[Cerchio] riflessioni (di un miope) sulla guerra in Libia

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Author: marku
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To: redditolavoro
CC: cerchio
Subject: [Cerchio] riflessioni (di un miope) sulla guerra in Libia
io invece di questa analisi
non condivido una cippa
e sai perchè

è fatta con gli occhiali
politicistici e occidentalocentrici

il satrapo gheddaffi e la sua corte dei miracoli
si sono costruiti la fine con le loro mani
e chiaramente hanno scelto
anche l'assassino
quelle potenze occidentali che compravano a prezzo imposto
il petrolio
e vendevano, come sempre a gratis,
fame, autoritarismo e regimi polizieschi

che il rais non sia più che un alieno
in una terra da disperazione e galera
lo dice il fatto che abbia eletto a compare
di merende televisive (leggi nessma tv) e suo rappresentante
d'occidente
il cancelliere di ricotta acida
e il suo cavalier servente fratesconcio
detto anche il churchill de noantri

arrendetevi, quelle che io per primo ho definito
rivoluzioni
in gran parte, per ora, non sono che rivolte di gente
che è stanca di familismo compradore/svenditore genocida
pagato con fame e miseria delle genti

per ora sono state dirottate verso le caste militari
ma non può durare
o si cambia musica di giustizia sociale
o sono destinate a guerre civili
dove la religione Mussulmana
avrà il benefico effetto di collante
ta le genti
e contro tutte le caste

oppure vogliamo ancora difendere
i regimi siriano o algerino
o la teocrazia iraniana
perchè hanno un vaghissimo ricordo socialisteggiante
(come il ghedddaffi in parola per esempio)
solo in nome di un antiamericanismo e un antisionismo,
che io stesso in verità caldeggio e di cui vanto le virtù
rivoluzionarie,
ma che non può certo continuare a farci vedere un mondo diviso in
blocchi

noi i buoni, i marxisti/leninisti
quelli della tattica e della stategia da una parte

e dall'altra i centurioni,
in primis gli americanisti e i sionisti,
del mercato e della globalizzazione
la melma rivoltante del capitale e
dell'apparato politico/tecnologico/militare
dello sfruttamento genocida di nostra madre terra e delle sue genti

esiste una marea infinita di genti
perlopiù povera o poverissima che ha aperto la terza via
e che rappresenta
e deve rappresentare
l'invincibile armata
che travolgerà,
o verrà travolta,
il suddetto apparato

che già da dalla caduta dei regimi
ex comunisti

ci ha dichiarato una guerra sociale
internazionale senza tregua

e da buon catastrofista ti dico
che è dispostissima a dichiarare
la terza guerra mondiale

cordialmente
marku

http://www.youtube.com/watch?v=OR5Famsc3XA







Ricevo, condivido e inoltro.
Fulvio

RIFLESSIONI SULLA GUERRA IMPERIALISTA DI AGGRESSIONE ALLA LIBIA



Le premesse della guerra in corso erano già evidenti nella sostanza,
nei modi e nei toni con cui i media riproducevano le veline che venivano
passate dai governi e dai servizi delle grandi potenze imperialiste.

Massacri della popolazione civile, bombardamenti delle città, fosse
comuni, morti nell’ordine delle decine di migliaia, l’esercito che spara
sulla folla di giovani disarmati, il dittatore che incarna Satana che
deve essere fermato.

Un film già visto: Timisoara, Sebrenica, il Kosovo, le armi di
distruzione di massa di Saddam. Dall’altra parte i “democratici”,
genuini rappresentanti del popolo, oppositori fuoriusciti in USA,
Francia, e Gran Bretagna, organizzazioni “democratiche” come l’UCK.

Il “movimento”, forse condizionato dalle grandi lotte di Egitto e
Tunisia, si è entusiasmato prendendo per buona la tesi che si trattava
dello stesso fenomeno: un popolo che si ribella contro un feroce
dittatore, quindi una lotta che doveva essere sostenuta senza indugi.

La bandiera Salafita innalzata dai “ribelli” di Bengasi, cioè la
bandiera del re fantoccio incoronato dagli inglesi che aveva regalato i
pozzi di petrolio alle grandi compagnie Inglesi, Usa, francesi e
italiane, avrebbe dovuto allarmare il movimento, era come se una
ribellione popolare in Italia innalzasse i simboli del fascio littorio.

Che i “giovani disarmati” operassero con tuta mimetica e avessero a
disposizione carri armati, missili terra-aria, oltre che armi leggere, è
apparso ai più come un aspetto secondario, e si sono bevuti anche la
frottola che si trattasse di armi sottratte all’esercito regolare e di
reparti guidati da ufficiali “democratici” passati dalla parte degli
insorti.

Il “ movimento”, privo delle informazioni e di un’analisi su quanto
stava accadendo, si è preoccupato di puntualizzare quanto Gheddafi
avesse “tradito” la sua fede antimperialista, senza cogliere la natura
reazionaria e restauratrice dei suoi oppositori, senza capire i disegni
dell’imperialismo, disegni di tipo economico e strategico-militare,
senza aver chiaro che si preparava un’aggressione imperialista, di
fronte alla quale ogni forma di equidistanza corrisponde in realtà ad un
regalo all’imperialismo.

Altro fattore da considerare è il condizionamento, tutto italiano, di
vivere il personaggio Gheddafi come l’amico di Berlusconi e quindi
giudicarlo partendo da un’ottica provincialista e non internazionalista
(chi è contro Berlusconi è contro Gheddafi)

Altro fattore inoltre, è quello di considerare il personaggio Gheddafi
condizionati dalle contrapposizioni interne al mondo arabo.



Che Gheddafi non fosse più un campione dell’antimperialismo è indubbio.
La rivoluzione libica del ’69 si è imposta con un colpo di stato guidato
da giovani ufficiali democratici, di ispirazione nasseriana che, dopo
anni di lotte popolari, abbattendo un regime monarchico asservito alle
potenze imperialiste, Gran Bretagna e Usa in testa, si collocava in un
contesto di rinascita araba e africana e di sviluppo della lotta
antimperialista nel terzo mondo.

Il mondo arabo era diviso in due aree politiche: quella progressista,
antimperialista e socialisteggiante, guidato dall’Egitto di Nasser,
protagonista del Movimento dei Non Allineati e schierato con l’Unione
Sovietica nella politica internazionale (Egitto, Algeria, Libia,
Somalia, Siria, OLP, Iraq, Sudan, Yemen del Nord e Yemen del Sud) e
quello feudale, monarchico e filo-occidentale (Marocco, Arabia Saudita
ed emirati e sultanati del Golfo e dell’ sud Arabia).

Gheddafi era figlio di quel contesto e quindi si collocava in una
posizione oggettivamente antimperialista.

La morte di Nasser e il passaggio dell’Egitto al servizio
dell’imperialismo, la guerra fra Iraq e Iran, che ha diviso i fronte
progressista arabo, l’aggressione USA alla Libia del 1986, la prima
aggressione imperialista all’Iraq, il disfacimento dell’Unione
Sovietica, il passaggio dell’Europa orientale sotto l’egemonia degli
USA, l’azzeramento del ruolo del Movimento dei non Allineati, hanno
modificato radicalmente il contesto in cui la Libia di Gheddafi si
trovava a sopravvivere. L’errore di Gheddafi non è stato quello di
vendere il petrolio libico all’Italia e alla Germania (un paese che
produce solo petrolio non può permettersi di non venderlo), ma quello di
credere che i buoni rapporti con questi paesi potessero metterlo al
riparo dalle mire imperialiste di USA, Francia e Gran Bretagna, che dal
1969 tramavano per riprendersi il petrolio libico. Il trattato di
amicizia con l’Italia e la rinuncia a pezzi della sovranità nazionale
libica sta dentro questa illusione. Come pure dentro questa illusione
sta l’accordo con cui la Libia si poneva quale poliziotto per fermare
l’immigrazione africana in Europa. Scelte per noi inaccettabili dal
punto di vista politico e umano, ma che non c’entrano in alcun modo con
i motivi che hanno portato all’aggressione imperialista alla Libia.



I “ribelli” di Bengasi non hanno nulla a che vedere con le masse arabe
in rivolta. Non che non abbiano dietro di loro anche consensi popolari,
ma le manifestazioni delle masse popolari libiche represse dai fucili
della polizia non le ha viste nessuno. Possibile che neppure un
cellulare sia riuscito a riprendere quelle immagini?

La Cirenaica è una regione con forti tendenze separatistiche,
monarchiche e integraliste.

L’assalto al consolato italiano di Bengasi, dopo la provocazione di
Calderoni di cinque anni fa, è stata rivendicata dai “Fratelli
Musulmani” e il governo italiano non ha più riaperto il consolato perché
non lo riteneva sicuro. I Fratelli Musulmani, sia in Egitto che in Siria
e in Libia, tolto una breve fase della lotta antimonarchica, all’inizio
degli anni cinquanta in Egitto, non si sono mai schierati con il fronte
progressista e antimperialista, a differenza di Hamas e di Hezbollah non
possono essere annoverati fra le forze disponibili per collaborare, in
funzione anti-sionista e anti-imperialista, con le forze del progresso.
Rappresentano la base interna delle forze che hanno sempre combattuto
nei tre paesi citati contro i governi anti-imperialisti e laici.

I safarditi sono monarchici e secessionisti anche se, probabilmente, se
i loro protettori euro-statunitensi li porteranno a conquistare Tripoli,
saranno disponibili a prendersi tutta la Libia. Sono esplicitamente
razzisti, con la complicità dei media occidentali hanno inventato la
panzana degli africani mercenari di Gheddafi, e si sono messi a
massacrare i neri, ex immigrati ormai da anni cittadini libici.

L’alleanza fra l’imperialismo e i “ribelli” non è nata nel corso della
rivolta. E’ probabile, anche se difficilmente dimostrabile, che da tempo
le forze dell’opposizione “democratica” libica fossero istruite e
foraggiate, come d’altronde quelle cubane, venezuelane, iraniane,
birmane, siriane, bielorusse, tibetane …ecc. dai servizi occidentali e
dalle multinazionali.

Il controllo e la campagna dei media, le armi e la logistica di tipo
militare avanzato, la prontezza con cui è stato invocato e realizzato
l’intervento militare, la compattezza con cui la “sinistra” italiana ed
europea si è schierata a favore della guerra, ci dicono che la trappola
per la Libia era pronta da tempo e che i “ribelli” ne erano il
principale e consapevole strumento.

I “ribelli” non si sono fatti accogliere a corte dalle potenze
coloniali, sono stati cresciuti e alimentati a quella corte. Sono i
principali nemici del popolo libico.



La guerra di Libia è una aggressione imperialista e, nello stesso tempo
una guerra inter-imperialista.

Sulla caratteristica imperialista tornerò più avanti,

La caratteristica interimperialista di questa guerra non è di tipo
militare ma squisitamente economico e politico. La Libia di Gheddafi ha
favorito le grandi compagnie italiane e tedesche: il 40% del petrolio
veniva in Italia e il 10% in Germania. Italiane erano le grandi imprese
che gestivano la costruzione delle grandi infrastrutture libiche. Alla
Germania era stato affidata la realizzazione delle infrastrutture
destinate allo sfruttamento degli immensi giacimenti di acqua dolce
esistenti nel sottosuolo libico.

Italia e Germania erano quindi interessate alla stabilità della Libia,
fosse governata da Satana in persona.

La Francia, che con Sarkosy aveva spostato la tradizionale amicizia
Franco-tedesca a favore di USA e Gran Bretagna, aveva da tempo una netta
contrapposizione con la Libia per la modifica del confine fra Libia e
Ciad nella zona delle colline del Tibesti (ricche di Uranio) e sui
rapporti fra Libia e Ciad (ex colonia francese), e più in generale sulla
politica africana della Libia che si scontrava con gli interessi
imperialistici francesi sul continente.

Stati Uniti e Gran Bretagna, oltre ad essere stati fra i più
danneggiati dalla nazionalizzazione del petrolio libico nel 1969, lo
sono stati anche dal punto di vista strategico militare, con la chiusura
delle loro basi navali e l’espulsione del relativo personale. Nel
presente USA e Gran Bretagna sono stati i più feroci nemici della
normalizzazione dei rapporti fra occidente e Libia, ricavandone
l’esclusione dai rapporti economici quando, venute meno le sanzioni, la
Libia ha aperto ai nuovi contratti con le compagnie straniere. Le
multinazionali anglo-americane hanno dovuto accontentarsi delle
briciole.

Francia, Stati Uniti e Gran Bretagna erano interessati alla
destabilizzazione della Libia, fosse anche governata da Gesù Cristo in
persona.

La guerra alla Libia è quindi una guerra fra gli imperialismi, non
perché questi si combattono fra loro armi alla mano, infatti, dopo un
primo smarcamento della Germania, con il voto all’ONU e con la
dichiarazione di non belligeranza, una volta riportato il comando
bellico nelle mani della NATO, questa torna ad essere la centrale
militare unica dei paesi imperialisti.

E’ una guerra fra imperialismi i quali, tutti assieme, combattono
contro la Libia e fanno a gara fra loro per spartirsi le ricchezze le
ricchezze di quel paese a guerra finita.

Come in Ruanda e i Burundi la guerra armata l’hanno delegata a Tugsi e
Bantù, in Congo ai Katanghesi, in Iugoslavia a Croati e Kosovari, in
Irak a Sciiti e Curdi etc… anche in questo caso tentano, e riescono a
trasferire alle vittime il compito di ammazzarsi fra di loro



Dal punto di vista strategico-militare, la guerra è solo una guerra
imperialista, rivolta contro le popolazioni dell’Asia Centro-occidentale
e contro l’intera Africa.

Il nuovo Medio Oriente, che presuppone la realizzazione di ampie zone
di mercato basate su forme di capitalismo ultra avanzato e di limitata o
nulla sovranità nazionale, necessita di un nuovo ordine che spazzi via
ogni forma di resistenza sia di classe che nazionalista.

Tutti i movimenti e i governi che in Medio Oriente e nei paesi arabi
possono opporsi, o solo dare fastidio, ai progetti imperialisti e
sionisti che si muovono nell’area devono essere spazzati via.

Non è un caso che i Mubarak e Ben Alì, sono stati convinti ad andarsene
in pochi giorni, la loro permanenza al potere poteva essere motivo
perché proteste e rivolte sfociassero in vere e proprie “rivoluzioni”,
capaci di portare al governo forze o personaggi ostili all’occidente,
fossero islamici o progressisti. Quindi dovevano essere immediatamente
sostituiti da persone più credibili o comunque più forti.

Non è un caso che le proteste e le “rivolte” si siano subito spostate
in Siria, e che sia iniziata la campagna mediatica tesa a dipingere
Assad come il feroce dittatore, nemico del suo popolo, da fermare
subito.

La Siria è ormai il più importante paese arabo che si contrappone a
Israele, è l’unico che continua ad essere laico, è alleato dell’Iran e
Hezbollah, ospita ormai tutti i movimenti palestinesi non subalterni
all’ANP. Se salta la Siria la strada è aperta verso l’Iran… e oltre.



La Libia è uno dei paesi che si oppongono alla penetrazione di Africom
in Africa, un organismo creato da Bush, confermato e rafforzato da
Obama, che si propone di sostenere anche militarmente con eserciti
privati, il rafforzamento delle “democrazie” in Africa.

I paesi africani a cui era stato richiesto, si sono fin’ora rifiutati
di ospitare questo organismo che sembra sia già presente nelle
operazioni militari in Libia.

E’ evidente che nelle finalità strategico-militari rivolte al Medio
Oriente e all’Africa, insite nell’intervento militare in Libia, la guida
e la responsabilità maggiore sono negli stati uniti che nella prima fase
della questione libica sono apparsi un po’ defilati, non perché non
c’entrassero nulla, ma solo perché Obama e la Clinton sono ugualmente
perfidi ma, certamente, meno scemi di Bush.

Non sto evocando il complotto. Non si tratta di un complotto, si tratta
di un disegno strategico ben definito, su cui l’amministrazione
nordamericana e i grandi monopoli che fanno riferimento ad essa stanno
lavorando da tempo.

Obama è stato fatto presidente non solo dai voti degli afroamericani e
degli ispanici che hanno creduto che potesse e volesse cambiare la
storia, ma anche e soprattutto dalla volontà della grande borghesia
finanziaria e monopolistica, non solo nordamericana, che non poteva
affidarsi alla banda di Bush per portare avanti la sua strategia
globale.

Non è un caso che con Obama la CIA e il Dipartimento di Stato abbiano
ripreso apertamente la politica di intervento attivo in America Latina
con il colpo di stato ad Haiti, l’intervento finanziario nelle campagne
elettorali come a Panama, la presenza militare massiccia come ad Haiti.



Due ultime note:



     * Non solo i “ribelli” di Bengasi hanno chiesto l’interveto dei 
 bombardieri occidentali contro il popolo libico, anche gran parte della 
 ex sinistra italiana, a partire da Radio Popolare (Cosa deve fare la 
 “comunità internazionale” per fermare le stragi compiute da Gheddafi?) 
 e, in parte, Il Manifesto. Quello che è più grave che questa 
 responsabilità ce l’abbia anche il FPLP. Non c’è giustificazione che 
 tenga, neppure la dura contrapposizione di Gheddafi ai palestinesi. E’ 
 lo stesso tragico errore della Siria che ai tempi della prima guerra del 
 golfo si era schierata contro l’Iraq al fianco degli occidentali e, 
 indirettamente dei sionisti, è lo stesso errore degli iracheni che hanno 
 fatto guerra all’Iran.




     * Al Jazira, alle prime avvisaglie della crisi libica si è 
 schierata al “fianco della protesta dei democratici libici”, ha 
 contribuito alla campagna mediatica contro Gheddafi, ha invocato e oggi 
 sostiene attivamente l’intervento militare, cioè la guerra. Al Jazira è 
 ascoltata dagli arabi in tutto il mondo, anche in Italia e fa opinione 
 fra gli arabi, in particolar modo quelli progressisti. Il proprietario 
 di al Jazira è l’emiro del Qatar, l’unico paese arabo che ha accettato 
 di entrare attivamente nella coalizione che sta bombardando Tripoli.  
 L’imperialismo non fa complotti ma non si muove neppure a caso. Si dà 
 delle strategie e muove le sue   pedine.




Ivo Batà