Gara > Idatzia > Jendartea 20-02-2006
Normalizzare la prostituzione passa per regolare l'immigrazione
Il dibattito sulla legalizzazione o la regolarizzazione nello Stato
spagnolo di un'attività come la prostituzione sembra riaperto con la
commissione di studio creata nel Congresso di Madrid. Tuttavia che più
dell’ 80 percento delle donne che realizzano questa attività siano
immigranti e senza permesso di soggiorno, aggiunge un problema in più.
Lavoravo come domestica in una casa, ma per necessità economiche (allora
guadagnavo 70.000 pesetas e solo l'affitto mi costava 73.000), incominciai
con questo" "Noi, le straniere, abbiamo molte difficoltà per lavorare
perché ci mettono molti intoppi non avendo documenti. Stavo lavorando in
una casa di famiglia, ma guadagnavo 35.000 pesetas. Essendo venuta con mia
figlia piccola dovevo pagare la scuola, affitto di casa e, inoltre, volevo
portare mio figlio dalla Colombia." Sono solo due attestazioni delle molte
che raccoglieva nel 2001 la relazione '' La prostituzione esercitata da
donne nella CAV '', elaborato dall'Istituto della Donna Emakunde. Una
radiografia di quello che si dice si dice, non si sa bene perché,
l’officio più antico del mondo per i caldei e gli eschimesi, l'ospitalità
verso i visitatori includeva l'offerta con fini sessuali delle donne delle
loro comunità. Due spiegazioni che chiariscono da sole le necessità, più
che ragioni, che portano molte donne immigranti a finire con le loro
illusioni su strade o in locali di frequentazione.
Quando nel Congresso spagnolo, i gruppi politici hanno aperto questi
giorni la porta allo studio della regolarizzazione o no della
prostituzione, sorge inevitabile un'altra domanda comprovando che intorno
all’ 80-90 percento delle donne che si dedicano a questa pratica una
professione per alcuni ed alcune, sfruttamento per altri ed altre sono
immigranti: Però come affrontare la legalizzazione della prostituzione se
la gran maggioranza di chi l'esercita vive in una situazione
amministrativa irregolare?
La Legge Organica 4/2000, dell’ 11 di gennaio, Su Diritti e Libertà degli
Stranieri in Spagna e la loro Integrazione Sociale, stabilisce in maniera
chiara la permanenza illegale nel territorio spagnolo come un'infrazione,
sanzionabile con l'espulsione.
Come uno di quegli articoli, "lo straniero che pretenda di entrare in
Spagna dovrà presentare i documenti che si risolvano regolamentariamente e
che giustifichino l'oggetto e condizioni di soggiorno, ed accreditino
mezzi di vita sufficienti per il tempo che pretenda di rimanere in Spagna,
o stare in condizioni di ottenere legalmente detti mezzi." Evidentemente,
finché la prostituzione non è regolata legalmente è impossibile
giustificare la sua situazione lavorativa.
In base a questo, la situazione di queste donne viene a considerarsi come
di "soggiorno", cioè, la loro permanenza non può superare i 90 giorni e
trascorso quel termine dovranno ottenere o una proroga di quel soggiorno,
o un permesso di residenza temporale che se non si ottiene, provoca che si
entri in situazione di illegalità. Per entrambe le ipotesi è necessario
accreditare che si dispone di mezzi di vita sufficienti per rispondere
alle spese di manutenzione o soggiorno.
Da Cuba, Colombia, Brasile e Repubblica Dominicana, ma negli ultimi anni
dalla Russia, Polonia ed altri paesi dell’ Est europeo, sono le donne che
esercitano la prostituzione in locali di Euskal Herria. Dall'Africa
subsahariana lo sono maggioritariamente quelle che vediamo in alcuni punti
delle strade basche.
Giovani e celibi. Con figli e figlie a carico. Il loro obiettivo entrando
in questo commercio è ottenere denaro in forma rapida ma non "denaro
facile» con cui potere sussistere o da inviare alla loro casa di origine.
È lo schietto profilo della prostituta dettagliato nel documento di
Emakunde. Vedete soddisfatte quelle aspettative?, domandavano loro. La
risposta era nella maggioranza affermativa: riescono ad inviare denaro
alle sue famiglie.
Immigranti esposti
"Il mestiere della prostituzione in Navarra: stigmi e modo di vita" è il
titolo dello studio presentato l'anno 2003 e redatto da un gruppo di
professionisti dell'educazione, il diritto, la medicina, il lavoro
sociale, la psicologia ed altre discipline. Sulle ragioni che inducono
donne immigranti ad esercitare questa attività, finivano "la mancanza del
riconoscimento da parte della società di accoglienza, di status di
cittadinanza, che ostacola loro l’accesso ad alternative lavorative,
residenziali, benefici sociali, etc., e, con ciò, trasformare in realtà le
loro aspettative di autorealizzazione e progresso." E sommavano una
difficoltà aggiunta "che per molte di queste persone risulta
insormontabile: la devoluzione del debito che fu contratta per
l'intermediazione delle mafie, o di altre persone più o meno vicine."
In quella stessa analisi si mette in chiaro che uno dei fattori che ha
influito a che questo lucroso mercato sia andato crescendo è "la scomposta
politica di quote nella gestione di flussi migratori, molto sotto
l'esistenza reale di posti di lavoro, che ha beneficato, fondamentalmente,
i principali settori dell'economia sommersa, tra i quali si trova quello
della prostituzione." Basti un punto interrogativo che gli autori
espongono: "Se c'è un milione di uomini nello Stato spagnolo disposti a
pagare per un servizio sessuale e circa un 40 percento della popolazione
femminile in età da lavorare figura attiva solo nell'EPA, pensiamo che sia
un'uscita molto sbagliata e molto forzata l'esercizio della
prostituzione?."
Quello che esse vogliono
La cosa certa è che a tenore di queste questioni, bisognerebbe pensare che
regolata lavorativamente l'attività della prostituzione, con tutti i suoi
diritti lavorativi e sociali, il problema si risolve, al potere
accreditare queste donne un contratto ed un modo di sostentamento
economico. Tuttavia, la scommessa per una "ufficializzazione" di questo
esercizio cozza con una realtà che il documento elaborato da Emakunde
constatava e così faceva sapere al Parlamento di Gasteiz: queste donne
vedono di buon occhio la legalizzazione, per così potere disporre di
documenti, ma respingono la regolarizzazione per il grado di controllo che
ciò supporrebbe sulla loro attività e le loro entrate.
Gli autori della relazione erano chiari manifestando che per affrontare un
processo di normalizzazione di questi "servizi sessuali", oltre ad
affrontare la doppia morale della società, "esse, le donne, devono
desiderarlo o, per lo meno, che siano coscienti dei vantaggi che ciò
potrebbe supporre."
La Patrocinatrice del Paese di Nafarroa, María Jesús Aranda, in una
comparizione in aprile di 2005 davanti al Parlamento, propose già,
presentando una relazione sulla prostituzione in questo territorio che
"sarebbe necessario favorire processi di legalizzazione affinché, le
donne, abbandonino l'attività" dato l'elevata percentuale di persone senza
regolarizzare che esercitano questa attività.
A questo rispetto, l’ UPN discusse che una misura parziale di questo tipo
potrebbe derivare in "un effetto di porta di entrata alla prostituzione
più che di porta di uscita." La Patrocinatrice replicò che "lo Stato, le
comunità autonome ed i propri municipi hanno meccanismi di conoscenza per
sapere precisamente quando, come, in che forma e con che requisiti bisogna
dare soluzione a collettivi di persone che stanno strisciando nella
marginalità ed ai quali, inoltre, non rimane altra opzione in molti dei
casi."
Il dibattito non si presenta semplice. Il Governo catalano ha aperto la
porta a quella regolarizzazione e la sua intenzione di tirare fuori la
prostituzione dalla strada. Regolarizzazione o abolizione? Quello è il
dibattito nella sfera politica. Ogni scommessa ha suo relativo. In primo
luogo, l’ Olanda, dove dall'anno 2000 la prostituzione si considera un
lavoro in più ma solo se si fa in maniera volontaria; il secondo, Svezia,
dove dal 1999 la legge punisce il cliente, non chi esercita l'attività. Il
modello regolatore di fronte al modello abolizionista. La cosa unica certa
è che nessuno ha trovato l'ideale, e forse è questione che ogni società
adatti alla sua propria idiosincrasia. -
GASTEIZ
"Che sia un'attività riconosciuta e legale, ma con tutti i suoi diritti"
Cristina GARAIZABAL | Psicologa e fondatrice del collettivo Hetaira di
Madrid
Il collettivo di difesa dei diritti delle prostitute Hetaira nacque nel
1994 a Madrid. Cristina Garaizabal è una delle sue fondatrici e nel 2003
ricevette per mano del lehendakari il Premio René Cassin per i Diritti
umani.
Legalizzare o regolarizzare. Parliamo della stessa cosa?
In parte, legalizzare qualcosa non tralascia di essere regolarlo. Ma per
noi il problema fondamentale è che quello che si faccia deve contemplare
che la parte vulnerabile sono le donne e, pertanto, difendere i loro
diritti come lavoratrici. Per esempio, quello che pretende di fare la
Generalitat ha cose positive, ma non ci sembra bene che si voglia
sradicare la prostituzione dalla strada. Siamo più a favore delle zone di
tolleranza o quartieri rossi, dove le prostitute possano lavorare in
migliori condizioni.
Cioè che si sposta il rischio che quello che si faccia sia normalizzare la
prostituzione come attività, ma non chi l'esercita.
Quello è il rischio che ci preoccupa. La normativa del Municipio di
Barcellona in quel senso è terribile, perché proibisce la prostituzione di
strada, ma non da alternative, e quello lo fa un tripartito di sinistra!
Qualunque misura che si prenda deve passare per riconoscere che si tratta
di un lavoro lecito e, pertanto, accedere a quel tipo di lavoro implica
gli stessi diritti sociali e lavorativi che il resto di lavoratrici. E
tutto ciò implicherebbe il fatto che quelle donne immigranti possano
sistemare le loro carte e che, pertanto, abbiano la residenza, poiché non
smetterebbe di essere un mezzo di vita lecito. Quello sarebbe
imprescindibile, il diritto a rimanere qui come altri lavoratori
immigranti. Non si tenta di rappezzare di nuovo il tema della
prostituzione, bensì di andare al problema di fondo: che è un'attività che
deve essere riconosciuta come tale e coi diritti che corrispondano loro.
E questa volta è sul serio?
Io credo che non ci sia molto interesse. Non abbiamo visto una decisione
da parte del Governo e meno in questa legislatura, anche perché dentro lo
stesso PSOE non c'è unanimità. Questa sarà la quarta commissione di studio
alla quale ci chiamano...
E che cosa pensa chi esercita la prostituzione?
La loro posizione è molto eterogenea, perché lo è anche la situazione di
esse. A noi consta che una larga maggioranza delle prostitute di strada di
Madrid sarebbero disposte a negoziare zone di esercizio dell'attività se
lì si lavorasse con più sicurezza, pulizia e tranquillità. Noi,
all'inizio, pensavamo anche che quello poteva trasformarsi in un ghetto,
ma parlando con esse, ci rendemmo conto che è quello che vogliono, una
zona dove la gente sa già di cosa si tratta. Rispetto al riconoscimento di
diritti e doveri, c'è anche un settore, chissà il più consapevolizzato che
l'assume anche. Se bisogna valutare, si valuta, anche se dopo, ascolta,
anche gli autonomi smettono di fare fatture... In sintesi che la
maggioranza sta per le zone abilitate, e le più consapevolizzate, per i
diritti. -
J.V.
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