[Forumlucca] strage ustica: articolo su www.oggi.it e commen…

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Autor: laura picchi
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Dla: info, m.ciancarella, marco marcucci, marisa.pareto, mrseye, gicavalli, giovanna duranti, la gurfata, giulio sensi, forumlucca, lista123lm, lucca, lucca, luca loffredo, salah chfouka
Temat: [Forumlucca] strage ustica: articolo su www.oggi.it e commento laura picchi


http://www.oggi.it/focus/06-2010/ustica-20467377207.shtml
Personalmente
non credo alla tesi dell'ammarraggio e mi riferisco alla prima parte
dell'articolo. Perchè non ci credo? Rinvio a quanto scritto da Mario
Ciancarella nel capitolo 16 dedicato a Ustica del suo manoscritto
Impossibile Pentirsi(http://www.mariociancarella.altervista.org/ustica%20ciancarella%20cap.16.pdf).
Quanto a quello che dice chi raccolse le
confidenze di Ivo Nutarelli nella seconda parte di questo articolo non
commento e comunque lo prendo con estrema cautela, come tutto quello che
esce in questi giorni sulla Strage di Ustica. Si butta lì come
personale intuizione di chi raccolse le confidenze di Ivo Nutarelli che
anche quest'ultimo e Naldini avrebbero sparato la sera di Ustica e
sarebbero tornati alla base di Grosseto senza alcun missile. Cautela,
estrema cautela è la mia parola d'ordine verso queste dichiarazioni e
tutto quello che esce o è uscito in questo 30o anniversario della Strage
di Ustica. Laura Picchi


25.06.2010
Ustica: «Trent'anni dopo il mosaico sta andando a posto»

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I frammenti del relitto



Roma, giugno

«Adesso i pezzi del mosaico cominciano ad andare a posto. Ci sono
voluti 30 anni per capire la verità. Per capire che il Dc 9 dell’Itavia
caduto a Ustica non è stato colpito da un missile e non è esploso in
aria: si sarebbe sbriciolato. E invece è stato ritrovato in fondo al
mare nel raggio di poche centinaia di metri. Quell’aereo è caduto
planando a causa di una grave avaria e il pilota, bravissimo, riuscì ad
ammarare rimanendo a galla per tutta la notte. Le rivelazioni di
Cossiga, confortate da quanto ha scritto il giudice Rosario Priore nel
suo ultimo libro, lo confermano e confermano quello che io e
l’equipaggio del mio aereo abbiamo visto all’alba del 28 giugno 1980».

1)
L’AVVISTAMENTO - Parla l’uomo che ha visto riaffiorare i corpi e
ipotizza l’ammaraggio.

Sergio Bonifacio, oggi colonnello in congedo dell’Aeronautica
della marina militare, nel 1980 era tenente di vascello. Comandava un
Bréguet Atlantic, un aereo sofisticatissimo usato per la caccia ai
sommergibili. La notte di Ustica si alzò in volo alle 3 del mattino
dalla base di Elmas (Cagliari) con il suo vice Alessandro Bigazzi e
altri 12 uomini di equipaggio. Fu il primo a giungere sul luogo del
disastro: «Perché tutti i velivoli di soccorso erano stati mandati sulla
rotta Ponza-Palermo. L’unico a dover perlustrare l’area dell’ultimo
punto di riporto, un terzo sopra il punto Condor e due terzi sotto, ero
io», precisa. «Poco dopo le 9 ho visto affiorare il primo cadavere. Poi
in successione ne sono riemersi una quarantina, tutti nella stessa
posizione. Li ho marcati uno per uno con i candelotti al fosforo per
consentirne il recupero alle navi che sopraggiungevano. Sa cosa
significa questo? Che il Dc 9 in quel momento stava affondando, non era
oltre i 50-70 metri di profondità, altrimenti quei corpi sarebbero
finiti sul fondale marino, non sarebbero tornati a galla. Quindi l’aereo
dell’Itavia affondava lentamente ancora 12 ore dopo la caduta. Vuol
dire che era rimasto a galla per tutta la notte. Al massimo poteva avere
una falla. Se fosse stato colpito da un missile o fosse esploso a 7
mila metri di altezza tutto questo non sarebbe potuto succedere. Ed ecco
che oggi Cossiga ci dice che il Dc 9 è stato abbattuto da un missile a
risonanza, non a impatto. Un missile che non ha fatto esplodere l’aereo,
ma che può aver provocato un’avaria grave, con danni irreparabili a
tutti i circuiti elettrici, consentendo al pilota di governarlo e di
farlo planare. Certo l’ammaraggio non è stato morbido. Se si impatta sul
mare a 270 km all’ora, l’acqua è una lastra di cemento. Ecco perché
quasi tutti i corpi recuperati avevano una profonda ferita al ventre. È
stata provocata dalla cintura di sicurezza. Ecco perché erano tutti
senza scarpe: il comandante li aveva avvertiti che stavano ammarando.
Molti, secondo me sono morti dissanguati dopo ore di agonia. Non
dimentichiamo il corpo di quel carabiniere con un piede tranciato e la
camicia stretta attorno alla caviglia per frenare l’emorragia. O quella
mamma stretta in rigor mortis alla sua bambina. Se fosse morta
all’istante avrebbe allentato la presa. Invece è sopravvissuta, forse
dentro una bolla d’aria nell’aereo. Molti, se il Dc 9 fosse stato
individuato subito, potevano essere salvati». Non è la prima volta che
Sergio Bonifacio racconta quel che ha visto quella mattina, anche se il
suo rapporto di volo (numero 113/80, redatto e consegnato lo stesso 28
giugno al Comando del 30° stormo di base a Elmas), è stato ignorato per 9
anni. «Mi chiedevo: come mai colui che è giunto per primo sul luogo del
disastro e che ha visto riaffiorare i cadaveri, non viene sentito?
Forse del mio rapporto non sanno nulla, pensavo. Ne parlai con
l’ammiraglio Pizzarelli, membro della commissione Pratis. Mi fece capire
che il mio rapporto non era fra i documenti in loro possesso.
L’ammiraglio lo verificò parlandone con il mio copilota, che gli
confermò tutto. Fui interrogato per la prima volta il 25 ottobre 1989
dal Procuratore militare di Cagliari. Due mesi dopo mi convocò il
giudice Bucarelli che mi congedò dicendomi: “Tutto torna, Bonifacio”».
Poi l’ufficiale è stato interrogato anche dal giudice Rosario Priore e
dai membri di diverse commissioni d’inchiesta. E lui e gli altri 13
membri dell’equipaggio hanno sempre ripetuto le stesse cose. Non c’è una
sbavatura nelle 14 dichiarazioni. 28 occhi quella mattina hanno visto
riaffiorare i primi cadaveri dell’aereo dell’Itavia dopo le 9 del
mattino. «E prima dei corpi», aggiunge Bonifacio, «avevamo notato una
chiazza di cherosene che ci aveva segnalato un elicottero, poi le parti
leggere del Dc 9 come i cuscini dei sedili, i salvagente sgonfi, le
valigie e altri oggetti».

E prima di tutto questo, colonnello, che cosa aveva notato in mare?

«Se mi vuole far dire che avevo visto l’aereo che galleggiava o un
sommergibile, non ci sto. Non l’ho mai detto, non l’ha mai detto il mio
equipaggio e non è scritto da nessuna parte. Fu una invenzione di un
giornalista de L’Europeo,
smentita da tutti. Un’invenzione che ha finito per rendere inattendibile
la mia testimonianza perché il giudice Priore quando mi convocò mi
chiese subito: “È vero che lei ha visto l’aereo galleggiare?”. “No, non è
vero”. E lui mi congedò frettolosamente. Ma io sono stato chiamato a
testimoniare al processo contro i generali. Doveva vedere l’imbarazzo
dei difensori nel pormi le domande. Io non ho testimoniato contro
nessuno, solo contro la stupidità di chi non aveva capito».

Perché lei in realtà, prima del riaffiorare dei corpi, cosa vide o
cosa capì?

«Il mare era blu scuro. Notai uno strano fenomeno di chiarore
sull’acqua e al centro una riga scura. Pensai a un bordo alare. Tanto
che dissi al mio copilota: “Guarda l’ala!”. Bigazzi mi rispose: “Ma il
Dc 9 non ha lo sghiacciatore pneumatico”. Significa che lui vedeva una
riga nera ma non capiva cosa fosse, perché il Dc 9 non ha lo
sghiacciatore di gomma nera sui bordi delle ali. E nel rapporto mi sono
limitato a scrivere: “Vedo qualcosa in trasparenza ma non la
identifico”».

Perché lei parla di uno strano fenomeno di chiarore?

«Perché sull’acqua blu non avrei potuto notare una riga nera o
comunque scura. Quel fenomeno di chiarore poteva essere, dico poteva
essere perché io non l’ho individuata, la sagoma bianca dell’aereo che
affondava. E la riga scura che abbiamo visto poteva essere in realtà la
striscia rossa che gli aerei Itavia avevano lungo la fiancata. Sotto
l’acqua il rosso diventa scuro».

Dopo 30 anni cosa pensa sia successo realmente?

«Che il Dc 9 sia affondato imbarcando acqua lentamente da una falla.
Si è fermato a 50-70 metri perché, all’interno, la pressione dell’aria e
dell’acqua si compensavano. Poi la pressione dell’acqua ha provocato il
cosiddetto “colpo di ariete” che ha sfondato la coda. In quel momento i
cadaveri hanno cominciato a risalire».

2) LA BATTAGLIA - Parla l’uomo che
raccolse le confidenze del pilota Nutarelli

«Fossimo stati a casa quella sera! Non avremmo visto quello che
purtroppo abbiamo dovuto vedere». L’arrivo di un cameriere interrompe il
discorso. Al tavolino di un bar, davanti all’istituto tecnico
aeronautico Malignani di Udine, sono seduti un asso delle Frecce
Tricolori, il tenente colonnello Ivo Nutarelli che nel 1988 perderà
tragicamente la vita con il collega Mario Naldini, durante una
esibizione a Ramstein in Germania, e l’insegnante dell’istituto
aeronautico Andrea Agostinis, destinato qualche anno dopo a diventare
«famoso» suo malgrado perché coinvolto e poi prosciolto nell’inchiesta
sugli attentati di Unabomber. I due si conoscono bene e si frequentano
perché abitano nello stesso palazzo, perché dall’Istituto Malignani
escono molti dei piloti destinati a finire nella pattuglia acrobatica
delle Frecce Tricolori e perché il professor Agostinis porta spesso i
suoi allievi alla base di Rivolto. «Era la fine di maggio del 1986»,
ricorda Andrea Agostinis, «Con Ivo si parlava di un incidente aereo e io
commentai: “Assomiglia un po’ alla sciagura di Ustica”. Mai l’avessi
detto. Nutarelli si fece scuro in volto. Si incupì e si lasciò scappare
quella frase: “Fossimo stati a casa quella sera”. «Non ne afferrai
appieno il significato. Capii solo dopo il disastro di Ramstein. Credo
che Nutarelli in quel momento stesse per farmi rivelazioni molto
importanti che non riusciva più a tenersi dentro. Era stressato,
preoccupato. Ustica evidentemente lo tormentava. Ma solo quando mi
interrogò Rosario Priore afferrai fino in fondo il significato di quella
frase. La sera del 27 giugno 1980 Nutarelli e Naldini si alzarono in
volo dalla base di Grosseto con i loro F 104. Intercettarono il Dc 9
Itavia, lo affiancarono e poi scoprirono qualcosa di molto grave perché
lanciarono il segnale di allarme, ma non via radio. “Squoccarono”
elettronicamente il codice di emergenza e per essere più sicuri che il
loro segnale fosse stato recepito, come da manuale, fecero una manovra a
triangolo che serve proprio per avvertire gli operatori radar a terra
di una situazione di massima allerta. Non usarono la radio evidentemente
per non farsi intercettare da altri. È la prova che Nutarelli e Naldini
avevano scoperto qualcosa di veramente grave. Forse aerei non della
Nato che avevano violato il nostro spazio aereo. Pare che nei giorni
successivi abbiano confidato a qualche collega che c’era stato un
combattimento aereo». Ma Rosario Priore da lei cosa volle sapere?

«Nutarelli morì a Ramstein due giorni prima di essere interrogato
dal magistrato. Priore fece a me delle domande che avrebbe voluto fare
al pilota. Perché mi chiese con insistenza se conoscevo la procedura di
scarico dei missili durante una missione e al rientro alla base. Domande
tecniche, dalle quali capii che quella sera Naldini e Nutarelli erano
rientrati senza un solo missile. Mi sono sempre chiesto: “Li avevano
lanciati tutti? Alcuni li avevano scaricati in mare per non farli
ritrovare? O subito dopo l’atterraggio il comando aveva ordinato di
farli sparire?”».

Professore, sta dicendo che anche Nutarelli e Naldini quella sera
hanno lanciato dei missili? E contro chi?

«Non ho dubbi. L’ho capito dalle domande che mi ha fatto Priore.
Anche loro hanno sparato. E sono tornati alla base con 450 chili in meno
sul loro caccia. Contro chi non lo so ma è chiaro che il segnale di
emergenza generale che hanno usato, lo si lancia solo quando c’è una
situazione di combattimento».
Le due testimonianze che vi abbiamo
proposto a trent’anni dai fatti sono importanti tasselli di una storia
complicatissima. Ma che potrebbe finalmente portare a una svolta se la
nuova inchiesta aperta nel 2008 dalla Procura di Roma troverà riscontri
alle dichiarazioni del Presidente Francesco Cossiga. Cossiga sostiene di
aver saputo dai nostri servizi segreti che fu un aereo della marina
militare francese a lanciare il missile che abbattè il Dc 9.

Gian Gavino Sulas

Ustica, le tappe dell'inchiesta

Ustica, incidenti, suicidi e morti sospette



                      
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