Autor: Edoardo Magnone Data: Para: Mailing list del Forum sociale di Genova Asunto: [NuovoLab] La natura della sconfitta
Intervento di Nella Ginatempo
La natura della sconfitta
A cosa è dovuta la scomparsa della sinistra dal nuovo Parlamento
italiano? Cerchiamo una causa economica ( la crisi) che abbia fatto
spostare voti a destra ? Cerchiamo una causa culturale ( perdita della
cultura della solidarietà e dell'uguaglianza) con conseguente
orientamento politico a destra dell'elettorato ? Cerchiamo una causa
elettorale (cattiva impostazione della campagna)?
Secondo me sono analisi poco centrate queste, sentite in questi giorni
in televisione, sui giornali e via mail. Credo che la causa sia
eminentemente politica, legata alla rappresentanza. Fermo restando che
circa due terzi dei voti perduti dalla Sinistra Arcobaleno sono andati
all'astensione ( mi sono guardata l'analisi dei voti assoluti e dei
flussi, mi sono guardata i confronti temporali e di liste), la causa
più diretta della sconfitta è dovuta al fatto che gli elettori che due
anni fa costituivano il capitale di voto di questa area elettorale
hanno espresso una chiara mozione di sfiducia nei confronti della
Sinistra Arcobaleno, intesa nel suo complesso.
Ma più che da indagini elettoralistiche, questa causa della sconfitta
mi sembra evidente da tanti segnali politici che in questi due anni
non sono stati colti nè dal ceto politico dirigente della Sinistra
Arcobaleno, nè dal Manifesto che ha difeso e coperto la SINARC in
campagna elettorale e ben prima.
I segnali politici sono cominciati con la spilletta arcobaleno sul
bavero di Bertinotti alla sfilata militare del 2 giugno 2006 e con
l'enorme malumore prodotto da questa sceneggiata nel cuore di
centinaia di migliaia di persone che come me avevano partecipato da
Genova in poi al movimento contro la guerra senza se e senza ma. Ma
erano solo tuoni: la tempesta è arrivata nel momento in cui i 140 e
più parlamentari di sinistra che avevamo portato in Parlamento,
votavano per la prima volta insieme a Prodi la guerra in Afghanistan,
dopo averla bocciata per ben otto volte durante il governo
Berlusconi.
Quella tempesta non è mai finita, è continuata con l'aumento del 23%
delle spese militari, con l'acquisto degli F35, con l'editto di Prodi
sulla base DalMolin di Vicenza, con la missione militare in Libano e i
complimenti di Giordano a D'Alema ( "abbiamo
uno straordinario ministro degli esteri"), con il salotto di Porta a
Porta dove la sovraesposizione del Presidente della Camera dava la
nausea.
Il voto di guerra veniva giustificato e coperto da tutto il ceto
politico della sinistra con la tesi della "riduzione del danno",
ossessivamente ripetuta per due anni dalla grande schiera dei
parlamentari, tra la generale riprovazione di tutto il popolo della
pace
- di cui la contestazione di Bertinotti alla Sapienza da parte degli
studenti è un altro segnale politico, solo la punta di quell'iceberg
che era leggibile e visibile sui siti web del movimento. Nel
frattempo, sul fronte del neoliberismo si ignoravano i fischi di
Mirafiori, si
procedeva ad una vera catastrofe economica e sociale fondata sul
precariato, sull'attacco a salari e pensioni di cui il voto a favore
del protocollo sul Welfare costituisce l'ultimo capolavoro.
Lo scollamento definitivo tra il movimento contro la guerra in italia
e la sinistra parlamentare ( poi confluita nell'arcobaleno) avviene il
9 giugno del 2007 in occasione della grande manifestazione autogestita
dal movimento contro Bush e contro le politiche di guerra del governo
Prodi.
Come poter dimenticare la piazza del Popolo vuota, dove i cosiddetti
rappresentanti politici della sinistra aspettavano l'arrivo di quelle
masse che decidevano, invece, con grande lucidità e intelligenza, di
partecipare al corteo contro la guerra, insieme al presidio di
Vicenza, ai sindacati di base e alle vere bandiere arcobaleno. Una
frattura
insanabile che tuttavia il ceto politico della sinistra rifondarola e
compagnia bella ha deciso con grande cecità di ignorare, procedendo
invece a costruire la beffa del secolo con la manifestazione del 20
ottobre. Riportano la gente nella loro piazza per illuderla con
promesse di giustizia economica, che sono pronti l'indomani a
stracciare in
Parlamento. Il cerchio si chiude. Il popolo della pace, il popolo dei
precari e dei lavoratori, che cerca una rappresentanza parlamentare
delle proprie lotte, viene calpestato e umiliato. Oggi che ha deciso
di negare il proprio voto a quei rappresentanti in Parlamento che
hanno deluso tutte le sue aspettative, oggi questo popolo si merita un
rionoscimento.
Esso è stato protagonista di una operazione di verità e come diceva
Gramsci la verità è rivoluzionaria: la notte è preludio dell'alba.
Dobbiamo avere più fiducia nell'intelligenza dei milioni di compagni e
compagne che resistono nei comitati, nelle associazioni, nei
territori, nei centri sociali, nelle scuole e Università, nei luoghi
di lavoro, nelle reti di lotta. C'è in Italia un'ampia sinistra
sociale diffusa: questa ha il compito oggi di costruirsi una futura
rappresentanza politica. Ciò che è morto oggi non è il corpo vivo
della società di sinistra ma un involucro politico che il nostro
popolo ha giudicato inservibile. Da qui possiamo ripartire in una fase
politica difficilissima che ci pone nuove responsabilità organizzative
per uscire dalla frantumazione e dispersione delle energie politiche e
umane.