Giacomo, lo so che non ce l'hai con me, ma qualcosa ti devo rispondere...
Mi scuso anche in anticipo se farò incazzare qualcun*, non posso
impedirlo, qualunque cosa dica o scriva c'è chi si risente... Sorry.
Il 04 novembre 2009 14.54, felipe <gik@???> ha scritto:
> Ora, credo che la riflessione di paolo possa rigirarsi anche contro di
> noicome ciclisti urbani: cosa facciamo contro il razzismo? cosa facciamo
> contro il caro-vita, la speculazione edilizia, ecc.? e per gli omicidi
> sul lavoro? Cosa facciamo per portare solidarietà agli immigrati? cosa
> facciamo, chi siamo, sul territorio?
E cosa facciamo riguardo la guerra in Afganistan, le persecuzioni sui
Curdi, la deforestazione in Amazzonia e via elencando?
Ci sono tante malefatte in giro che non basta una vita a conoscerle
tutte, figuriamoci a combatterle.
Ma tu, Giacomo, quante vite hai, o pensi di avere, per fronteggiare
tutto il male del Mondo?
Contro il razzismo provo, in un paese razzista, a non esserlo, e già
questo non è semplice.
Contro il caro vita cerco di spendere oculatamente, ed evitare di
buttar soldi in cazzate (e già qui, se prendi tre persone, su cosa
siano "cazzate" otterrai almeno sei opinioni diverse).
> e in fin dei conti, cosa cavolo
> facciamo per la moblità a roma, a parte il nostro culo privato sulla
> nostra sella privata della nostra privata bicicletta?
Anche qui penso di non essere io il bersaglio della tua critica... tuttavia...
Da ormai più di vent'anni mi attivo quotidianamente per far scoprire
ed amare alle persone l'uso della bici.
Molti/e sono riuscito solo a portarli a viaggiare fuori dalle città,
altri hanno iniziato ad usare la bici anche in città.
Questa attività mi ha portato ad agire dentro e fuori le realtà
associative, e a rivestire anche incarichi in FIAB.
Anni fa, ai tempi del primo Mandato Veltroni, sono stato tra quelli
che ha collaborato con l'assessorato all'ambiente per lo sviluppo
della rete ciclabile romana. A posteriori quel lavoro è stato quasi
del tutto inutile, e molte realizzazioni (Palmiro Togliatti in testa)
sarebbe stato meglio se non le avessero nemmeno iniziate, visto il
risultato finale.
Quindi sbattimento, dispendio di capacità intellettuali, di tempo
rubato alla famiglia, al divertimento ed agli affetti, ed in cambio
frustrazioni e bile montante.
Ma quello che mi sta facendo riflettere in questi giorni è che a tutto
questo devo aggiungere anche la morte di Eva.
Perché, inutile girarci intorno, che prima o poi sarebbe morto
qualcuno era inevitabile, un fatto strettamente matematico.
Più ciclisti sulle strade=più rischio di incidenti=più incidenti=più
feriti=qualche morto.
Perché è impossibile far crescere il numero di ciclisti e garantir
loro sicurezza se nel contempo non si aggiornano le infrastrutture e
le regole del vivere civile. Purtroppo siamo costretti ad usare il
fatto numerico per provare a smuovere coscienze, istituzioni,
finanziamenti, opere, e questo significa mettere a rischio la pelle
degli altri, oltre alla nostra.
E nemmeno è bastato che predicassi di stare il più possibile "fuori
dalle sedi stradali", di non fidarsi di luci e catarifrangenti, di
pedalare sui prati, sui marciapiedi, di usare il casco. Era
inevitabile anche che tanti, allegramente, prendessero la faccenda con
molta più "leggerezza", ché: "se facciamo terrorismo la gente si
spaventa e in bici poi non ci va più".
E a Bellino rispondo che il tizio/a che ha (abbiamo) messo in bici
magari non ammazzerà qualcuno/a, ma potrebbe finire col farsi
ammazzare... Il risultato è che non c'è una scelta giusta da fare: o
rinunciamo ad aumentare il numero dei ciclisti, oppure accettiamo il
fatto che diversi di loro finiscano feriti o ammazzati,
indipendentemente dalla nostra volontà.
Al momento è questa la mia impasse, so cosa è giusto fare, ma non so
più se sono disposto a pagarne il prezzo... :-(
Ciao
--
Marco Pierfranceschi
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Mammifero Bipede
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"Tutti pensano a cambiare il mondo,
ma nessuno pensa a cambiar se stesso"
L. Tolstoj