Autor: blanca Data: Assumpte: [Forumlucca] Fw: [Forlibertaria] Informazione e proposta
Subject: [Forlibertaria] Informazione e proposta
> Carissimi, vi propongo questo scritto interessante di Diego Gabutti da
> RK sul pacifismo e subito dopo la mia riflessione/risposta.
>
> http://www.rekombinant.org >
>
> Non confondiamo i pacifisti con i pacifondai
> http://www.ilnuovo.it/nuovo/foglia/0,1007,115171,00.html >
> di Diego Gabutti
>
> * C¹è un pacifismo che lotta contro qualsiasi guerra
> * E poi un altro nemico dell¹equidistanza
> * Oggi ci sono troppi "pacifondai"
> * E, se potessero, farebbero scoppiare altre guerre
>
> Come tutte le storie, anche il pacifismo ha due facce, una dispari e
> una pari. C¹è un pacifismo pari il pacifismo propriamente detto
> la cui tradizione è nobile e antica. È il pacifismo che parla con
> autorità, attraverso gesti forti e solenni: il digiuno, la
> controinformazione, l¹evento imprevedibile, l¹agitazione non
> violenta. Questo pacifismo, che la sa lunga e conosce le sue
> mascherine, ha per stella polare l¹equidistanza: il suo nemico è la
> retorica, lo scetticismo è il suo organo di senso. Non si sogna
> neanche d¹appoggiare una delle parti in conflitto (le cui buone
> ragioni non lo incantano), ma scende in campo contro il conflitto in
> sé e per sé (ciò in nome della Ragione, di cui le ³buone ragioni² non
> sono neppure la caricatura). In giorni come questi, di fronte
> all¹ennesima catastrofe mediorientale, il pacifismo ³pari² farebbe da
> scudo umano anche contro gli attacchi dei kamikaze palestinesi ai
> supermercati di Tel Aviv e Gerusalemme, non soltanto contro
> l¹arroganza dei carri armati israeliani nei territori. Questo per non
> passare al nemico: la propaganda.
>
>
>
> Poi c¹è il pacifismo moderno, di scuola soprattutto italiana e
> postsovietica: un pacifismo ³dispari², inverosimile e taroccato, che
> ha per stella polare la propaganda, per vocazione il dogmatismo e per
> nemico l¹equidistanza. Pacifismo movimentista, eternamente in marcia
> come le rivoluzioni e le bande musicali, recluta nelle sue fila quasi
> esclusivamente le ultime raffiche della guerra di classe: i no
> pasaran della guerriglia zapatista e della teologia della
> liberazione, i pifferi e le trombe di tutti i Sessantotti e di tutti
> i Settantasetti, i sempiterni nemici della globalizzazione e del G8.
> Agisce a volto scoperto, è vero, ma è un volto in cui si riconoscono
> le tracce lasciate dal passamontagna: le vene del collo ingrossate e
> una faccia feroce.
>
> Tra i suoi antenati remoti ci sono qui da noi, nel paese dei
> campanelli, i ³partigiani della pace² stalinisti, che nei primi anni
> cinquanta inneggiavano al Soviet supremo e urlavano slogan cubisti
> contro l¹imperialismo americano. Antenati più recenti sono i
> movimenti tardostudenteschi che nei primi anni ottanta, senza aver
> detto un solo ³ba² quando il Patto di Varsavia schierò un putiferio
> di missili su tutte le sue frontiere, fecero fuoco e fiamme quando
> anche la Nato schierò prudentemente i suoi. È un pacifismo che
> abbraccia a colpo sicuro sempre e soltanto la stessa causa: quella
> ³giusta². Mentre il pacifismo ³pari² ha una sola causa da tutelare,
> la pace, una causa che si difende prendendo con cura le distanze da
> tutte le ideologie, il pacifismo ³dispari² è ideologico fino alla
> svenevolezza.
>
> Antioccidentale per rivelazione divina, indulgente col terrorismo,
> sempre pronto alla pace dura senza paura, il pacifismo ³dispari²
> finisce immancabilmente per schierarsi con Saddam Hussein contro Bush
> sr, con Milosevic contro Clinton e D¹Alema, con i taleban e Bin Laden
> contro Bush jr. è dai ranghi di questo pacifismo sgangherato e
> corrotto che, dopo gli attentati apocalittici di Washington e New
> York, si levano le solite voci allucinate: il terrorismo è male, ma
> anche il capitalismo globale è violento e assassino, quindi per
> eliminare quello si liquidi per cominciare questo. È un pacifismo
> astuto e boccalone insieme, che si beve qualsiasi balla gli torni
> comoda, a cominciare da quella che il superterrorismo moderno, il
> terrorismo d¹al-Qaeda e dei kamikaze palestinesi, sarebbe il prodotto
> spontaneo e addirittura il frutto inevitabile della rabbia e della
> disperazione dei ³popoli oppressi², anzi delle ³moltitudini², come
> immaginificamente le chiama Toni Negri, mentre in realtà è il Golem
> cannibale delle diplomazie segrete di mezzo mondo, arabe in primis,
> che si servono della disperazione altrui come d¹un pony express per
> recapitare messaggi anonimi ai loro nemici.
>
> Sempre come vent¹anni fa, quando la Nato e il Patto di Varsavia
> seminavano testate nucleari dall¹Alpi alle piramidi e dall¹uno
> all¹altro mar, il pacifismo ³dispari² continua a coltivare le sue
> superstizioni antimperialiste. Allora il ³pacifismo² non si lasciava
> distrarre dalle sue idee fisse e stralunate neppure quando la
> contraerea sovietica abbatteva gli aerei di linea nei cieli dell¹Asia
> centrale. Oggi tuona contro il ³fascista² Sharon e finge di credere
> non solo che gli attacchi dei kamikaze abbiano in fondo un loro
> onesto perché, ma persino che Arafat sia un martire della causa
> pacifista. È un pacifismo surreale, italianissimo, e ha per suo
> campione Giulio Andreotti, il quale ieri ha dichiarato che, se fosse
> nato palestinese, non avrebbe avuto bisogno d¹essere armato dalla
> Siria per farsi esplodere in un supermercato. È lo stesso Andreotti
> che vent¹anni fa, tornando da Mosca dopo una visita ufficiale,
> recapitò alla stampa internazionale una velina di Gromiko:
> ³Ricordatevi di Pompei². Da ieri i pacifisti lo applaudono. Solo che
> non sono pacifisti. Sono "pacifondai". Non spengono i conflitti: se
> potessero, li farebbero divampare.
>
> (4 APRILE 2002, ORE 9:09)
> _______________________________________________
> Rekombinant mailing list
> http://www.rekombinant.org >
> Ho apprezzato moltissimo ciò che scrive Diego Gabutti, che mette bene in
> evidenza come sia troppo diffuso un "pacifismo" strumentale, facendo
> intendere che troppi "pacifisti" sono contro la guerra perché in essa è
> predominante la parte che essi avversano. Per cui afferma, molto
> provocatoriamente, <E, se potessero, farebbero scoppiare altre guerre>.
>
> Personalmente condivido le sue argomentazioni anche se difettano di
> troppa nettezza, trasudano manicheismo: la ragione tutta da una parte,
> il pacifismo vero, il torto tutto dall'altra, il pacifondaismo. C'è il
> pericolo di una forte semplificazione nell'andare a comprendere una
> serie di situazioni che sono altamente complesse. Come lui sono
> contrario a quello che definisce "pacifondaismo", ma non concordo che
> tutte le ragioni siano, sic et simpliciter, dalla parte del presunto
> "pacifismo vero". Manca qualcosa. Ed è qualcosa di sostanziale, che se
> non viene preso in considerazione, rende monco e pauperizza qualsiasi
> ragionamento.
>
> L'invocazione alla pace, come la più sostanziosa serie di azioni per
> ottenerla, si risolve sistematicamente in una pura e semplice assenza di
> guerra. Ma l'assenza di guerra, di per sé, è semplicemente assenza di
> conflitto che, come dimostra la storia è sempre momentanea. E, al di là
> delle volontà e del logorroico ragionare in casa pacifista, per i
> detentori del dominio questa momentanea assenza di conflitto è in
> perfetta simmetria con la logica latina "si vis pacem para bellum" (se
> vuoi la pace prepara la guerra). Senza contare che ci può benissimo
> essere un'assenza di conflitto, in presenza però di una situazione
> sociale fondata su oppressioni e sottomissioni dei più deboli per cui la
> parola pace si riduce ad un puro e semplice afflato verbale.
>
> Che lo si voglia o no, la pace è uno status risultante, non fondativo.
> E' una conseguenza di un insieme di concause che le permettono di
> esserci, di potersi esercitare. Non è un punto di partenza, ma di
> arrivo. Se le ragioni di un odio, o di ingiustizie, o di sottomissione
> permangono, anche se momentaneamente non c'è scontro militare, covano,
> al di là di lodevoli e ammirevoli volontà pacifiste, il bisogno, la
> spinta, il desiderio di scendere in guerra per uscire dalla situazione
> insopportabile che si subisce. Non c'è guerra, ma irrimediabilmente
> matura il bisogno della guerra, fino a cogliere l'occasione, che prima o
> poi viene sempre, per darvi corpo e scatenare tutta la rabbia che s'è
> accumulata. E la guerra è sempre possibile, in ogni istante, come
> continuano a dimostrare i fatti, perché dietro ogni assetto sociale, se
> non per rarissime eccezzioni, come il Tibet, c'è sempre un apparato
> bellico, tenuto costantemente ben oliato, fatto apposta per poter
> intervenire immantinente appena se ne presenta la presunta necessità.
>
> La guerra è strumento principale, anzi unico, di soluzione dei conflitti
> e del riassetto degli ordini, sia degli stati nazionali ed oggi
> dell'assetto mondiale, perché lo strumento principale su cui si reggono
> gli assetti societari è incontrastato il militarismo. E per militarismo
> non intendo soltanto la struttura bellica schierata ed efficiente pronta
> ad intervenire ad ogni istante. Intendo soprattutto la logica e il senso
> che la sostiene, giustificata dal bisogno innegabile di potersi
> difendere, mentre è inequivocabilmente strutturata soprattutto per
> offendere, per aggredire, per imporre le ragioni della vittoria. Ma
> anche la struttura sociale è, secondo memoria storica, impostata e
> strutturata secondo i dettami e le logiche del militarismo. Oggi si sta
> vivendo una fase di trapasso dagli stati nazionali ad una specie di
> stato mondiale, per cui i vecchi stati nazionali si trasformano sempre
> di più in regioni del costituendo "impero", per usare un eufemismo
> negriano ampiamente alla moda. Ma la logica e il senso di fondo sono
> sempre gli stessi e si stanno riadattando al nuovo futuribile assetto
> globale che sempre più velocemente sta prendendo piede e definendosi.
>
> Il pacifismo dovrebbe prendere coscienza che la richiesta sempre più
> pressante di pace è insufficiente, ampiamente insufficiente, senza una
> richiesta più ampia e senz'altro più difficile, che è quella
> dell'antimilitarismo, come nuova visone del mondo e come nuova filosofia
> della convivenza dei differenti assetti societari, sia nelle relazioni
> tra loro, sia al proprio interno. La diserzione, accompagnata alla
> disobbedienza e alla rivolta fattiva e morale, non dovrebbe più
> limitarsi al momento in cui si viene chiamati per andare a combatttere,
> sia per una finta pace sia per una vera e propria aggressione in piena
> regola. bensì dovrebbe essere una pratica diffusa sempre, contro tutti i
> molteplici aspetti del militarismo sociale imperante. Tutto ciò
> accompagnato dalla costante consapevole sperimentazione di un nuovo modo
> di vivere l'essere in società coerente con gli assunti e i principi
> antimilitaristi
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> Andrea Papi
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