[nuovopci] Avviso ai naviganti 61 - Ai redattori di Contropi…

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Author: \(nuovo\) Partito comunista italiano
Date:  
To: Npci Inter
Subject: [nuovopci] Avviso ai naviganti 61 - Ai redattori di Contropiano - Barbara Balzerani o Pippo Assan?


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_ AVVISO AI NAVIGANTI 61_

5 aprile 2016

(Scaricate il testo in versione Open Office [4], PDF [5] o Word [6] )

Dedichiamo questo Avviso ai naviganti a Sergio Spazzali, per il generoso
contributo che ha dato al bilancio dell'impresa delle Brigate Rosse di
cui qui si tratta.

Per mettersi in contatto con il Centro del (n)PCI senza essere
individuati e messi sotto controllo dalle Forze dell'Ordine borghese,
una via consiste nell'usare TOR [vedere
http://www.nuovopci.it/corrisp/risp03.html [7] ], aprire una casella
email con TOR e inviare da essa a una delle caselle del Partito i
messaggi criptati con PGP e con la chiave pubblica del Partito [vedere
http://www.nuovopci.it/corrisp/risp03.html [7] ].

LE ISTRUZIONI PER L’USO DI TOR E DI PGP SONO STATE RECENTEMENTE
AGGIORNATE. UNA VERSIONE PIÙ SEMPLICE DELLE PRECEDENTI È ORA DISPONIBILE
IN http://www.nuovopci.it/corrisp/risp03.html [7]

Lettera aperta ai redattori di _Contropiano_ (Rete dei Comunisti) e
affini

BARBARA BALZERANI O PIPPO ASSAN?

Come sotto le vesti dell'introspezione e della narrazione, una pentita
BR diffonde fatalismo e rassegnazione.

Richiamiamo l'attenzione dei nostri lettori sull'articolo (riportato in
Appendice a questo AaN) pubblicato il 2 aprile (ma non era un pesce
d'aprile!) sul giornale online _Contropiano_ di Rete dei Comunisti (RdC)
che lo ha ripreso dal giornale indipendentista basco _Gara_. RdC è
un'organizzazione che si dichiara impegnata a promuovere la lotta per il
comunismo e addirittura, proprio in queste settimane, impegnata a
ricercare in una successione di confronti pubblici locali "un ruolo per
i comunisti dentro questa fase storica", "in vista di un incontro
nazionale da tenersi nei prossimi mesi". In nome di questo dichiarato
impegno ci rivolgiamo anche ai redattori di _Contropiano_ e richiamiamo
la loro attenzione sul ruolo dell'articolo citato: "A causa
dell'eclettismo che inquina i vostri sforzi intellettuali, in definitiva
a causa della vostra soggezione alla sinistra borghese del cui
anticomunismo l'eclettismo è il distintivo sul terreno intellettuale,
voi distruggete con una mano quello che dichiarate di voler costruire
con l'altra".

Il ruolo che uno scritto svolge nello sviluppo della società non dipende
dalle intenzioni né dalla coscienza che di questo ruolo hanno l'autore e
i diffusori dello scritto, spesso neanche da quelle dei suoi lettori.
Eppure uno scritto ha un ruolo nello sviluppo della società, perché
alimenta o contrasta, tramite l'effetto intellettuale e sentimentale
(psicologico) che ha sui suoi lettori, lo sviluppo di tendenze proprie
della società in cui i suoi lettori vivono. Oggi la nostra società è
alle prese con il compito di instaurare il socialismo, unica via per
rompere con il corso catastrofico delle cose che la Comunità
Internazionale dei gruppi imperialisti europei, americani e sionisti
impone al mondo (e non può non imporre perché questo corso deriva dalla
natura del sistema di relazioni sociali e internazionali di cui essa è
la testa). Ogni attività intellettuale e pratica di individui e gruppi
va quindi valutata dall'effetto che ha in questo compito universale:
quando una città è travolta da un'inondazione, chi cerca di sottrarsi
alla lotta per farvi fronte è un vigliacco, chi distrae altri dal
compito è dannoso.

Capita a volte che autori e diffusori si lamentino della valutazione che
noi comunisti, cultori e utilizzatori della scienza delle attività con
cui gli uomini fanno la loro storia, diamo di uno scritto. Come se noi
esponessimo e giudicassimo le loro intenzioni. Premettiamo quindi che
noi non entriamo in merito alle intenzioni, né attribuiamo loschi
propositi e oscure relazioni né ai redattori di _Contropiano_ né a
Barbara Balzerani (BB). Ci appelliamo anzi alle loro buone intenzioni e
ai loro sani propositi e siamo disposti a verificarli senza preconcetti
nella pratica, a iniziare dalla risposta che daranno al nostro appello a
rigettare e confutare il bilancio disfattista dell'opera delle Brigate
Rosse e a ricavare invece dall'esperienza dei loro successi e della loro
sconfitta gli insegnamenti che contengono sul ruolo per i comunisti
possono e devono svolgere nell'attuale fase storica.

Noi non sappiamo in che misura ognuno dei redattori di _Contropiano_,
come singoli individui o come collettivo, sono consapevoli del servizio
che con articoli e prese di posizione del genere di quello della
recensione a una pubblicazione di BB (non è l'unico comparso in
_Contropiano_) rendono ai capitalisti, alla Repubblica Pontificia e alla
borghesia imperialista in generale. Ma in questo caso denunciamo la
diffusione di uno scritto che rende servizio alla Repubblica Pontificia
e al governo Renzi e ostacola la lotta della classe operaia e delle
masse popolari. Con esso infatti denigrano il primo importante tentativo
compiuto nel nostro paese di ricostruire il partito comunista, dopo la
deriva imposta dai revisionisti moderni guidati prima da P. Togliatti e
poi da E. Berlinguer che condusse il vecchio PCI alla corruzione e alla
disgregazione.

Il tentativo generoso e fecondo di "ricostruire il partito comunista
tramite la propaganda armata" fatto dalle Brigate Rosse (BR) negli anni
'70 e '80 non fu sconfitto né dal tradimento dei pentiti e dei
dissociati né dalla feroce determinazione delle classi reazionarie come
invece con la collaborazione di _ Contropiano_ BB sostiene: l'uno e
l'altra non mancano mai in nessuna grande impresa rivoluzionaria e se da
essi dipendesse la sua sconfitta, nessuna grande impresa rivoluzionaria
avrebbe mai avuto successo. Il tentativo delle BR raggiunse grandi
risultati in termini di raccolta delle forze, ma quando si trattava di
valorizzarle e costituire il Partito comunista, Stato Maggiore della
classe operaia che lotta per instaurare il socialismo, fu sconfitto
dalla Repubblica Pontificia, dai revisionisti moderni e dalla NATO
coalizzati a causa

1. della concezione del mondo che guidava le Brigate Rosse: essa non era
materialista dialettica e marxista-leninista-maoista, ma derivata dalla
Scuola di Francoforte;

2. dalla deriva militarista (secondo cui le armi e lo scontro militare e
non la linea politica sono i fattori decisivi dell'esito della lotta di
classe) in cui di conseguenza le Brigate Rosse si lasciarono trascinare
da Prima Linea, da Potere Operaio, dall'Autonomia Operaia e da varie
altre correnti minori non a caso sorte numerose in quegli anni, come
numerose e inconcludenti correnti anarchiche e anarcosindacaliste
avevano contrastato il movimento comunista all'inizio della prima crisi
generale del capitalismo.

Nonostante la sconfitta finale, l'opera delle Brigate Rosse contiene
molti grandi insegnamenti per la lotta di oggi, insegnamenti di cui ci
siamo serviti per riunire e animare la Carovana del (nuovo) Partito
comunista italiano e di cui ci serviamo per consolidare e rafforzare il
Partito. Questi insegnamenti sono esposti nell'opuscolo _ Cristoforo
Colombo [8]_ del 1988 firmato con lo pseudonimo Pippo Assan. Sono quindi
stati ripresi e sviluppati in vari articoli di _ La Voce [9]_ e in
particolare nell'opuscolo _ Martin Lutero [10]_, supplemento a _La Voce_
n. 3 (ottobre 1999) e infine riassunti nel capitolo 2.1.3 [11] del
nostro _ Manifesto Programma [12]_.

Per maggiori dettagli rimandiamo a questa letteratura. Qui diciamo solo
che gli insegnamenti in estrema sintesi si riassumono in due punti che
segnano anche la distinzione tra il (nuovo)PCI e il vecchio glorioso PCI
fondato nel gennaio 1921 su iniziativa della prima Internazionale
Comunista, quello della Resistenza e della vittoria contro il
nazifascismo che tuttavia lasciò via libera all'instaurazione della
Repubblica Pontificia:

1. il partito comunista per essere guida efficace e vittoriosa della
classe operaia nella lotta per instaurare il socialismo deve fondarsi
sulla scienza delle attività con cui gli uomini fanno la loro storia,
una scienza sperimentale e in via di sviluppo che oggi è il
marxismo-leninismo-maoismo: con essa il Partito è in grado di
raccogliere e valorizzare le tendenze positive espresse spontaneamente
dalla classe operaia e dalle masse popolari e condurle fino alla
vittoria;

2. la strategia della rivoluzione socialista nei paesi imperialisti non
è l'insurrezione popolare e la sua preparazione, ma la guerra popolare
rivoluzionaria di lunga durata [13]: la rivoluzione socialista non
scoppia ma la si costruisce passo dopo passo, fase dopo fase.

"Bisogna fare il bilancio delle Brigate Rosse!": quante volte abbiamo
sentito e sentiamo questo ritornello ripetuto da personaggi che mai si
sono cimentati né si cimentano nel fare il bilancio e nemmeno nel
prendere posizione sul bilancio che noi abbiamo fatto e le conclusioni
che ne abbiamo tratte. Siamo d'accordo, bisogna fare il bilancio delle
Brigate Rosse e per questo lo abbiamo fatto.

Come bisogna fare il bilancio della prima ondata della rivoluzione
proletaria che ha caratterizzato il secolo XIX, del grande sviluppo da
essa raggiunto nella prima parte del secolo e del suo esaurimento nella
seconda parte del secolo. Bisogna farne il bilancio e per questo lo
abbiamo fatto.

Bisogna fare il bilancio dell'esperienza della rivoluzione socialista,
perché il marxismo-leninismo-maoismo è una scienza sperimentale.

Qui ci fermiamo all'enunciazione del bilancio dell'opera delle Brigate
Rosse. Mettiamo però in guardia i nostri lettori dal tentare di
ricostruire il significato dei due punti sopra indicati dal significato
corrente dei termini e delle espressioni con cui li enunciamo: come per
ogni scienza, chi vuole giovarsi della scienza deve darsi i mezzi per
studiarla: il Partito guida e aiuta i suoi candidati a procurarseli. La
nostra scienza, come ogni altra scienza si avvale di categorie sue
proprie che bisogna assimilare. Il tentativo di capirla, di
impadronirsene per assonanze con le favole del passato, con le
interpretazioni del mondo date da filosofi di altre classi, con un
qualche bigino e a senso comune, porta al fallimento.

Torniamo allo scritto diffuso su _Contropiano_ il 2 aprile in cui,
anziché tirare dall'avanzata e dalla sconfitta dell'eroico tentativo
impersonato dalle Brigate Rosse e illustrare gli insegnamenti preziosi
che esso contiene, BB denigra le Brigate Rosse come frutto di
incoscienza e presenta come fallimentare la loro attività. In realtà BB
svela essa stessa la concezione del mondo che la guida.

In proposito la tesi più significativa proclamata da BB è che le Brigate
Rosse all'inizio degli anni '80 avrebbero dovuto "ritirarsi come avevano
fatto i cinesi", fare come il Partito Comunista Cinese dopo la morte di
Mao (1976), la sconfitta della "banda dei quattro" e l'avvento dei
revisionisti capeggiati da Teng Hsiao-ping che avviarono il rientro
graduale della RPC nel sistema imperialista mondiale. Tradotto in
italiano: le Brigate Rosse avrebbero dovuto avviare il rientro nella
legalità borghese, nelle istituzioni della Repubblica Pontificia e lo
Stato borghese avrebbe dovuto accondiscendervi. Secondo BB, le cose
andarono male perché lo Stato volle stravincere.

BB giustifica la sua tesi che le BR dovevano rientrare nella legalità
borghese, dicendo che "non incidevano nell'ambito delle decisioni
politiche generali". Eppure all'inizio degli anni '80 tutti i vertici
della Repubblica Pontificia erano concentrati nella caccia alle Brigate
Rosse: erano queste quindi che dettavano legge allo Stato borghese. In
che senso quindi le Brigate Rosse "non incidevano nell'ambito delle
decisioni politiche generali"? La tesi di BB è chiara se si intende la
lotta delle Brigate Rosse come sindacalismo armato, al modo di Prima
Linea e delle altre affini Organizzazioni Combattenti. Effettivamente
all'inizio degli anni '80 la nuova crisi generale del capitalismo era
già in pieno svolgimento. La borghesia imperialista non poteva più
concedere miglioramenti generali in termini di diritti e condizioni di
vita e di lavoro. Il capitalismo dal volto umano era finito. In palio
non erano più le riforme, ma il potere. Con la propaganda armata le
Brigate Rosse avevano raccolto grandi forze. Si trattava quindi di
passare a una nuova fase della lotta di classe. Ma chi concepisce la
lotta di classe come combinazione di rivendicazioni di massa e "fare da
sponda politica nelle istituzioni borghesi" per determinare la condotta
di queste a fronte delle rivendicazioni delle masse, vede nella crisi
del capitalismo anche la propria sconfitta. In queste condizioni, il
tradimento era l'unica alternativa allo "insensato continuismo": si
trattava di trovare una via onorevole.

Chiamiamo i nostri lettori a rigettare il veleno di uno scritto che
alimenta la controrivoluzione preventiva, il disfattismo, la
demoralizzazione o, per contro, il rivoluzionarismo individuale e
moralistico: in ogni caso distoglie dal marxismo, dal materialismo
dialettico e dalla via che il movimento comunista con la sua esperienza
indica per condurre con successo la lotta di classe fino
all'instaurazione del socialismo e a marciare verso il comunismo.

Forse qualcuno ci obietterà che la valutazione negativa che diamo degli
scritti in cui Barbara Balzerani espone i suoi sentimenti e i suoi
giudizi e pregiudizi, fa eco all'ostilità della destra più reazionaria e
bigotta nei confronti delle pentita che dopo anni di carcere osa
mostrarsi in pubblico senza certificato ufficiale di pentita. Un anno e
mezzo fa _Contropiano_ ha in effetti diffuso (21 agosto 2014) una
vibrata protesta contro l'Amministrazione Comunale di Carpineto Romano
(Latina) in mano a PD e SEL che aveva disdetto la presentazione che BB
avrebbe dovuto fare di una sua opera (_Lascia che il mare entri_) perché
le destre avevano minacciato manifestazioni di protesta se una ex BR si
presentava come una normale scrittrice.

Ma la morale da trarne non è la tolleranza verso il veleno che BB semina
quanto alle sorti e alle forme della rivoluzione socialista, ma che
quando ci si mette nella via del meno peggio, non c'è fine al peggio.
Nella lotta di classe non esistono rese onorevoli. C'è sempre una
fazione della classe dominante che o per demagogia o per paura del
futuro e spirito di vendetta per la paura provata, pretende di più. Una
buona ragione per non mettersi sulla via del meno peggio.

APPENDICE

Riproduciamo dal sito di _Contropiano_ del 2 aprile 2016 il triste
scritto sul pensiero di Barbara Balzerani

A proposito di "Compañera Luna"

di Mikhel Zubimendi *

"Sì, è stata una sconfitta storica di un'ipotesi complessiva di
rivoluzione"

Barbara Balzerani, storica dirigente della colonna romana delle Brigate
rosse, è stata recentemente in Euskal Herria invitata dall'editrice
Txalaparta. Ha presentato il suo libro "Compañera Luna", testo di
notevole musicalità letteraria, non un'autobiografia, non un racconto
della storia della guerriglia comunista italiana, ma la narrazione di un
viaggio, vitale, personale, terribilmente onesto, attraverso i
cosiddetti anni di piombo. Per lei scrivere è "un dovere militante di
restituzione di una memoria partigiana che difendo con amore e cui sono
molto legata"

Barbara Balzerani ha partecipato ad alcune delle più spettacolari azioni
delle Brigate Rosse, come il sequestro del generale statunitense e
comandante della Nato per l'Europa meridionale, James Lee Dozier.
Durante il sequestro del presidente della Democrazia Cristiana, Aldo
Moro, occupava insieme a Mario Moretti, la principale base operativa
romana delle Brigate Rosse, in via Gradoli 96. Una base scoperta dalla
polizia a causa di una perdita d'acqua.

È stata una delle ultime figure storiche delle BR ad essere arrestata.
Era il 1985, ed è ritornata in libertà nel 2011. La stampa ufficiale
l'ha definita "irriducibile" - categoria che rifiuta tout court. Erano
chiamati così i militanti che rifiutavano i "benefici" concessi ai
delatori (i pentiti, coloro che in cambio di trenta monete - passaporto,
soldi e una nuova identità - sono diventati collaboratori) e più tardi
ai dissociati (coloro che hanno usufruito di una riduzione della pena
abiurando la loro identità passata ed arrivando a fare apologia di
Stato). Tuttavia, Barbara Balzerani riconosce con sincerità "quanto è
stato difficile trovare il punto di equilibrio tra il sottrarsi alla
logica di un insensato continuismo e non cedere sull'essenziale"
mantenendo una ferma "indisponibilità a fare mercato della sua identità,
della sua storia, dei suoi compagni".

Insieme ad altri due dirigenti storici delle Brigate rosse, Mario
Moretti e Renato Curcio, Barbara Balzerani partecipa, nel 1987, alla
famosa intervista per la Rai in cui si dichiarava conclusa la lotta
armata delle Brigate Rosse, chiedendo la fine delle azioni e l'apertura
di una fase di riflessione sociale e politica sugli errori e sulle
ragioni di quell'esperienza.

"IL PIDOCCHIO SULL’ALBERO SANO”

Alla domanda su quanto abbiano pesato nel percorso delle Brigate Rosse
il pentitismo e la dissociazione, Balzerani è franca nell'affermare che
si è trattato dell'"elemento più dirompente di una ben più pervasiva
campagna di dissuasione e di discredito. Quello che ha fatto terra
bruciata di ogni tradizione e memoria e, soprattutto, è stato l'ostacolo
più insidioso a che si potessero creare le condizioni per un gesto di
chiusura unilaterale dell'esperienza armata fuori dalla pregiudiziale
dissoluzione di ogni sua ragione".

L'espressione "il pidocchio sull'albero sano" si riferisce a Patrizio
Peci, della colonna torinese, che decide di collaborare con lo Stato
permettendo ai Carabinieri di fare irruzione nella base genovese e di
crivellare di colpi quattro brigatisti. E lo interpreta come
"inequivocabile segnale della profondità della nostra crisi politica.
L'infamia dei traditori. Fratelli di ieri che denunciano gli altri e di
questi si fanno giudici e cacciatori. Niente ha resistito al
contraccolpo. Né l'allestimento logistico, né i criteri di sicurezza, né
la linea politica, né la fiducia in noi stessi"

1982. L’ANNO DELLA SCONFITTA

Per Balzerani, il cumulo di errori e l'indebolimento politico delle
Brigate Rosse arriva al punto di coagulo nel 1982. "Le divisioni
interne, gli arresti in massa, le battaglie perdute". Ma si mostra
rivoluzionaria nella sua autocritica quando aggiunge che, anche prima,
in diverse occasioni, "l'ingrossarsi delle loro fila era avvenuto
parallelamente all'indebolirsi della loro proposta politica. Eravamo
fuori gioco, non riuscivamo a giustificare la presenza di una guerriglia
che malcelava la sua crisi di progetto dietro una capacità militare a
tratti spettacolare". Che fare? Cos'altro tentare? Non incidevano
nell'ambito delle decisioni politiche generali e non riuscivano neanche
a frenare la deriva resistenziale delle lotte. "Hic rodhus : e sia per
l'americano a tre stelle!" .

In quella situazione, "praticamente per strada e con la mano sul calcio
della pistola" le Brigate Rosse iniziarono a discutere cosa dovesse
essere fatto, "Dovevamo ritirarci come avevano fatto i cinesi, ma come?
Dovevamo raccogliere le forze e resistere fino a capire se esisteva
ancora un nostro futuro politico. Era poi così semplice il bilancio di
un'esperienza armata che non aveva avuto modelli per nascere e non
poteva averne per morire?"

Rosa Luxemburg aveva detto, dopo la sconfitta della settimana
spartachista, che "la rivoluzione è l'unica forma di guerra -anche
questa è una sua particolare legge di vita - in cui la vittoria finale
può essere preparata solo attraverso una serie di sconfitte!" Abbiamo
riproposto questa riflessione a Barbara Balzerani che annuisce
chiedendosi "quante sconfitte ancora per assicurarsi la vittoria? Come
riconoscere quelle necessarie da quelle irrimediabili? È la domanda più
difficile, quando tutto vacilla". E aggiunge: "Intanto veniva allestito
il mercato dei vinti e dei vincitori. Ancora una volta la partita si
chiudeva a somma zero: si vinceva o si perdeva tutto. Si avevano tutte
le ragioni o nessuna. Insomma, senza via d'uscita"

"GUAI AI VINTI!”

_Vae Victis!_ E così sia, nella polvere e in catene. Balzerani riconosce
che questo scenario poteva starci nel conto. Ma non può starci "la
sottrazione di senso della storia, della ragione dei fatti". Quando
viene arrestata, sul suo foglio di detenzione si legge un ineffabile
"fine pena: mai". E chiede a se stessa: "Cos'altro altrimenti? Deve
esserci nella mia vita un segno fatale coniugato con i sempre, i mai, i
tutto, i niente. Come se, fuori dall'eccesso delle passioni assolute non
riesca a trovare motivi per muovermi".

L'impegno di Barbara Balzerani oggi è quello di parlare, ci mette la
faccia, racconta ciò che quella generazione di comunisti ha vissuto, e
critica aspramente il fatto che il fenomeno venga analizzato in termini
di psicanalisi criminale, inchieste complottiste, intimismo mediatico,
sempre scollegato dalle relazioni di causalità. Afferma la necessità
della "laicità di una riflessione critica senza pregiudizi" e rivendica
"la grandezza di una storia e dei suoi protagonisti, liberati da
un'iconografia santificante o demonizzante basata su pregiudizi, che li
restituisca all'intelligenza dei fatti".

Ed è sicura che "questo può aiutarci a capire i nessi e le discontinuità
delle diverse esperienze politiche che hanno segnato il secolo di
tentativi di assalto al cielo, prima che un dubbio giudizio coscienziale
tra bene e male impedisca l'esercizio della critica storica".

La Commissione parlamentare d'inchiesta che ha studiato gli anni di
piombo, ha definito quel fenomeno come guerra civile di bassa intensità.
Si trattò, di fatto, di un fenomeno di massa, con un vasto radicamento
sociale, con una guerriglia comunista che, nelle sue diverse
espressioni, poté contare su oltre duemila militanti all'inizio degli
anni 80, e che si ritrovò con 6.500 prigionieri politici. In conflitti
di tale portata ci sono responsabilità collettive, che non possono
essere risolte mediante vendita di indulgenze, confessioni strappate
sotto tortura e senza riflettere sulle origini politiche.

Lo Stato ha sconfitto militarmente il "terrorismo" ma è stato privo di
volontà e coraggio quando si è trattato di assumere le sue
responsabilità per superare questo fatto storico. L'unica soluzione è
stata la vendetta infinita. E, paradossi della vita, i vincitori della
"guerra di piombo" erano tutti corrotti. Giulio Andreotti, inossidabile
ex presidente del Consiglio aveva rapporti con Cosa nostra. Il Paese
controllato da organizzazioni come Gladio, struttura legata alla Nato in
Europa, e la P2, della quale facevano parte molti generali dell'esercito
e dei servizi segreti, ed anche il cavalier Berlusconi.

"Ripensandoci adesso - dice Balzerani ricordando i convulsi anni 70 -
non è facile ricordare dove trovavamo tanta incosciente fermezza nel
giocarci la vita. Non eravamo che gruppetti di giovani compagni,
insofferenti ai tentennamenti di una sinistra extraparlamentare messa
alle corde, con niente altro che la determinazione a cercare nuove
strade per continuare quella rivoluzione che aveva consumato in fretta
l'innocenza dei primi entusiasmi di fronte al volto livido di un Potere
assassino e stragista e di una sinistra istituzionale che perfezionava
la sua paranoide sindrome rinunciataria da accerchiamento. Niente ci
faceva intravedere una strada che non fosse quella di uno scontro
diretto, sanguinoso, indifferente al sacrificio dei nostri giovani
anni."

Come accaduto anche altrove, tra la progressiva radicalizzazione delle
lotte popolari e la lotta armata non ci fu un aumento progressivo e
graduale, come la febbre quando sale. "C'era un salto che modificava
tutto, e non veniva da sé, come un fattore genetico insito nella natura
di una generazione di violenti: Allende e i centomila nello stadio di
Santiago del Cile furono una tragedia che ci toccò tutti, una frustata,
la scossa decisiva al fragile quadro di posizioni. E ciascuno dovette
decidere".

Balzerani è molto critica verso il Partito comunista italiano, il più
forte partito comunista d'Europa, e verso certi intellettuali "di
sinistra", come Antonio Tabucchi: "Hanno chiuso qualsiasi possibilità di
analizzare criticamente la nostra esperienza. A loro sono seguiti venti
anni di berlusconismo". La conseguenza, conclude con amarezza, è che "si
nega l'appartenenza dei militanti delle Brigate Rosse alla politica,
alle file comuniste o al genere umano, secondo i casi. Una specie di
cortocircuito che impedisce ogni ragionamento".

* Traduzione della recensione di Mikhel Zubimendi/Donostia - _Gara_
31/3/2016

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