Da "Il Manifesto" 23 ottobre 2001
DON VITALIANO
Così difese il blindato
BENEDETTO VECCHI
La prima immagine di don Vitaliano della Sala vicino a un blindato dei 
carabinieri nelle strade di Genova, lo scorso luglio, lo ritrae mentre dà le 
spalle a un mezzo delle forze dell'ordine. Ieri la notizia che don Vitaliano 
è indagato per l'assalto al blindato. A sostegno dell'ipotesi di reato su 
cui stanno lavorando i sostituti procuratori Anna Canepa e Andrea Canciani 
c'è un video che lo riprenderebbe nell'atto di incitare i manifestanti ad 
assaltare il blindato. Immediata la reazione del sacerdote, che si dichiara 
stupito e ribadisce la sua scelta nonviolenta.
Era il pomeriggio del 20 luglio. Don Vitaliano faceva parte del "gruppo di 
contatto" doveva garantire la comunicazione tra il corteo dei 
"disobbedienti" partiti dallo stadio Carlini e le forze dell'ordine. Quello 
che è accaduto in seguito è stato più volte ricostruito. Ci furono scontri 
violenti che durarono fino all'uccisione di Carlo Giuliani in piazza 
Alimonda. L'episodio che vede coinvolto don Vitaliano riguarda una delle via 
adiacenti a piazza Alimonda, corso Torino e via Tolemaide. Un gruppo di 
manifestanti viene caricato dai carabinieri e da alcuni blindati. C'è un 
lancio di sassi, cassonetti della spazzatura vengono messi in mezzo alla 
strada. E c'è a questo punto una controcarica dei manifestanti. Un blindato 
rimane tagliato fuori dalla "ritirata" delle forze dell'ordine. Viene 
circondato dai manifestanti, che cominciano a demolirlo. All'interno, uno o 
due carabinieri. Qualcuno tenta di rompere i vetri, mentre il lancio dei 
lacrimogeni continua fitto. I carabinieri in ritirata si fermano a cento, 
centocinquanta metri. Il gruppo di manifestanti attorno al blindato diventa 
sempre più numeroso. Ci sono anche discussioni accese. Qualcuno dice di 
lasciar perdere e raggiungere il resto del corteo in direzione dello stadio 
Carlini. Ma è voce poco ascoltata. La demolizione del blindato è metodica, 
fino a quando si sente urlare "attenti ci sono i carabinieri dentro". 
L'apertura di un portello laterale fa temere il peggio. Le discussioni 
continuano sempre più accese. "Lasciamo perdere, andiamocene", grida uno. 
"No, rovesciamo il blindato, così non riescono più a caricarci", ribatte un 
altro. "Ma siete pazzi, volete linciarli!", afferma a muso duro un altro 
ancora. I carabinieri in fondo a una via cominciano ad avanzare. Accennano a 
una timida carica, ma sono accolti a sassate. Le forze dell'ordine si 
ritirano. Si muove una camionetta, ma si ferma dopo pochi metri. Nel 
frattempo la situazione attorno al blindato sembra placarsi. Alcuni sassi 
continuano a essere lanciati contro i vetri ancora intatti. Intorno è un 
andirivieni di persone. Alcune assistono a quello che sta accadendo, altri 
raccolgono pietre e bastoni.
Una decina di persone comincia a cingere il blindato con un cordone. Con 
loro è don Vitaliano. E' un volto noto, si adopera per interrompere 
l'assalto al blindato. Il gruppo di persone che è con lui entra in azione. 
Si muovono rapidi, fermano chi, di ritorno dalla scaramuccia con i 
carabinieri, vorrebbe riprendere l'opera di demolizione. Volano parole 
grosse, insulti, qualche schiaffo, ma una cosa è certa: quelle dieci, venti 
persone vogliono impedire che i carabinieri ancora all'interno del blindato 
entrino a contatto con i manifestanti. Ci sono altre spinte e altri insulti. 
Lentamente, la camionetta si avvicina e quando arriva quasi a fianco del 
blindato c'è chi urla "sbrigatevi, portateli via". Tutto dura uno, due 
minuti. Almeno questo è il tempo che la memoria fissa nel cervello. Quando 
la camionetta ritorna indietro il cordone a protezione del blindato si 
scioglie e le persone che lo componevano vanno via. L'opera di demolizione 
continua, fino a quando il mezzo dei carabinieri prende fuoco.
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