[Forumumbri] l'uso politico del terorismo:campagna contro i …

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Szerző: franco coppoli
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Tárgy: [Forumumbri] l'uso politico del terorismo:campagna contro i cobas
hanno iniziato la criminalizzazione
decontestualizzando un volantino dello slai
cobas. Poi ha continuato repubblica/ds/cgil con
queste chicche da veline dei servizi segreti.
Qui di seguito vi invio
1 testo originale del volantino SLAI
2 comunicato stampa dei cobas
3 testo infamante di repubblica
4 risposta confederazione


Volantino Cobas: non lo piangeremo
Cgil, Cisl e Uil insorgono: barbarie


«Non verseremo una sola lacrima per i loro morti
perché loro non versano lacrime per i nostri».
Questo il titolo di un documento affisso ieri in
bacheca alla Fiat di Pomigliano d’Arco e
che reca in calce la firma degli Slai-Cobas.Pur
sottolineando che il terrorismo «è
l’antitesi dell’autorganizzazione»,
lo Slai-Cobas definisce «prezzolati» i
consiglieri economici dei governi. Immediata la
risposta delle segreterie confederali dei
metalmeccanici locali che hanno definito
«barbaro» il volantino.

Il testo del comunicato slai non sono riuscito a
scaricarlo, lo trovate su
http://italy.indymedia.org/front.php3?article_id=42896&group=webcast

COMUNICATO STAMPA
Sull’omicidio Biagi

Anticipato dalla bomba al ministero dell’interno
di fronte a telecamere che non hanno visto nulla,
preannunciato da un rapporto dei servizi segreti
in cui si sosteneva che i consulenti del
ministero del lavoro erano nel mirino del
terrorismo, puntuale, come una macabra cambiale
in scadenza, è arrivato l’omicidio del professor
Biagi, cui, con l’ennesimo tempismo, era stata
annullato dal 1° gennaio scorso il servizio di
scorta a Bologna.
Questa azione “esemplare” nella sua algida
ritualità mortuaria è un terribile messaggio
inviato a tutto il movimento dei lavoratori, a
tutti coloro che sono scesi in piazza contro la
politica di restaurazione sociale del governo di
centrodestra, che stanno costruendo la
mobilitazione che porterà allo sciopero generale;
è un esplicito invito a starsene a casa..
Mentre il governo traballa sotto l’incalzare del
conflitto sociale, arrivano gli omicidi e le
bombe, rispunta la strategia della provocazione
e/o della tensione.
Chiunque siano, gli omicidi hanno reso un
servizio preziosissimo al governo Berlusconi e
alla Confindustria, che già stanno scatenando la
canea reazionaria contro le legittime richieste
dei lavoratori e del movimento di lotta e
preannunciano rappresaglie poliziesche e
giudiziarie contro l’opposizione sociale.
L’omicidio del professor Biagi vuole diffondere
la paura tra i lavoratori e nel Paese.
I Cobas non si lasciano intimidire, ritengono che
occorre moltiplicare gli sforzi per proseguire
nella lotta fino al ritiro da parte del governo
delle 4 deleghe su art. 18 e libro bianco di
Maroni, pensioni e liquidazioni, scuola, fisco.
I Cobas, anche di fronte ai tentennamenti e alle
ritirate che si profilano tra le fila
confederali, ritengono che sia indispensabile
mantenere lo sciopero generale di tutti/e i/le
lavoratori/trici nel mese di aprile (al momento
la data più opportuna parrebbe il 19) che va
ulteriormente rafforzato con una manifestazione
nazionale a Roma
Ecco il txt dell’articolo infamante di repubblica
"Ora speriamo che non si ripetano gli errori
che ostacolarono l'inchiesta D'Antona"

L'Antiterrorismo: "Assassini
mimetizzati tra i Cobas"
Almeno una decina di sigle complici dei nuovi
terroristi
di CARLO BONINI

ROMA - L'investigatore è didascalico. Al limite
della brutalità. E
non c'entrano le poche ore di sonno e i litri di
caffè ingurgitati da
martedì notte. Dice: "Esiste un network malato,
autistico, del
sindacalismo di base che, pur radicalizzandosi,
non ha mai interrotto
il
dialogo con i soggetti istituzionali del
conflitto sociale: ministero
del Welfare e sindacato confederale. E' un area
circoscritta di
addetti ai lavori, mimetizzata e resa
impermeabile dalle sue doppie e
triple appartenenze, da professioni esercitate
alla luce del sole,
capace di assumere informazioni sconosciute ai
più, perché a quelle
informazioni ha accesso. Capace di convincersi,
non a caso,
che il "nemico" è proprio negli attori di questo
conflitto: il
sindacato e i consulenti del ministero.
Chiamatele pure come vi pare:
talpe,
infiltrati... La sostanza non cambia: gli
assassini di Marco Biagi e,
verosimilmente, di Massimo D'Antona odiano chi
"vedono" e si
nascondo in questo network. Una decina di sigle,
non di più. La nostra
paura è che oggi a morire è stato un professore.
Domani,
potrebbe essere un sindacalista[bb].

Quarantotto ore sono evidentemente poche per dare
solidità a
un'ipotesi investigativa che, nell'indicare in
ambienti di "prossimità

sindacale" l'area dei possibili mandanti della
nuova stagione del
terrore, sollecita di fatto opposte
strumentalizzazioni. Ma che sia
proprio questo il sentiero stretto infilato
dall'indagine lo
raccontano le "evidenze" su cui ragiona in queste
ore chi sta tentando
di
abbozzare un "profilo politico" degli assassini
di Roma e Bologna.
Vediamo.

La presenza ossessiva del tema del lavoro nella
prolissa produzione
documentale delle sigle che oggi compongono la
holding che si
è stretta intorno alle Br-Pcc (i Nuclei proletari
rivoluzionari di
Milano, i Nuclei di Iniziativa proletaria di
Roma, i Nuclei
Territoriali
Antimperialisti del Nord-Est) non è accidentale.

Gli analisti dell'Antiterrorismo vi leggono non
solo un'indicazione
dell'estrazione politica degli autori, ma anche
una inequivoca traccia

del loro bacino di reclutamento. Se è vero
infatti che sono almeno
cinquecento gli indirizzi di posta elettronica
raggiunti dalla
rivendicazione di ieri, è altrettanto vero che
pressoché "unica" è la
qualità politica dei destinatari. Rappresentanze
sindacali di base,
il comparto metalmeccanico della Cgil, sedi
territoriali di
Rifondazione Comunista.

Gli assassini di Biagi parlano di quel che
conoscono. Parlano a chi
conoscono. Con un linguaggio quantomeno
riconoscibile,
evocativo, nei temi come nel gergo. Ma gli
assassini di Biagi -ecco
un'altra coincidenza che in queste ore interpella
la curiosità degli
inquirenti - parlano nei luoghi in cui "il
network radicale del
sindacato di base" ha immediato ascolto. Lo
sconosciuto sito web cui
per
primo, ieri, è giunta la rivendicazione delle
Br-Pcc ha la sua sede a
Caserta.

In un'area dove più avvertito è lo scontro sulla
ridefinizione dei
contratti di lavoro, sulla flessibilità e dove
già nella stagione del
centro-
sinistra sono state sperimentate nuove forme di
lavoro interinale. Il
fatto potrebbe certo restare nel bozzolo della
suggestione, se non
fosse che a dargli respiro - almeno seguendo il
filo del ragionamento
degli inquirenti - sono altre circostanze che si
consumano
proprio seguendo la linea di confine tra il
Casertano e il Napoletano.

Mercoledì, a sole ventiquattro ore dalla morte di
Biagi, in una
bacheca della Fiat di Pomigliano d'Arco, un
documento firmato Slai-
Cobas sottolineava che non una lacrima sarebbe
stata versata su quel
cadavere. E ieri, in una nota consegnata alle
agenzie per
annunciare querele contro chi quel documento ha
stigmatizzato (il
ministro Maroni e il sindacato confederale), lo
stesso Slai-Cobas,
"pur esprimendo cordoglio umano per Marco Biagi e
Massimo D'Antona e
condannando il terrorismo", denunciava ogni
tentativo di
"omologante buonismo di circostanza".

L'investigatore si fa serio: "L'effervescenza
lungo l'asse
Napoli-Caserta ci fa pensare. Da Napoli partì la
spedizione multipla
dei
documenti di rivendicazione dell'omicidio
D'Antona destinati alle
fabbriche del Nord. E Caserta non è per noi città
neutra". Nella sua
provincia è nato Nicola Bortone, militante delle
Br-Pcc, entrato in
clandestinità nel '92, finito in manette l'11
marzo scorso su un
marciapiede di Zurigo, oggi in un carcere
svizzero, dove si è
dichiarato "prigioniero politico".

Quarantotto ore fa, la Procura di Roma ne ha
chiesto l'estradizione,
ma il suo nome, e quantomeno la sua presenza,
erano stati
registrati in Italia lo scorso anno, a Milano,
dall'indagine condotta
dal Ros dei carabinieri sui militanti di
"Iniziativa comunista", sigla

ritenuta partecipe di quel network opaco da cui
gli assassini di
D'Antona e Biagi provengono e a cui si rivolgono.
Insomma, il filo di
ragionamento dell'indagine dell'Antiterrorismo
sembra sufficientemente
chiaro.

Esiste una zona grigia, radicale e radicata a
sinistra e fuori del
sindacato, nella cintura industriale Milanese e
nelle fabbriche del
mezzogiorno, le cui suggestioni non solo
percorrono la pubblicistica
di "Npr", "Nipr" e "Nta", ma hanno trovato
saldatura con quel
che restava, nei primi anni '90, dei militanti
fuoriusciti delle
Br-Pcc. La scommessa, al Viminale, è che questa
volta "non si ricada
negli errori e nelle incomprensioni
dell'inchiesta D'Antona", quando
la circostanza che il presunto telefonista Geri
lavorasse per una
cooperativa di servizi con accesso ai locali
della Cgil sollecitò
un'immediata e comprensibile reazione della
Camera del Lavoro contro
"ogni illazione".

A Cofferati, sembra di capire, verrà chiesto
qualcosa di non diverso
di quanto venne chiesto nel momento più cupo
della stagione
brigatista alla Cgil di Lama e al Pci di
Berlinguer. Guardare non in
casa propria, ma immediatamente fuori dal proprio
uscio.
Ascoltare quelle "voci di prossimità" cui in tre
anni nessuna
indagine, nessuna cimice, nessun testimone è
riuscito a dare un nome.

COMUNICATO-STAMPA

L’omicidio di Biagi e le provocazioni contro i
Cobas

Prosegue e si intensifica l’ignobile tentativo di
criminalizzare i Cobas, utilizzando sempre più
spietatamente l’omicidio di Marco Biagi. Oggi, un
tassello particolarmente intollerabile di questa
sporca campagna – dopo le farneticazioni del
ministro Maroni di ieri – lo ha fornito il
quotidiano “La Repubblica” che titola a tutta
pagina “Assassini mimetizzati tra i Cobas” un
articolo a firma di Carlo Bonini, il quale, a suo
dire, avrebbe raccolto le “confidenze” di un
presunto “investigatore dell’Antiterrorismo”.
Per la verità, nell’articolo non c’è alcun
elemento che suffraghi la tesi di una
qualsivoglia connessione tra i Cobas e i
terroristi. Si fa cenno ad un “network malato del
sindacalismo di baseche non ha mai interrotto il
dialogo con il Ministero del Welfare e con il
sindacato confederale”.
Ora, a parte che i Cobas – privati, come sono, di
ogni diritto di rappresentanza sindacale – non
hanno rapporti né presenze al Ministero del
lavoro o analoghi, né relazioni con i sindacati
confederali, nell’articolo non viene fornito
alcun elemento che precisi cosa diavolo sia e
quale azione filo-terrorista svolga il presunto
“network malato”.
Per di più, nel sottotitolo si annunciano “almeno
una decina di sigle complici dei nuovi
brigatisti”: ma senza che alcun elemento fattuale
in merito venga presentato nell’articolo e senza
che venga citata almeno una delle sigle in
questione.
Su tutto, però, sparato (visto che si parla di
“parole pesanti come piombo”, il verbo è quanto
mai appropriato)a tutta pagina, il titolo-accusa,
l’invito a cercare gli assassini tra i Cobas.
Come abbiamo già fatto ieri con il ministro
Maroni, daremo ai nostri legali mandato per
querelare anche “La Repubblica”. E intanto,
ribadita la nostra totale condanna di un
terrorismo che ha fornito al governo Berlusconi
un’arma micidiale per attaccare i lavoratori in
lotta, rafforzeremo la mobilitazione per arrivare
ad un grandioso sciopero generale,
strumento-principe per battere il governo
Berlusconi e anche chi, sparando, vorrebbe
disgregare e mandare a casa i pacifici ed
intransigenti movimenti in lotta.

Roma, 22 marzo 2002


     CONFEDERAZIONE COBAS   





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francoppoli@???

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