[RSF] Domenica 6 alle 16.00

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Author: a.baglioni@katamail.com
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Subject: [RSF] Domenica 6 alle 16.00
Il prossimo incontrastorie si terra’
sempre all'informagiovani di via Cavour

Domenica 6 Marzo alle 16.00
a cura di Fiamma Lolli:

“Buenos Aires: Immagini, memoria e liberta’”

La restituzione alla cittadinanza del centro
clandestino di detenzione della ESMA, uno dei
massimi centri di tortura dell’Argentina degli
anni ’70, trasformato in uno dei piu’ grandi
musei della memoria degli anni 2000.

Sei calorosamente invitat*

passa parola...

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Strada facendo...”Teatro-Educazione. Il racconto di un'esperienza”. A cura di Gilberto Scaramuzzo.

Eravamo una trentina di persone, venerdi’ 18, all’Informagiovani di Via Cavour, a sentire Gilberto che raccontava della strada, del teatro e del teatro di strada, che e’ stato per piu’ di dieci anni il suo lavoro. E naturalmente del teatro che, per lui, ha la sua radice nel caotico scambio di sguardi e dalla piccola o grande consapevolezza che ognuno di noi porta sulla strada: consapevolezza di essere oggetto di quegli sguardi, di indossare un costume.

Per parlare del tipo di teatro che ha fatto, Gilberto ha usato la foto di un lavoro di Christo. Il famoso monumento che occupa uno spazio permanente nell’orizzonte distratto dei cittadini viene impacchettato, nascosto temporaneamente agli sguardi. Questo gia’ ne esalta il profilo. Alla fin della fiera, una volta “scartato”, lo stesso monumento tornera’ al paesaggio quotidiano piu’ ricco di prima.

Il lavoro di Gilberto era, semplicemente, quello di imitare, seguendoli da vicino, quei passanti inconsapevoli che capitavano a tiro. Davanti a uno dei bar di Piazza Navona si creava cosi’, come un palco leggerissimo, una sorta di corridoio delimitato via via da un numero di crescente di spettatori. Il monumento impacchettato e segnalato era il gesto quotidiano del camminare, l’ingrediente di base sulla strada (sul palcoscenico). Quell’ingrediente del nostro stare in mezzo agli altri che, nelle parole del pubblico, c’e’ “di piu’”, dopo il suo spettacolo.

A segnalare che ci fosse teatro: che dal caotico scambio di sguardi stava emergendo qualcosa che andava proprio guardato, che distingueva finalmente un pubblico dagli attori, e a proteggere e autorizzare Gilberto c’era un naso da clown ( e un’immagine che ci ha colpito molto è quella di Lecocq, il grande mimo, “in cattedra” col suo naso colorato). Proteggere da cosa? Non mancano, dal racconto di Gilberto, gli episodi di una reazione violenta. Che viene piu’ facilmente da uomini che da donne, da chi, per l’idea che se n’e’ fatto, sente il proprio “costume” come unico e mal sopporta che una cosa tanto faticosamente acquisita possa essere indossata da altri. All’estremo opposto stanno, rarissimi, quelli o quelle che quasi non indossano costume: Gilberto racconta tutta la difficolta’ a cogliere, camminando dietro a questi, un peso, una costruzione, un artificio qualsiasi sulla base del quale restituire al pubblico qualche cosa. Persone dietro alle quali andrebbe dietro volentieri, assumendone la leggerezza, ma che lo mettono invece nel peso delle _sue_ costruzioni.

Cosa fa raccogliere e ridere il pubblico? Fra tutte la cosa piu’ efficace e’ lo scambio dei partner : in una coppia, con la complicita’ dell’uno o dell’altra, Gilberto gli - o le - prende il posto, ne assume i gesti, e cinge o accarezza l’altro: come fosse il suo lui o la sua lei. Oppure che, a dispetto del fatto che l’attore sia vicinissimo al suo modello e non ne veda il viso, la somiglianza fra l’uno e l’altro sia totale. Posso prendere un altro per una persona che sento unica; un altro puo’ prendere il mio posto. La mia presenza, per lo spazio di una passarella davanti a un bar, viene messa in discussione. Tutto: le preoccupazioni, le baldanze, le esitazioni o le falcate, il dondolio indolente… tutto il mio peso, e il modo di distribuirlo passo dopo passo possono essere di un altro.

E’ questo gioco del peso e della leggerezza una delle chiavi che Gilberto ha offerto del suo lavoro. L’attore, dice,  deve alleggerirsi, togliere, svuotare per meglio cogliere e assumere il costume, per mostrare -dentro una somiglianza che puo’ turbarci- qualche cosa, forse, di comune. Forse una preliminare possibilita’, genericamente umana, di essere, di essere ancora e diversi e di scambiarci cose buone.

Una delle foto che abbiamo scelto mostra – piena piena- una serie di maschere accostate e, accanto a questa, abbiamo tenuto una diapositiva bianca e vuota che, in mancanza di un’immagine convincente di un “cappello” (quello che gli artisti di strada usano per raccogliere le offerte del pubblico), Gilberto ha utilizzato per chiudere il racconto.
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L'incontrastorie

Ascolti,
diapositive,
parole.
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