[NuovoLab] R.Fisk 20 Gennaio - Gaza più Stalingrado che Beir…

Delete this message

Reply to this message
Autor: Mgow
Data:  
Para: forumgenova@inventati.org
Assunto: [NuovoLab] R.Fisk 20 Gennaio - Gaza più Stalingrado che Beirut
L' articolo di /*R. Fisk*/ che segue è stato pubblicato ieri, 20
gennaio, su */The Independent/*.
Io l' ho ripreso e tradotto dal portoghese dal sito /*Patria Latina*/
http://www.patrialatina.com.br/editorias.php?idprog=512fc3c5227f637e41437c999a2d3169&cod=3094
<http://www.patrialatina.com.br/editorias.php?idprog=512fc3c5227f637e41437c999a2d3169&cod=3094>
<http://www.patrialatina.com.br/editorias.php?idprog=512fc3c5227f637e41437c999a2d3169&cod=3094>
*Robert Fisk: Gaza è stata più Stalingrado che Beirut*

La prima pagina del quotidiano As-Safir di Beirut diceva tutto, ieri (19
Gennaio). Nella parte in alto, la foto terribile del cadavere
carbonizzato recentemente ritrovato sotto le macerie di una casa di
Gaza; di lato, due uomini della stessa famiglia piangono e singhiozzano
per la disperazione. Sotto, a metà pagina, una fotografia di politici
israeliani ed occidentali che ridono con Ehud Holmert, primo ministro di
Israele. Holmert ride a crepapelle. Silvio Berlusconi, con le mani
appoggiate sulle spalle di Holmert, ride anche lui, meno, ma ride e,
alla destra di Holmert, il francese Nicolas Sarkozy, sfoggiando il più
stupido di quei suoi sorrisi. Solo la Cancelliera Merkel sembrava vedere
il collasso morale. La Germania non rideva.

L' Europa ride, mentre i palestinesi piangono i loro morti. Non
sorprende che a Beirut i negozi stiano vendendo migliaia di scialli e di
bandiere palestinesi. Anche alcuni dei più seri nemici libanesi della
Palestina usano il keffiyeh palestinese, in solidarietà al popolo di
Gaza. Ed ogni giorno di più si vedono gli scialli palestinesi per le
strade.

Ogni volta di più, allo stesso tempo, la rete televisiva Al-Jazeera
sottotitola immagini dei palestinesi che trasportano i cadaveri in
decomposizione dei loro morti: "Più di 1300 morti a Gaza, 400 donne e
bambini. Gli israeliani morti sono 13, 3 civili." Anche questo dice tutto.

Per tutto il giorno, anche gli arabi devono sopportare la vista dei
propri politici che posano e smorfieggiano di fronte alle telecamere che
riprendono l' incontro in Kuwait, dove re e presidenti che avrebbero la
pretesa di governarli ridono e si stringono le mani e tentano di fingere
di essere uniti nell' appoggio al popolo palestinese - popolo questo che
è stato dolorosamente tradito.

Anche Mahmude Abbas era lì, il senza-potere, l' impotente leader della
"Palestina" - e dove starebbe, precisamente, la Palestina? -, tentando
di darsi una certa importanza tra le frange dei vestiti e delle giacche
dei suoi superiori.
Scivolando ed inciampando nei cadaveri di Gaza, questo collegio di
esseri superiori merita pietà, questo si. Che altro potevano fare? Il Re
Abdulah dell' Arabia Saudita ha annunciato che darà 750 mila libre; ma
quante altre volte in passato arabi ed europei hanno sborsato denaro per
Gaza, denaro che, immediatamente dopo, hanno visto carbonizzarsi sotto
le bombe israeliane?

Va detto che i due pistoleiros mascherati di Hamas, che hanno annunciato
di aver ottenuto una "vittoria" tra le rovine di Gaza, sono un
millimetro meno ipocriti. Ancora non hanno capito che loro non sono gli
Hezbollah del libano. Gaza non è stata Beirut. Questa volta, sembra,
Gaza è stata Stalingrado. Ma quali uniformi Hamas pensa di aver usato:
tedesche o sovietiche?

"Israele deve capire," ha detto il buon re - come se gli israeliani
stessero prestando attenzione a lui! - " che non sempre sarà possibile
scegliere tra guerra e pace e che l' iniziativa araba (il riconoscimento
degli arabi in cambio di un ritiro di Israele entro i confini del 1967)
che oggi è sul tavolo non sempre vi starà." Egli sa che "occhio per
occhio" non significa un occhio israeliano in cambio di tutti gli occhi
di una città intera. Ma quante volte - e quanti cadaveri dovranno ancora
essere estratti dalle macerie - prima che i sauditi si rendano conto che
ormai non c'è più tempo per niente?

Nel 2002, gli israeliani scartarono rapidamente lo scambio territorio
per pace; ma ieri, all' improvviso, la proposta è tornata ad interessarli.
" Continueremo desiderosi di negoziare con tutti i nostri vicini la
proposta di quella iniziativa", ha detto il portavoce del governo di
Israele, come se il rifiuto in origine non fosse mai stato gradito dagli
arabi.

Il presidente siriano Bashar al-Assad, è chiaro, ha scartato la scorsa
settimana nel Catar tutta l' iniziativa; l' ha dichiarata morta; ha
insistito perchè Israele fosse dichiarato "entità terrorista". E Máhmude
Abbas è affondato ancora di più nell' umiliazione, ieri, annunciando che
"l' unica opzione" per gli arabi sarebbe quella di far pace con Israele.
Le "condizioni" dettate dagli arabi ne avrebbero determinato il
fallimento nel 2002. Si osservi bene: non il rifiuto di Israele, ma le
"condizioni" arabe. No, no. La colpa è stata tutta degli arabi. E,
questo, detto dal leader della "Palestina".

Non sorprende che l' uomo degli USA in Egitto - un certo Hosni Mubarak -
abbia ripetuto il vecchio slogan: "la pace in Medio Oriente è un
imperativo che non puo' essere rimandato". E allora l' emiro del Kuwait
ha invitato a pranzo Bashar e Hosni e il Re Abdullah di Giordania e l'
altro Re dell' Arabia Saudita per farla finita con quella piccola lite.
Il menù non è stato divulgato.

Al-Jazeera mostra cadaveri ogni giorno più gonfi, trascinati da sotto
montagne di ferri contorti e pezzi di cemento, mentre quei potentati
discutono le loro quisquilie. Niente da dichiarare, su questo golpe.

--
*************************************************************
Prima di tutto vennero a prendere gli zingari
e fui contento, perché rubacchiavano.
Poi vennero a prendere gli ebrei
e stetti zitto, perché mi stavano antipatici.
Poi vennero a prendere gli omosessuali,
e fui sollevato, perché mi erano fastidiosi.
Poi vennero a prendere i comunisti,
ed io non dissi niente, perché non ero comunista.
Un giorno vennero a prendere me,
e non c'era rimasto nessuno a protestare.

Bertold Brecht, Berlino, 1932
(rielaborazione dai versi originali di Martin Niemöller)
*************************************************************