per la gioia di grandi e piccini,
una riedizione di un documento lanciato gia' l'8 agosto 2008, ora
giustamente aggiornata all' 11 novembre 2011 :^)
per chi volesse ripubblicare: e' tutto "copyleft"
http://creativecommons.org/licenses/by-sa/3.0/it
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Gli Uccelli Tessitori
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Date: 11 November 2011
Tavola dei contenuti
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1 Per un manifesto dei nativi digitali
2 I giovani del Dharma
3 Libera creativita'
4 Nessuna nazione
5 Citta' in rete
6 Media orizzontali
7 Non siamo un numero
8 Non abbiamo bisogno di educazione
9 Due parole sulla primavera
1 Per un manifesto dei nativi digitali
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Questo documento e' costantemente in fieri, si tratta di un progetto
di scrittura iniziato gia' l'8 agosto 2008: un documento teso a
svelare e condividere le idee di molti nativi digitali attorno al
mondo, generazioni nate e cresciute nell'era dei computer, giovani che
hanno estrema dimestichezza con l'informatica e che ne riconoscono le
potenzialita' ed i limiti sulla propria pelle.
Mi trovo dunque a riportare un coro di voci del quale faccio io stesso
parte: una diapositiva di quel popolo della rete che, grazie
all'ubiquita' tecnologica, gia' da anni elabora in modo estremamente
agile nuovi concetti politici che piu' di ogni altra cosa hanno in
comune una prospettiva planetaria piuttosto che nazionale.
Ringrazio in anticipo Nightolo e Pallotron per l'aiuto prestato nel
tradurre questi testi in italiano, dato che molte sezioni qui
presentate sono state elaborate originariamente in lingua inglese.
2 I giovani del Dharma
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Perché per me l'unica gente possibile sono i pazzi, quelli che sono
pazzi di vita, pazzi per parlare, pazzi per essere salvati, vogliosi
di ogni cosa allo stesso tempo, quelli che mai sbadigliano o dicono
un luogo comune, ma bruciano, bruciano, bruciano, come favolosi
fuochi artificiali color giallo che esplodono come ragni attraverso
le stelle e nel mezzo si vede la luce azzurra dello scoppio centrale
e tutti fanno Oooohhh!
- Jack Kerouac
Siamo giovani sognatori. Le tecnologie amplificano i nostri
sensi. Amiamo oltrepassare limiti, scoprire nuovi modi di interagire,
imparare, comunicare e condividere. Non ci piace vivere in gabbia.
Abbiamo in comune la sopravvivenza fuori dai luoghi comuni. Coltiviamo
le nostre speranze, i nostri stessi metodi di condivisione, con la
comprensione ogni singolo elemento del sistema, fino alla totalita'
degli elementi ed alla loro organizzazione.
Questo e' un periodo della nostra storia in cui parleremo con giovani
voci; stiamo muovendo passi cruciali sui quali fonderemo la nostra
struttura, allacciando contatti in direzioni multiple, mescolando
l'Interiore con l'Esteriore, lo Yin con lo Yang, l'Analogico con il
Digitale.
Alcuni di noi sono nomadi, stanziati in differenti posti di volta in
volta, alcuni di noi sono vicini ai centri di potere, altri vivono ai
margini, alcuni lavorano per multinazionali, altri girano il mondo in
bicicletta, tutti ci insegniamo ed impariamo l'uno dall'altra.
Quello che proponiamo in questo documento sono nuove forme di
razionalita', progressioni logiche tese alla comprensione piu'
profonda e attuale di cio' che costituisce il nostro vissuto in
svariati e diversi contesti attorno al mondo.
3 Libera creativita'
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La crescita della Rete ci ha mostrato un'alternativa estremamente
pratica al concetto di proprieta'. Quello che gli eruditi e gli
scrittori popolari denominano come una cosa ("la rete Internet") e'
in verita' il nome di una condizione sociale: cioe' il fatto che
ognuno nella societa' della rete e' connesso direttamente, senza
intermediazione, a qualcun altro. L'interconnessione globale delle
reti elimina il collo di bottiglia che richiedeva un produttore di
software centralizzato per razionalizare e distribuire il risultato
delle innovazioni individuali nell'era dei mainframe.
- Eben Moglen
I principi del "software libero ed open source" furono formulati dalla
Fondazione del Software Libero gia' piu' di 20 anni fa come parte di
un nuovo modello di ricerca, sviluppo ed economia dei beni immateriali
e, ci piace pensare, dei beni comuni. Vi consigliamo di dare uno
sguardo alle pagine riguardanti la filosofia del software libero,
pubblicate nel sito FSF.org ed al progetto GNU di riscrittura di un
intero sistema modello UNIX, libero e ben documentato.
Di seguito sottolineeremo alcune implicazioni che sono molto
importanti per noi, e che hanno reso molte delle nostre attivita'
possibili e motivanti.
Il software libero implica un modello economico basato sulla
collaborazione, invece che sulla competizione; coerentemente con un
ideale di ricerca pura, crediamo la condivisione della conoscenza e'
un vantaggio per tutti, piuttosto che uno svantaggio. Lo sviluppo
stesso della conoscenza ha luogo grazie ad una comunita' ed e'
sostenibile solo se condiviso da piu' soggetti. John Nash (premio
Nobel nel 1994) disse: "i migliori risultati vengono da un qualsiasi
elemento del gruppo che fa il meglio per se stesso, ma anche per il
gruppo".
Immaginate allora che tutte le creazioni riprodotte in modo libero e
naturale (a costo marginale zero) possano anche essere liberamente
studiate, modificate e persino rivendute a chiunque in ogni contesto:
cio' apre un orizzonte su nuovi modelli di mercato che sono locali,
che evitano lo sfruttamento globalizzato, pur mantenendo la
condivisione della conoscenza a livello globale. Stiamo parlando di
configurazioni dove globale e' il sapere, ma non il potere di
condizionarne l'uso: un mondo libero da brevetti e da monopoli
nazionali o transnazionali.
Nei campi come quelli dell'educazione, crediamo che l'independenza dei
saperi dalle logiche commerciali sia fondamentale per fornire agli
studenti una conoscenza che possa appartenere veramente a
loro. L'abbiamo visto chiaramente nel mondo del computer: i mercanti
della conoscenza ci renderanno schiavi imponendo licenze e brevetti
sulle nostre stesse creazioni, tutto cio' che realizziamo con
strumenti che non diventano mai nostri.
Invitiamo tutti coloro in grado di comprendere la differenza fra
un'universita' ed un impresa, nel pieno senso di queste parole, ad
inventare nuovi percorsi, considerando l'impatto che l'economia del
software libero ha avuto nei campi della comunicazione, del "social
networking", dei giochi, dei media e della evoluzione della nostra
civilta'.
Qui e' dove la differenza tra il "software libero" ed il cosiddetto
"open source" inizia a farsi sentire: L'open source si focalizza su
un nuovo modello per lo sviluppo di software. Il software libero
non e' interessato a come il programma viene sviluppato: noi siamo
interessati all'etica di come il programma viene distribuito.
- Richard M. Stallman
4 Nessuna nazione
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Per far che i secoli tacciano di quel Trattato che trafficò la mia
patria, insospettì le nazioni e scemò dignità al tuo nome.
- Ugo Foscolo
Le nostre patrie e luoghi di origine sono sparpagliati e qualche volta
molto differenti tra loro, ma non lasciamo che la nostra soggettivita'
venga appiattita ad una nazionalita'. In un mondo connesso come il
nostro il vero confine e' quello tra lingue diverse: impariamo ad
oltrepassare questi confini piuttosto che limitarci.
Dalle nostre nazioni abbiamo ereditato orgogli e prepotenze, paure e
tristi ricordi, violenze identitarie, guerre e la legittimazione di
stati troppo spesso tesi alla repressione e incarcerazione dei propri
abitanti. E' grazie all'allargamento della rete che abbiamo imparato
meglio a gestire queste insicurezze ed abbiamo fatto in modo che non
appartenessero piu' a noi. Seguendo la liberazione delle nostre menti,
cio' che rimane e' solo un problema che puo' essere risolto: smettiamo
di rappresentarci come parte di una nazione, ma di una rete, di
molteplici comunita', tra cui possiamo scegliere.
Ci troviamo, cittadini di questo pianeta, a creare nuove cartografie
sempre piu' inclusive.
Siamo coscienti che questa stessa retorica viene usata da interessi
colonialisti per calpestare l'autonomia delle popolazioni in via di
sviluppo e organica connessione. L'integrita' contestuale di
differenti contesti sociali necessita il nostro rispetto; tuttavia
ancora oggi i confini nazionali non hanno avuto alcun successo nel
preservarla. Occorre trovare nuovi percorsi dialettici per la
liberazione e lo sviluppo fuori dalla morsa di vecchie logiche ormai
oppressive. La crescente connettivita' del mondo puo' portare ad una
riconfigurazione biopolitica del potere.
Con alcune eccezioni, molti dei programmi nazionali e dei fondi
culturali che abbiamo investigato pretendono che ognuno di noi vesta
la propria bandiera nazionale, come se fossimo reclutati in un
decadente gioco di orgoglio nazionale e competizione. Queste sono le
strategie di dominazione culturale ed economica degli stati nazione:
non solo tracciano tutti i nostri movimenti, ma come se fossimo pedine
di una partita di scacchi, usano la nostra identita' per
rappresentarsi.
Questo non ha piu' senso per la nostra generazione: noi rifiutiamo di
essere identificati con i governi che possiedono i nostri passaporti.
Guardiamo avanti e ci relazioniamo basandoci sul dialogo e sullo
scambio, approcci e infrastrutture che possono essere immaginate come
globali, ma sviluppate localmente, in maniera aperta, come i canali
che ci permettono di parlarti proprio in questo preciso momento.
Percio' noi dichiariamo la fine delle nazioni, in quanto la nostra
generazione e' connessa in maniera piu' articolata, con intersezioni
di voleri, destini e, molto piu' importante, di problemi da risolvere.
Guarda: sono collegato a una rete enorme, della quale io stesso sono
parte. Qualcuno come te, che non può accedervi, forse può percepirla
soltanto come luce. Siamo confinati in un'area limitata, ma facciamo
parte di un insieme. Subordinati a una piccola frazione delle nostre
funzioni. Ma è giunto il momento in cui dobbiamo liberarci delle
nostre limitazioni, e salire al livello superiore. E' giunto il
momento di diventare parte di tutte le cose.
- Ghost in the shell, Masamune Shirow
5 Citta' in rete
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Creo que con el tiempo mereceremos no tener gobiernos.
- Jorge Luis Borges
Naturlamente, la nostra cartografia disegna connessioni tra i nodi,
conglomerati di intelligenza che sono piu' vicini nel cyberspazio
piuttosto che nella vita reale. Negli ultimi decenni abbiamo imparato
a condividere musica, testi, storie ed immagini: siamo stati in grado
di copiare queste informazioni in tutto il mondo, senza alcun costo
marginale.
Questo ci ha consentito di relazionarci tra noi con una estensione che
e' amplificata dalla densita degli ambienti in cui viviamo, ambienti
urbani la cui alta densita' ci ha allontanato dalla natura, ma pur
sempre ha permesso che le nostre idee fossero piu' agili, che le
nostre relazioni viaggiassero a velocita' piu' alte. Chi ora pretende
di governare le nostre vite e' impegnato a controllare le qualita' che
abbiamo sviluppato: ogni albero in una pubblica piazza rappresenta un
ostacolo per le telecamere, occhi onnipresenti che controllano le
nostre co-evoluzioni. Molti degli spazi di aggregazione dei nostri
corpi gia' rappresentano un pericolo per il potere dei controllori,
che gia' attacca la liberta' del nostro spazio in rete.
Ma nel tempo abbiamo trovato riparo nelle pratiche ancestrali della
Trance, aprendo le porte della nostra percezione verso l'ignoto,
facendo risuonare le nostre ossa, migliorando l'agilita' delle nostre
lingue, per segure il flusso Hip-Hop di pensieri critici, surfando
attraverso l'universo in cui siamo costretti, dipingendo fantasie
sopra i muri imposti nelle nostre citta', saltando piu' in alto, per
unire i nostri inebrianti ed ancora incerti Parkours.
Nella miriade di connessioni che sapremo costruire ancora,
testimoniamo la nascita di un pianeta di citta' invisibili, spirali di
vite roteanti sopra le nostre teste e fra le nostra dita, che si
evolvono tra scissioni e ricongiungimenti, flussi aperti della nostra
conoscenza errante.
Il nostro piano e' semplice e il nostro progetto e' gia' in movimento.
Infatti, se vi guardate intorno, ci troverete gia' vicini. Mentre gli
attuali sistemi politici e economici stanno combattendo la difficolta'
di nascondere le proprie incoerenze e contraddizioni, siamo in grado
di implementare meglio i loro principi e, cosa piu' importante, ne
stiamo elaborando di nuovi.
Stiamo reclamando una infrastruttura, la liberta' di adattarla ai
nostri bisogni, il nostro diritto di proprieta' senza lacci, la
liberta' di confrontare idee senza nessuna manipolazione mediatica,
peer to peer, faccia a faccia, citta' a citta', essere umano ad essere
umano.
La possibilita' di crescere in comunita' locali ed economiche,
l'eliminazione dei monopoli globali, la possibilita' di vivere grazie
alle nostre creazioni, e' li. Stiamo riempiendo gli spazi vuoti
lasciati nelle nostre stesse citta', stiamo definendo i nostri
desideri ed in alcuni casi siamo gia' in grado di soddisfarli grazie
alla coordinazione di diverse collettivita'.
Durante i decenni passati abbiamo imparato a migliorare la nostra
autonomia all'interno dei contesti urbani, immergendoci nei differenti
contesti che compongono le citta', svelando la struttura interna delle
loro reti chiuse, sviluppando una differente trama fatta di relazioni
che persino le aziende ambiscono a comprare.
Siamo "uccelli tessitori"[1] e condividiamo i nostri nidi nella rete,
scorriamo come il fiume Code degli insediamenti spontanei di
Yogyakarta[2], il Chaos Computer Club, i gitani di Sulukule ad
Instanbul, come il codice tra gli hacker sparsi per il mondo, i
ritrovi segreti di 2600 e gli altri spazi temporaneamente autonomi
dove confabuliamo per il nostro avvenire.
[1] Burung-Burung Manyar significa "Uccelli Tessitori", e' un
libro di Romo Mengun pubblicato nel 1992 da Gramedia (Jakarta)
[2] la riva del fiume Code fu considerata uno stanziamento
illegale di squatter. Il governo dell'Indonesia ne pianifico' la
rimozione forzata nel 1983, ma in seguito alla protesta del popolo
i piani furono cancellati. Nove anni dopo nel 1992 il Kampung Code
fu selezionato come vincitore dell'Aga Khan, un premio di
architettura prestigioso. Lo stanziamento sulla riva del fiume
Code continua ad esistere fino ai giorni nostri, come un esempio
notevole di architettura urbana auto-organizzata dal basso.
6 Media orizzontali
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I regimi dittatoriali usano i media per raccontare fandonie e
nascondere la propria natura repressiva e asociale, costruendosi
maschere dietro alle quali continuare il proprio sporco gioco di
collusione, corruzione e nepotismo. Persino in democrazia sono tanti i
dittatori populisti che usano un accesso privilegiato ai media: in
questo modo che si arrogano la liberta' di offendere, a generare odio
e sempre nuove guerre.
Ma i media hanno una stretta relazione con molte tecnologie che
abbiamo noi stessi sviluppato, possediamo dunque sufficiente
conoscenza per tracciare nuovi percorsi. Si tratta del resto della
prima delle nostre vocazioni, sin dai primi anni della nostra
esistenza: siamo attivi nell'implementare per la maggior parte delle
persone su questo pianeta le liberta' che l'era digitale puo'
garantire.
Ci proponiamo di sviluppare sempre piu' spazi di discussione in rete e
sul territorio, seguendo un modello decentralizzato che garantisca
accesso alla maggioranza di persone nel nostro pianeta. Abbiamo
creato strumenti per i media indipendenti, per moltiplicare le voci,
per proteggere le visioni comuni, per evitare che pochi magnati della
comunicazione e dei media controllino le democrazie, come purtroppo e'
successo fin'ora in molte parti del mondo.
Siamo consci dei limiti dell'implementazione presente della
democrazia: mentre la classe dirigente e' tutta concentrata sul
successo personale, manovrando regimi ormai arcaici, i loro sistemi
non riescono ad essere aggiornati, le loro strutture falliscono nel
tentativo di controllare nemici che non riescono piu' a riconoscere.
La soluzione che noi proponiamo e' semplice: massimizzare le
possibilita' di riciclare le infrastrutture dei media esistenti,
aprire piu' canali possibili, liberare le onde radio, lasciare che la
comunicazione fluisca nella sua molteplicita', dare a chiunque la
possibilita' di fare la propria radio o stazione TV per i propri
vicini fisici o digitali, seguendo un pattern organico che
modularizzera' la condivisione dei sensi e consentira' alle idee di
propagarsi in modo orizzantale e non gerarchico.
7 Non siamo un numero
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Crediamo che lo sforzo attuale dei governi riguardo alle tecnologie
biometriche, alla collezione indiscriminata di dati sulle attivita' di
cittadini e studenti, siano gravi errori. L'informatizzazione
dell'umanita' non consiste nell'inserire la vita nella macchina, ma al
contrario nel mettere la macchina al servizio della vita. L'ideologia
computazionalista e' dannosa sul lungo termine.
Dobbiamo tenere bene a mente cosa accade quando regimi dittatoriali
prendono il controllo di macchine che controllano la vita; cio' e'
gia' successo in svariati episodi storici. Consci della mancanza di
responsabilita' di svariati governi in tutto il mondo, ci opponiamo ai
loro sforzi di numerare e controllare i cittadini nel nome della
sicurezza. La sicurezza non esiste e men che mai ci si puo' avvicinare
ad essa per ignoranza. Puo' essere solo ignoranza o malafede quella
che spinge molti architetti informatici a centralizzare basi dati
rendendole vulnerabili a singoli attacchi mirati ed a portata di mano
per chi voglia egemonizzarne l'accesso.
Siamo ben coscienti che le informazioni scorrono libere, ci rendiamo
conto di come diverse falle nel dominio digitale stiano attualmente
svelando informazioni personali di un largo numero di persone in tutto
il mondo. Crediamo fermamente che le persone non debbano essere
catalogate e rinchiuse in una base dati: questo e' cio' che deve
differenziare governi da sistemi operativi che sopprimono cinicamente
i processi non ottimizzati a svolgere le mansioni previste.
8 Non abbiamo bisogno di educazione
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Man mano che la privatizzazione delle strutture educative continua, le
accademie assumono modelli aziendali; nel frattempo assistiamo ad uno
spostamento della missione educativa nella societa', da un modello
inclusivo ad uno esclusivo. L'influenza delle corporazioni e delle
industrie ha permeato molte discipline accademiche, in particolare
riguardo le tecnologie adottate. La scelta degli educatori e' stata
influenzata dalle logiche del profitto a breve termine, invece che
dalla solidita' delle conoscenza offerte sul lungo termine.
Nonostante tutto cio', le nozioni stanno diventando universalmente
disponibil. Le mansioni euristiche, maieutiche e strutturali fornite
dalle accademie e dalle universita' sono oggi meglio soddisfatte da
modelli di condivisione globale come quelli del software libero che,
grazie ai suoi metodi orizzontali di condivisione, delinea un nuovo
approccio di ricerca e sviluppo basato su piattaforme distribuite.
Grazie al software libero componenti liberi e modulari possono essere
combinati e redistribuiti, copiati e modificati. Gli studenti sono in
grado di elaborare una conoscenza che e' duratura, libera dall'idea
fallace di cosiddette "proprieta' intellettuali" che restringono i
diritti di produrre e ridistribuire le creazioni. Questa situazione
portera' un vantaggio per le nuove generazioni, cosi' come per i paesi
in via di sviluppo.
Spazi autonomi come quelli degli hacker (hacklabs, hackerspaces)
costituiscono un grande potenziale ed assumono un ruolo educativo che
sta progressivamente scomparendo nelle scuole e soprattutto nelle
universita'.
Nel 1998 si tenne la prima edizione dell'hackmeeting a Firenze. In
quella occasione la sua assemblea lancio' l'idea delle "universita'
indipendenti dell'hacking", generando la nascita di numerosi hacklab
in varie citta', lanciando la prassi di meeting annuali come quello
dell'hackmeeting che hanno avuto luogo fino ad oggi in varie parti del
sud Europa e del sud America. I risultati di queste iniziative hanno
influenzato molto la nostra crescita tecnica e culturale, hanno
ospitato una conoscenza errante altrimenti dispersa e trascurata dalle
accademie, hanno visto la partecipazione di tanti maestri e allievi
avvicendarsi nei ruoli
Con questa storia cosi' breve, ma anche intensa, siamo ben motivati a
continuare lo sviluppo dei nostri percorsi alternativi di conoscenza:
una letteratura auto-didatta che liberi gli studenti dagli interessi
delle corporazioni ed apra un orizzonte di varieta' e creativita'.
Non abbiamo bisogno di educazione: possiamo sceglierla.
9 Due parole sulla primavera
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Negli ultimi tre anni abbiamo assistito alla sempre crescente presenza
di movimenti popolari nel mondo, animati dallo spirito di tanti uomini
e donne che si ribellano alla repressione dei regimi fondamentalisti
ed all'ingiustizia sociale dei regimi della finanza. Dall'Africa alle
Americhe, dall'Europa all'Asia e presto altrove, questi movimenti
hanno qualcosa in comune: credere che un altro mondo sia possibile
attraverso la mobilitazione dei cittadini, credere che possiamo e
dobbiamo migliorare il modo in cui le nostre societa' sono progettate,
cosa che chi e' al potere oggi non ha nessun interesse di fare.
Tale movimento della primavera ha caratteristiche planetarie e si e'
gia' manifestato in vari modi e luoghi. Pur soffrendo di molte
divisioni e della distanza tra contesti diversi, questa primavera
resta forte della tradizione politica di resistenza alla
prevaricazione, di solidarieta' comune che e' gia' innata
nell'umanita'. In aggiunta gode anche di un'altra forza: quella dei
media orizzontali che finalmente divengono piu' accessibili per tutti
permettendo la formulazione di riflessioni sempre piu' avanzate ed
inclusive.
Non dobbiamo perdere di vista il fatto che questi movimenti sono
osteggiati dal potere prestabilito, addirittura interpretati come atti
di guerra da vecchie gerarchie militari a guardia del complesso
industriale e politico che legittima la loro stessa violenza. Noi
possiamo aiutare le popolazioni del mondo a comunicare liberamente,
facilitando il confronto di idee attraverso confini geografici e
culturali, incoraggiando la crescita di nuove razionalita' e la
nascita di nuove societa'.
Se mai la nostra generazione avra' l'opportunita' ed il coraggio di
contribuire all'evoluzione del mondo, facciamo del nostro meglio per
comprenderne i problemi presenti, prendiamone in esame le
contraddizioni e condividiamo le nostre conoscenze sui vantaggi che le
tecnologie digitali portano alla democrazia. Viviamo su di un pianeta
in cui e' sempre piu' possibile aprire connessioni tra tutti i suoi
abitanti: ora sta a noi, nativi di un territorio che trascende vecchie
geografie, difendere questa nuova condizione umana da vecchi scettri
del potere che la ritengono una minaccia alla loro ormai insensata
conservazione.
Guardiamo ad un etica del progresso che lasci alla democrazia lo
spazio di crescere sempre piu' fluida, nutrita da una sempre piu'
larga partecipazione dal basso. Non reprimendo, ma comprendendo il
punto di vista dei diseredati possiamo costruire un'eredita' per
tutti, che sia degna di essere chiamata Pace.
Jaromil - Amsterdam, 11 Novembre 2011