italiana speronò una carretta del mare stracolma di migranti che
fuggivano da non so quale miseria. Cercavano solo un approdo, una riva sulla
quale mettere piede. Gli furono concessi solo gli abissi del mare. Era un
governo di centrosinistra, il primo con ex piccisti dentro. Non vi abbiamo
visto dimenarvi, gridare scandalo, chiedere l'intervento dell'Europa,
invocare un tribunale penale che giudicasse quel manifesto crimine di massa,
contro una umanità accalcata e disperata. C'è stato solo Silenzio.
Ed ancora quando il ministro della difesa del governo Prodi, Beniamino
Andreatta, definì un atto di goliardia, le sevizie, gli stupri e le torture
realizzate dai reparti della Folgore in Somalia, non abbiamo assistito a
proteste e mobilitazioni, appelli alla comunità internazionale per
condannare pratiche che ricordavano quelle delle truppe italiane, allora si
fasciste, in Etiopia.
Perché?
Paolo Persichetti
l'unica lotta che si perde e' quella che si abbandona.
(madri di plaza de mayo)