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Autor: Elena Bertoli
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Asunto: [Forumlucca] I: [glt NV] Lettera ai valsusini di Pierluigi Sullo

-----Messaggio originale-----
Da: Rosa D'Elia [mailto:ros.del@libero.it]
Inviato: martedì 8 novembre 2005 13.53
A: referenti nodi; glt-Nonviolenza
Oggetto: [glt NV] Lettera ai valsusini di Pierluigi Sullo



Lettera ai valsusini di Pierluigi Sullo


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Lettera ai valsusini



Cari valsusini, per quel che conta la redazione di questo giornale vuole
esprimervi tutta la sua ammirazione. Tutto quel che possiamo fare per
dare una mano, da lontano, già cerchiamo di farlo – in questo stesso
numero del settimanale e nel sito di Carta - ma se c’è qualcosa che voi
ritenete utile, fatecelo sapere, magari per mezzo della nostra e vostra
amica, Chiara Sasso. Ma perché ci agitiamo tanto per una vicenda
“locale”? Al lettore che si ponesse questa domanda, risponderemmo che in
Val di Susa, come sullo Stretto di Messina, o nella laguna veneziana, si
gioca una finale di campionato. Non che poi, dovessero perdere le
comunità della Val di Susa che resistono alla linea ferroviaria ad alta
velocità, non ci saranno altri campionati. Al contrario, questo tipo di
conflitto durerà molto, nel tempo, perché per affermare un altro modello
di civiltà, che non trituri i luoghi e le società locali, occorrerà
molto tempo. E’ quel che dicono, nella nostra rivista mensile che esce
giusto questa settimana, teorici e pratici della “decrescita” [parola
scandalosa], come Tonino Perna, Mauro Bonaiuti, Maurizio Pallante, Paolo
Cacciari, e così via.



Però accade che la resistenza della Val di Susa, iniziata tredici anni
fa, arrivi al dunque, al tentativo di impedire le prospezioni geologiche
che sono la premessa dello scavo vero e proprio del mega-tunnel
progettato da uno Stranamore dell’ingegneria civile, nel momento in cui
buona parte del paese si domandi: e adesso? Milioni di cittadini, dal
2001 ad oggi, da quando Berlusconi vinse le elezioni e una nuova società
esordì nelle strade di Genova, hanno contribuito a disegnare e
sperimentare cambiamenti profondi. Prima di tutto nel determinare ciò
che la sensibilità comune considera necessario: le parole “pubblico” e
“comune” sono stare riscattate dall’inferno dei reazionari in cui il
liberismo trionfante le aveva gettate, e questo è avvenuto su molti
temi, dalla conoscenza alla casa, dal lavoro alla città… Questa spinta,
in più, ha investito il modo stesso di decidere se una cosa o l’altra
tutelano il bene comune: nelle elezioni locali di ogni tipo, nelle
primarie, nei nuovi modi di mettersi “in rete”… Oggi, questi milioni di
cittadini si stanno chiedendo se, sconfitto Berlusconi, chi gli
succederà vorrà interpretare questi cambiamenti, questa nuova “opinione
pubblica” in azione, questo elettorato che non si limita a delegare.



Ecco perché la vicenda della Val di Susa è esemplare. Da una parte,
abbiamo una valle, i sindaci, le parrocchie, comunità intere che
comunicano – con le parole, con una fin qui irriducibile resistenza
nonviolenta, dunque efficace, in grado di fermare mille poliziotti e
carabinieri – quanto questo genere di “modernità”, il treno superveloce,
la corsa dello “sviluppo”, sia nocivo e illusorio. Il tipo di progresso
di cui abbiamo bisogno è quello che rispetta i luoghi e la coesione
sociale, la storia e le economie locali. Ed è qui lo spartiacque
fondamentale tra buon vivere e crescita economica, tra marketing
elettorale e democrazia. Per questo, ha scritto di recente Paolo
Cacciari su questo giornale, come in Val di Susa in centinaia di altri
luoghi le comunità locali resistono ad autostrade, treni ad alta
velocità, super-ponti e super-tunnel, termovalorizzatori, insomma a
tutto ciò che, divorando ulteriormente il territorio, vuole trasformare
in profitto le conseguenze della crescita infinita di automobili,
trasporto delle merci, produzione di rifiuti, cementificazione.



Dall’altra parte, abbiamo il grande capitale italiano e transnazionale
che appunto vuole ad ogni costo sfruttare le nuove occasioni di
profitto. L’Unione europea, la cui visione è, nel caso dei grandi “assi”
di trasporto da una parte all’altra del consistente, del tutto coerente
con la direttiva Bolkestein sulla privatizzazione dei servizi pubblici.
Ma abbiamo anche che la presidente della Regione, già ambientalista e
promotrice della democrazia partecipativa [che è anche una moda],
investe i sindaci e cittadini della valle paragonandoli a “terroristi”,
mentre il sindaco di Torino non vede altro “sviluppo” per la città, dopo
la grande industria, se non gli “eventi” come le Olimpiadi invernali o
le “modernizzazioni” come la Tav, e perciò scrive “manifesti” sul
giornale della Fiat.



Ecco dunque la domanda: quando si romperà, nella cultura dell’Unione, il
nesso tra crescita e benessere sociale? O in altre parole: quanto saldo
è il legame di complicità con imprese di ogni tipo?



Pierluigi Sullo



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