Marmitte catalitiche riducono gli NOx ma producono residui metallici
Roma, 16 aprile - Le marmitte catalitiche riducono le immissioni nell'aria degli ossidi di azoto, ma sono responsabili dell'immissione nell'atmosfera di residui di metalli, come platino, rodio, palladio e iridio. È quanto è emerso da una ricerca italiana coordinata da Claudio Botrè, dell'università di Roma La Sapienza, e da Alessandro Alimonti, dell'Istituto Superiore di Sanità.
Lo studio, pubblicato sulla rivista International Journal of Environment and Health, è stato condotto analizzando campioni di aria raccolti in siti di traffico intenso a Roma. Dalla ricerca è emerso che, una volta introdotti nell'organismo con la respirazione, i metalli liberati dalle marmitte catalitiche influenzerebbero i processi metabolici, provocando la riduzione di alcuni antiossidanti naturali come l'acido ascorbico.
I ricercatori hanno analizzato i campioni di polveri sottili, Pm10 e Pm2,5 raccolti negli inverni del 2004 e del 2005 e hanno determinato le concentrazioni dei metalli utilizzando la tecnica della spettrometria totale. Dopo aver determinato le concentrazioni dei metalli nei campioni di particolato, i ricercatori hanno testato in laboratorio la potenziale pericolosità di queste sostanze inquinanti. Le sperimentazioni sono state eseguite con la tecnica chiamata voltammetria ciclica, grazie alla quale è stato visto che "le sostanze possono accelerare o inibire l'attività di alcuni enzimi presenti nell'organismo", come ha spiegato Botrè. Ad esempio, si è osservato che i metalli innescano reazioni chimiche che riducono i livelli di alcuni antiossidanti naturali, come l'acido ascorbico, e di un enzima noto come nicotinamide adenindinucleotide (Nadh). In pratica, rileva la ricerca, l'effetto catalitico dei metalli nelle marmitte si ripropone nell'attività dell'organismo.
Anche se le concentrazioni di queste sostanze nei campioni esaminati sono comunque limitate, gli studiosi sottolineano la necessità di continuare le ricerche poiché "i risultati sono ovviamente preliminari - ha concluso Alimonti - bisogna allargare il numero di siti monitorati e proseguire gli esperimenti in vitro".
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