[Cm-crew] Re: Cm-crew digest, Vol 1 #40 - 14 msgs

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IL COMMENTO
MA E' LA BICI L'ABICI' DI MILANO

STEFANO BARTEZZAGHI

La bici? Ma non scherziamo: la bici è l'abicì. Malgrado i ladri, i condomini, le automobili, le portiere dei condomini e le portiere
degli automobilisti, i vetri rotti per terra, il pavé sconnesso, il recente rialzo dei marciapiedi e il loro avvicinamento alle
rotaie dei tram. Malgrado le intemperie, le pozze d'acqua per le strade appena piove per due ore, le polveri fini, le cacche grosse.
Malgrado le distanze, le borse pesanti, il fiatone. Tutto sommato e malgrado tutto, avere e usare la bicicletta a Milano è
fondamentale.
Il ciclista sa che la sua bicicletta non può essere troppo nuova, perché la rubano e comunque dispiace lasciarla all'addiaccio, né
troppo vecchia, perché si rompe e nessuno l'aggiusterà mai più. Sa che i ciclisti, intesi come meccanici delle bici, non sono tanti,
non sempre sono gentili, bisogna conoscere quello buono. Sa che le valvole delle camere d'aria nelle nuove biciclette sono state
disegnate da un raffinatissimo seguace del marchese de Sade, che però non ha ancora inventato la pompa giusta per gonfiarle. Con
tutti i modelli tradizionali, l'utente pensa di gonfiare le gomme e invece le sgonfia ancor di più: e dunque si è aggiunto un
capitolo al famoso «Catalogo degli oggetti introvabili» di Perelman (fra cui rifulge la Caffettiera del masochista, che ha il
beccuccio dalla stessa parte del manico).


Il ciclista, inteso come cittadino in sella, ha in mente una Milano interstiziale, fatta di anditi e pertugi, strade senza troppe
rotaie e/o macchine in seconda fila (i due nemici numero uno ex aequo per i ciclisti), con marciapiedi comodi su cui riparare senza
traumatizzare i pedoni, compiacenti passi carrai, giardinetti ciclabili o non ciclabili (a seconda della presenza e della consistenza
della ghiaia), e la sporadica incarnazione della grande utopia: la pista riservata alle biciclette. Ma anche a motorini, cani con
guinzaglio, adolescenti protervi, musi di macchine in sosta, netturbini, amanti in apnea.
Il cittadino ciclista sa che l'automobilista è indomabile. Lo sa perché egli stesso ogni tanto guida l'automobile e allora si accorge
di vedere i ciclisti con disagio e impazienza. Le moto il ciclista non le vede neanche. I motorini, sì: e spesso li vede con
indulgenza. I motorini sono più svelti delle bici a infilarsi fra i paraurti delle macchine al semaforo, più intransigenti e
massimalisti nell'ottemperare la regola neanche tanto segreta del gioco della bicicletta e del motorino in città, quella che dice:
«Nulla ti deve fermare sino al punto di mettere il tuo piede a terra». A questo gioco il ciclista gioca, ma senza troppo accanimento.

A dire il vero non fa nulla con troppo accanimento: perché altrimenti non sarebbe un ciclista. Quando ha fretta, sfiora vecchiette
agli incroci, brucia semafori rossi, si butta sotto le macchine costringendole all'inchiodata: ma raramente un ciclista ha fretta
(altrimenti non sarebbe un ciclista). L'andamento rotativo delle gambe, lo stesso "ciclo" compreso nel suo nome sembra conferire
saggezza a chi usa la bicicletta. Ma è un'esagerazione, e in realtà non è affatto questione di saggezza. È che il ciclista è il
cittadino flessibile. E questo alla lunga è un vantaggio.
STEFANO BARTEZZAGHI