Io vado spesso in Africa e anche in BCcletta, non per il gusto di andarci ma
soprattutto per i più vari impegni. Ammetto comunque, che è di per sé
piacevole, andare sia in Africa che in Bici: nonostante i pericoli e i
raccapriccianti soprusi, ci trovo sempre tanta gioia di vivere, speranza,
inventiva, cultura e solidarietà. Africa e Bici sono continenti immensi, ci
si può approfondire in singole zone ma è sempre impossibile conoscerli
tutti.
Il gioco più diffuso dei bambini africani è l'automobilina: raramente è come
quelle qui vendute nei centri equo-commerciali, fatte su per benino con
latta stagnata, nuova e griffata per le conserve. Piuttosto
"...incontrava dovunque bimbi a razzo, dietro ai loro automezzucci
singolari. Montavano ruote in tappino da birra e le scocche in iscatola già
di conserva o sfondata bottiglia di plastica, se non vilissimo pezzo di
legno. A volte scocca per niente, puramente l'idea astratta del veicolo: un
singolo cerchio neolitico inserito in una forcella. Gli automezzi erano
appunto sempre infissi in cima a un bastone, in guisa di carriaggio:
acciocché il bimbo potesse sospingerli, correndo e doppiando l'agognato
motore, con quei "brua bruaaan" che tutti ben si conosce." (Africa Breve,
http://www.neteditor.it/opere/leggi.php?opera=106).
Nulla di grave, forse...
Ho notato ultimamente che il Ghana e i campi dei profughi Saharaui in
Algeria sono letteramente invasi da BCclettine per bambini. Si sa da dove
vengono: dai cassonetti differenziati che smaltiscono il nostro rimorso
sociale, insieme con i vestitini alla moda (beninteso, di quella già
passata) dei bambini bianchi. Si sa come arrivano: container, carovane di
camion eccetera. Insomma: tanto gasolio perché i poveri bambini dell'Africa
abbiano anche loro la gioia di vestirsi (beninteso: di seconda mano) e
diverirsi (quasi) come i nostri viziosi marmocchi, modello e un esempio per
l'umanita. La beneficienza è sempre stata uno dei passatempi preferiti dei
ricchi. Se inquina, pazienza: ai poveri piace così.
Arrivano in Ghana anche BC per adulti, sia le mitiche Phoenix cinesi con i
freni a bacchetta, sia carcasse di ogni genere, riciclate localmente dai
magici biciclettai di villaggio. Tra parentesi: dovremmo invitarne qui
qualcuno perché LUI ci faccia A NOI un bel corso di formazione, ma non credo
un progetto del genere non si possa facilmente finanziare. Perciò in Ghana
gli adulti, in BC ci vanno, eccome se gli serve!
Tra i Saharaui invece no: qui la bici è un balocco da bambini. So di un tipo
che ci aveva provato: fu preso a sberleffi dai grandi e a sassate dai
piccini. (Tra parentesi: dotare un bimbo Saharawi di bicicletta aumenta
enormemente il suo raggio di azione diminuiendo il controllo esercitato
sociamente dai vicini di casa. La BC è perciò è veramente, come insegna il
Lombroso, il mezzo più sicuro per instradarlo al crimine o per lo meno, a
gravi marachelle...)
Presso i Saharaui in esilio, si è organizzata una rete di auto-trasporto
governativa e gratuita. A parte i collegamenti sulle piste nel deserto, nei
paesi c'è un continuo viavai di fuoristrada e pick-up, dono di varie Croci
Rosse o Municipalità (soprattutto italiane e spagnole) alle varie
istituzioni locali: Unioni delle Donne, Scuole di Qualcosa, eccetera...
La professione di autista è il lavoro principale dei maschi che sono rimasti
nei campi (il 27% della popolazione ma, tolti i bambini, la percentuale di
adulti patentabili va divisa per 3 o per 4). E' ovvio che l'autista è il
modello ideale di ogni bimbo... dunque sassi all'adulto che va in bici!
In questa situazione (a rischio di etno-cidio per iper-assistenza), sono
partiti vari progetti di scuola guida femminile. Non dovrebbr essere
difficile insegnare a guidare a moltissime donne Saharaui, resta più
problematica la concessione effettiva di una patente di guida. In generale,
concedere al profugo un qualsiasi documento è una questione soggetta a
peripezie burocratiche, tanto più lo sarà la patente per una donna, che dà
alla sua titolare una mobilità poco controllabile e che d'altra parte,
insidia l'unico territorio residuo delle attività maschili.
Io credo che un progetto sensato sarebbe quello di affiancare alle
autoscuole (che, a parte le lezioni teoriche, non so di quante automobili
dispongano) un discreto parco bici, con qualche atrezzatura per la
manutenzione. E così, le donne che aspirano a più mobilità, avranno anche
l'accesso alla bici, con tutti i suoi arcinoti vantaggi: indipendenza dal
gasolio e da controlli burocratici, facilità di manutenzione eccetera.
Mi hanno subito obiettato che il costume tradizionale impaccerebbe la
saharaui ciclista. Non lo ricordo con precisione ma mi pare che in India le
donne pedàlino in sari, che è un costume ancora più attillato di quello
saharaui. Comunque, questo identico problema fu già risolto in Europa dalle
prime audaci cicliste con apposite gonne e mutandoni castissimi. E alle
donne saharaui non manca ceramente né coraggio né inventiva...
Chissà, le soluzioni semplici sono sempre difficili da scegliere,
soprattutto se vanno sottoposte all'approvazione delle Istituzioni.
Comunque, ripeto (ed aggiungo)
Bici al Popolo
Bici al Popolo Saharaui
Lux
PS
Intervengo in ritardo sulla quastione fiorentina (che immagino oramai già
risolta) di donare un paio di BC della Ciclofficina Brugola Rossa agli
Immgrati-profughi Etiopi ed Eritrei che hanno occupato una casa in via dei
Tessitori.
Io vorrei essere sicuro che gli servono, perché l'omo bianco è riuscito (tra
l'altro) a banalizzare il dono, che fu sempre la più nobile tra le azioni
umane. Nel caso la bici serva a qualcuno, individuo e non gruppo generico,
gli farei cordialmente presente che Brugola Rossa è sempre disponibile per
il ribiciclaggio qualsiasi rottame... ma lui, che ci porti almeno il
rottame... Se proprio non gli riesce (ipotesi mprobabile), che venga a
scegliere tra le noste carcasse. Così, tra l'altro, si socializza un po',
invece di scaricare bici davanti alla casa occupata (magari sponsorizzate
con la critta "BC donata da Brugola Rossa"). Insomma mi pare che un rapporto
personale sia più rispettoso verso questi signori, verso i ciclomeccanici e,
ovviamente verso le bici.