[RSF] I: Eva Cantarella: La misoginia nell’Antica Grecia

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Autore: pilar castel quarzell
Data:  
To: forumroma@inventati.org, cellulaimmaginativaroma@googlegroups.com, Antonella Tarallo, peacelink, Anna Maria Marino, Pressenza, Mariapia Ciaghi, Marina Costa, donneinnero@listas.nodo50.org, Poema
Oggetto: [RSF] I: Eva Cantarella: La misoginia nell’Antica Grecia

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Da: MicroMega <micromega@???>
Inviato: sabato 30 marzo 2024 10:00
A: pilarcastel@??? <pilarcastel@???>
Oggetto: Eva Cantarella: La misoginia nell’Antica Grecia


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Mar 30

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L’ammirazione e la gratitudine per quello che i Greci ci hanno tramandato in termini di produzione filosofica, letteraria, artistica non può esimerci dal constatare che ci hanno lasciato anche una pesantissima eredità: quella della discriminazione del genere femminile. È infatti proprio nella Grecia classica che per la prima volta le donne sono sistematicamente escluse dallo spazio pubblico, come spiega Eva Cantarella in un saggio pubblicato su MicroMega 2/2024, di cui qui pubblichiamo un breve estratto.

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La misoginia nell’Antica Grecia
di Eva Cantarella

Come potete immaginare, amo molto la Grecia antica, che rappresenta il nostro passato. Ciò che i Greci ci hanno regalato, il patrimonio, la ricchezza, l’eredità che ci hanno lasciato non hanno bisogno di essere sottolineati. Tutto ciò non può però celare il fatto che ci hanno lasciato anche una eredità pesantissima: la discriminazione del genere femminile. Voi potreste dire: sì, certo, loro sono i nostri antenati più lontani, ma alle loro spalle ci sarà stato qualcun altro che ha fatto lo stesso, non l’avranno mica inventata loro l’oppressione delle donne! Ma in verità se si volge lo sguardo ancora più indietro si scopre che è proprio così: le discriminazioni che ben conosciamo non si rinvengono in quello che noi antichisti chiamiamo il Vicino Oriente antico. I confini della vita femminile sono stati rigorosamente delineati proprio dai Greci, in particolare a partire dall’epoca delle poleis, della Grecia classica, che è poi il periodo a cui ci riferiamo quando generalmente parliamo di Grecia antica, intorno al VII-VI-V secolo a.C.

Sappiamo bene come la Grecia all’epoca non fosse una nazione ma un’insieme di città – sempre in guerra fra loro – che parlavano la stessa lingua, avevano in gran parte gli stessi costumi, si riconoscevano come appartenenti a uno stesso popolo. È in questo contesto che rinveniamo per la prima volta le discriminazioni nei confronti delle donne, che con ogni probabilità si sono originate in quei secoli bui di passaggio dalla Grecia micenea – civiltà del secondo millennio a.C. che ruotava attorno a grandi palazzi – alla Grecia delle poleis; secoli dei quali sappiamo ancora pochissimo perché le fonti sono piuttosto frammentarie. Sta di fatto che è nella Grecia classica che per la prima volta troviamo le donne relegate in una posizione di assoluta subordinazione. Le donne greche erano infatti escluse da tutto. A differenza delle romane, per esempio, le donne greche non giocavano nessun ruolo neanche nella formazione dei figli. La loro funzione era circoscritta esclusivamente alla riproduzione fisica, mentre la formazione del cittadino spettava ai maschi.

Si tratta di una condizione assolutamente inedita, che non ritroviamo nelle civiltà precedenti del Vicino Oriente antico, la cui storia è piena di figure di donne straordinarie, come Tomiri e Artemisia. La cui esistenza e le cui gesta conosciamo grazie a Erodoto.

Tomiri e Artemisia
Siamo ad Alicarnasso, l’odierna Bodrum, nel VI secolo a.C. A capo della città c’è una donna straordinaria, Tomiri, che governa pacificamente la popolazione dei Massageti. Ciro il grande, che nutre ambizioni su questa città e sul suo popolo, la chiede in moglie, ma Tomiri, che è una donna molto intelligente, capisce che la proposta cela in realtà il desiderio di conquistare la città e sottrarle il potere, e per questo la rifiuta. Ciro inizia quindi i preparativi per una conquista militare. Tomiri gli fa recapitare un messaggio la cui sostanza è: “Perché fai questo? Perché non restiamo ognuno pacificamente al comando della propria città?”. Di fronte alla saggezza della domanda Ciro tentenna, ma i suoi consiglieri lo convincono a proseguire nell’intento bellico. Tomiri gli manda quindi un nuovo messaggio: “Fermati, altrimenti ripagherò il tuo desiderio di sangue con ancora più sangue”. Ma Ciro naturalmente non le dà retta e dà il via alla guerra. Nel corso dei combattimenti i persiani fanno prigioniero Spargapise, il figlio di Tomiri. Ancora una volta Tomiri tenta quella che oggi chiameremmo “via diplomatica”, chiedendo l’immediata liberazione del figlio. Ciro ignora la richiesta limitandosi a liberare le mani di Spargapise che fa quindi l’unica cosa che gli resta: si suicida. A quel punto Tomiri rompe gli indugi e sfida Ciro in battaglia.

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IL SOMMARIO DEL NUMERO
ICEBERG 1 - patriarcato/patriarcati
Eva Cantarella - La misoginia nell’Antica Grecia
L’ammirazione e la gratitudine per quello che i Greci ci hanno tramandato in termini di produzione filosofica, letteraria, artistica non può esimerci dal constatare che ci hanno lasciato anche una pesantissima eredità: quella della discriminazione del genere femminile. È infatti proprio nella Grecia classica che per la prima volta le donne sono sistematicamente escluse dallo spazio pubblico.

Francesco Remotti, Paola Sacchi e Pier Paolo Viazzo - Vecchi e nuovi patriarcati in una prospettiva antropologica
Dopo averlo per lungo tempo abbandonato, l’antropologia sta tornando allo studio del patriarcato ponendo una serie di domande nuove e incalzanti. Se il termine patriarcato indica senza dubbio un potere, di che tipo di potere si tratta? Chi sono coloro che in concreto lo esercitano? E chi sono, a loro volta, coloro che lo subiscono?

Giuliana Sgrena - Dio contro le donne
Sebbene il patriarcato non sia nato con le religioni monoteiste, queste ultime sono sempre state sue fedeli alleate. Cristianesimo, ebraismo e islam, attingendo a testi sacri infarciti di misoginia, hanno infatti tenacemente contribuito al mantenimento delle strutture patriarcali nel corso dei secoli. E anche se oggi si intravedono timidi progressi imposti dai cambiamenti della società, i maschi dentro le istituzioni religiose non sembrano voler cedere il loro potere.

Ingrid Colanicchia - Italia, c’era una volta (e c’è ancora) un Paese patriarcale
In Italia, nel dopoguerra, è iniziato un sistematico – seppur lento e tardivo – smantellamento di leggi e norme che costituivano l’ossatura giuridica e istituzionale di un Paese profondamente patriarcale. Le tante lotte delle donne – da quella per il diritto di voto a quella per l’abolizione del delitto d’onore, passando per divorzio e aborto – sono riuscite ad abbatterle una per una. Una rassegna delle norme contro le donne che ci siamo lasciati alle spalle. Speriamo per sempre.

Federica D’Alessio - Oltre il patriarcato, ancora non sappiamo
L’ordine patriarcale inteso come potere del pater familias è stato smantellato o è in via di smantellamento o consunzione in molti luoghi del mondo, non soltanto in Occidente. Ma non è sorto alcun ordine sociale sostitutivo o alternativo, anche per via di un’importante mancanza di visione e progettazione in seno al femminismo e a tutti i movimenti per la liberazione. E in questa assenza di un ordine orientativo, si stanno facendo avanti forme insidiose di revanchismo.

ICEBERG 2 - le parole e la realtà
Cristiana De Santis - Perché una tavola rotonda “non” è rotonda
È difficile negare che ogni lingua abbia una struttura grammaticale consolidata che prescinde dalla molteplicità degli usi individuali, parlati e scritti: l’esistenza di una simile struttura è condizione per ogni sviluppo possibile del sistema stesso. Certo, le regole di una lingua non sono scritte sulla pietra, sono sedimentate nel tempo e soggette a evoluzioni dovute a molti fattori, fra i quali anche l’uso personale che i diversi soggetti ne fanno. L’importante è che l’esperienza non si diffranga al punto da rendere impossibile la comunicazione e la reciproca comprensione.

Giuliana Giusti - Tra maschile “non marcato” e schwa. Riflessioni sul riferimento inclusivo in italiano
La lingua e il genere sociale hanno un forte valore identitario, come dimostrano gli accesi dibattiti su qualunque questione linguistica e qualunque ridefinizione dei ruoli sociali. È legittimo sollevare la questione della rappresentazione delle persone con genere non binario. In questa impresa, tuttavia, è necessario un lavoro approfondito e dettagliato che tenga conto delle strutture morfologiche e fonologiche della lingua. E soprattutto che non si traduca in una cannibalizzazione del genere femminile con la creazione di un terzo genere formato, di fatto e di nuovo, sul maschile.

Federico Zappino - Linguaggio, realtà, materialità
Che i corpi materiali esistano a prescindere da se e come noi li nominiamo è pacifico. Ma la “realtà” non si riduce alla materialità; la “realtà” è piuttosto l’ordine impartito alla materialità. Un ordine, questo sì, profondamente influenzato dalla cultura, dalla storia, dai rapporti di potere, infine anche dal linguaggio.

Iole Natoli - La lunga lotta per il cognome materno
Se è vero che dare nomi è un atto linguistico, l’attribuzione del cognome è l’atto linguistico per eccellenza, con cui si circoscrive, si fonda e si narra un’appartenenza delle persone all’ordine famigliare. Un ordine che è stato per secoli rigorosamente patriarcale e patrilineare, finché qualcuna non ha cominciato a mettere in discussione lo status quo, esigendo il riconoscimento della madre come origine non solo della nascita, ma di un nuovo sistema sociale.

Paola Di Nicola Travaglini - Quando la violenza sulle donne si legge nelle sentenze
Un’analisi delle sentenze in tema di violenza contro le donne – dagli stupri ai femminicidi, passando per le molestie – fa emergere un linguaggio che sistematicamente attinge agli stereotipi e ai pregiudizi anziché ai fatti. Un linguaggio che esprime una precisa rappresentazione culturale e sociale dei ruoli di genere e della violenza contro le donne e che, quando diventa la parola pubblica dello Stato, alimenta la tolleranza sociale e l’impunità rispetto alla violenza stessa.

A PIÙ VOCI - il femminismo ieri, oggi, domani
In questa sezione abbiamo raccolto le voci di intellettuali, scrittrici, attiviste alle quali abbiamo chiesto di ragionare attorno al femminismo e alle lotte delle donne oggi. L’obiettivo era ottenere un affresco vivido di quel che si muove nel variegato mondo del movimento delle donne nel mondo. Vi hanno contribuito: Simona Ammerata, Lucia Raffa, Annarosa Buttarelli, Alessandra Chiricosta, Laura Cima, Anna Maria Crispino, Maria Rosa Cutrufelli , Dahlia de la Cerda, Donatella Di Pietrantonio, Monica Lanfranco, Dacia Maraini, Valeria Parrella, Maria Serena Sapegno, Chiara Saraceno, Alice Schwarzer, Nadia Terranova e Samia Walid.

INEDITO
Fanny de Beauharnais - Scritti sulla condizione femminile (presentazione di Marco Menin)
Se è difficile immaginare la nascita del femminismo senza l’Illuminismo, rimane innegabile che quella settecentesca è ancora una società profondamente misogina, nella quale l’esclusione delle donne dalla Repubblica delle lettere è pressoché sistematica e le intellettuali devono far fronte a innumerevoli ostacoli per affermarsi. Lo mostra anche la storia di Fanny de Beauharnais, autrice di racconti, poesie e pamphlet, il cui salotto letterario ospita alcune delle personalità di maggior spicco dei Lumi, della quale presentiamo per la prima volta al pubblico italiano un’ampia selezione di scritti.

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