Un Manifesto per Cyborg Scienza, tecnologia e femminismo socialista...
Il Cyberfemminismo è una delle più importanti elaborazioni teoriche e
politiche nata alla fine del vecchio millennio.
Donna Haraway ne è una delle fonti di principale ispirazione.
Autorevole studiosa della storia e della filosofia della scienza, fa partire
la sua indagine dallo studio delle biotecnologie e dei bio-poteri ad esse
correlati.
Allieva del filosofo francese Georges Cunguilhelm, attenta lettrice di
Foucault, non ha dimenticato, né rimosso il marxismo e il materialismo storico.
Le cyberfemministe si muovono oltre certe posizioni polarizzate che vedevano
il femminismo americano del gender e quello europeo della differenza
sessuale in contrasto tra loro.
Esse si aprono a nuove e più positive esperienze superando un certo
relativismo postmodernista e riproponendo, finalmente, un pensiero forte.
Rosi Braidotti nella sua introduzione al Manifesto Cyborg ne traccia i
concetti chiave:
1)Aspetto geopolitico
Le cyberfemministe si propongono di offrire una mappa della situazione
socio-politica ed economica del mondo, ovvero quali sono i poteri e le
contrapposizioni, gli interessi che fanno scoppiare le guerre, che
condannano alla morte per fame centinaia di migliaia di esseri umani, chi
vende (e a chi) le armi, l'orientamento della ricerca scientifica bellica.
Le biotecnologie sono al centro della scena dei nuovi poteri globali e
locali. Essendo, infatti, essenzialmente biotecnologie ottiche, che si
basano sul potenziamento del senso della vista, sono capaci di attuare
dittature ottico-politiche, fanno guerre videogioco, stuprano e filmano per
scopi propagandistici...
Guerra e bioscienza sono oggi quasi inscindibili, impensabili l'una senza
l'altra.
E allora, le cyberfemministe chiedono a gran voce una coalizione politica
tra le tante donne che lavorano e militano per la pace nel mondo e quelle
che lavorano sull'epistemologia e sulle nuove tecnologie.
Sul pacifismo il femminismo così inteso, non può difendere una visione
femminizzata della natura come potenza materna e matrice, per la quale le
donne sarebbero pacifiste per natura a causa della loro capacità
riproduttiva. Questo porterebbe ad una complicità con la funzione
belligerante della tecnologia.
2)Riscrivere il soggetto come corporeo
Come ripensare le radici corporee, la materialità del soggetto?
Ripartendo da Marx e Foucault, Donna Haraway riafferma la denaturalizzazione
del corpo come campo di iscrizioni socio-culturali.
Per Foucault il corpo possiede una natura duale: da una parte il corpo
inteso come un unicum storicamente concepito dalla fisiologia e anatomia
classiche, dall'altra
il corpo non può essere ridotto alla somma dei suoi componenti organici;
esso è un campo di forze, una superficie libidinale.
Questo può essere un punto di partenza per una nuova analisi politica dei
sistemi di potere. Il corpo e le biotecnologie indicano, per Foucault come
per Haraway, la volontà di sapere dell'ordine del discorso contemporaneo.
Le biotecnologie ci rivelano, infatti, l'immaginario culturale che sorregge
e orienta la ricerca scientifica.
Ma l'analisi di Haraway, della rivoluzione scientifica in atto, è più
radicale di quella di Foucault.
Al biopotere di Foucault, Haraway, oppone un'altra metodologia che deriva
dal suo vissuto femminista e dalle sue conoscenze scientifiche ed
epistemologiche.
Innanzitutto essa afferma la necessaria complicità dell'intellettuale
critico (e quindi anche delle femministe) con il sistema che combattono.
Ovvero, "Assumiamoci la responsabilità della nostra corporalità-virtuale".
Oltretutto, un soggetto "donna" non è più pensabile per la compresenza di
diversi assi di diversificazione che lo attraversano: classe sociale,
identità etnica, razza, identità sessuale, età...
E' necessario, e urgente, applicare una politica delle affinità, definire
una sorta di cartografia personalizzata, una forma collettiva di narrazione
politico-personale.
Del resto, "anche le scimmie e le merci hanno un progetto politico, perchè
non dovremmo averlo noi?"...
3)Ridefinire il dibattito femminista su scienza e tecnologia
3)Il dibattito femminista sulla tecnologia e specialmente sulle tecnologie
riproduttive...
..ha subito un grande incremento e ha generato una vera e propria scuola di
epistemologia femminista.
Possiamo sintetizzare i frutti delle diverse elaborazioni prodotte dagli
anni '80 in poi, in tre punti:
a)La lotta politica delle donne per il controllo delle tecnologie
riproduttive non coincide con il rifiuto femminista della scienza e della
tecnologia.
b)Il Cyborg è il modello cartografico per l'epistemologia attuale, perché
spazza via le barriere dualistiche tra il corpo e i suoi rapporti
tecnologici, che sono ricordi della vecchia metafisica.
Nel modello Cyborg il corpo non è né fisico né meccanico, descrive,
piuttosto, l'intersezione, situata, del corpo con una realtà molteplice e
complessa: è una nuova lettura del corpo e delle macchine (del resto da
sempre protesi umane) e di ciò che passa tra loro.
c)Assimilazione della cultura undergound sul piano linguistico/concettuale.
Il linguaggio cyberpunk, con la sua ironia, e la sua sana empietà narra una
nuova epistemologia. Le immagini che ne derivano sono spesso grottesche,
bruttine, a volte spaventose, perturbanti, ma forse sono le uniche in grado
di comprender-ci veramente.
Il Manifesto Cyborg è pubblicato nella collana "interZone" di Feltrinelli