Autor: Malega Datum: Betreff: [Cerchio] il conflitto israeliano-palestinese-
Il conflitto israeliano-palestinese.sintesi storica 1880-2001
da
www. nonluoghi.it
Al declino dell'impero Ottomano, a partire dal 1880, gruppi di ebrei
europei, per vari motivi ma anche a causa delle persecuzioni nell'est
europeo, emigrarono in Palestina dove stabilirono alcune colonie. Fondarono
il movimento Sionista, da cui presero il nome di sionisti.
Il loro arrivo preoccupò presto i Notabili palestinesi che gia' nel 1891
scrissero al Gran Visir a Istambul chiedendogli di proibire le immigrazioni
di sionisti in Palestina. Il Gran Visir lo fece ma gli Inglesi e i Francesi
lo convinsero a invalidare gran parte del suo stesso editto.
Allo scoppio della Prima Guerra Mondiale, nel 1914, gli immigranti sionisti
in Palestina erano 85.000, il 9% della popolazione, mentre gli arabi
musulmani e cristiani erano 500.000, ai quali si aggiungevano gli ebrei
cosiddetti Ottomani (già presenti da tempo in Palestina e perfettamente
integrati). I palestinesi facevano una netta distinzione fra gli ebrei
Ottomani e quelli europei. Questi ultimi infatti erano visti come agenti di
una penetrazione economica delle potenze europee.
Nel 1916 le potenze europee (quelle schierate in guerra contro Germania,
Austria e Ungheria) siglarono l'accordo di Sikes-Picot: si trattava del
piano alleato per dividere l'impero Ottomano (in disfacimento) fra Russia,
Francia, e Inghilterra. Nell'accordo la Palestina doveva rimanere
internazionalizzata sotto il controllo di tutte e tre. Ma gli inglesi
volevano controllare il canale di Suez per tutelare i loro commerci con
l'India, e cosi' promossero la colonizzazione ebrea europea in Palestina a
scapito della popolazione araba.
Nel 1917, dopo aver promesso ai palestinesi la libertà di formare governi
propri, il ministro degli esteri inglese Arthur Balfour fece la famosa
dichiarazione (che porta il suo nome) che di fatto riconosceva ai sionisti
il diritto di costituire un proprio Stato in Palestina, contraddicendo
quindi le garanzie di autodeterminazione date ai palestinesi. Ma non tutti i
sionisti esultarono per le parole di Balfour: i più radicalizzati fra loro
accolsero male la dichiarazione, e un loro leader, Israel Zangwill, nel 1919
rivendicò per tutti gli ebrei il diritto di colonizzare la Terra di Israele
(Eretz Israel) su basi bibliche, il che significava colonizzare tutta la
Palestina e molto oltre.
Qui abbiamo il primo appello palestinese rivolto alle potenze europee perché
si creasse in Palestina una Monarchia Costituzionale Democratica, che
salvaguardasse le minoranze etniche e religiose. I palestinesi chiedevano
anche che fosse messo uno stop alla colonizzazione sionista.
Nel 1920, con il trattato di Sèvres, i vincitori della prima guerra mondiale
si divisero l'impero Ottomano sconfitto: fra le varie spartizioni dell'area
mediorientale la Siria andò alla Francia e la Palestina alla Gran Bretagna.
Nel 1922 l'Inghilterra ricevette dalla Lega delle Nazioni il Mandato per la
Palestina, e istituì la Jewish Agency (Agenzia Ebraica) per promuovere
l'economia dell'area. I palestinesi non avevano un'organizzazione simile e
non gli fu chiesto di formarne una. I loro timori erano chiari: che il
potere economico palestinese fosse destinato a essere gregario di quello
ebraico.
Per i palestinesi riconoscere il Mandato inglese significava in pratica
riconoscere la legittimita' degli insediamenti sionisti, cosa che si
rifiutarono di fare. Poiché i Notabili palestinesi non possedevano una
struttura come la Jewish Agency, si rifiutarono per tutto il periodo del
Mandato di partecipare all'amministrazione delle terre da una posizione che
consideravano perdente in partenza. Ma cosi' facendo si auto esclusero.
Gli intenti dei colonizzatori sionisti erano, pubblicamente, di trovare
un'armonia di convivenza con gli arabi, ma alcune dichiarazioni di leaders
dell'Organizzazione Sionista confermarono i peggiori sospetti dei
palestinesi. Nel 1921 infatti il Dott. Eder dichiarava: "Ci sarà solo una
nazione in Palestina, ed sarà quella ebraica. Non ci sarà eguaglianza fra
ebrei e arabi, ma vi sarà la predominanza ebraica appena i numeri
demografici ce lo permetteranno."
QUI COMINCIA LA VIOLENZA E FINISCE LA STORIA CIVILE DI QUESTI POPOLI.
Nel 1921 cominciano gli scontri fra arabi ed ebrei (a Jaffa 200 morti ebrei
e 120 morti arabi). Gli Inglesi concludono che si tratta di scontri
spontanei, mentre i sionisti decidono che vi è un piano di persecuzione
contro di loro, e il leader sionista Ben Gurion comincia a organizzare la
difesa dei territori colonizzati.
Nel 1929 gli arabi attaccano alcuni ebrei non sionisti per una disputa
religiosa, e cioé l'accesso dei fedeli ebrei al Muro del Pianto, uno dei
luoghi di culto più importanti della tradizione ebraica che si trova però
vicinissimo a due luoghi sacri della tradizione musulmana, il Haram al
Sharif e la moschea Al Aqsa.
E' QUI CHE IL MONDO ARABO E QUELLO EBRAICO IN GENERALE ( e cioé non solo
sionista) VENGONO TIRATI NEL CONFLITTO.
La rabbia araba ha però anche altre cause. Infatti i sionisti (attravarso il
Jewish National Fund) continuano a comprare le terre da proprietari arabi
non residenti, e i contadini palestinesi che le lavorano vengono spesso
espulsi senza voce in capitolo. Inoltre, come testimonia un rapporto
ufficiale inglese del 1930, le terre acquistate vengono dichiarate suolo
ebraico per sempre e solo gli ebrei vi possono lavorare.
Questo deteriora i rapporti ancora di piu', e nel frattempo le tensioni
vengono peggiorate dalla ulteriore ondata di immigrazione di Ebrei che
fuggono dalla scalata al potere di Hitler in Europa. Nel 1940 i sionisti
formano già il 33% della popolazione in Palestina.
Gli anni che vanno dal 1936 al 1947 vedono crearsi le basi per lo scoppio
della famosa guerra arabo-israeliana del 1948:
1) I contadini palestinesi si ribellano nel 1936, gli inglesi reprimono la
sollevazione ma capiscono l'impossibilita' di mantenere le promesse fatte
alle parti.
2) Cominciano le proposte di formazione di 2 Stati separati. Gli inglesi
pubblicano il "Peel Report", che prevede la separazione di ebrei e arabi
secondo la divisione demografica del momento. Gli arabi non l'accettano.
Essi chiedono: che sia fermata l'immigrazione ebraica e che gli si impedisca
di acquistare le terre, e che la Palestina divenga uno Stato indipendente
dove agli ebrei siano garantiti i diritti politici e civili. Gli inglesi,
pubblicando il "White Paper" sulla Palestina nel 1939, accettano di limitare
l'immigrazione ebraica e l'acquisto di terre, e promettono una transizione
verso un futuro governo palestinese in uno Stato bi-nazionale. Gli arabi
rigettano anche il "White Paper", perché considerano troppo vaga la promessa
di indipendenza palestinese.
3) Gli inglesi, per non esacerbare la situazione in Medioriente, cominciano
a proibire l'arrivo dei rifugiati ebrei in fuga da Hitler, con episodi di
agghiacciante inumanità. Aggiungiamo che è di questo periodo uno dei più
clamorosi autogoal della leadership religiosa palestinese, quando il Gran
Mufti di Gerusalemme, lo Sceicco Haj Amin al-Husseini, ebbe la pessima idea
di recarsi nella Germania nazista a confabulare con Heinrich Himmler
affinché le SS impedissero l'emigrazione degli ebrei verso la Palestina (le
foto che lo ritraggono sono al museo Yad Vashem di Gerusalemme).
E' a questo punto che i sionisti si organizzano in gruppi di guerriglia, e
cominciano attacchi terroristici contro gli inglesi e contro i palestinesi.
I gruppi più noti furono l'Irgun e lo Stern, che nel 1944 uccide in ministro
inglese per il medioriente Lord Moyne, e il gruppo Haganah. Nel '46 c'e' il
noto attentato dell'Irgun contro gli inglesi: sotto la guida di Menachem
Begin (futuro premier) viene fatto saltare in aria l'Hotel King David.
Nel 1947 gli Inglesi rinunciano al Mandato e passano la palla all'ONU. Ciò è
dovuto anche al fatto che il potere di influenza sulla regione sta sempre
più passando in mani statunitensi.
L'ONU propone nella risoluzione 181 l'ennesima divisione in Stati separati,
ma gli Arabi la rifiutano, e non senza motivo: agli ebrei sarebbe andato il
54% delle terre anche se erano solo il 30% della popolazione presente.
Sempre agli ebrei andava il Negev dove vivevano 90.000 beduini contro solo
600 ebrei.
Nella primavera del 1947 comincia lo scontro sul campo fra arabi ed ebrei, e
nel Maggio 1948 gli Stati arabi (nati dalla decolonizzazine) mandano truppe
in aiuto ai palestinesi. Ma gia' le truppe ebraiche avevano conquistato
grandi fette di territorio designato dall'ONU come Arabo, provocando la fuga
di 300.000 rifugiati palestinesi. E' di questo momento il massacro di 200
civili palestinesi a Deir Yassin sotto la responsabilità di Menachem Begin.
Il mediatore ONU Folke Bernadotte viene ucciso dal gruppo terroristico
ebraico Stern a Gerusalemme, e lo Stato d'Israele viene proclamato il 14
maggio 1948. La guerra continua, e all' inizio del 1949 Israele vince
definitivamente conquistando il 73% della Palestina. I rifugiati palestinesi
sono ora 725.000.
Nel 1950 Israele vota una legge, la Legge sulla Proprietà degli Assenti, che
espropria i profughi palestinesi fuggiti durante le ostilità delle loro
terre e delle loro abitazioni, quelle cioé abbandonate a partire dal
novembre 1947. Ancora oggi Israele sostiene che la maggioranza dei
palestinesi fuggì volontariamente perché incitati dalle radio arabe a farsi
da parte mentre Israele veniva "distrutto". Ma secondo i più autorevoli
storici questi appelli radiofonici sono un'invenzione e la realtà suggerisce
che i palestinesi fuggirono per paura della guerra o delle stragi delle gang
terroristiche ebraiche. Nella risoluzione ONU 194 (12/1948) è sancito il
diritto dei rifugiati di tornare o di essere risarciti, ma Israele non l'ha
mai riconosciuta.
Ai palestinesi, alla fine della guerra, rimane Gaza (con amministrazione
egiziana) e la Cisgiordania (con amministrazione giordana. La Giordania era
già nata come nazione e ospitava ampi numeri di palestinesi). Gli scontri di
frontiera continuano fino al 1956, quando Israele (in accordo con la Gran
Bretagna e la Francia) attacca l'Egitto (che aveva nazionalizzato il canale
di Suez) conquistando Gaza e il Sinai, ma gli USA li convincono a ritirasi
un anno dopo.
Intanto, nel 1964 gli Stati arabi creano l'Organizzazione per la Liberazione
della Palestina (OLP). Questo gruppo compie azioni di guerriglia contro
Israele, e verra' visto come l'unica speranza di riscatto palestinese.
Le tensioni crescono in una escalation che porterà alla prossima guerra,
quella del '67:
1966: la Siria permette ai guerriglieri palestinesi di operare dal suo
territorio; Israele minaccia ritorsioni e la Siria fa un patto difensivo con
l'Egitto. A causa di questo patto, e in seguito alle rappresaglie israeliane
in Giordania, la Siria sollecita l'Egitto ad agire. Il Cairo assume un
atteggiamento bellicoso, ma non va oltre.
Nel Maggio 1967 il presidente egiziano Nasser stringe un patto di difesa con
la Giordania, che sembra mirare solo a un rafforzamento strategico, e non a
un effettivo attacco contro Israele. Ma Israele non aspetta, e nel Giugno
1967 attacca l'Egitto. E' la nota Guerra dei 6 Giorni, che segna la
umiliante disfatta araba. In un baleno Israele occupa il Sinai, Gaza, la
Cisgiordania, parte del Golan siriano e Gerusalemme Est.
Nel Novembre 1967 il Consiglio di Sicurezza dell'ONU condanna la conquista
dei territori di Israele con la risoluzione 242, che specificamente chiede:
il ritiro israeliano dai territori occupati nel 1967 - che tutti gli Stati
si riconoscano come sovrani, indipendenti e integri all'interno di frontiere
sicure - che si trovi una soluzione giusta per i rifugiati.
Egitto e Giordania accettarono subito la 242, Israele la accetterà tre anni
piu' tardi senza pero' evacuare i territori.
Nel 1968, un gruppo dell'OLP chiamato Fatah e capeggiato da un certo Yasser
Arafat cade vittima di una feroce rappresaglia israeliana a Karama. Arafat
ne trae prestigio e diviene capo dell'OLP, dichiarando ufficialmente gli
scopi dell'Organizzazione: "Lotta armata e cancellazione dello Stato di
Israele". Ma altri gruppi militanti dell'OLP hanno differenti mire. Il
Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina (FPLP) e il Fronte
Democratico per la Liberazione della Palestina (FDLP) sostengono ideologie
panarabe nazionaliste, mirando non solo a una lotta palestinese ma a una
sollevazione in senso socialista di tutti gli Stati arabi. Essi divengono in
pratica avversari interni dell'OLP, con proprie alleanze sotterranee.
In questi anni la Giordania diviene sia la base per gli attacchi dell'OLP
verso Israele sia l'oggetto degli attacchi dei gruppi dissidenti. Infatti
nel 1970 il FPLP di George Habbash fa esplodere alcuni aerei in Giordania,
umiliando il monarca giordano Re Hussein, che decide di espellere i
guerriglieri palestinesi con mezzi militari e scontri sanguinosi (episodio
noto come Settembre Nero). Sono gli anni del terrorismo palestinese più
clamoroso, con l'attacco alle Olimpiadi di Monaco (1972), con l'azione di
tre kamikaze di Abu Nidal all'aeroporto di Tel Aviv, ecc. Il Mossad (servizi
segreti israeliani) uccide i rappresentanti dell'OLP a Parigi e a Roma.
Inizia una guerra d'attrito fra Egitto e Israele, che sfocia in un attacco
egiziano e siriano a sorpresa contro Israele nel 1973 (guerra del Kippur).
Israele è in seria difficolta', e solo grazie a un massiccio aiuto militare
americano si riprende e addirittura avanza nel Golan. Interviene la
mediazione USA di Kissinger e un'altra risoluzione del Consiglio di
Sicurezza dell'ONU, la 338, chiede il cessate il fuoco e il rispetto della
risoluzione 242, ma su quest'ultimo punto c'è un nulla di fatto.
La base della guerriglia OLP si sposta in Libano, fra i villaggi Shiiti del
sud, vicino alla frontiera con Israele. Dapprima l'OLP è ben accetto, ma
quando la popolazione si trova fra i due fuochi israeliani e palestinesi
iniziano i dissapori con l'OLP, che non si fa scrupolo di imporre
sanguinosamente la sua presenza. Israele bombarda e attacca il sud del
Libano dal 1973 al 1978, causando enormi sofferenze fra i civili e la fuga
verso Beirut di centinaia di profughi. Poi, nel 1978 invade il sud del
Libano, causando circa 2000 morti. Di nuovo il Consiglio di Sicurezza
dell'ONU condanna l'invasione con la risoluzione 425, e tenta di separare i
belligeranti con un contingente di caschi blu (UNIFIL). L'UNIFIL però dovrà
fare i conti con la presenza nell'area libanese sotto occupazione israeliana
delle spietate milizie mercenarie della South Lebanese Army, che erano
interamente sotto il controllo di Israele e che per conto di Israele
conducevano azioni militari e ogni sorta di crimine di guerra (come
l'assassinio di due caschi blu irlandesi, tuttora impunito nonostante gli
assassini vivano liberi a Detroit, USA). Nasce nel Libano del sud la
resistenza islamica degli Hezbollah.
Nel frattempo prende piede la più clamorosa svolta diplomatica della recente
storia mediorientale. Nel novembre 1977 il presidente egiziono Sadat
incontra il premier israeliano Begin in Israele. Nel Settembre 1978 Sadat va
a Camp David negli USA, dove firma i famosi Accordi con Israele. Israele in
cambio si ritira dal Sinai. Sadat firma a Washington il 26 marzo 1979 la
pace con Israele, primo Stato arabo a farlo (verrà per questo assassinato da
killer fondamentalisti nel 1981). Gli Arabi si sentono traditi, anche
perché Israele, non dovendosi più preoccupare dell'Egitto al sud, e' ora
libero di attaccare il Libano al nord. Nel 1982 Israele reinvade il Libano,
con la scusante di dare la caccia ai "terroristi", e arriva fino a Beirut
con l'aiuto delle milizie Cristiane Maronite libanesi. Gli USA mediano la
fuga dell'OLP e di Arafat da Beirut, dove si erano asserragliati, ma nessuno
protegge i civili palestinesi: il risultato è che nel campo profughi di
Sabra e Chatila le milizie Cristiane Maronite pro israeliane e sotto il
controllo di Ariel Sharon (allora min. della difesa di Isr.) sterminano
1.700 civili palestinesi, destando orrore in tutto il mondo. Israele si
ritirera' dal Libano (esclusa una fascia al sud) nel 1985, lasciandosi alle
spalle 17.500 morti.
Da notare in questo periodo (1982) i tre piani di pace proposti da USA, URSS
e Stati Arabi: gli USA rifiutano la richiesta araba di autodeterminazione
per i palestinesi, e ignorano il piano sovietico. Gli arabi accettano tutti
e tre piani. Israele li rifiuta tutti e tre.
Arafat, fuggito dal Libano, si trova isolato e stringe nel 1985 un patto per
la pace con re Hussein di Giordania. Partono i colloqui di pace con una
proposta giordano-palestinese: terra ai palestinesi in cambio di pace -
accettazione di tutte le risoluzioni ONU - autodeterminazione del popolo
palestinese - soluzione per il problema dei rifugiati.
Gli USA invece propongono: accettazione palestinese della risoluzione 242
(ma non si parla delle altre risoluzioni) - riconoscimento palestinese dello
Stato di Israele - rinnegazone della violenza da parte dell'OLP. Il
fallimento delle trattative sembra sia da attribuirsi al rifiuto USA di
accettare l'autodeterminazione del popolo palestinese.
Siamo al 1985, tragico momento degli attentati terroristici palestinesi nel
porto di Larnaca (Cipro) e a bordo della nave da crociera Achille Lauro, che
furono degli autogoal clamorosi per tutta la causa del popolo palestinese.
Israele bombarda il quartier generale dell'OLP che si era insediato a
Tunisi, e gli USA screditano Arafat come "terrorista", convincendo Re
Hussein di Giordania a rompere il suo accordo nel 1986.
Le fortune dell'OLP sembrano precipitare negli anni dal 1985 al 1987, anno
in cui il Consiglio Nazionale Palestinese si riunisce ad Algeri e ritrova
una unita' fra tutte le fazioni. Nei territori occupati il pugno di ferro di
Israele, con la costruzione di insediamenti ebraici illegali, con le
deportazioni, con le violenze contro i civili e con le torture (che verranno
legalizzate dall'Alta Corte di Giustizia israeliana, unico Stato al mondo a
farlo) trova ora un fronte unito, e forse per questo i giovani palestinesi
possono esplodere nell'Intifada (sollevazione) il 9 Dicembre 1987.
Nel 1988 Arafat rinuncia ufficialmente al terrorismo e accetta la
risoluzione 242, implicitamente riconoscendo l'esistenza di Israele. L'OLP
decide a quel punto la futura nascita dello Stato palestinese.
Nel 1990 ancora un autogoal di Arafat: un raid di guerriglieri OLP su una
spiaggia israeliana (abortito) causa le rottura fra Arafat e gli USA. Ma
l'errore diplomaticamente forse più imperdonabile di Arafat sarà il suo
ambiguo atteggiamento verso l'aggressione irachena al Kuwait nel 1991. Ciò
gli frutterà la sospensione degli aiuti finanziari da parte dell' Arabia
Saudita e un imbarazzante isolamento internazionale.
Il presidente americano Bush (primo) comprende che è nell'interesse
statunitense stabilizzare l'area mediorientale dopo la Guerra del Golfo
contro Saddam Hussein, e per questo spinge un riluttante Israele a
incontrare i Paesi arabi e alcuni rappresentanti palestinesi (ma non l'OLP)
alla conferenza di Madrid nell'ottobre 1991.
Nel Giugno 1992 il partito Laborista di Yitzhak Rabin vince le elezioni in
Israele (sconfiggendo il partito di destra Likud) e promette un accordo di
autonomia ai Palestinesi.
Fine agosto 1993: a Oslo si svolgono colloqui segreti fra l'OLP e il
laborista israeliano Shimon Perez con mediazione norvegese del ministro
degli esteri Joan Jorgen Holst. Il tema e' una proposta di autonomia per
Gaza e per la citta' di Jerico.
Il 9 Settembre 1993 Arafat, con la votazione a favore del Comitato Esecutivo
Palestinese (8 voti a favore su 12) firma la lettera di riconoscimento dello
Stato di Israele, e Israele il 10 Settembre riconosce l'OLP come il
legittimo rappresentante dei palestinesi.
Lunedi' 13 Settembre 1993 Arafat e Rabin a Washington, in una storica
cerimonia, firmano una Dichiarazione di Principi, che comprende il mutuo
riconoscimento di Israele e dell'OLP, il ritiro israeliano da Gaza e da
Jerico, e un non meglio specificato ritiro israeliano da alcune aree della
Cisgiordania entro 5 anni.
In base a questi accordi, chiamati "di Oslo" grazie alla mediazione
norvegese, è concesso all'OLP di formare una propria amministrazione dei
territori che cadranno sotto il suo controllo. Questa amministrazione si
chiama Autorità Palestinese, che avrà come presidente Arafat (ma si
dimostrerà spesso incapace e corrotta). Tuttavia gli accordi di Oslo
rimandano a futuri negoziati i punti di disaccordo più spinosi: gli
insediamenti ebraici illegali in terra palestinese - il ritorno dei
rifugiati palestinesi - le risorse idriche - e il destino di Gerusalemme
Est, che i palestinesi rivendicano come propria (come anche sancito dalla
risol. ONU 242).
Il premier Rabin viene assassinato nel novembre del 1995 da uno studente
ebraico estremista di destra che considerava l'avvicinamento ad Arafat un
tradimento della nazione di Israele.
Nonostante ciò, nel 1996 la destra israeliana (partito Likud) vince le
elezioni e al governo va Benjamin Netanyahu. Egli sostanzialmente imporrà un
nulla di fatto sugli accordi di Oslo fino al 1999, anno in cui i laboristi
di Ehud Barak tornano al potere.
Da notare che dietro le quinte le differenze di politiche fra la sinistra e
la destra israeliana sono poche, soprattutto per quello che riguarda la
spinosa questione degli insediamenti ebraici illegali in terra palestinese.
Basti pensare che quando furono firmati gli accordi di Oslo c'erano già
32.750 abitazioni illegali di coloni ebrei in terra palestinese, che da
allora a oggi sono cresciute del 62%, sia sotto governi israeliani di
sinistra che di destra.
Barak concede ad Arafat alcuni territori in più a partire dal 1999, e a metà
del 2000 l'Autorità Palestinese si trova a controllare il 40% della
Cisgiordania e il 65% di Gaza. Ma attenzione: stiamo parlando di pezzetti di
territorio palestinese scollegati e interamente circondati da insediamenti
ebraici, e controllati giorno e notte da cordoni di militari israeliani con
pieni poteri, letteralmente di vita o di morte, sulla popolazione
palestinese. In queste condizioni la gestione economica palestinese è quasi
impossibile e la povertà (già spaventosa) aumenta: i tassi di disoccupazione
variano dall'11% al 50%.
Maggio 2000: Israele si ritira frettolosamente dal Sud del Libano, in
seguito anche all'offensiva dei guerriglieri islamici Hezbollah (da più di
20 anni impegnati in una guerriglia di attrito per cacciare Israele dal
Libano).
Nel luglio del 2000 il presidente americano Clinton convince un riluttante
Arafat e il premier israeliano Barak ad andare a Camp David (USA) per
finalizzare gli accordi di Oslo. L'incontro naufraga in un nulla di fatto, e
ancora oggi molti sostengono che Arafat fu allora responsabile di aver
rifiutato una generosa offerta israeliana. Anche se è vero che a Camp David
l'israeliano Barak offre ad Arafat molto più territorio di quanto avessero
mai fatto i suoi predecessori, è altrettanto vero che Barak si rifiuta 1) di
ritirarsi da Gerusalemme Est 2) di affrontare la questione dei rifugiati
palestinesi 3) di rispettare la risoluzione 242 dell'ONU 4) di affrontare
drasticamente la questione degli insediamenti ebraici illegali. Per Arafat
questo era ovviamente inaccettabile.
Arriviamo al 28 Settembre 2000, un'altra data catastrofica nella storia di
questo conflitto. E' il giorno in cui Ariel Sharon, leader dell'opposizione
israeliana di destra (Likud), sfida le ire palestinesi sfilando a piedi con
un esercito di guardie armate presso la moschea di Al Aqsa a Gerusalemme,
che è uno dei luoghi più sacri della religione musulmana. Questo viene visto
come un oltraggio imperdonabile, e le rabbie e le tensioni accumulatesi nei
precedenti dieci anni riesplodono nella seconda (e tuttora in corso)
Intifada. A differenza della prima Intifada (1987-91), questa sollevazione è
assai più sanguinosa: da parte palestinese c'è un uso massiccio di armi da
fuoco leggere contro i soldati israeliani e talvolta contro i civili, e
soprattutto c'è un marcato aumento di giovani kamikaze che si fanno
esplodere massacrando civili israeliani; mentre da parte israeliana la
repressione, le uccisioni dirette e indirette di civili palestinesi, le
devastazioni di aree abitate e gli "assassinii mirati" di presunti
terroristi e/o di leader politici dell'OLP, non conoscono più limiti.
Nel febbraio 2001 il laborista Barak perde le elezioni e diviene premier
Ariel Sharon del Likud.