Rimando al forum per informazione questa e-mail speditami da Elena ...
questa è un'azione molto importante per fare chiarezza e dare supporto
all'azione degli avvocati del genoalegalforum
Carissim*,
stiamo ancora cercando notizie di persone che siano rimaste intossicate dal
GAS dei lacrimogeni utilizzato durante i g8.Meglio sarebbe se le lesioni e i
danni subiti (per esempio all'apparato respiratorio, alla pelle etc) fossero
documentati da certificati e referti medici. Per inviare le vostre
testimonianze potete usare l'e.mail del GLF info@???
GENOA LEGAL FORUM
via San Luca, 15 - 16124 Genova (Italia)
tel/fax 010 2461413 - e.mail info@???
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Alto Adige, lunedì 18 marzo 2002
http://www.altoadige.kataweb.it/ "archivio" "cronaca di trento", lunedì 18
marzo (con altri articoli sempre sul g8)
"Noi, picchiati al G8 cerchiamo prove"
L'iniziativa di venti pacifisti colpiti da manganelli e lacrimogeni
NO GLOBAL ALL'ATTACCO
di Luca Franceschi
TRENTO. Un gruppo di trentini che hanno subìto violenze fisiche al G8
(singoli cittadini, ma anche membri di associazioni pacifiste come la Rete
Lilliput) si è riunito l'altra sera a Trento per definire le prossime mosse
legali penali e civili. Non solo. I pacifisti vittime del caos al G8 di
Genova cercano altri testimoni e vogliono fare una campagna stampa per dare
informazioni sulla pericolosità dei gas "chimici" usati dalle forze
dell'ordine (come testimonierebbero delle ricerche scientifiche).
E poi insistono sull'esigenza di "democrazia". Sono ancora scioccati: quando
vedono poliziotti ricordano solo manganellate e gas lacrimogeni. E allora
chiedono che d'ora in poi polizia e carabinieri adottino dei caschi siglati
con grandi numeri che consentano di risalire all'autore di eventuali
soprusi. Un'iniziativa che sperano venga sostenuta da tutti i parlamentari
trentini.
Nel corso della riunione tenuta a Trento, è stato rivolto anche un invito a
chi in quei giorni -dal 16 al 21 luglio 2001- era a Genova; un invito a
farsi vivo, a segnalare danni subiti, ad aiutare a recuperare foto o video
che possano servire da prova. L'assistenza legale è gratuita per chiunque
abbia subìto violenze fisiche. Le spese legali saranno coperte - almeno in
parte - da fondi raccolti dalle associazioni aderenti al Genoa Social Forum.
Il codice prevede tre mesi di tempo per la querela, ma «essendo state usate
delle vere e proprie armi da guerra, in particolare gas chimici, è ancora
possibile promuovere azioni legali». Lo assicura il legale che li assiste,
Nicola Canestrini di Rovereto, collegato al Genoa Legal Forum.
E ci sono sofferenze che permangono. Una ragazza nonesa, Loredana, soffre di
dermatite da quando, a Genova, è stata investita dai gas lacrimogeni durante
una carica. «Ci vuole un'azione legale per chi ha usato in maniera impropria
armi improprie».
«Noi picchiati al G8 di Genova cerchiamo di dare un contributo all'azione
della magistratura sperando che sia incisiva così come è stato promesso dal
Presidente Ciampi». In coro, donne e uomini fanno capire che non c'è sete di
vendetta, bensì voglia di giustizia, di democrazia "vera", di rispetto per
la dignità delle persone oltre che delle opinioni personali. «Ci sentiamo
lesi non solo per la manganellata ma perché ci hanno impedito di manifestare
liberamente il pensiero, un diritto-caposaldo del sistema democratico».
Delle mille persone partite dal Trentino, centinaia hanno subìto violenza,
ma solo 20 hanno sporto denuncia in Procura. Nessun trentino è indagato per
reati contro le forze dell'ordine o altro. «Noi abbiamo fiducia -dice
Canestrini- e pur avendo subìto torti e ingiustizie in uno Stato di diritto
siamo convinti che tutto ciò possa essere riparato». Ai pm di Genova il
Tribunale di Trento ha trasmesso gli atti delle denunce per lesioni; seguirà
per tutti i 20 trentini la richiesta di risarcimento danni.
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Quei gas sono armi chimiche
E noi li abbiamo subiti per ore»
l.f.
TRENTO. "Qualcuno di noi qui dentro se n'è presi parecchi di lanci di
lacrimogeni. Ci risulta che in due giorni ne siano stati sparati 6 mila e
200. E si aggiunge un'ingiustizia ad un'altra ingiustizia: non sapere
neanche chi li ha lanciati". Ecco la testimonianza di Giampaolo, 49 anni,
medico, presente a genova e alla riunione dei no global trentini. «Uno degli
aspetti che mi stanno preoccupando sempre più è che l'utilizzo del gas
lacrimogeno con il "Cs" (per gli addetti al lavoro
ortocloro-benzalmalonitrile) è alquanto pericoloso. È allarmante sapere che
anche all'estero è stato messo in discussione per i suoi effetti sia acuti
che -purtroppo- anche cronici. Mi agita il fatto che pure io ho subìto due
lanci di lacrimogeni, per un'ora e mezzo addirittura. Non solo: ho avuto una
congiuntivite e un'infiammazione alle cornee per essere stato investito dal
gettito violento degli idranti. Emergono studi che dimostrano come vi siano
degli effetti di trasformazione dei cromosomi. Ci sono anche dei possibili
effetti "teratogenici", nel senso di trasformazione di cellule anche
riproduttive. E questo dato è preoccupante se si pensa che a sfilare per il
G8 c'erano anche bambini, giovani. E ora siamo tutti in ansia».
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«Non so più
guardarli
con fiducia»
TRENTO. Vogliono raccontare. Ma soffrono a rivivere quello che hanno subìto
e che provano ancora a distanza di otto mesi. Dolore e sofferenza, ma
soprattutto sdegno e voglia di riscattare giustizia. "Non solo per
noi -dicono- ma per tutti coloro che un domani si troveranno a volere
esprimere liberamente le proprie opinioni".
Donata, 59 anni, psicologa
"Io non sono mai stata picchiata da bambina, e mi sembra che essere
picchiata dalle forze dell'ordine a 59 anni sia proprio umiliante.... Si
arriva a pensare anche questo: perché una persona porta una divisa-mimetica
può fare quello che gli pare? È è anticostituzionale. Il cittadino non può
essere indifeso di fronte ad un'altra persona per il solo fatto che ha una
divisa. Può nascere qualsiasi sopruso. Abbiamo dato ad una categoria tutti i
diritti".
Chiara, 45 anni, insegnante
"Ci siamo trovati in una carica violenta. Siamo stati minacciati in piazza
Manin venerdì 20 luglio, in una manifestazione inequivocabilmente pacifica
perché era delle associazioni pacifiste, delle donne, di Legambiente e del
commercio equo-solidale. Quello che mi rimane dentro è che ora io stento a
vedere sia i poliziotti che i carabinieri come "tutori dell'ordine": sono
persone che mi hanno percossa... Al di là di ogni dubbio ho visto persone
che mi hanno guardato in faccia, che hanno visto che eravamo 25 donne tra
cui settantenni e quindicenni, senza cappucci neri, che cantavano ferme con
le mani alzate... Ci hanno comunque caricato. Siamo finiti all'ospedale con
fratture o sette punti sul cranio".
Paola, 48 anni, insegnante
"Io sono rimasta sotto i gas lacrimogeni per due cariche, il sabato. Un
tempo che a me è sembrato lunghissimo, con la sensazione che il mio fosse
l'ultimo respiro. Avevo l'impossibilità assoluta di difendermi, di scappare.
Ero ammassata con tanta altra gente che come me si era trovata travolta
nell'incredulità. E pensare che stavamo tornando. L'unico rumore che si
sentiva era quello degli elicotteri, e dietro sentivo dei tonfi. Erano le
botte che prendeva chi era nella fila dietro di me. C'era un silenzio che mi
ha fatto pensare: "Ma come? Non stiamo facendo assolutamente nulla di male e
questi ci massacrano, fanno sul serio. Ho avuto paura di morire perché ero
appiccicata con altri corpi sopra di me. E loro non smettevano. E io
pensavo: sono matti, sono matti? Non respiravo, sentivo bruciore in tutte le
parti del corpo, testa e occhi compresi".
Paola, 32 anni, logopedista
"Ho partecipato per tutta la settimana alle attività del Genoa Social Forum
e sono tornata a Trento in stato di choc. Avrei tanto voluto tornare con
qualcosa di rotto, fisicamente, perché sono rientrata in Trentino con le
manganellate dentro. Ho ho avuto chiara una sensazione a Genova: che lì
tutto fosse organizzato nei minimi particolari, che gli attacchi fossero
guidati dagli elicotteri, che ci fosse una regìa anche per il lancio dei
lacrimogeni non per fare sfollare la gente ma come armi. I lacrimogeni ci
sono stati gettati addosso dagli elicotteri".
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«Ai poliziotti
un casco
con la targa»
TRENTO. "Ps 411 Ab"; questo potrebbe essere il codice che d'ora in poi
potremmo vedere stampato sul casco o sul giubbotto anti-sommossa delle forze
dell'ordine. Una specie di targa: un modo per poter identificare il
poliziotto. Nel mese di settembre del 2001 a tal proposito è stato
presentato alla Camera dei Deputati dagli onorevoli Elettra Deiana,
Graziella Mascia e Giuliano Pisapia (Rifondazione Comunista) un disegno di
Legge per consentire il riconoscimento di carabinieri e polizia di Stato
(facendo salve le esigenze di incolumità personale delle forze dell'ordine).
«Al momento, come dimostrano i video, noi non abbiamo nessun modo per potere
capire chi fosse il poliziotto o il carabiniere o l'agente di guardia di
finanza che manganellava perché nessuno aveva alcun segno identificativo»
dicono i venti reduci no global trentini.
Il progetto di legge prevede di stampare un numero sul casco in dotazione
alle forze. «Sarebbe un segno di grande civiltà - precisano - dato che ogni
controllore dell'autobus ha il suo tesserino o qualsiasi dipendente pubblico
ha la targhetta esposta per il riconoscimento». Si chiede quindi
che -tramite elenchi- si possa risalire a chi ha compiuto un gesto non
conforme ai suoi doveri d'istituto. «È chiaro -ha precisato Donata,
picchiata pure lei al G8- che gli agenti se riconoscibili non devono
assolutamente subire vendetta da parte di nessuno. Ma è altrettanto giusto
che siano identificabili almeno dai loro comandanti e dalla magistratura».