[Forumlucca] Veleno nel piatto, nella padella, nel bicchiere…

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Author: Aldo Zanchetta
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To: forumlucca@inventati.org
Subject: [Forumlucca] Veleno nel piatto, nella padella, nel bicchiere e nel naso
Continuando nell'acritica fiducia nella tecnoscienza e nei suoi prodotti
sempre a
e continuando a non voolerci privare degli ultimi ritrovati

Incuranti verso le responsabilità di chi ci governa a tutti i livelli, dal
locale al nazionale al Sacro Germano Impeuro, preoccupati del 'pericolo
immigranti' ma assolutamente incapaci di proteggerci dagli altri pericoli

Ignari che siano oltre ventimila i prodotti chimici autorizzati e in
commercio sui quali mancano studi di pericolosità accurati e soprattutto
dei loro effetti cumulativi nel tempo

Ecco il PFAS

Buona lettura

AZ

*I veleni dei Pfas, Zaia pronto a varare una legge: "Il governo non agisce"*

Caso Miteni, il presidente del Veneto annuncia: "Ridurremo drasticamente i
limiti dell'inquinante". Lo screening dei quattordicenni residenti nella
zona rossa conferma la presenza della sostanza chimica nel sangue. Il Cnr:
problemi anche in Piemonte, Lombardia e Toscana. E Greenpeace presenta un
rapporto: "L'azienda sapeva e non ha informato gli enti locali"

*di CORRADO ZUNINO*



*ROMA -* Non è solo il Veneto a essere inquinato dai Pfas, gli
impermeabilizzanti più diffusi al mondo: servono per cerare giacconi e
proteggere smartphone, per fabbricare le pellicole antiaderenti delle
padelle, la carta da pizza, la sciolina dei fondisti. Il Veneto però, che
conosce il problema più grande - l'azienda Miteni di Trissino
<http://www.repubblica.it/ambiente/2017/03/22/news/acqua_la_fabbrica_dei_veleni_che_allarma_il_veneto-161100423/>,
provincia di Vicenza -, ha deciso di accelerare nell'affrontarlo.

Il presidente *Luca Zaia* lunedì scorso ha detto: "I ministeri italiani non
vogliono emanare una legge nazionale sui limiti dell'inquinante e allora in
questa regione ci arrangeremo. In piena autonomia, procederemo a una
drastica riduzione dei limiti dei Pfas che possono essere presenti nelle
acque delle rete idrica". Gli uomini di Zaia parlano di "futuri limiti
molto bassi, assimilabili a quelli oggi in vigore in Svezia". E' la prima
volta che nei confronti dei perfluoroalchilici si definisce un perimetro di
pericolosità e se ne fa discendere una legge.

La decisione del presidente del Veneto arriva dopo che lunedì scorso il
ministero della Salute - contraddicendo le richieste del 18 maggio e del 23
agosto arrivate dal ministero dell'Ambiente - ha respinto la proposta di
realizzare una direttiva nazionale e un conseguente monitoraggio in tutto
il Paese: "Il problema Pfas è concentrato solo nelle quattro province di
Vicenza, Rovigo, Venezia e Padova", ha scritto la Direzione generale della
prevenzione sanitaria.

In realtà, uno studio del Consiglio nazionale delle ricerche fatto nel 2013
ha già esteso la questione a "vari territori italiani": Santa Croce
sull'Arno in provincia di Pisa, per esempio, poi il sottobacino Adda-Serio
in Lombardia e ancora l'area del Bormida che riceve gli scarichi dagli
impianti chimici di Spinetta Marengo (qui siamo in provincia di
Alessandria) allargando infine le criticità "all'intera asta del Po da
Torino a Ferrara".

Gli ottanta milioni richiesti al governo per gli interventi strutturali
sulle reti idriche non sono stati ancora messi a bilancio (Zaia attacca la
Ragioneria generale, l'opposizione locale parla di ritardi della giunta
veneta), ma nella zona rossa a Sud di Trissino - 180 chilometri quadrati,
79 comuni - la tensione è alta. Gli operai della Miteni, mercoledì scorso,
hanno scioperato per otto ore e lo stesso governatore ha incontrato le
"mamme dei Pfas". Già. In queste settimane sono diventati pubblici i primi
controlli clinici avviati a gennaio 2017: riguardano ragazze e ragazzi di
14 anni e, in diversi casi, sono state rintracciate nel sangue tracce di
Pfas (e Pfoa) tutt'altro che trascurabili: da 70 fino a 300 nanogrammi per
grammo.

Studi nordamericani parlano di una presenza media di 2-3 nanogrammi in ogni
persona, ma nessuno finora ha identificato una "soglia di pericolo". Ai
quattordicenni con solfuro di carbonio e acido fluoridrico "sopra la media"
è stata offerta - dal 15 settembre - la pulizia del sangue (plasmaferesi).
Alcune famiglie hanno accettato. E' un intervento, dice l'epidemiologo
Vincenzo Cordiano, "mai provato nel mondo".

Greenpeace chiede a Zaia di "bloccare tutte le fonti di inquinamento da
Pfas" e di abbassare drasticamente i livelli di sicurezza della sostanza
nell'acqua, "attualmente in Veneto sono tra i più alti al mondo".
L'associazione ambientalista oggi presenta una radiografia societaria della
Miteni Spa di Trissino. Avvalendosi di un istituto olandese esperto in
questo genere di controlli, Greenpeace ha scoperto che "la principale fonte
di inquinamento dell'area" (oltre a Miteni nel Nord-Ovest di Vicenza hanno
lavorato a lungo molte concerie) è parte di un gruppo chimico
internazionale, Icig, controllato da una holding lussemburghese che negli
ultimi quattro anni ha pagato un'aliquota fiscale del 13,3 per cento.

La holding, amministrata da due industriali tedeschi, è al 50 per cento
nelle mani di un fondo svizzero. Cassaforti dentro cassaforti. Lo studio
presentato da Greenpeace definisce il Gruppo Icig "un investitore
opportunista che acquista pezzi di grandi conglomerati farmaceutici o
chimici non più interessanti per le aziende di origine". E ancora, "una
realtà finanziaria che adotta strategie di acquisizione e vendita
aggressive: rileva imprese, le ristruttura tagliando i costi, in
particolare quelli del personale, e le rivende con profitto". Miteni comprò
l'azienda di Trissino nel 2009 dal gruppo giapponese Mitsubishi: il valore
stimato era di 33,86 milioni, la pagò un euro.

Negli ultimi dieci anni Miteni SpA ha sempre chiuso il bilancio in perdita
riducendo la forza lavoro da 176 a 126 dipendenti. Il collegio sindacale
considera i "rossi" un rischio per la continuità aziendale e, nel 2016, ha
invitato i proprietari a ricapitalizzare. La Procura di Vicenza ha indagato
dieci dirigenti dell'azienda per inquinamento di acque e ambiente. Un
risanamento serio, e l'eventuale risarcimento dei cittadini danneggiati, ha
un costo ipotizzato di almeno 200 milioni di euro, ma nel 2016 Miteni spa
sotto questa voce aveva messo a bilancio solo 6,54 milioni (la holding che
la controlla, tuttavia, ha disponibilità pari a 239 milioni). "Visti i
numerosi studi ambientali commissionati da Mitsubishi prima della vendita",
sostiene il report, e vista la presenza di Brian Anthony McGlynn come
consigliere delegato sotto la prima gestione e poi come presidente durante
la stagione Icig, "è probabile che i nuovi acquirenti conoscessero i rischi
ambientali dell'impresa acquistata".

L'8 marzo scorso i carabinieri del Nucleo operativo ecologico di Treviso
hanno certificato come Mitsubishi e Miteni Spa negli anni 1990, 1996, 2004,
2008 e 2009 abbiano incaricato varie società di consulenza di effettuare
indagini sullo stato di inquinamento del sito e, nonostante l'obbligo, "non
abbiano mai trasmesso i risultati a Regione, Provincia e comuni". Conclude
il report Greenpeace: "La condotta omissiva di Miteni Spa ha comportato che
l'inquinamento da Pfas si propagasse nella falda a chilometri di distanza".